Invalido al 100% dopo la meningite contratta in ospedale: colpa della struttura e non dei medici

L’infezione, infatti, è stata provocata da un batterio presente nell’ambiente ospedaliero, mentre ai medici può essere riconosciuta al massimo una colpa lieve in quanto agirono secondo i dettami della letteratura medica dell’epoca.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22379/12, depositata il 10 dicembre. Il caso un’infezione dall’esito drammatico. A seguito dell’installazione di un catetere ombelicale, un neonato contrae una meningite acuta neonatale da staffilococco i postumi della malattia comportano per il piccolo un’invalidità del 100% per doppia emiparesi, ritardo psicomotorio ed insufficienza mentale. Il Tribunale condanna in solido i tre medici responsabili nonché la gestione liquidatoria dell’USL in appello viene rideterminata la somma dovuta da quest’ultima, con contestuale rigetto della domanda risarcitoria nei confronti dei medici, in quanto la loro colpa sarebbe lieve l’infezione, infatti, era stata di natura nosocomiale e della presenza del batterio nell’ambiente sarebbe pertanto responsabile la struttura ospedaliera. La questione è allora posta all’attenzione degli Ermellini. La sentenza è nulla? I ricorrenti sostengono anzitutto che la sentenza d’appello sarebbe nulla per omessa trascrizione delle conclusioni degli attori, da cui deriverebbe l’omessa pronuncia in ordine al danno patrimoniale da assistenza pregressa e al danno biologico riflesso sotto il profilo della vita di relazione. In realtà la S.C. rileva che, quanto al primo punto, la censura riguardante il danno emergente era già stata dichiarata infondata nella sentenza impugnata tale pronuncia, inoltre, tratta specificamente anche la questione del danno morale e biologico riflesso. Con un successivo motivo di ricorso i genitori lamentano l’esiguità della liquidazione del danno, ma la censura è inammissibile in quanto manca il momento di sintesi che permetta alla Corte di comprendere quale sia l’errore commesso dal giudice di merito. Sussiste la sola colpa lieve. La Cassazione esamina infine la doglianza relativa al mancato riconoscimento in capo ai medici del reparto di pediatria della responsabilità, malgrado sia stata ravvisata la loro condotta colpevole. Affermata l’utilizzabilità della contestata consulenza, seppur espletata in altro giudizio, gli Ermellini osservano che la natura contrattuale della responsabilità in questione non incide sulla prova del nesso causale tra affermato inadempimento e danno, che incombe comunque sul creditore. I ricorrenti hanno erroneamente presupposto che la Corte abbia affermato l’imprudenza e la negligenza dei medici al contrario le ha escluse, ritenendo che il mantenimento del catetere per tre giorni e mezzo costituisse una colpa lieve, dal momento che la letteratura medica dell’epoca l’episodio risale al 1981 non censurava l’uso del catetere fino a 5 giorni. Per questi motivi la S.C. respinge il ricorso, ma, considerando l’obiettiva difficoltà di individuazione della responsabilità del tragico evento, compensa tra tutte le parti le spese del giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 5 novembre – 10 dicembre 2012, n. 22379 Presidente Massera – Relatore Amatucci Svolgimento del processo 1.- Nato il omissis nell'ospedale di , a C.L. fu applicato due giorni dopo la nascita un catetere ombelicale per curare uno stato di ipocalcemia insorto nella seconda giornata di vita del neonato. Il catetere fu tolto dopo 84 ore, il omissis , ma il neonato risultò dopo qualche giorno affetto da febbre elevata, che ne comportò il trasferimento presso l'ospedale pediatrico omissis . Gli fu dopo qualche tempo diagnosticata meningite acuta purulenta neonatale da staffilococco coagulasi negativo, da cui derivarono postumi permanenti comportanti un'invalidità del 100% per doppia emiparesi, ritardo psicomotorio ed insufficienza mentale da sofferenza cerebrale da idrocefalo postinfettivo. Nel 1985 i genitori, anche in rappresentanza del minore, convennero in giudizio la USL FR/X di Frosinone ed il primario del reparto di pediatria dell'ospedale, V B. , chiedendone la condanna al risarcimento dei danni. Nel 1992 introdussero altro procedimento civile, citando anche il medici A N. e Fi.Vi. , che avevano coadiuvato il primario. La USL chiamò in causa le Assicurazioni generali s.p.a. ed A N. la Zurigo Assicurazioni, che si costituirono e resistettero. Espletate consulenze tecniche d'ufficio, i giudizi furono riuniti nell'imminenza della decisione finale e si conclusero, con sentenza n. 59/2003 del tribunale di Frosinone, con la condanna solidale dei tre medici e della Gestione liquidatoria della USL, al pagamento di Euro 1.216.981 a L C. e di L. 77.469 ai genitori C.G. e M F. , oltre alle spese processuali. 