Il toro lo carica, ma l’animale è nella custodia del danneggiato: il proprietario non ha colpa

La responsabilità per danni provocati da animali è da collegare alla custodia più che alla proprietà dell’animale in caso di dissociazione tra proprietà e custodia, pertanto, la responsabilità grava sul custode.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22632712, depositata l’11 dicembre. Il caso un toro carica il trasportatore. Un trasportatore viene aggredito da un toro durante le operazioni di scarico dell’animale presso un centro di macellazione a fronte della richiesta di risarcimento dei danni, i giudici di merito affermano tuttavia l’esclusiva responsabilità dell’infortunato, che aveva incautamente volto le spalle al toro. L’uomo, peraltro, svolgeva in proprio l’attività di trasportatore e dunque era da ritenersi responsabile anche delle operazioni di scarico al momento dell’incidente, inoltre, l’animale si trovava ancora sul furgone e quindi nella sua custodia. Le strutture del macello, infine, risultavano adeguate e conformi alle norme di sicurezza. La questione è allora posta all’attenzione dei giudici di legittimità. Il macello era a norma? Con i primi due motivi di ricorso, il trasportatore contesta proprio la conformità del macello alla normativa di legge, che sarebbe stata affermata in modo apodittico il centro, inoltre, non avrebbe predisposto personale adeguato e competente nonché strutture di protezione per l’avviamento degli animali al macello cfr. l. n. 623/1985 . A giudizio degli Ermellini, però, il ricorrente prospetta come violazione di legge censure che in realtà attengono alla ricostruzione dei fatti e delle modalità dell’incidente, non precisando – per di più – quali misure il gestore del macello avrebbe dovuto adottare. Quanto alla disposizione di legge richiamata, essa ha l’obiettivo di evitare maltrattamenti agli animali e non concerne in alcun modo la tutela del lavoro. Proprietario o custode a chi va attribuita la responsabilità? Con successive censure, il danneggiato lamenta che la Corte territoriale non avrebbe considerato il fatto che il toro era stato acquistato dalla cooperativa proprietaria del macello questa sarebbe pertanto da ritenersi responsabile dei danni prodotti dall’animale. Secondo la S.C., tuttavia, le modalità dell’incidente mostrano che al momento del fatto l’animale non era affidato alla custodia del proprietario, bensì a quella del trasportatore il comportamento imprudente di quest’ultimo, peraltro, avrebbe carattere assorbente. Bisogna guardare alla custodia. Al proposito, la Cassazione ricorda che la responsabilità per danno da animali di cui all’art. 2052 c.c. è collegata alla custodia più che alla proprietà dell’animale in pratica il proprietario risponde solo in quanto sia anche custode. In caso di dissociazione tra proprietà e custodia, la responsabilità grava sul custode, cioè su chi gestisca l’animale in modo autonomo e indipendente in vista del perseguimento di un interesse proprio ed autonomo rispetto a quello del proprietario tale va ritenuta la posizione del trasportatore, che era tenuto a gestire l’animale fino al completamento delle operazioni di consegna, necessarie per il corretto adempimento della prestazione a suo carico. Della pericolosa attività di scarico, pertanto, non può essere ritenuto responsabile il macello, come pretenderebbe il ricorrente è noto, infatti, che anche la responsabilità per l’esercizio di attività pericolosa è imputabile al soggetto che svolga in proprio ed autonomamente tale attività. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 17 ottobre – 11 dicembre 2012, n. 22632 Presidente Finocchiaro – Relatore Lanzillo Svolgimento del processo La Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Bologna, che ha respinto la domanda proposta da C.F. contro la società cooperativa a r.l. Centro Macellazione e Lavorazione Carni CMLC , avente ad oggetto il risarcimento dei danni subiti dall'attore a seguito dell'aggressione di un toro. L'aggressione è avvenuta il omissis , durante le operazioni di scarico dal furgone alla stalla dell'animale, che il C. , trasportatore, aveva prelevato dall'allevamento e trasportato presso il Centro di macellazione. La convenuta ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, avendo ceduto pochi mesi prima il ramo di azienda relativo alla macellazione alla società coop. r.l. Unicarni, che l'attore ha chiamato in giudizio. Quest'ultima si è costituita contestando ogni responsabilità. La Corte di appello ha ritenuto che l'incidente sia da ascrivere esclusivamente alla responsabilità dell'infortunato. Il C. propone sette motivi di ricorso per cassazione. Resistono entrambe le intimate con separati controricorsi. Motivi della decisione 1.