È valida la notifica del ricorso per fallimento effettuata presso la casa comunale

Ai sensi dell’art. 15, comma 3, l.fall., qualora la notificazione del ricorso per fallimento non può essere compiuta con le modalità indicate nella prima parte della disposizione e cioè all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti, oppure presso la sede risultante dal registro delle imprese si esegue, in terza battuta, con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso.

Sul tema la Cassazione Civile con la pronuncia n. 28916/20, depositata il 17 dicembre. Una società dichiarata fallita dal Tribunale di Roma ha impugnato avanti alla Corte di Cassazione la sentenza della Corte di Appello della medesima località reiettiva del reclamo proposto dalla stessa società avverso la dichiarazione di fallimento pronunciata in sua contumacia. Per quanto qui di interesse, la Corte capitolina ha infatti considerato correttamente effettuata, alla stregua della disciplina di cui all’art. 15, comma 3, l. fall., la notificazione del ricorso di fallimento eseguita, su istanza del creditore procedente, presso la casa comunale, dopo l’esito negativo del suo precedente tentativo presso la sede della società e di quello della cancelleria all’indirizzo di posta elettronica certificata di quest’ultima. La società ricorrente ha impugnato la sentenza della Corte territoriale lamentando la violazione dell’art. 15 l. fall. in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., nonché degli artt. 145 e 140 c.p.c. per l’asserita illegittimità costituzionale della disposizione nella parte in cui statuisce che quando la notificazione non può essere compiuta con le modalità di cui alle lettere a e b vale a dire, rispettivamente, via posta elettronica certificata o presso la sede risultante dal registro delle imprese si esegue con il deposito dell’atto presso la casa comunale . La Corte di Cassazione ha ritenuto manifestamente infondato detto motivo di impugnazione. Secondo gli Ermellini, occorre innanzitutto ricordare che ogni imprenditore, individuale o collettivo, iscritto al registro delle imprese, è tenuto a dotarsi di indirizzo di posta elettronica certificata ai sensi dell’art. 16 d.l. n. 185/2008, convertito con modificazioni nella l. n. 2/2009 e, come già chiarito dalla giurisprudenza della stessa Corte di Cassazione, tale indirizzo costituisce l’ indirizzo pubblico informatico” che i predetti imprenditori hanno l’onere di attivare, tenere operativo e rinnovare nel tempo sin dalla fase di iscrizione nel registro delle imprese – e finanche per i dodici mesi successivi all’eventuale cancellazione da esso – la cui responsabilità, sia nella fase di iscrizione, sia successivamente, grava sul legale rappresentante della società, non avendo al riguardo alcun compito di verifica l’ufficio camerale. Inoltre, prosegue la Corte, l’art. 15, comma 3, l. fall. – nel testo ratione temporis applicabile – costituisce una norma speciale del procedimento prefallimentare e sancisce che, quando la notificazione del ricorso per fallimento non può essere compiuta con le modalità indicate nella prima parte della disposizione e cioè a all’indirizzo id posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti, oppure b presso la sede risultante dal registro delle imprese si esegue, in terza battuta, con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso. Non sussiste quindi il vizio ascritto dalla ricorrente alla sentenza della Corte di Appello di Roma, che al contrario è stata ritenuta pienamente rispettosa dei princìpi sopra indicati e ripetutamente affermati dalla giurisprudenza di legittimità che, tra l’altro, nel rimarcare la specialità dell’art. 15 l. fall., ha escluso l’applicabilità dell’art. 141 c.p.c. per le ipotesi di irreperibilità del destinatario della notificazione, rilevando altresì che la successione delle modalità notificatorie previste dalla disposizione in esame e la loro legittimità, con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, sono state confermate dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 146/2016.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 17 novembre – 17 dicembre 2020, n. 28916 Presidente Ferro – Relatore Campese Fatti di causa 1. La omissis s.r.l. ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi, contro la sentenza della Corte di appello di Roma del 21 dicembre 2018, reiettiva del reclamo dalla medesima proposto avverso la dichiarazione del proprio fallimento pronunciata, in sua contumacia, dal Tribunale di quella stessa città, l’1 febbraio 2018, su istanza di M.G.K.G. . Quest’ultimo resiste, con controricorso, mentre la curatela fallimentare è rimasta solo intimata. 1.1. Per quanto qui ancora di interesse, la corte capitolina i ha considerato correttamente effettuata, alla stregua della disciplina di cui all’art. 15 L. Fall., comma 3, come novellato dal D.L. n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012 , la notificazione del ricorso di fallimento eseguita, su istanza del creditore procedente, presso la casa comunale, dopo l’esito negativo del suo precedente tentativo presso la sede della società e di quello della cancelleria all’indirizzo PEC di quest’ultima ii ha ritenuto inattendibili i bilanci prodotti solo in quella sede dalla reclamante, e carente, in assenza di ogni altro elemento, la prova dell’insussistenza dei requisiti di fallibilità. Ragioni della decisione 1. Le formulate doglianze prospettano, rispettivamente I Violazione dell’art. 15 L. Fall., in relazione agli artt. 24 e 111 Cost, nonché agli artt. 145 e 140 c.p.c. - Illegittimità costituzionale dell’art. 15 L. Fall. nella parte in cui statuisce che quando la notifica non può essere compiuta con queste modalità, si esegue con il deposito dell’atto presso la casa comunale e si perfeziona nel momento del deposito . Si insiste affinché venga dichiarata la nullità della notificazione del ricorso di fallimento eseguita nei suoi confronti presso la casa comunale, dopo l’esito negativo del precedente tentativo del M. , e si chiede sollevarsi questione di costituzionalità dell’art. 15 L. Fall., comma 3, asseritamente contrastante con la norma generale di cui all’art. 140 c.p.c., in relazione all’art. 24 Cost. e all’art. 11 Cost., comma 2 II Motivazione apparente - Violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 101 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 1 L. Fall. art. 360 c.p.c., nn. 5 e 3 . Si censura la decisione impugnata nella parte in cui aveva ritenuto inattendibili i bilanci prodotti dalla reclamante, senza, peraltro, provocare il contraddittorio sul punto. 2. Il primo motivo è manifestamente infondato. 2.1. La sentenza impugnata riferisce, invero, che i la Cancelleria della sezione fallimentare del Tribunale di Roma ha tentato, in data 7.12.2017, la notifica del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione di udienza PEC della omissis s.r.l. , ma senza alcun esito positivo di consegna il non essendo stato, quindi, possibile, per causa imputabile al destinatario, la notifica tramite PEC, la Cancelleria del tribunale, così come disposto dal novellato art. 15 ha dato comunicazione al creditore procedente dell’esito negativo di detto incombente notificatorio d’ufficio il creditore ha così provveduto a notificare - tramite l’ufficiale giudiziario - il ricorso ed il decreto di fissazione di udienza, dapprima, con esito negativo in data 11.12.2017, presso la sede della società, in via omissis , dove nessuno era stato reperito v. relata di notifica e, quindi, ex art. 15, comma 3, mediante deposito degli atti presso la Casa comunale . 2.2. Fermo quanto precede, giova ricordare che ogni imprenditore, individuale o collettivo, iscritto al registro delle imprese, è tenuto a dotarsi di indirizzo di posta elettronica certificata, ai sensi del D.L. n. 185 del 2008, ex art. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 2 del 2009 come novellata dalla L. n. 35 del 2012. Per gli imprenditori individuali analogo obbligo è stato introdotto dal D.L. n. 179 del 2012, art. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012 , e, come già chiarito da questa Corte, tale indirizzo costituisce l’indirizzo pubblico informatico che i predetti hanno l’onere di attivare, tenere operativo e rinnovare nel tempo sin dalla fase di iscrizione nel registro delle imprese per il periodo successivo alla entrata in vigore delle disposizioni da ultimo citate , - e finanche per i dodici mesi successivi alla eventuale cancellazione da esso - la cui responsabilità, sia nella fase di iscrizione che successivamente, grava sul legale rappresentante della società, non avendo al riguardo alcun compito di verifica l’Ufficio camerale cfr. Cass. n. 31 del 2017 Cass. n. 16864 del 2018 . 