Se la curatela non contesta l’opponibilità al fallimento (o la revocabilità) della cessione del credito…

Il decisum in rassegna offre lo spunto per alcune riflessioni in tema di opponibilità al fallimento della cessione di credito del debitore ceduto. In particolare, si tratta di stabilire se, il fallimento del cedente comporti, o meno, l’attrazione in sede fallimentare della lite tra debitore ceduto e creditore cessionario avente ad oggetto una cessione compiuta prima del fallimento stesso.

E, i giudici di Piazza Cavour, con la sentenza n. 11287/20, depositata il 12 giugno 2020, chiariscono, in primis, che nel pignoramento presso terzi l’eventualità che il giudice dell’esecuzione pronunci ordinanza di assegnazione nonostante il terzo pignorato abbia reso una dichiarazione negativa costituisce un vizio da far valere con l’opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617, c.p.c., in mancanza della quale resta sanato. Quanto all’esito del procedimento di esecuzione presso terzi, invece, esso non viene in rilievo nel separato giudizio tra il terzo pignorato ed il soggetto che si affermi cessionario del credito pignorato perché anche se in quella procedura esecutiva fosse emessa una ordinanza di assegnazione che abbia acquistato l’efficacia di titolo esecutivo, il cessionario del credito potrà sempre far valere, se escusso dal creditore pignorante ed assegnatario del credito, l’anteriorità della cessione rispetto al pignoramento. Nella specie, se è vero che nella lite tra debitore ceduto e creditore cessionario il cedente è litisconsorte necessario, è altresì vero che il fallimento del cedente comporta l’attrazione di tale lite in sede fallimentare solo se il fallimento del ceduto contesti l’opponibilità al fallimento della intervenuta cessione o, in subordine, deduca la revocabilità della stessa. In mancanza di tali contestazioni, la lite tra ceduto e cessionario, avente ad oggetto una cessione compiuta prima del fallimento, dà vita ad un ordinario giudizio di cognizione, sul quale non c’era ragione per non provvedere . Il fatto. Nel 2006 la Beta s.r.l., creditrice titolata della Sempronio & amp C. s.a.s., agì esecutivamente per la riscossione del proprio credito , pignorandone uno della Sempronio verso una terza società, la Delta s.r.l. Quest’ultima, terzo pignorato , comparve e rese dichiarazione essenzialmente negativa ammise infatti di essere debitrice della Sempronio, ma aggiunse che tale credito era stato ceduto dalla Sempronio alla Banca Omega, e che la cessione le era stata regolarmente notificata il giorno prima del pignoramento presso terzi. Il giudice dell’esecuzione, tuttavia, ritenne di pronunciare ordinanza di assegnazione alla Beta della quasi totalità del credito vantato dalla Sempronio verso la Delta s.r.l. Quest’ultima, terzo pignorato, propose opposizione agli atti, ex art. 617, c.p.c., dinanzi al Tribunale di Verona avverso l’ordinanza di assegnazione. Il ricorso venne notificato anche alla Banca Omega che prese parte al giudizio. Con l’atto introduttivo della fase di merito, la Delta s.r.l. chiese che fosse accertato chi fosse l’effettivo creditore e che fosse ordinato un deposito liberatorio della somma da essa dovuta, con conseguente sua estromissione dal giudizio, che venne dichiarato interrotto a causa del sopravvenuto fallimento della Sempronio. In seguito, lo stesso non venne tempestivamente riassunto e venne infine dichiarato estinto su istanza della Beta s.r.l. A questo punto la Delta s.r.l. introdusse un nuovo giudizio, questa volta dinanzi al Tribunale di Milano, convenendo il Fallimento Sempronio, la Beta s.r.l. e la Banca Omega. Dedusse che la somma da essa Delta s.r.l. indiscutibilmente dovuta alla Sempronio era ancora contesa” tra la Beta s.r.l. - creditore della Sempronio - e la Banca Omega - cessionaria del credito - e chiese al Tribunale che fosse accertata l’improcedibilità dell’azione esecutiva promossa dalla Beta s.r.l. col pignoramento presso terzi e che fosse accertato a chi fossero dovute le somme in contestazione. Il Tribunale meneghino dichiarò inammissibile la domanda di accertamento dell’improcedibilità dell’esecuzione forzata, nonché la litispendenza delle contrapposte domande di accertamento della qualità di creditore e di condanna al pagamento, rispetto al giudizio di opposizione agli atti esecutivi già proposto dalla Delta s.r.l. dinanzi al