- La Corte di appello ha motivato la sua decisione sul rilievo che il C. svolgeva in proprio l'attività di trasporto degli animali ed era quindi responsabile anche delle operazioni di scarico, fino alla stalla che l'incidente si è verificato mentre il toro si trovava ancora sul furgone, nella custodia dell'infortunato che questi ha incautamente dato le spalle all'animale, tanto che è stato avvertito da altri che il toro lo stava caricando che il C. frequentava da tempo il Centro di Macellazione, ne conosceva le caratteristiche ed aveva scelto egli stesso la rampa dalla quale scaricare il toro, che non era la più idonea agli animali pericolosi, ma era la sola adatta al mezzo di trasporto che egli aveva quel giorno preso in prestito, essendo il suo guasto che le strutture del macello erano obiettivamente adeguate e conformi alle norme in tema di sicurezza. 2.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia omessa motivazione sulla violazione da parte di Unicarni degli art. 7 e 4 del d. lgs. 19 settembre 1994 n. 626, nonché degli art. 13, 14 e 377 ss. d.p.r. 27 aprile 1955 n. 547, sul rilievo che la Corte di appello non ha considerato che Unicarni non ha posto in essere le misure di prevenzione e protezione del personale dai rischi sul lavoro, né ha fornito al lavoratore adeguata informazione e cooperazione, quanto all'attività di scarico dell'animale. La conformità del macello alla normativa di legge sarebbe stata affermata in modo apodittico, trascurando di prendere in esame le sue deduzioni in contrario. 3.- Con il secondo motivo denuncia omessa motivazione sulla violazione della legge 14 ottobre 1985 n. 623 che, nel ratificare la convenzione internazionale 10 maggio 1979 sulla protezione degli animali da macello, ha posto a carico dei gestori dei macelli una serie di obblighi di adeguamento strutturale degli impianti, nonché l'obbligo di adibire all'avviamento degli animali al macello personale adeguato e competente di predisporre strutture di protezione, quali ponti, rampe, passerelle, ecc inadempimenti ai quali non poteva supplire l'attività del trasportatore. A.- I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati perché connessi, sono infondati, se non anche inammissibili. In primo luogo il ricorrente prospetta come violazione di legge censure che in realtà attengono alla ricostruzione dei fatti e delle modalità dell'incidente. Lamenta violazione di varie disposizioni antinfortunistiche, senza specificare quali violazioni sarebbero in concreto addebitabili al gestore del macello quali misure questi avrebbe dovuto adottare, la cui omissione possa essere considerata causa o concausa dell'incidente occorsogli, sicché le censure risultano prive di specificità e di rilevanza. Le norme di legge richiamate non hanno alcuna obiettiva attinenza con le questioni oggetto di decisione. La legge n. 626/1994 concerne le misure di sicurezza sul luogo di lavoro che l'impresa è tenuta ad adottare a tutela dei propri lavoratori dipendenti, o comunque stabilmente,pur se temporaneamente inseriti nell'impresa cfr. art. 2 , quale non è l’autotrasportatore che effettui la consegna della merce. Le misure sono elencate nell'art. 4 della legge stessa, ma il ricorrente non precisa quali di esse sarebbero state omesse nel caso in esame ed avrebbero potuto evitare l'incidente, se applicate. L'art. 7 della legge stessa concerne gli obblighi nei confronti dei dipendenti di imprese? appaltatrici di lavori all'interno dell'impresa, fattispecie estranea a quella in esame, ove si trattava se mai di accertare a chi fosse affidata la fase di scarico degli animali all'interno del Macello se al trasportatore o al personale di Unicarni. Correttamente la Corte di appello ha affermato che, non essendo stata fornita alcuna prova in contrario, deve essere nella specie applicato il principio generale di cui all'art. 1687 cod. civ., per cui la prestazione del trasportare include la messa a disposizione del destinatario delle cose trasportate, dovendosi come tale intendere la consegna a terra nel luogo di