Falcidia dei crediti privilegiati e ordine delle cause di prelazione

In tema di concordato preventivo, a norma dell’art. 160, comma 2, l. fall., il soddisfacimento parziale dei creditori muniti di privilegio generale può trovare giustificazione solo nell’incapienza del patrimonio mobiliare del debitore, sicché il soddisfacimento dei creditori chirografari non può che dipendere, in tal caso, dalla presenza di beni immobili ovviamente per la parte che non è deputata a garantire i creditori che vantino un titolo di prelazione su di essi o da liquidità estranee al patrimonio del debitore stesso.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, sez. I Civile, con l’ordinanza n. 10884/20, depositata l’8 giugno. Una s.n.c. proponeva domanda di concordato preventivo, ma il Tribunale giudicava non ammissibile la procedura e dichiarava il fallimento della società. La fallita proponeva reclamo in Corte d'Appello, ma anche in quella sede il fallimento veniva confermato. Nello specifico la Corte territoriale aveva rilevato un' indebita alterazione delle cause legittime di prelazione dato che i creditori chirografari erano stati pagati parzialmente nonostante la falcidia di alcuni privilegiati. La società svolgeva allora ricorso in Cassazione. Il motivo principale del ricorso riguarda la possibilità di falcidiare i creditori privilegiati . Nello specifico la ricorrente riteneva di poter soddisfare creditori di rango inferiore pur non pagando integralmente creditori di grado poziore purché fosse rispettata una scala progressiva decrescente e purché la percentuale offerta ai primi nel caso di specie chirografari fosse comunque inferiore a quella offerta ai secondi i privilegiati . La Cassazione respinge il motivo di ricorso specificando i limiti entro cui sia possibile falcidiare i privilegiati. Gli Ermellini ricordano che la norma cardine in materia è l'art. 160 l. fall., comma 2 La proposta può prevedere che i creditori muniti di diritto di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, terzo comma, lettera d . Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione . La proposta di concordato può dunque prevedere un pagamento in percentuale dei privilegiati a patto che vi sia incapienza del bene o dei beni a garanzia del privilegio speciale o generale e che il trattamento economico previsto non alteri l’ordine delle cause di prelazione . Il punto è quindi capire se in base all’art. 160 richiamato sia possibile la falcidia del credito di grado poziore con pagamento parziale del credito più basso, a patto che al primo sia assicurato comunque un trattamento migliore rispetto al secondo. In sostanza tale tesi, per così dire, flessibile ”, interpreta la non alterazione delle cause di prelazione solo nel senso di vietare a creditori collocati in grado superiore trattamenti, seppure falcidiati, deteriori rispetto a creditori collocati in un grado inferiore in tal senso Corte d’Appello di Milano, 6.10.2011 Tribunale di Torre Annunziata, 29.7.2016 Tribunale di Massa, 29.7.2015 . L’opinione contrapposta, più rigorosa, afferma invece che solamente il pagamento integrale del grado superiore consente di scendere e soddisfare quello inferiore in tal senso Tribunale di Treviso, 11.2.2009 Tribunale di Messina 18.2.2009 . Per dirimere la disputa” la Cassazione osserva che le condizioni imposte dall'art. 160, comma 2, l. fall. rappresentano il limite minimo di soddisfacimento dei privilegiati . Da ciò si deduce che il creditore chirografario non può essere soddisfatto, nemmeno parzialmente, se il presumibile valore di realizzo dei beni su cui insiste il diritto di prelazione non consenta di soddisfare i privilegiati. In pratica in caso di prelazione insistente su bene specifico ipoteca, pegno, privilegio speciale il credito privilegiato può essere soddisfatto parzialmente, in concorso con i chirografari, se il valore di realizzo è inferiore al credito privilegiato. Infatti, il soddisfacimento del creditore privilegiato in questo caso discende dal ricavato dalla liquidazione del bene su cui insiste il privilegio senza concorso con i chirografari e dal valore degli altri beni su cui concorrono anche i chirografari . Se invece come nel caso dell’ordinanza in commento si tratta di privilegio generale sui mobili e i beni non siano capienti per soddisfare i titolari della prelazione, i privilegiati non potranno essere ulteriormente falcidiati