2.3. Inoltre, l’art. 15 L. Fall., comma 3, - nel testo, qui applicabile ratione temporis -, modificato dal D.L. n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012 - costituisce norma speciale propria del procedimento prefallimentare, e sancisce che, quando la notificazione non può essere compiuta con le modalità indicate nella prima parte della disposizione a all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti, oppure b presso la sede risultante dal registro delle imprese si esegue, in terza battuta, con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso . 2.4. Orbene, la sentenza impugnata dà espressamente atto che la notificazione del ricorso del M. , tramite posta elettronica certificata, tentata dalla cancelleria, aveva avuto esito negativo, e che analoga sorte era toccata all’ulteriore tentativo effettuato dall’ufficiale giudiziario presso la sede legale della omissis s.r.l., così determinando quest’ultimo a provvedere al deposito dell’atto nella casa comunale. Si tratta, evidentemente, di accertamenti di natura fattuale qui non ulteriormente censurabili. 2.4.1. Non sussiste, dunque, il vizio oggi ascritto dalla ricorrente alla suddetta decisione, pienamente rispettosa dei principi già ripetutamente affermati, sul punto, da questa Corte cfr. ex multis, Cass. n. 5311 del 2020, che, nel rimarcare la specialità del novellato art. 15 L. Fall., comma 3, esclude l’applicabilità della disciplina ordinaria prevista dall’art. 145 c.p.c. per le ipotesi di irreperibilità del destinatario della notifica Cass. 12390 del 2019 Cass. n. 28803 del 2018 Cass. n. 16864 del 2018 Cass. n. 6378 del 2018 Cass. n. 5080 del 2018 Cass. n. 602 del 2017 Cass. n. 17946 del 2016 , altresì rilevandosi che la successione delle modalità notificatorie ex art. 15 L. Fall., comma 3, indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario e, qualora risulti impossibile, a mezzo di ufficiale giudiziario presso la sede legale e successivamente presso la casa comunale e la loro legittimità, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., sono state di recente confermate dal giudice delle leggi cfr. Corte Cost. 16 giugno 2016, n. 146 . 3. Il secondo motivo è, insuscettibile di accoglimento nel suo complesso. 3.1. Va immediatamente ricordato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 pure formalmente invocato dalla ricorrente con la doglianza in esame , nel testo, qui applicabile ratione temporis risultando impugnata una sentenza resa il 21 dicembre 2018 , novellato dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, ha avuto l’effetto di limitare la rilevanza del vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge e ciò accade solo quando il vizio di motivazione sia così radicale da comportare, con riferimento a quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza o di altro provvedimento decisorio per mancanza della motivazione , ipotesi configurabile allorché la motivazione manchi del tutto - nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione - ovvero formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum Cass. n. 22598 del 2018 Cass. n. 23940 del 2017 . 3.2. Nella specie, invece, la corte capitolina ha giustificato la ivi ritenuta inattendibilità dei bilanci in quella sede prodotti dalla reclamante non vi è prova che i bilanci sociali dell’ultimo triennio siano stati formalmente depositati dalla società interessata presso la Camera di commercio e, comunque, l’assenza delle scritture contabili non consente di verificare il valore delle poste attive e passive iscritte in bilancio sicché non è possibile attribuire a detti bilanci alcuna presunzione di veridicità, dovendosi, piuttosto, rilevarne, anche per i tempi di produzione nella procedura concorsuale, la intrinseca inattendibilità . Cfr. pag. 3 della sentenza impugnata una motivazione esiste, quindi, così come sono ben comprensibili le argomentazioni offerte per far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, che non necessitano di alcuna integrazione ad opera dell’interprete cfr. Cass., SU., n. 22232 del 2016 . Va qui solo puntualizzato che la giurisprudenza di legittimità ha recentemente ribadito cfr. Cass. n. 24138 del 2019, in motivazione che i bilanci degli ultimi tre esercii che l’imprenditore è tenuto a depositare ex art. 15 L. Fall., comma 4, sono quelli approvati e depositati nel registro delle imprese, in applicazione dell’art. 2435 c.c. Cass. 13746/2017 infitti ragioni di tutela, anche a fini concorsuali, di coloro che siano venuti in contatto con l’impresa potendo aver fatto affidamento sulla fallibilità, o meno, dell’imprenditore in base ai dati di bilancio fanno sì che l’esame di siffatti documenti contabili, ove non depositati o non tempestivamente depositati, possa dar luogo a dubbi circa la loro attendibilità, anche in conseguenza delle tempistiche osservate o non osservate nell’esecuzione di questi adempimenti formali, sicché in tali casi il giudice potrà non tenere conto dei bilanci prodotti . 