Negata la scelta dell’aborto terapeutico. Struttura responsabile, risarcimento da ampliare

La bambina, appena nata, è affetta dalla sindrome di Down. I medici avrebbero dovuto far ripetere le analisi e fornire un’informazione precisa alla madre per poter valutare tutte le possibilità. Ora, per calcolare il danno morale, va tenuta presente anche la continua necessità di assistenza per la piccola.

Prima il sogno, poi il dramma. Nove mesi di attesa, e poi il groppo in gola la bella bambina, appena nata, ha grossi problemi. Si capirà, qualche giorno dopo, che è affetta dalla sindrome di Down. La umana tristezza dei genitori, pronti ad accudire il loro tesoro, è accompagnata anche dalla rabbia l’esame, effettuato nel primo periodo della gravidanza presso la struttura sanitaria di un’Università, non ha permesso di evidenziare la malformazione del feto. E, quindi, non ha dato ai genitori – alla donna, soprattutto – la possibilità di scegliere se ricorrere o meno all’aborto terapeutico. Responsabilità? Questo è il nodo della vicenda, assieme alla quantificazione del risarcimento dei danni. E tale nodo viene sciolto attribuendo alla struttura sanitaria – come chiarisce la Cassazione, con sentenza numero 25559, terza sezione civile, depositata oggi – il peso dell’inadempimento, ovvero la mancata ripetizione dell’esame per accertare le condizioni del feto, che ha portato al mancato aborto e, quindi, alla lesione del diritto della madre di poter decidere liberamente . Danni ‘limitati’. La battaglia giudiziaria vive, innanzitutto, sulla decisione assunta dalla Corte d’Appello, che, riformando parzialmente, la pronuncia di primo grado, condanna l’Università a pagare ai due genitori 80mila euro come danno morale. Poco? Troppo? Sicuramente meno di quanto i genitori avevano chiesto, ovvero oltre un miliardo e trecento milioni di vecchie lire. Nonostante il riconoscimento della responsabilità della struttura universitaria, il calcolo dei danni subiti dalla coppia viene assai limitato. Per una ragione secondo i giudici d’Appello, il mancato aborto non appare causalmente imputabile all’inadempimento dell’Università . Esame da ripetere. Per i genitori, però, quella cifra rappresenta una risposta insufficiente, soprattutto considerando le esigenze della bambina, ovvero il bisogno costante di cure e di assistenza negli anni a venire. In questa ottica, quindi, si colloca la decisione di presentare ricorso in Cassazione, chiedendo di valutare più attentamente la condotta dei medici. Questi ultimi, secondo i ricorrenti, avrebbero dovuto rinnovare le analisi entro la ventiquattresima settimana, posto che entro quel termine vi era la possibilità della scelta dell’aborto terapeutico . E invece, non essendo stata effettuata nuovamente l’esame, divenne impossibile l’interruzione della gravidanza . Su questo punto, si sostiene debba essere riconosciuta la piena responsabilità dell’Università , essendo, questa, inadempiente all’obbligo di fornire al paziente informazioni di sicura intellegibilità circa la oggettiva affidabilità dell’esito dell’esame e la prosecuzione della gravidanza sino alla nascita di una persona gravemente handicappata . Diritto leso. La valutazione dei giudici della Cassazione è tranchant la motivazione della Corte d’Appello è illogica e contraddittoria laddove afferma che il mancato aborto non appare causalmente imputabile all’inadempimento dell’Università . La realtà, invece, è netta, è la lesione del diritto della madre di poter decidere liberamente, anche attraverso una adeguata informazione sanitaria, la scelta dell’aborto terapeutico o di rischiare una nascita a rischio genetico , e questa opzione le è stata preclusa dall’esito incerto dell’esame praticato, del quale non è stata data adeguata informazione . Ne consegue la responsabilità della struttura universitaria, alla luce della condotta dei medici, che effettuarono le analisi approssimativamente , e la lesione dei diritti inviolabili della persona , sia del gestante che del padre. In questa ottica, l’episodio medico ‘incriminato’ si evidenzia, per i giudici, come un fatto dannoso lesivo di diritti inviolabili di autodeterminazione e di solidarietà familiare a protezione di minori portatori di handicap . L’effetto è la riconsiderazione del principio di risarcimento integrale del danno non patrimoniale dei genitori , che risulta all’evidenza sottovalutato per entrambi i genitori, considerata la gravità del sacrificio personale e la permanenza dell’assistenza di una persona che abbisogna di continue cure, sorveglianza ed affetto . A questa considerazione dovrà attenersi la Corte d’Appello, a cui la questione viene rimessa dalla Cassazione, a sigillo dell’accoglimento del ricorso presentato dai due genitori.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 12 ottobre – 30 novembre 2011, numero 25559 Presidente Trifone – Relatore Petti Svolgimento del processo 1.La Corte di appello di Perugia, con sentenza del 10 ottobre 2006, in parziale riforma della sentenza 12 luglio 2011 del Tribunale di Perugia, appellata in via principale dalla convenuta Università degli studi di Roma La Sapienza” ed in via incidentale dalla assicurazione chiamata in causa Assitalia spa, e dagli attori L.M. e L.M. e dalla convenuta ULSS Valle Umbra, gestione liquidatoria a.in accoglimento parziale dello appello incidentale delle parti lese,e cioè dei genitori C.L., nata con sindrome Down, ha condannato la Università al pagamento in favore del L. e della L. della complessiva somma di euro 80 mila come danno morale – come si legge a p. 21 della sentenza rigettando la maggiore richiesta per oltre un miliardo e trecento milioni di lire b.ha condannato la Assitalia a tenere indenne la Università da quanto essa dovrà versare agli attori in forza del capo che precede c.ha confermato il rigetto della domanda proposta dagli attori contro la USLL Valle Umbra Nord,già Ospedale di Assisi, reparto di ginecologia dove avvenne il parto il 14 marzo 1989 d.ha integralmente compensato le spese dei due gradi del giudizio tra università ed Ulss e tra attori ed Ulss e ha compensato per i due terzi le spese dei due gradi di giudizio tra gli attori e la Università con distrazione ai difensori degli attori dettisi antistatari. 2.Contro la decisione hanno proposto ricorso i genitori di C., in proprio, con atto notificato in termini alle controparti e illustrato da memoria ha resistito la assicuratrice deducendo la inammissibilità del ricorso. Motivi della decisione 3.Il ricorso merita accoglimento in relazione al secondo dei motivi dedotti essendo inammissibile il primo per difettosa formulazione del quesito. Per chiarezza espositiva se ne offre una sintesi descrittiva ed a seguire la confutazione in diritto del primo motivo e le ragioni di accoglimento del secondo. SINTESI DEI MOTIVI. Nel PRIMO motivo si deduce error in iudicando per violazione e falsa applicazione degli articolo 6 e 7 della legge 2 maggio 1978 numero 194 in relazione alla dichiarata illegittimità costituzionale dell'articolo 456 del codice penale, con riferimento articolo 360 numero 3 del codice processuale civile. Il quesito è subito precisato nella seguente formula in materia di aborto terapeutico il valore da attribuirsi alla salute fisica e psichica della gestante deve ritenersi prevalente rispetto alla salvaguardia dell’embrione? Leggendo poi le successive pagine da 9 a 15 che illustrano il quesito, si deduce da un lato la responsabilità della Università romana che non aveva informato la gestante della oggettiva inaffidabilità dell’esito della funicolocintesi e quindi sulla necessità di ripetere lo esame entro e non oltre la ventiquattresima settimana, posto che entro quel termine vi era la possibilità della scelta dello aborto terapeutico Si contesta poi a pag. 13 la modesta liquidazione del danno inerente alla salute psichica della madre, liquidato in 40 mila euro, in contrasto con i dettami della giurisprudenza costituzionale citata in epigrafe. Si assume che la valutazione del danno non patrimoniale alla salute della madre doveva essere integrale ed unitario, come garantito dall’articolo 32 della Costituzione e ribadito da questa Corte nella sentenza 10 maggio 2002 numero 6735, cui deve aggiungersi anche la nota sentenza selle SS Unite 11 novembre 2998 numero 369793. Nel SECONDO motivo SI DEDUCE IL VIZIO DELLA MOTIVAZIONE, insufficiente, illogica e contraddittoria su un fatto controverso e del giudizio. Si aggiunge il seguente quesito di diritto in forma di domanda Nel caso di aborto terapeutico, a chi incombe l'onere probatorio che al momento dello inadempimento del medico il feto non era in condizioni di condurre vita autonoma? LEGGENDO le pagine da 15 a 18 si comprende che il fatto controverso viene riferito alla condotta dei sanitari della Università che avrebbero dovuto rinnovare le analisi con la terribile conseguenza che successivamente divenne impossibile la interruzione della gravidanza di un feto vitale e presumibilmente sano. Si sostiene che, correggendosi la motivazione ed affermando la responsabilità piena della Università romana la decisione della Corte che ha accolto lo appello della Università doveva essere riformata, essendo la stessa inadempiente allo obbligo di fornire al paziente informazioni di sicura intelleggibilità circa la oggettiva affidabilità dell’esito della funicolo centesi, e la prosecuzione della gravidanza sino alla nascita di una persona gravemente handicappata. 4. CONFUTAZIONE IN DIRITTO Del PRIMO MOTIVO dovendosi applicare il regime dei quesiti ratione temporis , il primo motivo non risulta formulato in modo conforme al modello del quesito di diritto indicato dallo articolo 366 bis c.p.c. essendo privo della sintesi descrittiva che consenta di collegare il riferimento alle norme sullo aborto terapeutico e la ratio decidendi della Corte di appello che disapplica la regula iuris ritenendo di non ravvisare alcun nesso causale tra i comportamenti addebitati alla Università ed i danni lamentati ai ricorrenti, che nel ricorso propongono gravame in proprio e per la ridotta liquidazione del danno morale. Questa Corte, per un principio ist1tuzionale e costituzionale di imparzialità, non ha il potere di integrare un motivo mal formulato, e peraltro carente in ordine alla specifica indicazione degli atti e dei documenti processuali sui quali esso si fonda adempimento al quale il novellato articolo 366 numero 6 c.p.c. correla la stessa ammissibilità del ricorso. Il motivo risulta inammissibile. Vedi tra le tante Cass. 23 luglio 2004 numero 13830 e 30 giungo 2011 numero 14402 in motivazione. 