Il valore della formula della Banca d’Italia per il calcolo del TEG

Le rilevazioni compiute dalla Banca d’Italia rappresentano strumenti di basico supporto per i decreti trimestralmente emanati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in punto di TEG.

In questi termini si è espressa la Sesta Sezione Civile della Suprema Corte con l’ordinanza n. 20464/20 depositata il 28 settembre, la quale è tornata ad occuparsi della portata giuridica degli atti e delle circolari della Banca d’Italia , affermandone la piena legittimità poiché soggetti al rispetto delle norme di legge costituzionale e ordinaria . Nel 2014 una società a responsabilità limitata conveniva innanzi al Tribunale di Milano la banca di riferimento chiedendo l’accertamento della nullità del contratto di conto corrente per il mancato rispetto della forma scritta ad substantiam, l'indebita applicazione di interessi anatocistici, ultra legali e usurari, e di altre somme, anche a titolo di commissione di massimo scoperto ritenuta viziata. Con conseguente richiesta di ripetizione degli importi indebiti e di risarcimento del danno patito. Con sentenza del maggio 2015 il Tribunale respingeva le pretese attoree e la Corte di Appello di Milano confermava poi la sentenza di primo grado. In particolare, il secondo Giudice precisava che le censure mosse alla sentenza impugnata si mostravano generiche e inammissibili. Andava poi condivisa la pronuncia del Tribunale in ordine alla rilevazione dei tassi di interesse usurari . Ciò sul presupposto che è la stessa norma primaria art. 2 l. n. 108/1996 ad attribuire al Ministro del Tesoro, sentita la Banca d'Italia, il compito di rilevare trimestralmente il tasso effettivo globale medio degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari. Da qui l’impossibilità di applicare una formula di matematica finanziaria differente rispetto alle Istruzioni della Banca d'Italia posto che il criterio di calcolo utilizzato per il TEG deve essere conforme a quello seguito per la determinazione del tasso soglia antiusura. La società proponeva ricorso per Cassazione, formulando tre motivi tutti respinti dalla Suprema Corte. Sulla presunta nullità della commissione di massimo scoperto. Il primo motivo, concernente la nullità della clausola di massimo scoperto per indeterminatezza delle condizioni, è stato ritenuto inammissibile. Ad avviso della Corte esso difetta del necessario requisito dell'autosufficienza art. 366 c.p.c. . Il motivo, si legge nella decisione annotata, non dà conto degli argomenti che starebbero a supporto delle doglianze sollevate nel ricorso. Non è stato cioè illustrato dalla ricorrente perché la clausola in concreto predisposta risulterebbe mancante di causa. Né sono stati indicati il focus e le modalità realizzative dell'assunta indeterminatezza dell'oggetto della clausola. Il mero richiamo al criterio di calcolo ovvero alle modalità applicative viene ritenuto insufficiente dalla Corte in ragione della vaghezza e indeterminatezza delle formule utilizzate nell’atto introduttivo. La formula matematica adottata dalla Banca d’Italia per il rilevamento del tasso soglia. Questo motivo viene articolato mediante due censure. Con la prima la ricorrente ha sostenuto che la formula adottata dalla Banca d’Italia non potrebbe ritenersi valida vuoi perché difforme da quanto previsto dalla l. n. 108/1996 vuoi perché i provvedimenti emessi dalla Banca d’Italia non costituirebbero fonti del diritto. Con la seconda censura la ricorrente ha sostenuto che il principio di omogeneità non può essere incondizionato e quindi va abbandonato per il periodo anteriore all’entrata in vigore della l. n. 2/2009. La Corte Suprema, nel respingere il motivo del ricorso, chiarisce che gli atti e le circolari della Banca d'Italia — per quanto generali alle imprese bancarie e alle loro attività d’impresa possano nel concreto manifestarsi — debbono comunque rispettare le norme di legge costituzionale e ordinaria . Vengono sul punto richiamate le precedenti decisioni di legittimità nn. 144709/05 e n. 28803/19 ove ribadito che gli atti della Banca d'Italia non possono derogare oppure introdurre deviazioni rispetto al principio di diritto comune della determinatezza dell'oggetto dei contratti e dei negozi unilaterali. Per quanto generali possano nel caso essere, gli atti della Vigilanza, infatti, debbono comunque rispettare le norme di legge . Conseguentemente, qualora emergesse una violazione di legge da parte della Banca d’Italia, si imporrebbe al giudice ordinario di prendere atto della illegittimità degli atti dalla stessa emessi e di disapplicarli in questo senso v. Cass. SU n. 16303/2018 . Precisa, inoltre, la Corte di Cassazione che la ricorrente non ha illustrato quali sarebbero