Tribunale scaligero. La sentenza fu appellata dalla Delta s.r.l. in via principale e dalla Banca Omega in via incidentale. E la Corte d’Appello ambrosiana rigettò sia l’appello principale che quello incidentale statuendo che il giudizio di opposizione agli atti esecutivi si era estinto . Pertanto, l’estinzione del giudizio di opposizione, ex art. 617, c.p.c., comportava di per sé l’esaurimento del processo esecutivo, poiché non vi era più la possibilità che le decisioni del giudice dell’opposizione si ripercuotessero” sul giudizio esecutivo. Sicché le domande di accertamento proposte dalla Delta s.r.l. erano perciò inammissibili, in quanto svolte con riferimento ad un’azione esecutiva ormai conclusa. Quest’ultima decisione è stata impugnata per cassazione in via principale dalla Delta s.r.l., cui ha resistito la Banca Omega con controricorso. In particolare, per quanto qui ci occupa, l’istituto di credito, col primo gravame censura la sentenza del giudice di seconde cure nella parte in cui ha dichiarato inammissibile le domande di accertamento formulate tanto dalla Delta s.r.l., quanto dalla banca medesima. E, gli Ermellini chiariscono che, sebbene i riferimenti normativi invocati dalla ricorrente incidentale non siano del tutto esatti, il motivo è fondato. Difatti, sulla domanda riconvenzionale proposta dalla Banca Omega non incideva neppure il fallimento del debitore cedente, nella specie la Sempronio s.a.s. È pacifico che la cessione del credito dalla Sempronio s.a.s alla Banca Omega avvenne prima della dichiarazione di fallimento che il fallimento venne comunque convenuto in giudizio dalla Delta s.r.l. che la curatela rimase contumace che la curatela non ha mai contestato la validità e l’efficacia della cessione né, infine, risulta averne chiesto la dichiarazione di inefficacia, ex artt. 66, l.fall. o 2901, c.c. In mancanza di tali contestazioni, la lite tra ceduto e cessionario, avente ad oggetto una cessione compiuta prima del fallimento, dà vita ad un ordinario giudizio di cognizione, sul quale non c’era ragione per non provvedere. La Corte distrettuale avrebbe dovuto pertanto provvedere nel merito sulla domanda della Banca Omega, dal momento che il terzo cedente – il fallimento – non solo nulla aveva osservato sulla validità della cessione, ma per di più l’oggetto del contendere non riguardava il fallito, ma solo l’opponibilità della cessione al creditore pignorante. La Suprema corte, quindi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito anche senza il consenso del debitore , purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge. La cessione del credito è oggetto di un contratto consensuale ad effetto reale, a titolo oneroso o gratuito, con il quale il creditore originario, cosiddetto cedente, trasferisce al nuovo creditore, cosiddetto cessionario, un credito che egli vanta nei confronti di un terzo, debitore ceduto, il quale però rimane estraneo all’accordo. Il negozio giuridico de quo determina la modificazione del rapporto obbligatorio preesistente nei confronti del debitore ceduto il cui consenso non è rilevante ai fini dell’efficacia della cessione. Difatti, il credito può essere trasferito anche senza il consenso del debitore, al quale è normalmente indifferente eseguire la prestazione al precedente o ad un nuovo avente diritto. Il consenso del debitore rileva soltanto al fine dell’efficacia della cessione nei suoi confronti, rimanendo inalterati i termini e le modalità del titolo da cui il credito trae origine. Di conseguenza, per la validità della cessione non è necessario alcun atto di accettazione da parte del debitore ceduto il consenso legittimamente manifestato dalle parti contraenti è idoneo e sufficiente al trasferimento del credito. La cessione dei crediti d’impresa è disciplinata dalla l. 21 febbraio 1991, n. 52 la quale stabilisce che, qualora il cessionario abbia pagato in tutto o in parte il corrispettivo della cessione ed il pagamento abbia data certa, la cessione è opponibile al fallimento del cedente dichiarato dopo la data del pagamento. Non è opponibile al fallimento qualora il curatore provi che il cessionario conosceva lo stato di insolvenza del cedente quando ha effettuato il pagamento e sempre che il pagamento del cessionario al cedente sia stato eseguito nel periodo sospetto e prima della scadenza del credito ceduto. Il curatore può recedere dalle