Il conducente non proprietario confessa: il valore probatorio della dichiarazione contenuta nel Cid è legato alla disciplina del litisconsorzio

Nel giudizio promosso dal soggetto danneggiato da un incidente stradale nei confronti dell’assicuratore, del conducente e del contraente la polizza, la confessione del conducente non proprietario, contenuta nel modello Cid, mentre è oggetto di libera valutazione del giudice nei confronti dell’assicuratore e del proprietario del mezzo, ha valore di piena prova nei confronti del confidente medesimo, ai sensi degli artt. 2733, 2734 e 2735 c.c., trattandosi di un’ipotesi di litisconsorzio facoltativo. Nel caso di specie la Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza di secondo grado, ritenendola erronea nella misura in cui ha equiparato la confessione resa dal proprietario conducente del veicolo responsabile a quella promanante dal conducente non proprietario .

La fattispecie posta all’attenzione della Corte di Cassazione, nella sentenza che si annota, offre agli ermellini l’occasione per meglio specificare il differente valore probatorio attribuito alla dichiarazione confessoria contenuta nel Cid, a seconda che la stessa promani dal proprietario del veicolo assicurato, ovvero dal conducente, se persona diversa dal proprietario stesso. Come noto, il modello CID, o anche denominato modulo di constatazione amichevole d’incidente, è quel documento con il quale è possibile effettuare la denuncia di un sinistro semplificando ed accelerando le pratiche di risarcimento dei danni subiti. Il fatto. Il soggetto danneggiato in un incidente stradale citava in giudizio la compagnia di assicurazioni, il conducente del veicolo ed il contraente della polizza assicurativa chiedendo la condanna al risarcimento del danno patito dal suo motociclo in occasione del sinistro dedotto. Il giudice di pace chiamato a decidere la causa accoglieva la domanda. Proposto gravame il Tribunale, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la pretesa risarcitoria. Ciò in ragione della erronea valutazione probatoria attribuita, in primo grado, alla dichiarazione confessoria resa dal convenuto, conducente del veicolo e non proprietario. Il giudice d’appello sosteneva doversi applicare il principio di diritto elaborato dalla Cassazione secondo cui la dichiarazione confessoria contenuta nel Cid, resa dal responsabile del danno, proprietario del veicolo assicurato, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del confidente, dovendo la stessa essere liberamente apprezzata dal magistrato ai sensi dell’art. 2733 c.c Peraltro, il giudice di seconde cure riteneva che la confessione dovesse trovare adeguato riscontro anche in sede probatoria tale corrispondenza sarebbe stata carente in concreto posto che la CTU non era stata in grado di sostenere la dinamica del sinistro per l’esiguità della documentazione fotografica. Avverso questa pronuncia proponeva ricorso per cassazione il danneggiato. Tra i motivi di censura dedotti dal ricorrente vi era la contestazione sull’erronea applicazione del principio dì libera valutazione del giudice della confessione resa dal conducente del mezzo responsabile del sinistro, allorché lo stesso non sia anche il proprietario del veicolo. La Cassazione, nel decidere il ricorso, evidenziava l’inadeguata sussunzione della fattispecie concreta posta al suo vaglio a quella richiamata dal Tribunale nella sentenza. Litisconsorzio necessario o facoltativo? In materia di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile dei veicoli a motore, nel giudizio promosso dal danneggiato contro l’assicuratore va tenuta distinta l’ipotesi del litisconsorzio necessario che sussiste solo nei confronti del proprietario del veicolo assicurato e non anche del conducente , da quella del litisconsorzio facoltativo che sussiste, invece, rispetto al conducente del veicolo responsabile qualora sia persona diversa dal proprietario . Orbene, dalla disciplina del litisconsorzio discende una differente valutazione della confessione ai sensi dell’art. 2733 c.c E’ appena il caso, ai nostri fini, di richiamare il contenuto della norma appena citata che, al suo secondo comma, attribuisce alla confessione il valore di piena prova contro colui che l’ha fatta, per poi precisare, all’ultimo comma, che in caso di litisconsorzio necessario la confessione resa da uno soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice. Poiché la partecipazione al processo da parte del conducente del veicolo investitore non proprietario è solo