gli ipotetici vizi interni alla formula matematica approntata dalla Banca d'Italia nell'ambito delle Istruzioni da questa concretamente dedicate al tema dell'usura. Non potrebbe infine dubitarsi, si legge nella pronuncia annotata, che, visto il tenore dell'art. 2 l. n. 108/1996, le rilevazioni compiute dalla Banca d'Italia costituiscano strumenti di basico supporto per i decreti trimestralmente emanati dal Ministero dell'Economia e delle Finanze in punto di TEG. Viene da ultimo respinta anche la seconda censura della ricorrente richiamando nuovamente la Corte la decisione delle Sezioni Unite n. 16303/18 nella parte in cui ha statuito che non è esatto ritenere che le commissioni di massimo scoperto non siano incluse nei decreti ministeriali emanati nel periodo anteriore all'entrata in vigore dell'art. 2 bis d.l. n. 185/2008. Dell'ammontare medio delle CMS, espresso in termini percentuali, quei decreti danno in realtà atto, sia a pure a parte in calce alla tabella dei TEGM , seguendo le indicazioni fornite dalla Banca d'Italia nelle richiamate Istruzioni come formulate sin dalla prima volta il 30 settembre 1996”. Un inedito precedente di merito. In argomento e recentemente, si segnala l’interessante pronuncia del Tribunale di Napoli, n. 1487 dell’11 febbraio 2020 ove statuito che il calcolo del TEG deve essere operato secondo la formula di matematica finanziaria indicata nelle Istruzioni di Banca d'Italia al par. C3, lett. b e non ipotizzando scenari ipotetici di anticipata risoluzione contrattuale. L'aspetto centrale della disciplina antiusura introdotta dalla legge n. 108/1996 consiste nella fissazione di un parametro oggettivo per ciascuna categoria di operazione finanziaria, rilevato trimestralmente dal MEF e pubblicato sulla G.U., oltre il quale i tassi sono usurari, senza necessità di altre indagini. L'operazione richiesta dalla legge consiste quindi esattamente nel raffronto tra il tasso effettivo dell'operazione in esame TEG con il tasso soglia pubblicato. Da ciò deriva l'esigenza imprescindibile che i due valori siano calcolati secondo le medesime modalità, cioè computando i medesimi oneri e applicando la medesima formula matematica. Altrimenti il raffronto operato è privo di qualsiasi correttezza scientifica, perché metterebbe a confronto dati disomogenei. Questo è il motivo per cui il TEG deve essere calcolato, in caso di mutuo, secondo le modalità indicate nel paragrafo C3, lett. b e computando gli oneri di cui al par. C4 delle Istruzioni di Banca d'Italia, in base alle quali viene determinato il TEGM e quindi il tasso soglia v. in questo senso Cass. 12965/2016 . Tali oneri non comprendono la commissione di anticipata estinzione in quanto eventuale e rimessa alla determinazione del mutuatario .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 22 luglio – 28 settembre 2020, n. 20464 Presidente Acierno – Relatore Dolmetta Fatti di causa 1.- Nel febbraio 2014, la s.r.l. Quintamarcia ha convenuto avanti al Tribunale di Milano la s.p.a. Banco BPM come allora diversamente denominata , chiedendo l’accertamento della nullità del contratto di conto corrente, stipulato tra le parti nel novembre 2002, per mancato rispetto della forma scritta ad substantiam, dell’indebita applicazione di interessi anatocistici, ultralegali e usurari, e di altre somme, anche a titolo di commissione di massimo scoperto, peraltro nulla. Per l’effetto, ha chiesto la ripetizione delle somme così risultanti indebite e il risarcimento del danno patito. 2.- Con sentenza del maggio 2015, il Tribunale ha respinto le pretese attoree. 3.- Avverso tale decisione, la s.r.l. Quintamarcia ha presentato appello avanti alla Corte di Appello di Milano. Che lo ha respinto con sentenza depositata in data 24 gennaio 2017. 4.1.- Per quanto qui ancora in interesse, la pronuncia della Corte territoriale ha stimato generica e inammissibile la censura mossa alla sentenza , nella parte in cui il giudice di prime cure ha ritenuto valida la clausola con cui sono state pattuite le commissioni di massimo scoperto, in quanto l’appellante si è limitato a richiamare genericamente quanto già ampiamente dedotto nell’atto introduttivo e nella memoria ex art. 183 c.p.c. . 4.2.- Ha poi rilevato che andava condivisa la pronuncia del giudice del primo grado in punto di doglianza relativa ai tassi di interesse usurari pur non assumendo le Istruzioni della Banca d’Italia valenza di norma primaria, è la stessa norma primaria L. n. 108 del 1996, art. 2 ad attribuire al Ministro del Tesoro, sentita la Banca d’Italia, il compito di rilevare trimestralmente il tasso effettivo globale medio degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari . Del resto - ha ancora aggiunto la sentenza -, le censure mosse dall’appellante all’iter logico argomentativo seguito dal primo giudice, dirette a sostenere che per il calcolo del TEG debba applicarsi una formula di matematica finanziaria differente rispetto alle Istruzioni della Banca d’Italia non tengono conto del fatto che il criterio di calcolo utilizzato per il TEG deve essere conforme a quello seguito per la determinazione del tasso soglia antiusura . 4.3.- Il provvedimento ha ancora affermato di non reputare di dare ingresso alla CTU contabile e all’ordine di esibizione , sollecitati dall’appellante, trattandosi di incombenti istruttori superflui ai fini della decisione . 5.- Avverso questa decisione la s.r.l. Quintamarcia ha proposto ricorso, affidandosi a tre motivi di cassazione. Ha resistito, con controricorso, la Banca. 6.- La resistente ha anche depositato memoria. Ragioni della decisione 7.- I motivi di ricorso sono stati intestati nei termini che qui di seguito vengono riportati. Primo motivo omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Mancata pronuncia del secondo giudice circa la nullità della clausola relativa alla CMS per indeterminatezza delle condizioni art. 360 c.p.c, comma 1, n. 5 . Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 1418 e 1346 c.c. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 . Secondo motivo violazione e falsa applicazione della L. n. 108 del 1996, art. 2, del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, art. 1, comma 1, della L. n. 2 del 2009, art. 2 bis, comma 2 e dell’art. 644 c.p. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 . Terzo motivo violazione ed erronea interpretazione e applicazione dell’art. 183 c.p.c., anche in relazione al TUB, art. 119 e all’art. 210 c.p.c. - mancata disposizione della CTU - erronea e/o illogica motivazione in sentenza . 8.- Il primo motivo di ricorso censura la decisione della Corte milanese in punto di commissione di massimo scoperto cfr. sopra, n. 4.1. . L’eccezione di nullità della relativa clausola contrattuale - si osserva al riguardo - è stata sollevata sin dall’atto introduttivo del giudizio di primo grado. La clausola è nulla per una duplice argomentazione assenza di causa e indeterminatezza delle condizioni . Non è indicato il criterio di calcolo la clausola del contratto deve prevedere chiaramente le modalità applicative al fine di verificare su quale contenuto negoziale si sia formato il consenso delle parti . 9.- Il motivo è inammissibile. Esso difetta del pure necessario requisito dell’autosufficienza art. 366 c.p.c. , neppure riproducendo il testo della clausola che si intenderebbe aggredire. D’altro canto, il motivo, se assume la nullità della clausola di commissione di massimo scoperto in concreto predisposta nel contratto per un duplice ordine di ragioni, non dà conto degli argomenti che starebbero a supporto di tali ragioni. Non viene illustrato, in specie, perché la clausola in concreto predisposta risulterebbe mancante di causa. Nè viene indicato il focus e le modalità realizzative dell’assunta indeterminatezza dell’oggetto della clausola il mero richiamo al criterio di calcolo ovvero alle modalità applicative , che il motivo viene a compiere, non può essere considerato sufficiente in proposito, in ragione appunto della vaghezza, o indeterminatezza, delle formule utilizzate. 10.- Il secondo motivo di ricorso, che gravita intorno alla formula matematica per il rilevamento del tasso soglia adottata dalla Banca d’Italia cfr. sopra, n. 4.2. , si compone di due distinte censure. 10.1.- La prima si sostanzia nell’affermare che tale formula matematica è difforme da quella che si assume conforme alla L. n. 108 del 1996. Il presupposto è la valutazione del fatto che i dati stabiliti per la rilevazioni trimestrali - così si assume - non sono corretta espressione del dato legislativo i provvedimenti emessi dalla Banca d’Italia in proposito non possono che essere riferiti alla tipologia di circolare, fonte secondaria rispetto alla legge le istruzioni non costituiscono fonte di diritto e alla stregua delle circolari amministrative possono essere disapplicate dal giudice ove ritenute contrarie alla legge . 10.2.- La seconda censura fa riferimento allo specifico tema della commissione di massimo scoperto per assumere che il rispetto del c.d. principio di omogeneità non può essere incondizionato , ma reso conforme al complessivo insieme normativo di contrasto sul piano civilistico del fenomeno usurario. Perciò, per quanto riguarda la materia della detta commissione, il detto principio deve - per il periodo anteriore all’entrata in vigore della L. n. 2 del 2009 - essere abbandonato per tale periodo, vi è la mancata rilevazione da parte della Banca d’Italia dei dati interessanti tale commissione nè può dubitarsi - pure si aggiunge - che la commissione di massimo scoperto rientri tra le commissioni prese in considerazione dalla norma dell’art. 644 c.p., in punto di tracciatura del perimetro delle voci economiche rilevanti ai fini usurari. 