cessioni stipulate dal cedente, limitatamente ai crediti non ancora sorti alla data della sentenza dichiarativa, restituendo al cessionario il corrispettivo pagato dallo stesso al cedente per l’ammontare delle relative cessioni. Al fallimento del cedente possono essere opposte soltanto le cessioni di credito che siano state notificate al debitore ceduto, o siano state accettate dal medesimo, con atto avente data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento. Infatti, ai sensi dell’art. 2914, n. 2 , c.c., sono inefficaci nei confronti del creditore le cessioni di credito che, sebbene anteriori al fallimento, siano state notificate al debitore o da lui accettate dopo il fallimento stesso. In tema di azione revocatoria fallimentare , la cessione di un credito costituisce un mezzo anormale di pagamento, in quanto, sostituendo o aggiungendo un debitore ad un altro, lascia il credito almeno temporaneamente insoddisfatto, traducendosi quindi in un modo di estinzione dell’obbligazione solo potenziale, e comunque non di pronta soluzione, rispetto al quale risulta irrilevante l’eventuale conseguimento degli effetti sperati, trattandosi in ogni caso di un atto solutorio che non è considerato dalla legge né dalla prassi come un mezzo ordinario di pagamento. Natura eccezionale va infatti riconosciuta all’opponibilità delle cessioni al fallimento, prevista dall’art. 7, l. 21 febbraio 1991, n. 52 e dall’art. 1, comma 9, d.l. 2 dicembre 1985, n. 688, conv. in l. 31 gennaio 1986, n. 11, trattandosi di norme volte a favorire rispettivamente le operazioni di cessione in massa dei crediti d’impresa e l’assolvimento degli oneri previdenziali delle imprese. Nessun rilievo, infine, può assumere in proposito la certezza del realizzo del credito ceduto, dal momento che l’anomalia dell’atto non va valutata soggettivamente, in relazione alla solvibilità maggiore o minore del debitore ceduto, ma oggettivamente, in ragione della non corrispondenza dello stesso alla tipologia degli atti che ordinariamente, per previsione normativa o alla stregua della comune prassi commerciale, si compiono per estinguere le obbligazioni, ove manchino pattuizioni coeve alla loro insorgenza che prevedano forme di adempimento diverse da quelle conosciute dalla legge v., Cass., 5057/07 . In conclusione, sulla quaestio che qui ci occupa, se la Banca Omega s.r.l. fosse creditrice della Delta s.r.l., trattandosi di una ordinaria domanda di accertamento, il giudice avrebbe dovuto provvedere nel merito. Su di essa, infatti, non incideva né il processo di esecuzione iniziato da Beta, né il fallimento di Sempronio. Non incideva su quella domanda la procedura esecutiva e le sue sorti, poiché se nella lite tra debitore ceduto e cessionario, il primo eccepisca che il credito oggetto di cessione è già stato pignorato, tale eccezione non introduce certo una controversia esecutiva, ma un normale fatto impeditivo della pretesa attorea, che spetterà al giudice ordinario accertare. Ma sulla domanda riconvenzionale della banca non incideva neppure il fallimento del debitore cedente.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 5 dicembre 2019 – 12 giugno 2020, n. 11287 Presidente Vivaldi – Relatore Rossetti Fatti di causa 1. Nel 2006 la società BI& amp CI Metal Steel s.r.l. d'ora innanzi, la BI& amp CI , creditrice titolata della società P.A.R. & amp C. s.a.s., agì esecutivamente per la riscossione del proprio credito, pignorando un credito della omissis verso una terza società, la LIDL s.r.l 2. La LIDL, terzo pignorato, comparve e rese dichiarazione essenzialmente negativa ammise infatti di essere debitrice della omissis , ma aggiunse che tale credito era stato ceduto dalla omissis alla Unicredit, e che la cessione le era stata regolarmente notificata il giorno prima del pignoramento presso terzi . 3. Il Giudice dell'esecuzione, tuttavia, ritenne di pronunciare ordinanza di assegnazione alla BI& amp CI della quasi totalità del credito vantato dalla omissis verso la LIDL Euro 341.872,86 su 372.000 . 4. La Lidl, terzo pignorato, propose opposizione agli atti ex art. 617 c.p.c., dinanzi al Tribunale di Verona avverso l'ordinanza di assegnazione. Il ricorso venne notificato anche alla Unicredit come s'è detto, cessionario del credito pignorato , che prese parte al giudizio. Con l'atto introduttivo della fase di merito, la Lidl chiese che fosse accertato chi fosse l'effettivo creditore se il cedente o il cessionario , e che fosse ordinato un deposito liberatorio della somma da essa dovuta, con conseguente sua estromissione dal giudizio. 