eventuale, la disciplina applicabile è di certo quella del litisconsorzio facoltativo. Pertanto, le dichiarazioni confessorie sottoscritte nel Cid dal conducente se da un lato vanno liberamente apprezzate nei confronti dell’assicuratore e del proprietario del veicolo, dall’altro fanno piena prova nei confronti del conducente confidente stesso, con conseguente sottrazione della confessione al sindacato di discrezionalità del giudicante in termini Cass. civ. n. 10304/2007 . In conclusione può dirsi che l’errore del giudice dell’appello è ravvisabile nella misura in cui applica al caso concreto il principio di diritto elaborato dalla giurisprudenza in tal senso Cass. civ. n. 10311/2006 in relazione ad una fattispecie differente, ove il confidente conducente era anche proprietario del veicolo e, quindi, litisconsorte necessario.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 8 maggio – 21 giugno 2012, n. 10304 Presidente Amatucci – Relatore Cirillo Svolgimento del processo Il Tribunale di Gorizia, in composizione monocratica, con sentenza del 20 luglio 2010, in riforma della pronuncia n. 150 del 2005 emessa dal Giudice di pace della medesima città, rigettava la domanda di risarcimento danni conseguente a sinistro stradale avanzata da M.M. nei confronti della società cattolica di assicurazione, nonché di P. e F.G. . Osservava il giudice di secondo grado che la sentenza di primo grado era da riformare in quanto fondata sull'erronea valutazione tanto della dichiarazione confessoria resa dal solo convenuto F.P. quanto della consulenza tecnica svolta davanti al Giudice di pace. Secondo quanto stabilito dalla sentenza 5 maggio 2006, n. 10311, delle Sezioni Unite di questa Corte, infatti, la dichiarazione confessoria contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro c.d. CID resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del confitente, dovendo essere liberamente valutata dal giudice ai sensi dell'art. 2733 c.c., comma 3. Tale principio - che, a detta del Tribunale, doveva considerarsi valevole anche nel caso di confessione resa a seguito di interrogatorio formale, come verificatosi nella specie - imponeva di trovare un adeguato riscontro alla confessione resa da F.P. riscontro che, invece, non sussisteva, poiché la c.t.u. svolta in primo grado, in ragione dell'esiguità della documentazione fotografica”, era nel senso di ritenere incompatibile il sinistro con il genere di danni riscontrati sulla moto condotta dal M. . Avverso la sentenza del Tribunale propone ricorso M.M. , con atto affidato a quattro motivi. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1.1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 2697, 2733 e 2054 cod. civ., in relazione all'art. 360, n. 3 , del codice di procedura civile. Osserva in proposito il ricorrente che il convenuto F.P. ha ammesso la propria esclusiva responsabilità nel tamponamento della moto del M. sia in sede di denuncia amichevole del sinistro, avvenuta nell'immediatezza, sia in sede di interrogatorio formale davanti al Giudice di pace di Gorizia. Il Giudice di appello avrebbe perciò fatto un'erronea applicazione del principio di cui alla menzionata sentenza n. 10311 del 2006, poiché quella pronuncia ha espressamente riconosciuto che le affermazioni ivi contenute sono estranee rispetto al caso della confessione resa dal conducente del veicolo che non sia anche proprietario del mezzo. Nel caso in esame, essendo F.P. solo conducente del veicolo con targa prova di proprietà di un terzo e assicurato da F.G. , dovrebbe applicarsi la diversa regola di cui alla sentenza 7 maggio 2007, n. 10304, di questa Corte, secondo cui tra conducente non proprietario e assicuratore c'è litisconsorzio facoltativo pertanto le dichiarazioni confessorie rese dal conducente non proprietario devono fare piena prova contro chi le compie, mentre vanno liberamente apprezzate nei confronti dell'assicuratore e del proprietario del veicolo. 1.2. Il motivo è fondato. Come correttamente rilevato, infatti, il principio di diritto enunciato dalla sentenza n. 10311 del 2006 delle Sezioni Unite di questa Corte non si adatta al caso di specie, nel quale la confessione è stata resa, prima in sede di denuncia amichevole di sinistro e poi in sede di interrogatorio formale, dal conducente non proprietario del mezzo investitore. In tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile autoveicoli, nel giudizio promosso dal danneggiato contro l'assicuratore sussiste litisconsorzio necessario soltanto nei confronti del proprietario del veicolo assicurato e non anche del conducente sentenza 8 febbraio 2006, n. 2665 . Ne consegue che la confessione resa dal conducente non proprietario, mentre è oggetto di libera valutazione nei confronti dell'assicuratore e del proprietario del mezzo, fa viceversa piena prova nei confronti del confitente medesimo, ai sensi degli artt. 2733, 2734 e 2735 cod. civ., trattandosi di un'ipotesi di litisconsorzio facoltativo sentenza 7 maggio 2007, n. 10304, e ordinanza 15 dicembre 2011, n. 27024 . Il giudice di appello non si è attenuto a tale principio, avendo erroneamente ritenuto che la confessione del conducente non proprietario dovesse essere liberamente valutata dal giudice ai sensi dell'art. 2733, terzo comma, codice civile. Va dunque chiarito che, nel caso specifico, la confessione resa dal convenuto F.P. - conducente non proprietario del mezzo investitore - tanto nella redazione del modulo di contestazione amichevole del sinistro quanto, soprattutto, in sede di interrogatorio formale, fa piena prova contro di lui, senza alcuna possibilità di libera valutazione da parte del giudice e senza necessità di essere supportata, ai fini della condanna, da ulteriori elementi probatori. 2.1. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul fatto controverso e decisivo dell'esclusiva responsabilità di F.P. nella determinazione del sinistro. Oltre alla confessione resa dal convenuto, infatti, nel giudizio di primo grado sono stati assunti quattro testimoni, dalle cui deposizioni si ricavano elementi indiziari di supporto alla confessione elementi che il Tribunale ha omesso di valutare nella loro globalità. 2.2. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, n. 3 , del codice di procedura civile. Osserva in proposito il ricorrente che il c.t.u. incaricato nel giudizio di primo grado ha, da un lato, riconosciuto che i danni subiti dalla moto del M. erano compatibili con un tamponamento, ma, dall'altro, ha detto che le altezze relative tra i mezzi coinvolti e le deformazioni rilevate non erano tra loro compatibili. In realtà - osserva il ricorrente - il c.t.u. è stato incaricato ad oltre due anni di distanza dal sinistro e non ha effettuato alcun controllo sui mezzi incidentati, limitandosi a prendere visione della CID e delle fotografie peraltro scattate da persona di fiducia della compagnia di assicurazione . Ne consegue che il Tribunale avrebbe errato nel ritenere di non poter dare affidamento alla prima parte della relazione del c.t.u., sicché la motivazione ne risulterebbe apodittica. 2.3. Anche questi motivi sono fondati. La sentenza d'appello, infatti, non ha in alcun modo valutato le prove testimoniali assunte, rendendo in tal modo palese il censurato vizio di motivazione. Quanto alla valutazione della c.t.u., la pronuncia non ha dato conto in maniera adeguata delle ragioni per le quali i danni riscontrati sui mezzi coinvolti non potessero essere compatibili con le probabili modalità dell'urto non è sufficiente, a questo proposito, l'affermazione secondo cui il poco che il c.t.u. ha potuto accertare, in ragione dell'esiguità della documentazione fotografica, depone nel senso di ritenere incompatibili il sinistro con i danni” così come non può essere sufficiente l'affermazione per cui il fatto che sia stata portata all'esame del giudicante la sola documentazione fotografica è altro elemento che porta al rigetto della domanda attorea”. 3. Con il quarto motivo di ricorso, infine, si lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, n. 3 , del medesimo codice, sostenendosi che il giudice di appello avrebbe erroneamente valutato le prove con i criteri del processo penale anziché con quelli del processo civile. Questo motivo non è fondato. La sentenza impugnata ha seguito un criterio di valutazione del materiale probatorio che, pur essendo censurabile in relazione ai motivi di ricorso reputati fondati, non è basato sulle regole del processo penale colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio , bensì su quelle proprie del processo civile, sia pure applicate in modo non corretto. 4. In accoglimento dei primi tre motivi di ricorso, quindi, la sentenza impugnata è cassata per quanto di ragione. Il giudizio va rinviato al medesimo Tribunale di Gorizia, in persona di un diverso magistrato, che si atterrà al principio di diritto sopra riportato e che provvedere anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, rigetta il quarto, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Gorizia in diversa composizione.