Medico da condannare se non prova le cause giustificative del suo inadempimento

In virtù del contatto sociale, in ambito di responsabilità medica si applica il criterio di causalità civilistico e probabilistico al paziente danneggiato basta provare il rapporto sanitario, la prestazione negligente e il danno.

La responsabilità del medico e della struttura sanitaria ha natura contrattuale e la ripartizione dell’onere della prova prevede che il danneggiato debba provare il rapporto sanitario, la prestazione medica negligente e la lesione alla salute, restando a carico del medico inadempiente la prova di cause giustificative del proprio inadempimento o di elementi che interrompano il nesso causale tra negligenza e danno, secondo un criterio di causalità civilistico e probabilistico. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 27000 del 15 dicembre. La fattispecie. Un militare di leva conveniva in giudizio il Policlinico Militare, chiedendo il risarcimento dei danni subiti a seguito di una condotta colposa omissiva dei sanitari assumeva di aver subito la perdita definitiva del visus di un occhio a causa della mancata prescrizione di ulteriori accertamenti diagnostici, che avrebbero potuto evitare il danno. La domanda, accolta in primo grado, veniva rigettata dalla Corte d’appello, secondo la quale non era stata raggiunta la prova di un nesso causale tra la condotta omissiva ed il danno verificatosi. Il militare proponeva, quindi, ricorso per cassazione. La responsabilità medica ha natura contrattuale. La S.C., accogliendo il ricorso, ha modo di ribadire alcuni principi in materia di responsabilità medica. La sentenza impugnata appare sicuramente censurabile per aver ritenuto non provato, in base a un criterio di probabilità scientifica, il nesso di causalità tra la condotta omissiva dei medici e il danno riportato dal ricorrente. I giudici, considerando ravvisabile nel caso di specie una responsabilità da fatto illecito, ex art. 2043 c.c., hanno fatto ricorso al nesso causale in termini di causalità deterministica, secondo criteri di alta probabilità scientifica, in base ai principi applicabili in materia penale. Tuttavia, per consolidata giurisprudenza anche a S.U., la responsabilità del medico e della struttura sanitaria ha natura contrattuale, in virtù del c.d. contatto sociale che si instaura tra paziente e struttura stessa. Il criterio della causalità applicabile in tema di responsabilità medica è quello civilistico e probabilistico. Dalla conclusione che precede deriva una conseguenza rilevante in materia di onere della prova in materia di responsabilità medica, la parte lesa ha l’onere di dare la prova del rapporto sanitario, dell’esistenza di una prestazione sanitaria negligente e della lesione della salute , mentre spetta alla parte inadempiente la deduzione di cause giustificative del proprio inadempimento. Il criterio della causalità applicabile non è quello più rigoroso proprio dell’imputazione penale, bensì quello civilistico e probabilistico. Al danneggiato non può essere addossato un onere della prova superiore al dovuto. La sentenza impugnata, prosegue la S.C., è incorsa in un errore giuridico laddove ha addossato alla parte lesa un onere probatorio superiore al dovuto, senza tener conto che dalle c.t.u. era emerso chiaramente che il danno avrebbe potuto essere evitato con adeguate visite e con il tempestivo accertamento della malattia e il conseguente intervento chirurgico che sarebbe stato disposto. E’ emersa la condotta gravemente omissiva dei medici basta per la condanna, se non c’è la prova di cause di giustificazione. Dalle risultanze probatorie, insomma, appariva evidente la condotta gravemente negligente dei medici e l’assenza di una prova in ordine a eventuali cause di giustificazione o alla rottura del nesso di causalità che proprio dalla condotta omissiva trae origine. Alla luce di tutto ciò, quindi, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello per una nuova decisione nel merito conforme ai principi di diritto espressi dalla Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 4 novembre – 15 dicembre 2011, numero 27000 Presidente Morelli – Relatore Petti Svolgimento del processo 1. La Corte