2.- Decidendo sugli appelli di tutte le parti, con sentenza n. 1837/2007 la Corte d'appello di Roma rigettò le domande nei confronti dei medici e determinò in Euro 1.310.566 e 183.426 le somme dovute rispettivamente a L C. ed ai genitori dalla Regione Lazio sui sostanziali rilievi che la colpa da imperizia dei medici per aver trattenuto il catetere ombelicale oltre il tempo strettamente necessario doveva qualificarsi lieve, che l'infezione era stata di natura nosocomiale e che della presenza del batterio nell'ambiente ospedaliero era responsabile la struttura ospedaliera. Le spese del grado furono compensate. 3.- Avverso la sentenza ricorrono per cassazione gli attori in primo grado, affidandosi a tre motivi illustrati anche da memoria. Tutti gli intimati resistono con distinti controricorsi. La Zurich già Zurigo propone anche ricorso incidentale basato su due motivi. I ricorsi riuniti, tolti dal ruolo per impedimento del relatore all'udienza del 12.6.2012, sono stati discussi all'odierna udienza del 5.11.2012. Motivi della decisione A Il ricorso principale C. /F. ammissibile nei confronti di tutti gli intimati per l'assorbente ragione che la pretesa nullità della notifica dello stesso a V B. sarebbe stata comunque sanata dalla difesa svolta dal medesimo col controricorso . 1.- Col primo motivo del ricorso principale illustrato alle pagine da 22 a 27 del ricorso è dedotta violazione dell'artt. 132, n. 3, c.p.c., con conseguente nullità della sentenza, per omessa trascrizione delle conclusioni rassegnate dagli attori, da cui era derivata l'omessa pronuncia in ordine al danno patrimoniale da assistenza pregressa, prestata dai genitori, a tempo pieno a favore del proprio sfortunato figlio pag. 24 del ricorso, primo capoverso e del danno biologico riflesso sotto il profilo della vita di relazione pag. 25, terzo capoverso . 1.1.- Il motivo è manifestamente infondato. Quanto al primo profilo, poiché a pag. 26 della sentenza primo e secondo capoverso è detta infondata anche la censura dei C. /F. circa l'esiguità del danno emergente consistente nelle spese sostenute e da sostenere in futuro per esaudire tutte le necessità terapeutiche del figlio . Quanto al secondo, poiché la questione relativa all'impugnazione relativa al danno morale riflesso ed al danno biologico riflesso subito dai genitori è fatta oggetto di specifica trattazione in sentenza dalla pagina 25, in fine, alla pagina 26 . E va qui chiarito che il riferimento alle limitazioni pratiche subite dai genitori ed alla loro cessazione dal momento della esecutività della sentenza di primo grado è dalla sentenza operato a pagina 26 non già in riferimento al danno patrimoniale, ma al danno non patrimoniale morale riflesso, liquidato in Euro 50.000 per ciascuno dei genitori, con esclusione di quello biologico nell'accezione di cui alle sentenze nn. 8827 e 8828 del 2003 alla impostazione della parte finale della prima delle quali la Corte d'appello ha espressamente affermato di aderire laddove ha dichiaratamente adottato la categoria unica del danno non patrimoniale, all'interno della quale sussumere i pregiudizi di volta in volta effettivamente sussistenti così a pag. 26 della sentenza, prime tre righe . 2.- Anche della esiguità di tale liquidazione i ricorrenti si dolgono in realtà col terzo motivo illustrato alle pagine da 50 a 77 del ricorso , tacciando di insufficienza la motivazione che in un tanto riduttivo importo ha espresso una pur riconosciuta sofferenza morale non transeunte che si ripercuote anche in una limitazione della loro vita di relazione e della loro gioia di vivere così il ricorso a pag. 72 e la sentenza a pagina 26, prima parte . Ma sta il fatto che tale censura è irrimediabilmente inammissibile per assoluto difetto del momento di sintesi che, per consolidato orientamento di questa Corte, è richiesto dall'art. 366.bis c.p.c. applicabile ratione temporis anche quando l'indicazione del tatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la ratio che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla Corte di cassazione, la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l'errore commesso dal giudice di merito così, a seguito di Cass. sez. un. n. 16528/2008, tra le tante, Cass. nn. 24255/2011, 27680/2009, 4556/2009, cui acide, ex coeteris, Cass. nn. 8897/2008 e 16002/2007 . Per la stessa ragione sono inammissibili tutti gli altri profili di censura del terzo motivo, afferenti al mancato riconoscimento della responsabilità dei medici pagine da 51 a 66 del ricorso ed alla liquidazione del danno effettuata a favore dei genitori e del figlio stesso pagine successive . 3.- Resta da esaminare il secondo motivo illustrato alle pagine da 27 a 50 , col quale sono denunciate violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., 1218, 1176, 2236, 116 ? e 2697 c.c., per erroneo mancato riconoscimento in capo ai medici del reparto di pediatria della responsabilità, malgrado sia stata ravvisata la loro colpevole condotta . 3-1.- Nella parte in cui non è inammissibile siccome risolventesi in una critica dell'apprezzamento del fatto da parte del giudice del merito, la censura è infondata. In diritto, il primo ordine di critiche dei ricorrenti si infrange contro il rilievo che la sicura possibilità per il giudice di trarre elementi di prova anche da consulenze espletate in altro giudizio non elide la correttezza delle affermazioni della Corte d'appello che, condividendo sul punto le osservazioni della sentenza di primo grado pagina 10 della sentenza, quarta e quinta riga , ha ritenuto di affidarsi soprattutto alla relazione del consulente D. che aveva operato nel giudizio in cui tutti gli appellanti erano parti, peraltro chiarendo che anche le altre relazioni Ci. e Z. avevano pieno valore nei confronti della Regione e del B. , di cui erano ovviamente controparti gli attori, odierni ricorrenti, e concludendo che le valutazioni espresse dai consulenti anche di quelli nominati in sede penale M. e Ce. collimano quasi perfettamente , sì da semplificare il lavoro della Corte d'appello. Non è dunque in linea con il caso in scrutinio il primo quesito di diritto formulato a pag. 37 del ricorso col quale si presuppone che la Corte d'appello avesse ritenuto tout court non utilizzabili le consulenze mediche espletate in altro giudizio pendente tra solo alcune delle parti convenute. In ordine alle ulteriori critiche, va osservato che la pacifica natura contrattuale della responsabilità non incide in alcun modo sulla prova del nesso causale tra affermato inadempimento e danno, che incombe comunque al creditore e, ancora, che l'avere la Corte d'appello ritenuto che il mantenimento del catetere per tre giorni e mezzo costituisse, in relazione alle conoscenze dell'epoca, una colpa lieve da imperizia, integra un apprezzamento di fatto che evidentemente presuppone l'inquadramento della fattispecie nell'ambito applicativo dell'art. 2236 c.c Né la corte d'appello ha mai in alcun modo affermato che i medici fossero stati anche imprudenti e negligenti, come r ricorrenti erroneamente presuppongono a pag 46, prime tre righe, del ricorso . Lo ha, invece, espressamente escluso, spiegandone ampiamente le ragioni soprattutto a pagina 17 della sentenza , concludendo che i medici errarono nel ritenere necessario continuare ancora per circa 36 ore la somministrazione dei farmaci al neonato tramite il catetere pag. 18, prime due righe della sentenza e che tale colpa fu appunto lieve perché la letteratura dell'epoca sicuramente non censurava il mantenimento del catetere anche fino a 5 giorni, perché l'uso di vasi arteriosi più piccoli non era esente da rischi e perché si provvide alla somministrazione anticipata di antibiotici proprio al fine di prevenire infezioni. Non sussistono dunque neppure le violazioni di legge sintetizzate col secondo quesito di diritto a pagina 49 del ricorso . 4.- Il ricorso principale va pertanto respinto. B Il ricorso incidentale della Zurich. 5.- La ricorrente si duole - deducendo con due motivi violazione di legge e vizio di motivazione - della qualificazione del comportamento dei medici come colposo, perché connotato da colpa lieve sotto il profilo dell'imperizia Lo fa non già in modo condizionato all'accoglimento del ricorso principale nel qual caso il ricorso sarebbe risultato assorbito a seguito del rigetto del principale , ma in modo autonomo. Il ricorso è dunque inammissibile per difetto di interesse, non potendo l'interesse individuarsi, in un contesto connotato dal rigetto delle pretese risarcitorie fatte valere nei confronti dell'assicurato della Zurich, nella attestazione in sentenza del suo avere bene operato. C Conclusioni. 6.- Respinto il ricorso principale e dichiarato inammissibile quello incidentale della Zurich con reciproca soccombenza delle parti nel relativo rapporto processuale e conseguente compensazione delle spese per tale ragione , i ricorrenti risultano soccombenti nei confronti di tutti gli altri controricorrenti. Peraltro, l'obiettiva difficoltà di individuazione delle responsabilità in ordine al tragico evento di cui sono stati vittime i ricorrenti vale ad integrare un giusto motivo per compensare tra tutte le parti le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte di Cassazione pronunciando sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile quello incidentale e compensa le spese del giudizio di legittimità tra tutte le parti.