a beneficio dei chirografari, pena la violazione dell’ordine delle cause legittime di prelazione. Il ricorso della società viene quindi respinto poiché l’interpretazione prospettata dalla ricorrente non è condivisa dalla Suprema Corte. Gli Ermellini tuttavia ammettono una possibilità comunque non sussistente nel caso in esame per i chirografari di essere in parte soddisfatti nel caso di beni incapienti a soddisfare interamente i creditori muniti di privilegio generale. È il caso in cui vi siano beni immobili liberi o finanza esterna” se l'apporto del terzo risulta neutrale rispetto allo stato patrimoniale della società non comportando né un incremento dell'attivo che costituirebbe ulteriore massa per il concorso dei creditori , né del passivo secondo le condizioni riepilogate nel precedente di Cassazione 8.6.2012, n. 9373, si veda anche Tribunale di Rovereto, 13.10.2014 . Di fatto per la Cassazione due sono le vie 1 o i beni sono capienti e allora i creditori muniti di privilegio generale non possono essere falcidiati oppure 2 i beni non sono sufficienti come nella fattispecie e allora i crediti chirografari non possono trovare soddisfazione neppure parziale poiché è necessario soddisfare prima i privilegiati.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 21 gennaio – 8 giugno 2020, n. 10884 Presidente Didone – Relatore Falabella Fatti di causa 1. - Il 4 agosto 2016 [ ] s.n.c. omissis proponeva reclamo avverso la sentenza con cui il Tribunale di Padova, in data 25 luglio 2016, aveva dichiarato il fallimento della società sulla base della affermata inammissibilità della domanda di concordato preventivo come da decreto dello stesso Tribunale reso in pari data . La Corte di appello di Venezia, pronunciando sull’impugnazione proposta, la respingeva. Osservava, in particolare, che la proposta concordataria, la quale prevedeva il soddisfacimento integrale dei crediti da lavoro dipendente, il soddisfacimento in ragione del 50% degli altri creditori privilegiati e il soddisfacimento, in ragione del 12,61%, dei creditori in chirografo, non poteva aver seguito giacché introduceva un criterio di ripartizione diverso da quello legale rilevava, in particolare, che doveva essere osservata la prescrizione di cui alla L. Fall., art. 160, comma 2, secondo cui il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione in tal senso, ad avviso del giudice distrettuale, non era possibile procedere alla soddisfazione dei crediti di rango inferiore se prima non fossero stati soddisfatti per intero quelli di grado poziore. La stessa Corte osservava, poi, che, in conseguenza del rigetto del primo motivo di reclamo, risultavano assorbiti gli altri. Affermava, peraltro, che tali censure risultavano essere infondate, dando conto delle ragioni del proprio convincimento. 2. - La sentenza è impugnata per cassazione da [ ] con un ricorso che consta di cinque motivi e che è illustrato da memoria. Resiste con controricorso la curatela fallimentare della società. Ragioni della decisione 1. - Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione ed erronea o falsa applicazione della L. Fall., art. 160, comma 2, anche in relazione alla L. Fall., art. 177, comma 3. Dopo aver osservato che la pronuncia impugnata sarebbe frutto di una lettura ancorata a una superata visione pubblicistica dell’istituto del concordato, la società istante rileva come sia ben possibile procedere al soddisfacimento dei crediti di rango inferiore in assenza di un integrale estinzione dei crediti di grado poziore, ove vi sia una scala e cioè una misura, progressivamente discendente, del soddisfacimento dei creditori . In tal senso, la decrescente e graduata soddisfazione dei diritti di prelazione, attuata attraverso l’assegnazione, aì crediti di grado più elevato, di una maggiore percentuale di pagamento, non altererebbe l’ordine della legge e troverebbe fondamento giustificativo in presenza di una condizione l’attribuzione ai crediti privilegiati declassati di un trattamento complessivamente più favorevole rispetto a quello che essi riceverebbero all’esito della liquidazione fallimentare e rispetto a quello riservato ai crediti di natura chirografaria. Il secondo mezzo lamenta la violazione ed erronea o falsa applicazione della L. Fall., art. 56, della L. Fall., art. 45 e dell’art. 1360 c.c La censura investe l’affermazione con cui la Corte di appello aveva