3.2.1. Le contestazioni della ricorrente, al contrario, investono quelle affermazioni nemmeno riproducendo nel suo ricorso la documentazione - visura camerale della CCIIAA di Roma - a tal fine invocata e si risolvono in una inammissibile critica al complessivo governo del materiale istruttorio operato dal giudice a quo. 3.3. A tanto va aggiunto che questa Corte ha già precisato che, ai fini della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità, sono ammissibili strumenti probatori alternativi al deposito dei bilanci degli ultimi tre esercizi di cui all’art. 15 L. Fall., comma 4, i quali, non espressamente menzionati nell’art. 1 L. Fall., comma 2, costituiscono strumento di prova privilegiato, in quanto idonei a chiarire la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa, senza assurgere, però, a prova legale, essendo soggetti alla valutazione, da parte del giudice, dell’attendibilità dei dati contabili in essi contenuti secondo il suo prudente apprezzamento ex art. 116 c.p.c. cfr. Cass. n. 24138 del 2019 Cass. n. 30516 del 2018 Cass. n. 30541 del 2018 . 3.3.1. Fermo quanto precede, va rimarcato che l’accertamento di fatto circa la fallibilità dell’imprenditore, da compiersi sulla scorta della documentazione bilanci o diversa tipologia, purché idonea a dare adeguatamente conto della sua situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata da lui allegata, compete al giudice del merito ciò in base alla regola per cui spetta a quest’ultimo il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge cfr., ex multis, Cass. n. 25188 del 2017 Cass. n. 24679 del 2013 Cass. n. 27197 del 2011 Cass. n. 7921 del 2011 Cass. n. 20455 del 2006 Cass. n. 7846 del 2006 Cass. n. 18134 del 2004 Cass. n. 2357 del 2004 . 3.3.2. L’apprezzamento circa il valore probatorio attribuito dalla corte distrettuale ai descritti documenti depositati dalla debitrice in sede di reclamo sfugge, dunque, al sindacato di legittimità. Nè potrebbe invocarsi la mancata spendita dei poteri riservati al tribunale ed alla corte di appello, posto che la natura officiosa del procedimento prefallimentare implica solo che il giudice del merito possa attingere elementi di giudizio dagli atti e documenti acquisiti, anche indipendentemente da una specifica allegazione di parte, ma non pure che debba trasformarsi in organo ufficioso di ricerca della prova cfr. Cass. n. 625 del 2016, successivamente richiamata dalla più recente Cass. n. 25188 del 2017 . Come è stato osservato, il ruolo di supplenza assegnato al giudice fallimentare non è, del resto, rimesso a presupposti vincolanti poiché richiede una valutazione del giudice di merito circa l’incompletezza del materiale probatorio e l’individuazione di quello utile alla definizione del procedimento, nonché circa la sua concreta acquisibilità e rilevanza decisoria, sicché, trattandosi di una facoltà necessariamente discrezionale, il mancato esercizio dei poteri istruttori officiosi da parte del giudice non determina l’illegittimità della sentenza Cass. n. 24721 del 2015 . 4. Il ricorso va, dunque, respinto, restando le spese di questo giudizio di legittimità, tra le sole parti costituite, regolate dal principio di soccombenza e liquidate come in dispositivo, altresì dandosi atto in assenza di ogni discrezionalità al riguardo cfr. Cass. n. 5955 del 2014 Cass., S.U., n. 24245 del 2015 Cass., S.U., n. 15279 del 2017 e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto, mentre spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esecuzione dal suo pagamento . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, e condanna la omissis s.r.l. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità sostenute da M.G.K.G. , che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.