di appello di Venezia, con sentenza del 21 novembre 2008, notificata, ha riformato la sentenza del tribunale di Venezia del 28 novembre 2000 rigettando la domanda di risarcimento danni proposta da M.C., compensando tra le parti le spese dei due gradi ma ponendo a carico del M. le spese del ctu medico legale. Per quanto qui ancora interessa la Corte veneta dopo aver rilevato una condotta colposa omissiva a carico dei sanitari del Policlinico Militare in relazione alla omessa prescrizione di ulteriori accertamenti diagnostici dopo la esecuzione di due test del campo visivo, sulla persona del militare di leva, effettuati il omissis , test che evidenziavano la riduzione del visus dell'occhio sinistro pari al 60%, ha ritenuto di dover escludere la prova della esistenza di un nesso di causalità in relazione a tale condotta omissiva ed alla possibilità che un intervento chirurgico tempestivo avrebbe, secondo un criterio di probabilità scientifica, evitato la perdita definitiva del visus dell'occhio interessato da un tumore benigno, asportato chirurgicamente nel 1991, ma con esito infausto per il visus. La Corte così considerava la responsabilità per fatto illecito ai sensi dello art. 2043 del codice civile ed il nesso causale in termini di causalità deterministica, secondo criteri di alta probabilità scientifica -come da SU PENALI sentenza numero 576 del 2008. 2. Contro la decisione ricorre il M. deducendo unico motivo di censura e relativo quesito. Resiste il ministero della difesa con controricorso. Il M. ha prodotto memoria. Motivi della decisione 4. Il ricorso merita accoglimento. Passando all'esame del ricorso si osserva che lo stesso risulta proposto con un unico motivo in cui si deduce una doppia censura una prima censura per error in iudicando per violazione e falsa applicazione degli articolo 1176, 1218, 1223, 2729, 2697, 2043 e 2059 del codice civile, in relazione alla azione risarcitoria da illecito civile ed al nesso di causalità tra la condotta omissiva dei medici che non sottoposero il militare a visita specialistica ed il successivo danno biologico determinante la perdita definitiva del visus, mentre gli stessi consulenti di ufficio hanno affermato che la attuale amaurosi avrebbe potuto essere evitata con una diagnosi ed una terapia più precoce. Onde non vale ad interrompere il nesso il fallimento del successivo intervento chirurgico avvenute nel 1991. Una seconda censura che attiene alla contraddizione dell'iter logico dei giudici di appello la quale dopo aver dato atto a ff 7 della condotta colposa omissiva dei medici del reparto di medicina,che effettuarono visite superficiali sul militare, a ff.9 perviene alla sconcertante conclusione che non vi è prova che la diagnosi tempestiva ed un intervento chirurgico tempestivo avrebbero, secondo un criterio di probabilità scientifica non meglio definito, evitato la perdita del visus. Il quesito è formulato per il solo error in iudicando , con la puntualizzazione che in sede di responsabilità civile vale il criterio della normalità causale, secondo un coefficiente probabilistico, come indicato dai consulenti medico legali nelle due consulenze che sono state illogicamente disattese. Questa Corte ritiene la fondatezza della prima censura che deduce error in iudicando , sul rilievo che la domanda risarcitoria, sin dal primo atto introduttivo, prospettava sia il profilo della responsabilità professionale del presidio medico militare, sia il profilo della responsabilità aquiliana dell'Amministrazione militare del Ministero della Difesa in ordine alla imputabilità del fatto dannoso dei propri dipendenti ed al principio generale del neminem laedere . Questi profili vennero considerati dal Tribunale che accolse le domande, accertando la esistenza del nesso eziologico tra le condotte negligenti dei medici militari per gli esami non specialistici avvenuti nello agosto 1987 presso il presidio medico militare ed il successivo aggravamento della malattia che condusse al successivo intervento chirurgico del 1991 volto ad asportare il tumore benigno che interessava il canale ottico sinistro. La Corte di appello ha invece rigettato la domanda, sostenendo a ff 9 della motivazione che alla luce delle suesposte considerazioni espresso dai CTU medico legali non è stata raggiunta la prova in relazione al fatto che una diagnosi tempestiva ed un intervento medico tempestivo avrebbero, secondo un criterio di probabilità scientifica, evitato la perdita del visus da parte del M. . Dove il fallimento della prova è stato posto a carico del militare e la responsabilità aquiliana prescinde dal cd. contatto sociale. Questa Corte, a sezione semplice, intende in vero ribadire i principi enunciati dalle Sezioni Unite civili, ai punti 4.3 e 4.7 della parte motiva della sentenza 11 novembre 2008 numero 26973, in relazione al devolutum che doveva essere considerato in appello, dove appellante era l'amministrazione ed appellato il militare. Dove l'errore giuridico, peraltro denunciato dal ricorrente sotto il duplice profilo dello inadempimento dall'obbligo di protezione e della lesione del diritto alla salute con danno ingiusto, consiste nell'avere la Corte di appello, che ha deliberato la sentenza il 22 ottobre 2008, ignorato la giurisprudenza evolutiva della Cassazione, con l'incipit della sentenza numero 589 del 1999 sulla natura contrattuale della responsabilità del medico e della struttura sanitaria, stabilendo una regula iuris generale, valida anche per il rapporto di protezione che il militare vanta nei confronti del presidio medico militare. Le sezioni Unite citate, nel confermare tali principi, anche precisato che nell’ambito della causalità di contatto sociale, la parte lesa ha l'onere di dare la prova del rapporto sanitario, della esistenza di una prestazione sanitaria negligente e della lesione della salute, secondo un riparto di onere della prova che imputa alla parte inadempiente la deduzione di cause giustificative di tale inadempimento, di guisa che il criterio della causalità non è quello proprio della imputazione penale secondo il criterio rigoroso della quasi certezza, ma è quello civilistico e probabilistico, già espresso dalle S.U. civili nella sentenza numero 5777 del 11 gennaio 2008 e ribadito dalla recente Cass. 26 marzo 2010 numero 7352. L'errore giuridico ha dunque investito la valutazione riduttiva della causa petendi e l'avere addossato alla parte lesa un onere della prova superiore al dovuto, senza tener conto che le consulenze tecniche avevano evidenziato come, al tempo del contatto sociale espresso dalle due visite mediche, i medici non specialisti impedirono il tempestivo accertamento di una malattia benigna e dunque curabile. Da un lato doveva considerarsi il fattore determinante della condotta omissiva e d'altro lato, da parte del Ministero fattosi garante della salute dei propri militari, doveva darsi la prova che lo aggravamento del male non disvelato o riconosciuto dai medici, non era da porsi nella sequenza causale determinante l’intervento chirurgico ad alto rischio. La mancanza della prova della causa di giustificazione o della rottura del nesso di causalità, che trae origine da una condotta gravemente negligente ed omissiva, che la stessa Corte di appello riconosce al foglio 6 della motivazione, doveva logicamente dar luogo allo accoglimento della domanda, come correttamente compiuto dal giudice di primo grado. Fondata risulta anche la seconda censura, posto che resta evidente la contraddizione logica in relazione agli esiti propri dell'inadempimento di on obbligo di garanzia da cui è scaltrito un danno grave alla salute del militare. Non senza rilevare che il militare non solo non ricevette alcuna informazione in ordine ai rischi che correva il suo occhio malato, ma restando inconsapevole della gravità e dello aggravamento del male, non ebbe la opportunità di scegliere adeguate cure, secondo la scienza medica specialistica all'epoca esistente. All'accoglimento del ricorso, segue la cassazione con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, che si atterrà ai principi di cui ai punti 4.3 e 4.7 della sentenza delle Sezioni Unite numero 26973 del 2008, decidendo allo stato delle prove ritualmente raccolte ed in relazione al tema decidendi risultante sin dallo atto introduttivo. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa in relazione e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione.