Colpo di vento e ramo sul motociclista, risarcimento sfumato

Rimesse in discussione la proprietà della strada e la legittimazione passiva. Ma la vittoria sul Comune e la soccombenza rispetto all’ente terzo, risultato responsabile del tratto di strada, porta alla necessità di un’azione dei danneggiati in secondo grado. Per evitare la cristallizzazione del giudicato.

Risarcimento riconosciuto in primo grado, e rimesso in discussione in secondo grado. Il nodo è la legittimazione passiva dei presunti responsabili, ma, alla fine, è il danneggiato a restare a bocca asciutta Colpo di vento. La vicenda alla base della battaglia giudiziaria Cassazione, sentenza numero 26206, terza sezione civile, depositata il 6 dicembre è semplice in moto, tranquillamente, lungo una strada, quando un colpo di vento improvviso fa cadere il ramo di un albero, che colpisce il motociclista. Scontata la richiesta di risarcimento dei danni, scontata la risposta affermativa del Tribunale, che condanna il Comune a rimborsare sia il conducente che il proprietario della motocicletta. Questione chiusa? Non completamente Strada in bilico. A contestare la decisione del Tribunale è, ovviamente, il Comune, che, alla Corte d’Appello, chiede di valutare ulteriori elementi. In particolare, viene sostenuto che il tratto di strada in questione, all’epoca dell’incidente, era ancora di proprietà di un ente terzo – non del Comune –, e che, quindi, la sentenza di primo grado ha errato nel qualificare il Comune come responsabile del danno cagionato dalla pianta . Ricostruzione, questa, accolta dai giudici dell’Appello, che dichiarano il difetto di legittimazione passiva del Comune in relazione alla domanda risarcitoria . Allo stesso tempo, però, l’appello incidentale proposto dai due danneggiati viene dichiarato inammissibile. E ciò mette a rischio il risarcimento Passaggio a vuoto. Ecco spiegata la decisione dei due danneggiati, che presentano ricorso in Cassazione. Sotto accusa la valutazione di inammissibilità dell’appello incidentale. Entrando nel dettaglio, i due ricorrenti affermano di avere azionato una domanda risarcitoria nei confronti di due soggetti e di avere ottenuto una pronuncia di condanna solo nei confronti di uno di questi , e, quindi, per ottenerla anche a carico dell’altro, è necessario e sufficiente che essi ripropongano le domande già formulate in primo grado, senza dover formulare appello incidentale . Ma questa visione non viene condivisa dai giudici della Cassazione, i quali ricordano che soltanto la parte vittoriosa in primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale per far valere le domande e le eccezioni non accolte e, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia, può limitarsi a riproporle, mentre la parte rimasta parzialmente soccombente in relazione ad una domanda od eccezione, di cui intende ottenere l’accoglimento, ha l’onere di proporre appello incidentale, pena il formarsi del giudicato . E tornando a bomba, nella vicenda in esame i due danneggiati sono risultati vittoriosi nei confronti del Comune e soccombenti nei confronti di un ente terzo, per cui avrebbero dovuto proporre appello incidentale condizionato per evitare il formarsi del giudicato nei confronti dell’ente terzo. Proprio alla luce di questo passaggio a vuoto, il ricorso viene respinto, e la pronuncia d’Appello confermata. Col risultato di vedere sfumato il risarcimento per i due danneggiati.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 novembre – 6 dicembre 2011, numero 26206 Presidente Filadoro – Relatore D’Amico Svolgimento del processo Il Comune di Roma ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma con la quale era stato condannato a risarcire a S. e A. S. i danni riportati a seguito dell’improvvisa caduta del ramo di un albero, sito ai bordi della via omissis , precipitato a seguito di un colpo di vento sulla motocicletta di proprietà del secondo e condotta dal primo che transitava in quel punto della strada. L'appellante contestava la propria legittimazione pass1va nei confronti dei danneggiati sostenendo che quel tratto di strada era all'epoca di proprietà dell'Ente Eur, essendo entrato nel patrimonio municipale soltanto il 10 febbraio 2000 e dunque in data successiva al verificarsi dell’incidente. In relazione a ciò sosteneva l'erroneità della sentenza nel qualificarlo come responsabile, ai sensi dell’art. 2051 c.c., del danno cagionato dalla pianta. Chiedeva pertanto in via principale la riforma della sentenza per carenza di legittimazione passiva dell’Ente territoriale in subordine l’esclusione di ogni sua responsabilità, trattandosi di fatto dovuto a causa di forza maggiore. Si costituivano in giudizio S. e A.S. i quali rilevavano come l’impugnazione del Comune non riguardasse la dinamica del fatto, ma solo l’individuazione del soggetto tenuto al risarcimento, se cioè la legittimazione passiva spettasse al Comune piuttosto che all’Ente Eur, donde il passaggio in giudicato della residua parte della sentenza non contestata. Si costituiva in giudizio anche l’Eur s.p.a, già Ente autonomo esposizione Roma, per sostenere come la via omissis non avesse mai fatto parte del suo comprensorio e in subordine contestava nel merito la fondatezza e la congruità della pretesa risarcitoria dei danneggiati riconfermando dunque l’obbligo di manleva, nei suoi confronti, dell’Assitalia – Le assicurazioni d’Italia spa, stante l’apposita copertura assicurativa all’uopo stipulata. Anche detta compagnia di assicurazione si costituiva in giudizio per contestare la fondatezza delle censure mosse dal Comune alla decisione di primo grado circa la responsabilità risarcitoria dell’amministrazione municipale capitolina per l’occorso, non essendovi dubbi che il sinistro si fosse verificato in territorio di pertinenza comunale. Chiedeva perciò il rigetto dell’appello principale, ovvero, nel caso di affermazione di legittimazione passiva dell'Eur s.p.a., di delimitare l’obbligazione di garanzia secondo le condizioni e i massimali di polizza. La Corte d'Appello, in accoglimento dell'appello del Comune di Roma e in riforma della sentenza impugnata, dichiarava il difetto di legittimazione passiva del Comune in relazione alla domanda risarcitoria proposta da S. e A.S. dichiarava inammissibile l’appello incidentale proposto dai suddetti appellati nei confronti dell'Eur spa. Propongono ricorso per cassazione S. e A.S. con quattro motivi. Resistono con controricorso il Comune di Roma e I.N.A. Assitalia s.p.a. Le parti presentano memorie. L'Eur s.p.a. non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il primo motivo i ricorrenti denunciano Violazione e falsa applicazione degli articoli 100, 112, 113 e 346 c.p.c., in relazione all'art. 360, numero 3, c.p.c. ed omessa o quantomeno insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ex art. 360, numero 5 c.p.c., in tema di interesse ad impugnare e sufficienza riproposizione domande in appello. Secondo parte ricorrente nel caso in cui i danneggiati abbiano azionato una domanda risarcitoria nei confronti di due soggetti, ed abbiano avuto una pronuncia di condanna solo nei confronti di uno di questi, per ottenerla anche a carico dell'altro, è necessario e sufficiente che essi ripropongano le domande già formulate in primo grado, ex art. 346 c.p.c., senza dover formulare appello incidentale. La tesi è infondata. Soltanto la parte vittoriosa in primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale per far valere le domande e le eccezioni non accolte e , per sottrarsi alla presunzione di rinuncia ex art. 346 cod.proc.civ., può limitarsi a riproporle mentre la parte rimasta parzialmente soccombente in relazione ad una domanda od eccezione, di cui intende ottenere l’accoglimento, ha l’onere di proporre appello incidentale, pena il formarsi del giudicato sul rigetto della stessa Cass. sez. unumero 24 maggio 2007, numero 12067 Cass. 29 luglio 2002, numero 11202 . Nella fattispecie in esame A. e S.S. sono risultati vittoriosi nei