Improseguibile dalla curatela fallimentare il giudizio di opposizione a precetto

Il giudizio di opposizione a precetto , ex art. 615, comma 1, c.p.c., non può essere proseguito, successivamente alla dichiarazione di fallimento del debitore opponente, dalla curatela fallimentare, poiché si tratta di una causa di accertamento negativo dell’esistenza del credito di cui è stato intimato il pagamento e, dunque, resta attratta” nella competenza del tribunale fallimentare.

Questo è il principio affermato dalla Cassazione con sentenza n. 29327/19, depositata il 13 novembre. La vicenda processuale. Una s.p.a. intimava ad una società di costruzioni il pagamento di un’ingente somma di denaro. Avverso l’atto di precetto quest’ultima proponeva opposizione, innanzi al Tribunale, chiedendo che fosse dichiarata l’illegittimità dell’atto, in quanto il credito era stato pagato. Nel corso del giudizio interveniva la dichiarazione di fallimento della società di costruzioni, la curatela riassumeva il giudizio e la Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, dichiarava l’inefficacia del precetto. Avverso tale sentenza la s.p.a. ricorre in Cassazione. La curatela non può proseguire il giudizio di opposizione a precetto. Nel caso in esame, dopo l’intervenuto fallimento della società, la Corte d’Appello, secondo i Giudici di legittimità, avrebbe dovuto dichiarare l’improseguibilità della domanda riassunta dalla curatela, poiché volta a recuperare ragioni di contestazione sull’esistenza del credito che non erano state fatte valere in sede di verifica dello stato passivo. Sulla base di ciò e in accoglimento del ricorso in oggetto, il Supremo Collegio afferma che, il giudizio di opposizione a precetto , ex art. 615, comma 1, c.p.c., non può essere proseguito, dopo la dichiarazione di fallimento del debitore opponente, dalla curatela fallimentare, poiché si tratta di una causa di accertamento negativo dell’esistenza del credito di cui è stato intimato il pagamento e, dunque, resta attratta” nella competenza del tribunale fallimentare stabilita dall’art. 52, comma 2, l. fall., secondo cui ogni credito deve essere accertato secondo le norme stabilite per la verifica dello stato passivo .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 30 aprile – 13 novembre 2019 n. 29327 Presidente Vivaldi – Relatore D’Arrigo Fatti di causa Italfondiario s.p.a. intimava alla omissis s.r.l., con vincolo di solidarietà nei confronti di C.A. e di M.A. , il pagamento della somma complessiva di Euro 6.222.036,50 oltre interessi al tasso convenzionale e spese successive. Avverso l’atto di precetto la omissis s.r.l. proponeva opposizione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 1, innanzi al Tribunale di Cosenza, chiedendo che fosse dichiarata l’illegittimità dell’atto, in quanto il credito era stato transatto e interamente pagato. Nel corso del giudizio la società creditrice riduceva spontaneamente l’importo precettato alla somma di Euro 3.326.848,48. Il Tribunale rigettava la domanda principale proposta dagli opponenti e riduceva l’importo del precetto alla somma indicata dalla creditrice. La omissis s.r.l. appellava la decisione. Si costituiva in giudizio la Italfondiario s.p.a., nella qualità di mandataria della Castello Finance s.r.l., nel frattempo divenuta nuova titolare della posizione creditoria. Nel corso del giudizio di appello interveniva la dichiarazione di fallimento della omissis s.r.l La curatela riassumeva il giudizio, insistendo nelle domande già presentate dalla società in bonis. La Corte d’appello di Catanzaro, riformando la decisione di primo grado, dichiarava l’inefficacia del precetto e compensava interamente le spese dei due gradi di giudizio. Avverso tale sentenza la Italfondiario s.p.a., nella qualità, ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi ed illustrato da successive memorie difensive ex art. 378 c.p.c. La curatela del fallimento omissis s.r.l. ha resistito con controricorso. Ragioni della decisione Con il primo motivo si deduce l’invalidità della sentenza impugnata per violazione della L. Fall., art. 52, comma 2, artt. 93, 95, 96 e 98. In particolare, la ricorrente si duole della circostanza che la Corte d’appello ha omesso di esaminare l’eccezione preliminare di improseguibilità della domanda a seguito della intervenuta dichiarazione di fallimento della OMISSIS s.r.l. poiché la Italfondiario s.p.a. per il medesimo credito è stata ammessa al passivo fallimentare, la curatela non poteva proseguire la domanda di accertamento negativo della esistenza del proprio debito proposta dalla società in bonis. Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 161 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. In sostanza, si denuncia il difetto di motivazione in relazione alle medesime questioni di diritto illustrate con il primo motivo. I due motivi, strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati. Va esaminata, anzitutto, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per erronea indicazione dei motivi. Sostiene la curatela che la società ricorrente avrebbe malamente dedotto la sussistenza di errores in procedendo, trattandosi semmai della falsa applicazione di norme di diritto sostanziale. L’eccezione è manifestamente infondata, poiché la Italfondiario s.p.a., nel dolersi della improseguibilità, da parte della curatela, della domanda proposta dalla società in bonis, ha correttamente formulato una censura in punto di rito. Sempre in via preliminare, la curatela ha dedotto la carenza di interesse ad impugnare in capo alla Italfondiario s.p.a. Anche tale eccezione è infondata. Ed infatti, se da un lato è vero che il credito di cui si discute risulta ormai definitivamente accertato in sede endoconcorsuale, è pur vero che la società creditrice ha interesse a rimuovere la declaratoria di inefficacia dell’atto di precetto opposto, sia ai fini di un eventuale azione esecutiva fondiaria, in deroga al divieto posto dalla L. Fall., art. 51, sia per la corretta regolamentazione delle spese processuali del giudizio d’appello. Venendo quindi all’esame dei motivi prospettati dalla ricorrente, va richiamato anzitutto il principio di intangibilità dello stato passivo fallimentare non impugnato, in ragione del quale agli organi della procedura non è consentito di far valere la revocabilità o l’inopponibilità alla massa di crediti già ivi ammessi definitivamente con mezzi diversi dagli specifici rimedi previsti dalla legge fallimentare Sez. 1, Sentenza n. 5840 del 08/03/2013, Rv. 625628 - 01 sul principio di intangibilità dello stato passivo e sulle relative preclusioni v. pure Sez. U, Sentenza n. 16508 del 14/07/2010, Rv. 614438 - 01 Sez. 1, Ordinanza n. 24164 del 13/10/2017, Rv. 645542 - 01 . Il principio, in realtà, è richiamato anche nella sentenza impugnata che, tuttavia, ne fa discendere conseguenze erronee. Difatti, essendo l’opposizione a precetto un giudizio di accertamento negativo Sez. 3, Sentenza n. 20634 del 22/09/2006, Rv. 593364 01 Sez. L, Sentenza n. 16610 del 28/07/2011, Rv. 618698 - 01 , quando il debitore opponente è una curatela fallimentare, essa si configura come un rimedio volto a contestare l’esistenza dell’esposizione debitoria in una sede diversa da quella endofallimentare, in violazione della L. Fall., art. 52, comma 2. Consegue che, a seguito dell’intervenuto fallimento della omissis s.r.l., la Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare l’improseguibilità della domanda riassunta dalla curatela, in quanto volta a recuperare, in violazione della vis actrattiva della competenza del tribunale fallimentare, ragioni di contestazione circa l’esistenza del credito che non erano state fatte valere - o che comunque erano state disattese - in sede di verifica dello stato passivo. Va dunque affermato il seguente principio di diritto Il giudizio di opposizione a precetto, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 1, non può essere proseguito, successivamente alla dichiarazione di fallimento del debitore opponente, dalla curatela fallimentare, in quanto, trattandosi di una causa di accertamento negativo dell’esistenza del credito di cui è stato intimato il pagamento, resta attratta nella competenza del tribunale fallimentare stabilita dalla L. Fall., art. 52, comma 2, secondo cui ogni credito deve essere accertato secondo le norme stabilite per la verifica dello stato passivo . Tale principio deve essere applicato nel caso di specie, a maggior ragione considerando che in questa occasione la curatela ha proseguito il giudizio di accertamento negativo nonostante il creditore fosse stato già ammesso, per un importo addirittura superiore a quello risultante dall’atto di precetto, al passivo del fallimento, senza che tale provvedimento di ammissione avesse costituito oggetto di impugnazione con i rimedi tipici di cui alla L. Fall., art. 98. Tale circostanza, infatti, determina che l’eventuale accoglimento dell’opposizione a precetto concreterebbe una inammissibile violazione dell’intangibilità dello stato passivo. In conclusione, la Corte d’appello, anziché dichiarare l’inefficacia del precetto, avrebbe dovuto dichiarare l’improseguibilità della causa di opposizione. Sarebbe poi spettato al giudice dell’esecuzione, in caso di pignoramento, verificare la natura fondiaria del credito e quindi la procedibilità dell’azione esecutiva individuale, ai sensi dell’art. 41 T.U.B., in deroga alla L. Fall., art. 51. Con il terzo motivo la società ricorrente si duole della violazione dell’art. 92 c.p.c., consistita nell’aver disposto la compensazione delle spese processuali del giudizio di appello, le quali si sarebbero invece dovute porre a carico della curatela. Il motivo, che concerne un capo dipendente, è assorbito dall’accoglimento delle censure riguardanti il capo principale della sentenza impugnata. Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, è possibile, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, decidere la causa nel merito, dichiarando l’improcedibilità del giudizio di appello. Di conseguenza, nell’ambito della pronuncia nel merito occorre condannare l’appellante al pagamento delle spese processuali di quel grado. Ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, la Curatela soccombente va condannata anche al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il ricorso il primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, dichiara improcedibile l’appello. Condanna la Curatela del Fallimento omissis s.r.l. al pagamento delle spese processuali del grado d’appello, che liquida in Euro 15.000,00, e del giudizio di legittimità, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.