ritenuto non compensabile il credito chirografario di cui Maxbet Italia s.r.l. si era resa cessionaria, prima del deposito della domanda di concordato, col prezzo d’acquisto dell’azienda, in ipotesi di sua aggiudicazione per la precisione, la detta società era affittuaria dell’azienda di [ ] e risultava aver acquistato dalla locatrice il credito avente ad oggetto i canoni di locazione non corrisposti dalla ricorrente nel contratto di affitto di azienda tra Maxbet Italia e [ ] sarebbe stata poi prevista la compensazione di tale credito con il debito relativo al prezzo di acquisto dell’azienda pag. 4 della sentenza impugnata, ove sono riassunti i rilievi svolti dal Tribunale sulla vicenda portata al suo esame . Sostiene la ricorrente che l’assunto della Corte di appello, secondo cui non era possibile compensare un credito concorsuale antecedente alla domanda di concordato con un credito della massa, sorto successivamente, non aveva fondamento, dal momento che, per un verso, i contratti di cessione del credito e di affitto di azienda erano opponibili alla procedura e, per altro verso, l’aggiudicazione dell’azienda costituiva condizione sospensiva i cui effetti dovevano retroagire al momento in cui erano stati conclusi i richiamati negozi. Il terzo motivo oppone l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, oltre che la violazione ed erronea o falsa applicazione della L. Fall., art. 45 e art. 1360 c.c Vi si deduce che la Corte di appello non aveva considerato che i contrapposti crediti derivanti dalle pattuizioni contenute nei contratti di cessione del credito e di affitto di azienda erano stati oggetto di compensazione volontaria la ricorrente torna poi a far valere la questione circa gli effetti dell’avveramento della condizione. Con il quarto motivo à lamentato l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla possibilità di destinare il ricavato della vendita dei beni personali dei soci al soddisfacimento dei creditori personali degli stessi e la violazione ed erronea o falsa applicazione dell’art. 2741 c.c Lamenta la ricorrente che la Corte di merito non si era pronunciata sul motivo di reclamo con cui era stata censurata l’affermazione, da parte del giudice di primo grado, secondo cui il piano e la proposta concordataria riguardavano la società, e dunque il soddisfacimento dei creditori di quest’ultima, con la conseguenza che la destinazione all’attivo di beni personali dei soci avrebbe determinato che essi fossero devoluti in favore della massa dei creditori della società. Il quinto mezzo oppone la violazione ed erronea o falsa applicazione della L. Fall., art. 163 bis. La doglianza investe l’assunto, espresso dalla Corte di appello, per cui lo sconto, dal prezzo d’acquisto dell’azienda, dei canoni di affitto corrisposti dall’affittuaria in costanza del rapporto non sarebbe giustificato perché attribuirebbe un vantaggio incompatibile con l’espletamento di una gara realmente competitiva. Rileva l’istante che la previsione contrattuale richiamata non avrebbe potuto ostacolare la vendita dell’azienda con siffatta procedura. 2. - Il primo motivo è infondato. Come è noto, la L. Fall., art. 160, comma 2, nello stabilire i limiti cui è soggetta la proposta di concordato, prevede da un lato, che essa possa prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, ma sempre che il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, comma 3, lett. d dall’altro, che il trattamento stabilito per ciascuna classe non possa avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione . La questione posta col primo mezzo di censura è se tale disciplina imponga l’integrale pagamento del credito di rango superiore prima di soddisfare quello di grado inferiore o se, piuttosto, sia ammessa la falcidia del credito di grado poziore e il pagamento parziale del credito di rango più basso, a condizione che al primo sia assicurato un trattamento più favorevole rispetto a quello riservato al secondo. In realtà, la prima delle condizioni poste dall’art. 160, comma 2, implica che l’ammontare della somma ritraibile dalla liquidazione concorsuale segni il limite minimo di soddisfacimento dei creditori privilegiati e da tale limite si desume che il creditore chirografario non possa vedere adempiuta, neanche parzialmente, la propria obbligazione se il presumibile valore di realizzo dei beni su cui insiste il diritto di prelazione