confronti del Comune di Roma e soccombenti nei confronti dell’Eur , per cui gli stessi avrebbero dovuto proporre appello incidentale condizionato per evitare il formarsi del giudicato nei confronti dell’Eur. Con il secondo motivo si denuncia la Violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 112, 113, 343 e 346 c.p.c., in relazione all'art. 360 numero 3 c.p.c. ed omessa o quantomeno insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia ex art. 360, numero 5 c.p.c., in tema di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato ed appello incidentale & gt & gt I ricorrenti lamentano un vizio di omessa pronuncia in quanto la Corte ha ritenuto di non prendere in esame e di considerare inammissibili perché tardive le domande formulate dai ricorrenti nella loro comparsa di costituzione e risposta in appello. Il motivo è anzitutto inammissibile perché il vizio di omessa pronuncia doveva essere denunciato ai sensi dell'art. 360 numero 1 c.p.c. Cass., 7dicembre 2009, numero 26598 Cass., 29 luglio 2009, numero 17659 L'appello è comunque tardivo perché parte appellata si è costituita in cancelleria il 26 ottobre 2005, lo stesso giorno della prima udienza, mentre ai sensi dell’art. 166 c.p.c. avrebbe dovuto costituirsi almeno 20 giorni prima dell'udienza di comparizione Cass., 20 settembre 2002, numero 13746 Cass., 16 novembre 1994, numero 9655 E comunque non vi è stata omessa pronuncia in quanto la Corte d'appello si è espressa dichiarando inammissibile la comparsa di costituzione e risposta in quanto non è stato rispettato il suddetto termine. Con il terzo motivo parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 113, 334 e 343 c.p.c. in relazione all’art. 360, numero 3 c.p.c., ed omessa o quantomeno insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia ex art. 360, numero 5 c.p.c., in tema di impugnazione tardiva condizionata. Sostengono i ricorrenti che la parte vittoriosa in primo grado può proporre, anche tardivamente, e in via condizionata, la propria eventuale doglianza incidentale, senza preclusione alcuna od obbligo di rispettare il termine per l’appello incidentale tempestivo. Il motivo è infondato. La parte che intende impugnare incidentalmente la sentenza può farlo infatti anche se il termine per l’impugnazione sia decorso e con le conseguenze di cui all’art. 334, 2 comma c.p.c., costituendosi entro il termine di 20 giorni prima dell’udienza di comparizione, mentre nella specie i ricorrenti si sono costituiti soltanto il giorno della prima udienza di comparizione in violazione del termine di cui all’art. 166 c.p.c. per cui qualsiasi domanda incidentale proposta deve ritenersi inammissibile perché, per quanto tardiva, non è stata tuttavia proposta nei termini di costituzione tempestiva previsti dalla legge Cass., febbraio 2000, numero 1294 . Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 100, 113 e 115 C.P.C. nonché 4 D. Lgs. 17.9.1999 numero 304 e 14 D. l.gs. 30.4.1992 numero 285 in relazione all'art. 360, n 3, C.P.C. ed omessa quantomeno insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia ex art. 360, numero 5 c.p.c., in tema di legittimazione passiva ed individuazione ente proprietario strada . I ricorrenti censurano l’impugnata sentenza in merito all'accertamento di difetto di legittimazione passiva dei comune di Roma eccependo l’errore essenziale nell’esame dei documenti allegati al processo. Il motivo è anzitutto non autosufficiente in quanto fa riferimento ad una serie di documenti il cui contenuto non è adeguatamente illustrato mediante la sola lettura del ricorso. E dovrebbe essere comunque rigettato in quanto incentrato su profili di merito che non possono essere esaminati in questa sede, avendo l'impugnata sentenza congruamente motivato la decisione adottata. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in favore di ciascuno dei resistenti in complessivi € 1.200,00 di cui € 1.000,00 per onorari, oltre rimborso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge.