Il procedimento di verificazione della scrittura privata non si applica in sede fallimentare

Il decisum in rassegna pone al centro dell’attenzione il procedimento di verificazione della scrittura privata, di cui agli artt. 214 ss. c.p.c. In particolare, si tratta di stabilire se tale procedimento possa, o meno applicarsi, in sede fallimentare.

I giudici della Prima sezione civile di Piazza Cavour, con l’ordinanza n. 15645/20, depositata il 22 luglio, conformandosi ad un non lontano precedente, v. Cass. 11494/14 , negano questa possibilità. Le disposizioni di cui agli artt. 214 ss. c.p.c., sul riconoscimento e la verificazione della scrittura privata, non sono applicabili nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, tenuto conto del carattere sommario e camerale che tale procedimento ha conservato anche dopo la riforma della legge fallimentare e degli ampi poteri istruttori officiosi che spettano al giudice. Ne consegue che il tribunale può accertare la genuinità della scrittura privata anche d’ufficio e con ogni mezzo. Il fatto. Il Tribunale di Cosenza ha dichiarato il fallimento della Omega s.n.c. di Caio, il quale insieme alla società fallita hanno proposto reclamo, ex art. 18 l. fall, che, parimenti, veniva respinto dalla Corte d’appello di Catanzaro. In particolare, la Corte territoriale ha rilevato che nel caso in esame il verbale di liquidazione risulta essere iscritto nel registro delle imprese in data 17 giugno 2017 e la sentenza di fallimento emessa in data 13 giugno 2018, nel termine dunque di un anno previsto dall’art. 10, l. fall. che la valutazione delle ragioni d’urgenza, che giustificano l’abbreviazione del termine per la comparizione del debitore, può essere compiuta anche d’ufficio che il ricorso per la dichiarazione di fallimento può essere validamente notificato presso la sede della società cancellata ai sensi dell’art. 145, primo comma, c.p.c. che la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del socio illimitatamente responsabile, se può importare la nullità della dichiarazione di fallimento di questi, comunque non si riflette sulla validità della pronuncia emessa nei confronti della società. Quanto alla contestazione portata dai reclamanti alla documentazione prodotta dalla Beta s.r.l. in liquidazione al fine di mostrare la sussistenza della propria posizione creditoria e quindi la sua legittimazione a presentare l’istanza fallimentare, la Corte calabrese ha riscontrato che, a prescindere da ogni altro rilievo, risultava non incassato uno degli assegni tratti dalla società poi fallita a favore della Beta. Con la conseguenza che la qualità di creditore di quest’ultima società non poteva essere messa in discussione. Avverso questo provvedimento la Omega s.n.c. e il socio Caio ricorrono per cassazione, cui resistono con controricorso il Fallimento Omega e la Beta s.r.l. In particolare, i ricorrenti, con il terzo motivo di gravame ritengono che la Beta s.r.l., soggetto che ha presentato l’istanza per la dichiarazione di fallimento, non sia creditore della società. Una volta che la Omega s.n.c. aveva disconosciuto le firme apposte sui documenti prodotti al riguardo dalla Beta s.r.l. – così si argomenta – avrebbero dovuto essere le controparti a dichiarare che intendevano valersi di quelle scritture. Ma tale dichiarazione non risulta essere stata fatta. Gli Ermellini, invero, dichiarano il motivo de quo inammissibile chiarendo che la Corte territoriale ha ampiamente motivato sia la sussistenza di elementi di segno contrario al disconoscimento, sia comunque l’irrilevanza del medesimo, stante la presenza di una distinta ricognizione di debito, per sottoscrizione di assegno di € 18.000,00 da parte della odierna resistente assegno poi rimasto insoluto. Il ricorso va quindi rigettato. Sebbene il disconoscimento di una scrittura privata non richieda, ai sensi dell’art. 214 c.p.c., formule sacramentali o vincolate, deve, comunque, rivestire i caratteri della specificità e della determinatezza e non può pertanto risolversi in espressioni di stile, con la conseguenza che colui il quale deve negare l’autenticità della propria sottoscrizione è tenuto a specificare, ove più siano i documenti prodotti, se siffatta negazione si riferisca a tutti o ad alcuni soltanto di essi. Il tempestivo disconoscimento della scrittura privata determina in capo alla parte che ha prodotto la stessa ed insista nell’avvalersi del documento, l’onere di chiederne la verificazione, a nulla rilevando le circostanze che possano eventualmente evidenziare la pretestuosità del disconoscimento stesso, le quali spiegano esclusivo effetto nell’ambito della procedura di verificazione, sempre che l’interessato abbia provveduto ad attivarla. Il procedimento di verificazione ha la funzione di accertare l’autenticità della scrittura privata, o della sottoscrizione disconosciuta allo scopo di consentire alla parte che non vi ha interesse di avvalersene nel giudizio in corso. Il giudice di merito, il quale ha il compito di stabilire quali scritture debbano servire da comparazione, non è vincolato da alcuna graduatoria tra le fonti di accertamento dell’autenticità, essendo utilizzabili, per il cosiddetto principio generale dell’acquisizione della prova, anche le scritture prodotte dalla parte diversa da quella che ha proposto l’istanza di verificazione. L’idoneità di una scrittura privata alla funzione di comparazione richiede il dato positivo del riconoscimento espresso ovvero tacito per non esserne mai contestata l’autenticità, mentre l’inidoneità a fornire la prova dell’autenticità della scrittura o della sottoscrizione disconosciuta si riflette sull’esito dell’istanza di verificazione senza determinarne l’inammissibilità. Con riguardo alle modalità di presentazione dell’istanza di verificazione, si è precisato che essa non esige la formale apertura di un procedimento incidentale, né l’assunzione di specifiche prove quando gli elementi già acquisiti o la situazione processuale siano ritenuti sufficienti per una pronuncia al riguardo e comunque la predetta istanza deve presentarsi entro il termine perentorio previsto per le deduzioni istruttorie delle parti. Nell’ipotesi in cui in corso di causa sia avvenuto il disconoscimento della scrittura privata prodotta in giudizio e di qui instaurato il giudizio di verificazione, è onere di colui che propone l’istanza di verificazione fornire, con qualsiasi mezzo, la prova della provenienza del documento dalla parte che ha operato il disconoscimento della propria sottoscrizione e non incombe, perciò, a quest’ultimo, quale apparente autore della sottoscrizione stessa, dimostrare la falsità della firma, talché qualora, per qualsiasi motivo, non sia raggiunta la prova della provenienza del documento dalla parte che l’ha disconosciuto, il documento stesso non può essere utilizzato per la decisione. In conclusione. Le disposizioni di cui agli artt. 214 ss. c.p.c., sul riconoscimento e la verificazione della scrittura privata, non sono applicabili in sede fallimentare, tenuto conto che il relativo procedimento ha carattere sommario e camerale, investe materia sottratta al potere dispositivo delle parti, tende al riscontro dei presupposti per l’instaurazione della procedura concorsuale, senza un preciso accertamento delle obbligazioni facenti carico all’imprenditore. Pertanto, la circostanza che il debitore, in detto procedimento, non abbia disconosciuto la scrittura posta dal creditore a fondamento dell’istanza di fallimento, non osta a che tale disconoscimento possa essere effettuato, nei termini e nei modi di cui alle citate norme, nel giudizio di cognizione in cui il creditore abbia prodotto la stessa scrittura a sostegno del suo diritto. Tuttavia, nel caso che qui ci occupa, la Corte territoriale ha ampiamente motivato sia la sussistenza di elementi di segno contrario al disconoscimento, sia comunque l’irrilevanza del medesimo.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 26 febbraio – 22 luglio 2020, n. 15645 Presidente Scaldaferri – Relatore Dolmetta Fatti di causa 1.- Con sentenza n. 23/2018, il Tribunale di Cosenza ha dichiarato il fallimento della s.n.c. omissis di F.R Avverso la sentenza hanno proposto reclamo ex art. 18 L. Fall., la società fallita e il socio F.R Con sentenza depositata l'11 gennaio 2019, la Corte di Appello di Catanzaro ha respinto il reclamo. 2.- La Corte territoriale ha rilevato, in particolare, che nel caso in esame il verbale di liquidazione risulta essere stato iscritto nel registro delle imprese in data 17 giugno 2017 e la sentenza di fallimento emessa in data 13 giugno 2018, nel termine dunque di un anno previsto dall'art. 10 L. Fall. che la valutazione delle ragioni d'urgenza, che giustificano l'abbreviazione del termine per la comparizione del debitore, può essere compiuta anche d'ufficio che il ricorso per la dichiarazione di fallimento può essere validamente notificato presso la sede della società cancellata ai sensi dell'art. 145 c.p.c., comma 1 che la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del socio illimitatamente responsabile , se può importare la nullità della dichiarazione di fallimento di questi, comunque non si riflette sulla validità della pronuncia emessa nei confronti della società . La stessa ha poi osservato - a fronte del rilievo dei reclamanti che il ricorso per fallimento era stato notificato a termine ormai scaduto - che, quand'anche a volere ritenere in via di mera ipotesi ammessa la circostanza di fatto, ciò porterebbe soltanto a dover sanare nella presente sede il vulnus al diritto di difesa avvenuto nel corso del giudizio di primo grado e non alla declaratoria di nullità richiesta dal ricorrente . Quanto infine alla contestazione portata dai reclamanti alla documentazione prodotta dalla Comm. Cementi s.r.l. in liquidazione al fine di mostrare la sussistenza della propria posizione creditoria e quindi la sua legittimazione a presentare l'istanza fallimentare, la Corte calabrese ha riscontrato che, a prescindere da ogni altro rilievo, risultava non incassato uno degli assegni tratti dalla società poi fallita a favore della Comm. Cementi. Con la conseguenza - si è aggiunto - che la qualità di creditore di quest'ultima società non poteva essere messa in discussione. 3.- Avverso questo provvedimento la s.n.c. omissis e il socio F.R. ricorrono per cassazione, affidandosi a tre motivi Resistono, con distinti controricorsi, il Fallimento dell' omissis e la s.r.l. Comm. Cementi. 4.- I ricorrenti hanno anche depositato memoria. Ragioni della decisione 5.- Con il primo motivo, i ricorrenti assumono violazione degli artt. 148 c.p.c., e artt. 15,9,22 e 10 L. Fall. . Essi sostengono che nel caso di specie, la sequenza stabilita dal citato art. 15 L. Fall., è stata volata. L'ufficiale giudiziario non si è recato presso la sede dell'impresa risultante dal registro delle imprese il risultato dell'omissione è la nullità della notifica . Perciò - si prosegue - la Corte di Appello avrebbe dovuto applicare l'art. 354 c.p.c., e quindi revocare il fallimento dichiarato dal Tribunale di Cosenza anche d'ufficio, perchè tali sono i vizi indicati dall'art. 353 c.p.c. . 6.- Il motivo è inammissibile Occorre premettere, in proposito, che - nel corso del giudizio del reclamo - gli attuali ricorrenti non hanno sollevato la relativa eccezione, secondo quanto dagli stessi è stato ammesso in sede di memoria p. 5 . Essi, tuttavia, fanno valere il motivo in questione, sostenendo la rilevabilità d'ufficio del vizio che assumono venga ad affettare il procedimento notificatorio del ricorso per fallimento. Tale tesi non merita condivisione. Il reclamo avverso la sentenza dichiarativa possiede effetto devolutivo pieno, ma nei limiti delle allegazioni espresse nel reclamo stesso cfr., tra le altre, Cass., 25 gennaio 2018, n. 1893 . 7.- Col secondo motivo, i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 148 c.p.c., artt. 15,18,922 e 10 L. Fall. . Ad avviso dei ricorrenti, nel concreto la notifica del ricorso per dichiarazione di fallimento è tardiva, non potendosi tenere conto della correzione irritualmente apposta in sede di deposito presso la casa comunale al 4 è stato sovrapposto un 1 . Nè può ritenersi corretta - così si aggiunge - la decisione della Corte di Appello, che ha ritenuto sanata la tardiva notifica sulla base del fatto che il debitore rimasto contumace in primo grado abbia possibilità di difendersi compiutamente in appello questa decisione non è conforme alle norme da applicare per il procedimento fallimentare e il conseguente reclamo , che sono sensibilmente differenti da quelle che regolano il processo di cognizione rito ordinario . 8.- Il motivo non può essere accolto. Secondo l'orientamento della giurisprudenza di questa Corte, è inammissibile il reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento proposito ai sensi dell'art. 18 L. Fall., laddove lo stesso sia fondato esclusivamente su vizi di rito nella specie, l'inosservanza del termine dilatorio di comparizione di cui all'art. 15 L. Fall. , senza la contestuale e rituale deduzione delle eventuali questioni di merito, e i vizi denunciati non rientrino tra quelli che comportino una rimessione al primo giudice, tassativamente indicati dagli artt. 353 e 354 c.p.c. Cass., 21 giugno 2018, n. 23155 ivi, pure ulteriori riferimenti . 9.- Col terzo motivo, i ricorrenti si dolgono della violazione dell'art. 6 L. Fall., artt. 214,216,221 c.p.c., artt. 2697,2712,2719 c.c. e art. 111 Cost. . Ritengono i ricorrenti che la s.r.l. Comm. Cementi, soggetto che ha presentato l'istanza per la dichiarazione di fallimento, non sia creditore della società fallita. Una volta che la OMISSIS aveva disconosciuto le firme apposte sui documenti prodotti al riguardo dalla Comm. Cementi - così si argomenta avrebbero dovuto essere le controparti a dichiarare che intendevano valersi di quelle scritture. Ma tale dichiarazione non risulta essere stata fatta . D'altro canto - si aggiunge -, il procedimento di verificazione delle scritture private, di cui all'art. 214 c.p.c. e ss., è ben compatibile con la struttura del procedimento di reclamo ex art. 18 L. Fall. 10.- Il motivo è inammissibile. Il procedimento ex art. 214 c.p.c. non si applica in sede fallimentare cfr. Cass., n. 1494/2014 , va notato in proposito. D'altra parte, la Corte territoriale ha ampiamente motivato sia la sussistenza di elementi di segno contrario al disconoscimento, sia comunque l'irrilevanza del medesimo, stante la presenza di una distinta ricognizione di debito, per sottoscrizione di un assegno di Euro 18.000,00 da parte della odierna resistente assegno poi rimasto insoluto. 11.- In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. La Corte respinge il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 5.100.00 di cui Euro 100,00 per esborsi , oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge, a favore di ciascuno dei contro ricorrenti. Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell'art. 13, comma 1 bis.