non consenta di soddisfare i creditori privilegiati. Ciò significa, in concreto, che, in presenza di un diritto di prelazione incidente su di un bene specifico ipoteca, pegno, privilegio speciale il credito che ne è assistito possa essere soddisfatto parzialmente, in concorso con i crediti in chirografo, se il valore del detto bene sia inferiore all’ammontare del credito in questo caso, infatti, il conseguimento di quanto spettante in forza del diritto di obbligazione dipende dall’ammontare ritraibile dalla liquidazione del bene su cui insiste la prelazione da cui sono esclusi i creditori chirografari e dal valore degli altri beni su cui concorrono i creditori chirografari . Ove, poi, venga in questione - come nel caso in esame - un privilegio generale sui mobili e tali beni siano incapienti rispetto alle ragioni di credito dei titolari di tale diritto di prelazione, i crediti privilegiati non potranno essere ulteriormente falcidiati a beneficio di quelli chirografari diversamente si ammetterebbe che, sulla medesima massa attiva, creditori di rango inferiore quali sono quelli in chirografo siano soddisfatti prima che lo siano, per l’intero, i creditori di rango poziore. E un tale risultato urterebbe, come è evidente, non solo col principio per cui il piano concordatario deve assicurare la soddisfazione dei creditori privilegiati in misura almeno pari a quella cui gli stessi potrebbero aspirare, in ragione della loro collocazione preferenziale, in caso di liquidazione, ma anche con la regola che vieta di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione. Ciò non esclude che i creditori chirografari possano essere soddisfatti pur in presenza di beni, oggetto del privilegio generale, che risultino essere insufficienti ad assicurare il soddisfacimento integrale dei creditori privilegiati ciò accadrà ove essi abbiano la possibilità di concorrere su beni immobili oppure in presenza della c.d. finanza esterna, alle condizioni indicate da Cass. 8 giugno 2012, n. 9373 e cioè allorché l’apporto del terzo risulti neutrale rispetto allo stato patrimoniale della società, non comportando nè un incremento dell’attivo patrimoniale della società debitrice, sul quale i crediti privilegiati dovrebbero in ogni caso essere collocati secondo il loro grado, nè un aggravio del passivo della medesima, con il riconoscimento di ragioni di credito a favore del terzo, indipendentemente dalla circostanza che tale credito sia stato postergato o no. Nella fattispecie, come si è detto, si fa questione della possibilità di sottoporre a falcidia, a beneficio dei creditori chirografari, crediti garantiti da privilegio generale, ma in tale situazione non è possibile sfuggire a questa alternativa o i beni avevano un valore eccedente i crediti garantiti, e allora questi dovevano essere soddisfatti per l’intero o i beni avevano un valore inferiore rispetto ai crediti privilegiati, e allora i creditori in chirografo non avrebbero potuto essere soddisfatti, risultando prioritario il soddisfacimento di quelli muniti di garanzia. Deve dunque ritenersi che in tema di concordato preventivo, a norma della L. Fall., art. 160, comma 2, il soddisfacimento parziale dei creditori muniti di privilegio generale possa trovare un fondamento giustificativo solo nell’incapienza del patrimonio mobiliare del debitore, sicché il soddisfacimento dei creditori chirografari non può che dipendere, in tal caso, dalla presenza di beni immobili ovviamente per la parte che non è deputata a garantire i creditori che vantino un titolo di prelazione su di essi o da liquidità estranee al patrimonio del debitore stesso. 3. - I restanti motivi sono inammissibili, giacché ineriscono a profili che, come in precedenza accennato, sono restati assorbiti cfr. pag. 9 della sentenza impugnata in conseguenza, le considerazioni svolte sul punto dal giudice del gravame risultano essere prive di decisività. Mette conto qui di ricordare che è inammissibile, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata non costituente una ratio decidendi della medesima per tutte Cass. 10 aprile 2018, n. 8755 in generale, sull’inammissibilità del ricorso su questioni assorbite cfr. Cass. 1 marzo 2007, n. 4804 Cass. 5 novembre 2014, n. 23558 . 4. - Il ricorso è in conclusione rigettato. 5. - Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. P.Q.M. rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.