11.- Il motivo non merita di essere accolto, per nessuna delle censure che lo costituiscono. 12.- Può dirsi acquisito, nella giurisprudenza di questa Corte, che gli atti e circolari della Banca d’Italia - per quanto generali alle imprese bancarie e alle loro attività di impresa possano nel concreto manifestarsi - debbono comunque rispettare le norme di legge costituzionale e ordinaria , posto che si tratta di atti a queste comunque soggetti cfr., in proposito, specialmente le decisioni di Cass., 9 luglio 2005, n. 14470 e di Cass., 7 novembre 2019, n. 288803 . Con la conseguenza che, nel caso di riscontrata violazione di legge da parte di uno di questi atti, si imporrebbe al giudice ordinario di prendere atto della illegittimità degli stessi e di disapplicarli cfr. così, in termini puntuali, la pronuncia di Cass., SS.UU., 20 giugno 2018, n. 16303 . Una volta dichiarata la generale soggezione alla legge degli atti della Banca d’Italia, tuttavia, la prima delle censure formulata dal ricorrente cfr. il n. 10.1. non va poi oltre questo segno. Essa non esplicita, nè illustra, cioè, quali sarebbero gli ipotetici vizi interni alla formula matematica approntata dalla Banca d’Italia nell’ambito delle Istruzioni da questa concretamente dedicate al tema dell’usura. Nè potrebbe più in generale dubitarsi - visto il tenore della L. n. 108 del 1996, art. 2 - che le rilevazioni compiute dalla Banca d’Italia costituiscano strumenti di basico supporto per i decreti trimestralmente emanati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in punto di TEG. 13.- Quanto alla seconda delle censure svolte dal ricorrente cfr. n. 10.2. appare sufficiente richiamare quanto è stato riscontrato dalla già citata pronuncia delle Sezioni Unite n. 163030/2018. Non è esatto - ha così rilevato questa sentenza - che le commissioni di massimo scoperto non siano incluse nei decreti ministeriali emanati nel periodo, che qui interessa, anteriore all’entrata in vigore del D.L. n. 185 del 2008, art. 2 bis. Dell’ammontare medio delle CMS, espresso in termini percentuali, quei decreti danno in realtà atto, sia a pure a parte in calce alla tabella dei TEGM , seguendo le indicazioni fornite dalla Banca d’Italia nelle richiamate Istruzioni come formulate sin dalla prima volta il 30 settembre 1996 . 14.1.- Nel suo contenuto, il terzo motivo di ricorso assume che - essendo le nullità pienamente rilevabili d’ufficio - i giudici del merito avrebbero dovuto procedere all’accertamento di quanto indiziariamente dedotto da parte attrice e suffragato da elaborato peritale in atti , con particolare riferimento al tema dell’usura. 14.2.- Con specifico riferimento al richiesto ordine di esibizione documentale, il motivo rileva poi che l’ istanza formulata ante causam ex art. 119 e reiterata in via giudiziale con le memorie istruttorie, risulta pienamente ammissibile, stante il diritto del cliente di richiedere in ogni momento la documentazione relativa ai rapporti intrattenuti con la Banca . 15.- Il motivo è inammissibile. Nella sua prima parte 14.1. , questo non risulta confrontarsi con la ratio decidendi svolta dalla decisione impugnata. Questa, in effetti, ha ritenuto superfluo procedere all’effettuazione di una apposita CTU, così chiaramente indicando di possedere già gli elementi necessari e sufficienti per esprimere la propria valutazione sulle richieste formulate dalle parti. Appare perciò pure affetta da un’oggettiva petizione di principio l’affermazione del ricorrente di avere fornito degli elementi indiziari , bisognosi, nel caso, di opportuni conforti e integrazioni da parte di una CTU. La seconda parte del motivo n. 14.2. difetta del requisito dell’autosufficienza, posto che il ricorrente non ha indicato in termini specifici gli atti, i termini e i modi in cui, nell’ambito del giudizio di merito, assume di avere richiamato la propria richiesta di documentazione ante causam TUB ex art. 119 richiesta la cui effettiva sussistenza è, tra l’altro, contestata dal controricorrente cfr. p. 14 controricorso , nè quelli con cui assume di avere, nel corso del detto giudizio, rinnovato tale peculiare richiesta. 16.- In conclusione, il ricorso dev’essere respinto. Le spese del giudizio - che seguono la regola della soccombenza - vengono liquidate in sede di dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 3.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi , oltre a spese forfettarie nella misura del 15 % e accessori di legge. Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.