destinazione Cass. civ. Sez 3, 31 maggio 2005 n. 11598 Idem, 13 dicembre 2010 n. 25117 . La Corte di appello ha poi tratto argomento dal fatto che il C. era un trasportatore esperto, che era solito trasportare il bestiame al Macello di Bologna e che quindi conosceva il luogo che aveva scelto egli stesso la rampa da cui effettuare lo scarico, in relazione alle caratteristiche del suo automezzo. La legge n. 623/1985, pure richiamata dal ricorrente, non concerne la tutela del lavoro, né le modalità del trasporto, ma la protezione degli animali destinati al macello ed ha lo scopo di evitare che siano sottoposti a maltrattamenti. Sotto ogni aspetto, pertanto, le predette risultano ininfluenti e non fondate. 5.- Con il terzo, il quarto ed il quinto motivo - che vanno congiuntamente esaminati, perché connessi - il ricorrente denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, ed ancora violazione delle leggi n. 626/1994 e n. 623/1985, nonché dell'art. 2052 cod. civ., assumendo che la Corte di appello ha omesso di prendere in esame e di confutare le argomentazioni contenute nella lett. C del suo atto di appello, fra cui la circostanza che il toro era di proprietà di Unicarni, essendo stato da essa acquistato prima dell'esecuzione del trasporto che pertanto Unicarni avrebbe dovuto essere ritenuta responsabile dei danni provocati dall'animale, considerato anche che - avendo essa stessa la gestione del macello - era tenuta a curare le operazioni di scarico e a fornire al trasportatore le necessarie informazioni sulle misure di prevenzione e di protezione dai rischi. Ribadisce la legge n. 623 del 1985 pone a carico del titolare del macello l'obbligo di provvedere a tali operazioni, con disposizione speciale, che è da ritenere prevalente su quella generale dell'art. 1687 cod. civ. che la scelta di una rampa di scarico inidonea agli animali pericolosi è stata per lui obbligata, non essendo presenti in luogo attrezzature migliori che l'incidente si è verificato dopo la messa a terra dell'animale, quando lo stesso era già stato introdotto nel box per la stabulazione, e che a norma dell'art. 2052 cod. civ. responsabile dei danni arrecati dall'animale è da ritenere Unicarni, quale proprietaria dell'animale e quale soggetto che se ne serve nell'interesse proprio e per l'esercizio della sua attività Cass. civ. Sez. 3, 9 gennaio 2002 n. 200 idem, n. 1210/2006 . 6.- I motivi sono infondati, se non anche inammissibili. 6.1.- Le modalità secondo cui si è svolto l'incidente, le ragioni per cui lo scarico dell'animale è avvenuto in corrispondenza di una determinata rampa, e simili, costituiscono oggetto di altrettanti accertamenti in fatto, correttamente motivati, quindi non suscettibili di censura in questa sede di legittimità. Qualora la realtà dei fatti non corrispondesse alle risultanze istruttorie - cosa che non risulta dal ricorso -si tratterebbe di errore che avrebbe potuto giustificare la proposizione di domanda di revocazione della sentenza ai sensi dell'art. 395 cod. proc. civ., ma che non rientra fra i motivi per cui può essere proposto ricorso per cassazione. 6.2.- La legge n. 623/1985 cit. non si occupa dei rapporti fra i gestori dei macelli ed i trasportatori, né introduce alcuna deroga ai principi del codice civile in tema di obblighi del trasportatore quanto alla consegna della merce, ma solo regola - come sopra si è detto - le modalità con cui debbono essere trattati gli animali avviati al macello, al fine di evitare che siano assoggettati a maltrattamenti o ad inutili sofferenze qualunque sia il soggetto addetto all'incombenza . 6.3.- La Corte di appello non ha omesso di prendere in esame il motivo di appello attinente alla responsabilità di Unicarni quale proprietaria dell'animale, ma ne ha respinto le argomentazioni sul rilievo che, al momento dell'incidente, l'animale non era affidato alla custodia del proprietario, bensì a quella del trasportatore, e che comunque il comportamento imprudente di quest'ultimo ha assunto carattere assorbente. L'affermazione in diritto va condivisa. La responsabilità di cui all'art. 2052 cod. civ. è collegata alla custodia, più che alla proprietà dell'animale, nel senso che il proprietario risponde solo in quanto sia anche custode dell'animale, secondo il significato da attribuirsi al termine custodia nell'ambito delle fattispecie di responsabilità oggettiva - qual è quella in oggetto - ove sta