5.ACCOGLIMENTO DEL SECONDO MOTIVO. Il secondo motivo merita invece accoglimento, in quanto dalla faticosa esegesi degli argomenti posti a sostegno del ricorso, emerge chiaramente da un lato il fatto controverso e d’altro lato la illogica e contraddittoria motivazione computa dalla Corte di appello a pag 31 della sentenza nel punto in cui afferma che il mancato aborto non appare causalmente imputabile all'inadempimento della Università. La stessa enunciazione del quesito, peraltro non richiesta, poiché si deduce il vizio della motivazione, evidenzia il salto logico della sentenza. Il fatto controverso attiene alla lesione del diritto della madre di poter decidere liberamente, anche attraverso una adeguata informazione sanitaria, la scelta dello aborto terapeutico o di rischiare una nascita a rischio genetico e questa scelta le è stata preclusa dallo esito incerto dello esame praticato, del quale non è stata data adeguata informazione. La responsabilità della Università è di natura contrattuale e per contatto sociale, come si evince chiaramente dal punto 4.3. della sentenza delle SU 11 novembre 2011 numero 26973, che è vincolante per le sezioni semplici e, quindi la imputabilità della condotta di inadempimento non avviene secondo i criteri della causalità deterministica considerata dalla Corte di appello, ma secondo i criteri della causalità giuridica per atto e condotta volontaria dei medici universitari che effettuarono le analisi approssimativamente. Nel contatto di protezione tra la gestante e la Università che effettua le analisi per escludere il rischio genetico, gli interessi da realizzare e tutelare attengono alla sfera della salute in senso ampio, di guisa che lo inadempimento della università debitrice della prestazione, è suscettibile di ledere i diritti inviolabili della persona e quindi anche della gestante e del padre, nel caso di nascita di persona handicappata, e del padre, che pure è giuridicamente solidale al mantenimento, alla crescita ed alla protezione del nato non sano. Pertanto sussiste il dedotto vizio di motivazione illogica e contraddittoria in ordine alla valutazione del fatto controverso come fatto dannoso lesivo di diritti inviolabili di autodeterminazione e di solidarietà familiare a protezione di minori portatori di handicap. Vizio della motivazione che assume un duplice rilievo sia in ordine alla certa natura della responsabilità contrattuale della Università, non adempiente allo obbligo di protezione nel compiere la funicolo centesi, sia in ordine al principio del risarcimento integrale del danno non patrimoniale dei genitori della piccola handicappata, che risulta alla evidenza sottovalutato per entrambi i genitori, considerata la gravità del sacrificio personale e la permanenza della assistenza di una persona che abbisogna di continue cure, sorveglianza ed affetto. ALL'ACCOGLIMENTO del secondo motivo di ricorso segue la cassazione con rinvio alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione, che si atterrà ai principi di diritto enunciati dalle Sez.Unite civili al punto 4.3 della sentenza 11 novembre 2008 numero 26793, che questa sezione condivide e ritiene vincolanti per il giudice del rinvio, e provvederà ad una equa liquidazione del danno parentale iure proprio richiesto dai genitori di C. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. Non senza rilevare, che in ordine ai criteri di congruità in ordine alla liquidazione di tali voci di danno, recenti pronunce della Corte a sezioni semplici, quali Cass.III sez. 30 giugno 14402, che richiama la precedente numero 12408 delo stesso anno, i giudici del merito potranno applicare gli standards personalizzati delle cd. tabelle milanesi, che sono pur sempre funzionali al superiore principio del risarcimento integrale del danno anche quando è di natura non patrimoniale. IN LIMINE si osserva che la istanza proposta dai ricorrenti circa la opportunità della nuova citazione e della avvocatura dello Stato è priva di interesse, risultando integro il contraddittorio presso il domicilio eletto dalla Università appellante, come indicato in sentenza di appello, e come notificato in sede di ricorse. P.Q.M. Dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso, accoglie il secondo, cassa in relazione e rinvia alla Corte d L appello di Perugia in diversa composizione, vincolata ai principi di diritto enunciati nella parte motiva, che provvederà alla liquidazione delle spese anche di questo giudizio di cassazione.