5. Il giudizio venne dichiarato interrotto a causa del sopravvenuto fallimento della OMISSIS non venne tempestivamente riassunto venne infine dichiarato estinto su istanza della BI& amp CI con ordinanza 25.2.2009 . 6. A questo punto la Lidl, con atto passato per la notifica il 6.3.2009, introdusse un nuovo giudizio, questa volta dinanzi al Tribunale di Milano, convenendo il Fallimento omissis , la BI& amp CI e la Unicredit e cioè il creditore esecutante nella pregressa ed estinta procedura, il debitore esecutato e il cessionario del credito pignorato . Dedusse che la somma da essa Lidl indiscutibilmente dovuta alla omissis era ancora contesa tra BI& amp CI creditore della omissis e Unicredit cessionaria del credito , e chiese al Tribunale a che fosse accertata l'improcedibilità dell'azione esecutiva promossa da BI& amp CI col pignoramento presso terzi b che fosse accertato a chi fossero dovute le somme in contestazione , se cioè alla BI& amp CI o ad Unicredit. 7. Si costituirono solo la BI& amp CI e la Unicredit non il fallimento OMISSIS , ciascuna chiedendo in via riconvenzionale che fosse accertata la propria qualità di creditrice e fosse condannata la società attrice al pagamento. 8. Con sentenza 21.5.2012 n. 6885 il Tribunale di Milano - dichiarò inammissibile la domanda di accertamento dell'improcedibilità dell'esecuzione forzata - dichiarò la litispendenza delle contrapposte domande di accertamento della qualità di creditore e di condanna al pagamento, rispetto al giudizio di opposizione agli atti esecutivi già proposto dalla Lidl dinanzi al Tribunale di Verona. 9. La sentenza fu appellata dalla Lidl in via principale e dalla Unicredit in via incidentale. La BI& amp CI, invece, non propose alcun appello incidentale avverso la sentenza di primo grado. 10. Con sentenza 9 maggio 2016 n. 1768 la Corte d'appello di Milano rigettò sia l'appello principale che quello incidentale. La prima delle domande proposte dalla Lidl dichiarare l'improcedibilità dell'esecuzione fu ritenuta dalla Corte d'appello inammissibile, perchè il relativo accertamento poteva spettare solo al giudice dell'esecuzione. In merito alla seconda delle domande proposte dalla Lidl accertare chi fosse l'effettivo creditore del debito OMISSIS , ed al corrispondente appello incidentale proposto dalla Unicredit che chiedeva la condanna della Lidl al pagamento in proprio favore del suddetto debito la Corte d'appello ha statuito quanto segue a il giudizio di opposizione agli atti esecutivi si era estinto b l'estinzione del giudizio di opposizione ex 617 c.p.c. comportava di per sè l'esaurimento del processo esecutivo , poichè non vi era più la possibilità che le decisioni del giudice dell'opposizione si ripercuotessero sul giudizio esecutivo c le domande di accertamento proposte dalla Lidl erano perciò inammissibili, in quanto svolte con riferimento ad un'azione esecutiva ormai conclusa . 11. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione in via principale dalla Lidl, con ricorso fondato su tre motivi. Ha resistito la Unicredit e proposto ricorso incidentale fondato su quattro motivi. La BI& amp CI ha depositato due separati controricorsi uno per resistere al ricorso principale, l'altro per contraddire a quello incidentale. Ragioni della decisione 1. Va preliminarmente rilevato che al presente giudizio, iniziato in primo grado con atto notificato a marzo del 2009, s'applica l'art. 327 c.p.c., nel testo previgente alle modifiche introdotte dalla L. n. 69 del 2009, in vigore dal 4 luglio 2009. Pertanto sia il ricorso principale, sia quello incidentale, sono tempestivi. 2. Col primo motivo la ricorrente principale sostiene che erroneamente la Corte d'appello ha ritenuto inammissibile la sua domanda di accertamento dell'improcedibilità del giudizio di esecuzione presso terzi proposto da BI& amp CI . Sostiene che, essendosi estinto il giudizio di opposizione agli atti esecutivi, doveva considerarsi estinto l'intero procedimento esecutivo. Ne trae la conclusione che erroneamente la Corte d'appello ritenne esaurito , con l'ordinanza d'assegnazione, la procedura esecutiva di espropriazione del credito. 