a designare il rapporto in forza del quale taluno detenga contemporaneamente il potere di gestione, di vigilanza e di controllo dell'animale, ed il potere di trarne utilità e profitto. Quando vi sia dissociazione fra proprietà e custodia - come previsto dall'art. 2052 cod. civ., per cui la responsabilità grava sul proprietario dell'animale o su chi se ne serve per il tempo in cui l'ha in uso - la responsabilità grava sul custode e non sul proprietario fermo restando, ad evitare equivoci, che per custode e responsabile si intende non chi detenga l'animale per conto e nell'interesse del proprietario quale il dipendente, lo stalliere, ecc. cfr. Cass. civ. Sez. 3, 28 aprile 2010 n. 10189 , ma chi lo gestisca autonomamente e in modo indipendente, in vista del perseguimento di un interesse proprio ed autonomo rispetto a quello del proprietario cfr. Cass. civ. Sez. 3, 7 luglio 2010 n. 16023 . La Corte di appello ha deciso che, nel caso in esame, tale era la posizione del trasportatore, il quale era tenuto a gestire l'animale fino al completamento delle operazioni di consegna, alle quali era tenuto per il corretto adempimento della prestazione a suo carico. Ha soggiunto che questi ha tenuto un comportamento imprudente, volgendo le spalle al toro. Trattasi di decisione adeguatamente motivata in fatto, quindi non suscettibile di riesame in questa sede di legittimità, e conforme a diritto, quanto alle affermazioni di principio. 7- Con il sesto motivo il ricorrente denuncia violazione dell'art. 2050 cod. civ. e vizi di motivazione, per avere la Corte di appello escluso a che la consegna dell'animale costituisse attività pericolosa b che responsabile di tale attività fosse Unicarni c che quest'ultima fosse tenuta a fornire la prova liberatoria da responsabilità. Le censure sono irrilevanti perché assorbite dall'accertamento del fatto che la custodia del toro durante le operazioni di scarico spettava al trasportatore. Ed è noto che anche la responsabilità per l'esercizio di attività pericolosa è imputabile al soggetto che svolga in proprio ed autonomamente tale attività, scegliendo i mezzi per procedervi. La Corte di appello ha accertato, come si è detto, che il C. - conoscendo il macello, che era solito frequentare -aveva scelto egli stesso la rampa in corrispondenza della quale scaricare il toro, che non era la più adatta allo scopo, poiché aveva utilizzato per il trasporto un furgone preso a prestito e troppo basso, in quanto quello di sua proprietà era guasto. Ciò conferma che l’infortunato ha svolto in piena autonomia l'attività da cui è derivato il danno e giustifica l'addebito a lui della responsabilità, non essendo stata prospettata alcuna specifica inadempienza, imprudenza, imperizia, violazione di leggi, ecc, a carico dei gestori del macello, idonea a configurare un qualunque elemento di colpa, esclusiva o concorrente, a loro carico. 8.- Il settimo motivo, con cui il ricorrente lamenta omessa motivazione sulla sua domanda di compensazione delle spese, non può essere accolto. Il C. è risultato soccombente in entrambi i gradi del giudizio ed era quindi assoggettato per legge all'obbligo del rimborso delle spese processuali. Il potere di disporre la compensazione nonostante la soccombenza è rimesso alla discrezionale valutazione del giudicante, in considerazione del complessivo svolgersi delle vicende processuali, delle difficoltà incontrate dalle parti nel provvedere alle proprie difese, degli ostacoli in ipotesi opposti dall'una o dall'altra di esse alla corretta decisione, e così via circostanze che solo il giudice del merito è in grado di conoscere e di valutare adeguatamente cfr. sul tema Cass. civ. Sez. 1, 17 novembre 2006 n. 24495 Cass. civ. Sez. 3, 31 gennaio 2008 n. 2397 , sicché la relativa decisione non è suscettibile di censura in sede di legittimità Cass. civ. n. 24495/2006, cit. Cass. civ. 6 ottobre 2011 n. 20457, fra le tante . 9.- Il ricorso deve essere rigettato. 10.- A fronte di due sentenze conformi di rigetto della domanda del ricorrente neppure in questa sede può essere disposta la compensazione delle spese che, liquidate nel dispositivo, vanno poste a carico del soccombente. P.Q.M. La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 3.700,00 in favore di ciascuna delle parti resistenti, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per onorari oltre agli accessori previdenziali e fiscali di legge.