L’assuntore del fallimento è legittimato attivo nel giudizio di revocatoria fallimentare in luogo del curatore

La titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto. Tuttavia, la presa di posizione assunta dal convenuto con la comparsa di risposta può aver rilievo, perchè può servire a rendere superflua la prova dell’allegazione dell’attore in ordine alla titolarità del diritto, e ciò avviene nel caso in cui il convenuto riconosca il fatto posto dall’attore a fondamento della domanda oppure nel caso articoli una difesa incompatibile con la negazione della sussistenza del fatto costitutivo.

Con la pronuncia del 15 ottobre 2020, n. 22257, il S.C. chiarisce che l’assuntore del concordato fallimentare subentra al curatore fallimentare nelle azioni di revocatoria fallimentare promosse da quest’ultimo in qualità di cessionario, dovendo la controparte contestare espressamente tale posizione sin dalla prima difesa utile o comunque assumendo una condotta processuale nel senso di contestare tale assunto. Il caso. All’origine della pronuncia in commento vi è l’azione revocatoria ex art. 67 l. fall. promossa dal curatore fallimentare nei confronti di una banca e relativa ad una serie di rimesse in conto corrente. Il Tribunale accoglie la domanda e avverso tale decisione il Fallimento promuove appello. Nel corso del giudizio interviene l’assuntore dal concordato fallimentare , sostenendo la propria legittimazione attiva in luogo del fallimento. La corte di appello respinge la domanda della banca appellante ritenendo, tra l’altro, la piena legittimazione attiva dell’assuntore. La banca ricorre per cassazione, sostenendo, per quanto di interesse in questa sede, il difetto di legittimazione attiva dell’assuntore e la tempestività della relativa eccezione. Assuntore ed azione revocatoria la regola generale. E’ opportuno premettere che, secondo giurisprudenza consolidata, la cessione delle azioni revocatorie all'assuntore del concordato fallimentare determina la perdita della legittimazione attiva della curatela e, comportando anche il trasferimento della titolarità del rapporto sostanziale, legittima il cessionario ad intervenire nei giudizi pendenti. In altri termini, qualora venga stipulato un concordato fallimentare che prevede anche la cessione delle azioni revocatorie promosse in precedenza dal fallimento, la legittimazione di queste ultime spetta all’assuntore, che subentra quindi al curatore. Ricorso per cassazione e subentro dell’assuntore. Analogamente, in termini generali, nel giudizio di cassazione proposto dal curatore fallimentare avverso il decreto di liquidazione del proprio compenso, è ammissibile l'intervento dell'assuntore del concordato , che sia subentrato nelle posizioni obbligatorie facenti capo al fallito e alla massa con liberazione del debitore originario, in quanto successore a titolo particolare nel diritto controverso. Assuntore, ricorso per cassazione e successione a titolo particolare. Peraltro, la posizione dell’assuntore, nei confronti delle azioni promosse dal curatore non è in termini di totale subentro. Con riferimento specifico alla legittimazione al ricorso per cassazione, questa non spetta all'assuntore del concordato che subentri nelle singole posizioni debitorie senza la contestuale liberazione del debitore originario, atteso che egli non succede al debitore originario nella titolarità passiva del rapporto obbligatorio, ma gli si affianchi in veste di garante e di coobbligato. Assuntore e legittimazione passiva nei confronti dei creditori. Affrontando la posizione per quanto attiene, invece, alla legittimazione passiva dell’assuntore o del curatore, si è affermato, in termini pacifici, che la legittimazione ad agire per l'adempimento delle obbligazioni contratte dall'assuntore compete ai creditori ammessi al passivo e non al curatore del fallimento, il quale, infatti, salvo che nei casi espressamente previsti dalla legge, non ha un generale potere-dovere di sostituirsi ai creditori del fallito nell'esercizio delle azioni corrispondenti alle pretese di cui sono titolari. Assuntore e creditore non ammesso al passivo. Rispetto al principio testè affermato, in caso di limitazione degli obblighi dell'assuntore ai soli crediti ammessi al passivo, l'assuntore medesimo devesi ritenere – al contrario - privo di legittimazione passiva nei confronti della pretesa avanzata dal creditore non insinuato al passivo, la quale, dopo la omologazione del concordato con sentenza passata in giudicato può essere fatta valere nei soli confronti del fallito. Legittimazione dell’assuntore e difesa del convenuto. Quanto esposto in precedenza trova conferma nella posizione della Cassazione nel provvedimento in esame, in forza del quale la legittimazione ad agire costituisce una condizione dell'azione diretta all'ottenimento, da parte del giudice, di una qualsiasi decisione di merito, la cui esistenza è da riscontrare esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata prescindendo, quindi, dalla effettiva titolarità del rapporto dedotto. In tale prospettiva, come visto, il difetto di legittimazione va valutato anche con riferimento alle difese della parte che eccepisce tale elemento e sul punto il S.C. rileva che la banca non ha, negli scritti successivi all’intervento dell’assuntore, effettuato alcuna contestazione. La posizione va quindi vagliata alla luce delle prospettazioni di parti, non essendo considerata eccezione in senso stretto e quindi soggetta a decadenza.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 17 giugno – 15 ottobre 2020, n. 22257 Presidente Scaldaferri – Relatore Dolmetta Fatti di causa 1.- Il Fallimento della s.p.a. dichiarato nel luglio 2002 ha convenuto avanti al Tribunale di Mantova la Banca Popolare di Sondrio, chiedendo ex art. 67 L.Fall., comma 2, la revoca di una serie di rimesse di conto corrente. Nel corso del giudizio è intervenuta la s.r.l. Gem 21, nella qualità di proponente un concordato omologato . Il Tribunale ha accolto la richiesta attorea. 2.- La Banca Popolare ha presentato appello avanti alla Corte di Appello di Brescia. Con sentenza depositata l’8 maggio 2017, questa ha rigettato l’impugnazione. 3.- A fronte del rilievo mosso dall’appellante - secondo cui la decisione del primo grado aveva errato nell’ avere qualificato come tardiva l’eccezione di carenza di legittimazione attiva dell’intervenuta Gem 21 -, la Corte territoriale ha osservato che solo in sede di comparsa conclusionale la convenuta avesse contestato la legittimazione attiva della intervenuta Gem 21 che, in realtà, l’eccezione aveva per oggetto non la legittimazione, ma la titolarità della situazione giuridica sostanziale per la quale non è consentito l’esame d’ufficio , rientrando nel potere dispositivo della parte, tenuta a dedurla nei tempi e nei modi previsti per le eccezioni di parte che, comunque, il concordato fallimentare, omologato con provvedimento in data 1/4/2008 prevedeva, come si legge nella comparsa di intervento, la cessione di tutti i beni compresi nell’attivo fallimentare, nonché delle azioni di pertinenza della massa esercitate dal Fallimento tra cui, quindi, la presente , sicché non è sostenibile, come pretende l’appellante, che l’azione revocatoria da essa esercitata rappresenti l’esercizio di un diritto estraneo al modello legale tipico connaturato all’azione revocatoria fallimentare che la questione relativa alla dedotta necessità della previsione in sede di concordato della cessione dell’azione revocatoria è superata dal fatto che tanto Gem 21 ha dichiarato in comparsa di intervento e non risulta che controparte avesse tempestivamente contestato la circostanza . 4.- Avverso questo provvedimento presenta ricorso la Banca Popolare, svolgendo quattro motivi di cassazione. Resiste con controricorso la s.r.l. Gem 21. 5.- Il resistente ha anche depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2. Ragioni della decisione 6.- I motivi di ricorso sono stati intestati nei termini qui di seguito riportati. Primo motivo nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riferimento all’art. 112 c.p.c. . Secondo motivo violazione o falsa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento agli artt. 81 e 100 c.p.c. l’erronea qualificazione della fattispecie come inerente la titolarità sostanziale del rapporto. Il difetto di legitimatio ad causam della Gem 21 . Terzo motivo nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riferimento agli artt. 167, 183 e 342 c.p.c In subordine, l’erronea statuizione circa la tardività dell’eccezione di difetto di titolarità in capo alla Gem 21 s.r.l. I principi espressi dalla Suprema Corte con la sentenza SS.UU. 16 febbraio 2016, n. 2951. L’erronea applicazione del principio di specificità dei motivi di appello e il difetto di prova in ordine alla titolarità della Gem 21 s.r.l. . Quarto motivo violazione o falsa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento all’art. 2697 c.c. la titolarità del rapporto sostanziale non è provata . 7.- Con i detti motivi, il ricorrente assume, nell’ordine, che la Corte territoriale non si è pronunciata sull’eccezione di legitimatio ad causam, avendola riqualificata come relativa alla titolarità della situazione sostanziale che l’eccezione di carenza di legittimazione attiva non può essere considerata tardiva, posto che è rilevabile d’ufficio e sollevabile in ogni stato e grado del processo che l’intervento della Gem 21 s.r.l. ha posto un problema di legittimazione ad agire e non di titolarità del rapporto la riqualificazione operata dalla Corte è quindi senza pregio che, in ogni caso, anche l’eccezione relativa alla titolarità effettiva del diritto non può essere tardiva, posto che, come riscontrato dalla pronuncia delle Sezioni Unite 16 febbraio 2016 n. 2951, si tratta di una mera difesa e non già di un’eccezione che non si comprende sulla base di quali principi possa ritenersi raggiunta la prova circa l’effettiva titolarità dell’azione revocatoria in capo all’interveniente Gem 21 s.r.l. Gem 21 non ha prodotto nel giudizio di primo grado i documenti necessari a dimostrare il patto espresso e quindi l’effettiva cessione delle azioni revocatorie a suo favore . 8.- Il ricorso non merita di essere accolto. Al riguardo, si manifesta opportuno fare riferimento alla pronuncia di Cass. Sezioni Unite, 16 febbraio 2016, n. 2951, che già è stata richiamata dal ricorrente ma risulta presa in considerazione anche dal controricorrente . Incentrata sui temi della legittimazione ad agire e della titolarità del diritto fatto valere, questa pronuncia presenta un contenuto particolarmente ampio e articolato. Per quanto viene qui specificamente in interesse, essa risulta esprimere due distinti principi. Il primo principio - la cui sostanza è condensata nel n. 49 - è che la titolarità, costituendo un elemento costitutivo del diritto fatto valere in giudizio, può essere negata dal convenuto con una mera difesa e cioè con una presa di posizione negativa, che contrariamente alle eccezioni in senso stretto, non è soggetta a decadenza ex art. 167 c.p.c., comma 2 . Il secondo principio si trova sintetizzato nel successivo n. 52 Tuttavia, la presa di posizione assunta dal convenuto con la comparsa di risposta può avere rilievo, perché può servire a rendere superflua la prova dell’allegazione dell’attore in ordine alla titolarità del diritto. Ciò avviene nel caso in cui il convenuto riconosca il fatto posto dall’attore a fondamento della domanda oppure nel caso articoli una difesa incompatibile con la negazione della sussistenza del fatto costitutivo . 9.- Nell’ambito delle più rationes decidendi, che è venuta a formulare, la sentenza della Corte bresciana ha in specie riscontrato, da un lato, che, nel suo atto di intervento, Gem 21 ha dichiarato di essere cessionario delle azioni revocatorie connesse al fallimento della s.p.a. , quale assuntore concordatario dall’altro, che la Banca Popolare non ha contestato tale circostanza negli atti processuali immediatamente consecutivi all’intervento. Il ricorso, che è stato presentato dalla Banca Popolare, non viene a contestare, d’altra parte, il suddetto profilo. 10.- Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nell’ambito del dispositivo. P.Q.M. La Corte respinge il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 10.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi , oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge. Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.