2.1. Il motivo è infondato. Sulla estinzione d'una procedura esecutiva non può che pronunciarsi il giudice dell'esecuzione dinanzi al quale quella procedura è incardinata. 3. Col secondo motivo la ricorrente sostiene secondo l'unica interpretazione che questa Corte ritiene plausibile delle pp. 11-14 del ricorso che il procedimento di esecuzione mobiliare presso terzi si conclude non con l'assegnazione del credito, ma col concreto pagamento di questo da parte del terzo pignorato. Aggiunge che nel caso di specie, quando venne interrotto il giudizio di opposizione agli atti esecutivi, nessun pagamento era stato ancora effettuato nelle mani del creditore procedente, ed anzi era stata sospesa l'efficacia esecutiva del provvedimento di assegnazione. Ciò premesso conclude a ricorrente affermando che il procedimento esecutivo non si era quindi concluso , e che di conseguenza non risulta corretta la decisione della Corte d'appello allorchè ha ritenuto di non poter dichiarare l'improcedibilità dell'azione esecutiva . 3.1. Il motivo è infondato per la medesima ragione per cui è infondato il primo motivo. La ricorrente sostiene infatti che il procedimento esecutivo non si era concluso , e che di conseguenza la Corte d'appello avrebbe dovuto dichiararlo improcedibile, a causa del sopravvenuto fallimento del debitore esecutato. Ma l'accertamento dell'improcedibilità sopravvenuta del processo di esecuzione non può che spettare al giudice dell'esecuzione nella specie, il Tribunale di Verona , non certo al Tribunale di Milano. 4. Col terzo motivo erroneamente contraddistinto dal numero 2 v. pagina 14 del ricorso la ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione della L. Fall., art. 44. Sostiene che, una volta sopravvenuto il fallimento del debitore esecutato OMISSIS , il terzo pignorato Lidl non poteva più adempiere la propria obbligazione nelle mani del creditore procedente, a nulla rilevando che vi fosse stato un provvedimento di assegnazione del credito pronunciato dal Giudice dell'esecuzione in data anteriore alla dichiarazione di fallimento. Premesso questo principio, il motivo si conclude con l'affermazione che se la Corte d'appello avesse fatto applicazione della L. Fall., art. 44, non sarebbe giunta alla conclusione della definitività del procedimento esecutivo, nè della conseguente inammissibilità delle domande svolte da Lidl . 4.1. Il motivo è inammissibile per due indipendenti ragioni. In primo luogo è inammissibile perchè meramente assertivo. Esso infatti consiste nella trascrizione d'un principio giurisprudenziale, ma non muove alcuna intelligibile critica giuridica o logica alla sentenza impugnata. In secondo luogo il motivo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi. La Corte d'appello, infatti, non ha emesso alcuna pronuncia sulla definitività del procedimento esecutivo , come vorrebbe il ricorrente, ma si è limitata a stabilire - correttamente, per quanto detto - che non spettava ad essa accertare la sopravvenuta improcedibilità dell'esecuzione presso terzi. 5. Col primo motivo di ricorso incidentale la Unicredit censura la sentenza d'appello nella parte in cui ha dichiarato inammissibile le domande di accertamento formulate tanto dalla Lidl, quanto dalla Unicredit. La Unicredit sostiene tale censura con i seguenti argomenti - l'efficacia dell'ordinanza di assegnazione pronunciata dal giudice dell'esecuzione nella procedura di pignoramento presso terzi era stata sospesa dal giudice dell'opposizione - di conseguenza il creditore procedente BI& amp CI non poteva pretendere il pagamento da Lidl in virtù di quella ordinanza - dovendosi ritenere la procedura esecutiva di pignoramento presso terzi ormai esaurita a causa dell'avvenuta pronuncia dell'ordinanza di assegnazione, il processo poteva ripartire da zero e doveva ritenersi perciò ammissibile la domanda riconvenzionale proposta da Unicredit, avente ad oggetto l'accertamento del proprio diritto di credito, nella veste di cessionaria, nei confronti di Lidl, e la conseguente domanda di condanna di quest'ultima all'adempimento - l'illustrazione del motivo si sofferma quindi pagina 22 ad illustrare le ragioni per le quali Unicredit doveva ritenersi effettiva creditrice della Lidl. 5.1. Sebbene i riferimenti normativi invocati dalla ricorrente incidentale non siano del tutto esatti ma a ciò si può ovviare in virtù del principio iura novit curia, essendo comunque chiara la censura in diritto sollevata dal ricorso incidentale il motivo è fondato. Nel primo grado del presente giudizio, per effetto dell'intrecciarsi della domanda principale e di quella riconvenzionale, al Tribunale erano state sottoposte due questioni a se l'esecuzione presso terzi iniziata da BI& amp CI fosse procedibile od improcedibile b se la Unicredit fosse creditrice della Lidl. 5.2. La prima questione era chiaramente inammissibile, perchè si sarebbe dovuta proporre al giudice dell'esecuzione e tale l'ha reputata, correttamente, il giudice di merito. Ma sulla seconda questione introdotta in via riconvenzionale dalla Unicredit , che era una ordinaria domanda di accertamento, il giudice avrebbe dovuto provvedere nel merito. Su essa, infatti, non incideva nè il processo di esecuzione iniziato da BI& amp CI, nè il fallimento di OMISSIS . Non incideva su quella domanda la procedura esecutiva e le sue sorti, poichè se nella lite tra debitore ceduto Lidl e cessionario Unicredit , il primo eccepisca che il credito oggetto di cessione è già stato pignorato, tale eccezione non introduce certo una controversia esecutiva, ma un normale fatto impeditivo della pretesa attorea, che spetterà al giudice ordinario accertare. Ma sulla domanda riconvenzionale della Unicredit non incideva neppure il fallimento del debitore cedente OMISSIS s.a.s. . E' pacifico, infatti, che la cessione del credito dalla OMISSIS alla Unicredit avvenne prima della dichiarazione di fallimento della prima che il fallimento venne comunque convenuto in giudizio dalla Lidl che la curatela rimase contumace che la curatela non ha mai contestato validità ed efficacia della cessione, nè risulta averne chiesto la dichiarazione di inefficacia L. Fall., ex art. 66 o art. 2901 c.c Ora, se è vero che nella lite tra debitore ceduto e creditore cessionario il cedente è litisconsorte necessario, è altresì vero che il fallimento del cedente comporta l'attrazione di tale lite in sede fallimentare solo se il fallimento del ceduto contesti l'opponibilità al fallimento della intervenuta cessione o, in subordine, deduca la revocabilità della stessa così Sez. 1, Ordinanza n. 12972 del 13/07/2004, Rv. 578210-01 ma sostanzialmente nello stesso senso si veda anche Sez. 1, Sentenza n. 6156 del 27/06/1994 Rv. 487216-01 . In mancanza di tali contestazioni, la lite tra ceduto e cessionario, avente ad oggetto una cessione compiuta prima del fallimento, dà vita ad un ordinario giudizio di cognizione, sul quale non c'era ragione per non provvedere. La Corte d'appello avrebbe dovuto pertanto provvedere nel merito sulla domanda di Unicredit, dal momento che il terzo cedente il fallimento non solo nulla aveva osservato sulla validità della cessione, ma per di più l'oggetto del contendere non riguardava il fallito, ma solo l'opponibilità della cessione al creditore pignorante. 5.3. I restanti tre motivi di ricorso incidentale restano assorbiti. 5.4. la sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio in relazione al motivo accolto. Il giudice di rinvio, tornando ad esaminare il merito delle domande di accertamento della qualità di creditore proposta dalla Unicredit, applicherà i seguenti principi di diritto a nel pignoramento presso terzi l'eventualità che il giudice dell'esecuzione pronunci ordinanza di assegnazione nonostante il terzo pignorato abbia reso una dichiarazione negativa costituisce un vizio da far valere con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., in mancanza della quale resta sanato b l'esito del procedimento di esecuzione presso terzi non viene in rilievo nel separato giudizio tra il terzo pignorato ed il soggetto che si affermi cessionario del credito pignorato perchè anche se in quella procedura esecutiva fosse emessa una ordinanza di assegnazione che abbia acquistato l'efficacia di titolo esecutivo, il cessionario del credito potrà sempre, se escusso dal creditore pignorante ed assegnatario del credito, l'anteriorità della cessione rispetto al pignoramento. 6. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio. P.Q.M. la Corte di Cassazione - rigetta il ricorso principale - accoglie il primo motivo del ricorso incidentale dichiara assorbiti gli altri motivi del ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità - dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di Lidl Italia s.r.l. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione.