Impugnazione della delibera assembleare e sopravvenuto fallimento della società

Il sopravvenuto fallimento della società fa venir meno l’interesse ad agire per l’annullamento delle deliberazioni assembleari assunte dalla società in bonis, ove chi impugna non dimostri il perdurante interesse al ricorso con riguardo alle utilità attese in esito alla chiusura del fallimento dell’ente.

Così si è espressa la Cassazione con la sentenza n. 17117/19, depositata il 26 giugno. Fallimento della società. I soci di minoranza di una s.pa. impugnavano le deliberazioni assunte dall’assemblea, aventi ad oggetto l’approvazione del bilancio e la ricostituzione e l’aumento del capitale. Poiché la Corte d’Appello respingeva l’impugnazione, i soci soccombenti proponevano ricorso in Cassazione, rendendo noto che nel frattempo la società era stata dichiarata fallita. Venuto meno l’interesse ad agire. La Corte rileva da un lato che i soci minoritari non hanno chiarito quale sia il loro interesse al ricorso con riguardo alle utilità attese, posto che incombe su di loro l’onere di spiegare le ragioni fondanti il loro interesse. Dall’atro lato, essendo sopravvenuto il fallimento della società la cui deliberazioni erano state impugnate con esito negativo dai soci, è venuto meno l’interesse al ricorso salvo idonea deduzione contraria al riguardo che nel caso concreto è mancata . Chiarito ciò la Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, enuncia il seguente principio di diritto Il sopravvenuto fallimento della società comporta il venir meno dell’interesse ad agire per l’annullamento delle deliberazioni assembleari assunte dalla società in bonis nella specie approvazione del bilancio, ricostituzione del capitale ex art. 2447 c.c. e successivo aumento , quando non venga dedotto ed argomentato il perdurante interesse al ricorso con riguardo alle utilità attese in esito alla chiusura del fallimento dell’ente .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 31 maggio – 26 giugno 2019, n. 17117 Presidente Genovese – Relatore Nazzicone Fatti di causa Con sentenza del 31 marzo 2016, la Corte d’appello di Ancona ha respinto le impugnazioni avverso tre decisioni del Tribunale della stessa città, rese rispettivamente il 24 e 31 gennaio 2011 ed il 6 aprile 2011, previa riunione degli appelli proposti. I giudizi riguardano l’impugnazione ad opera dei soci di minoranza delle deliberazioni assunte dall’assemblea della s.p.a. il 29 aprile 2008 ed il 24 maggio 2008 la prima, avente ad oggetto l’approvazione del bilancio chiuso al 31 dicembre 2007 la seconda recante l’azzeramento del capitale di Euro 120.013,00 per perdite di Euro 1.561.954,27, l’eliminazione delle perdite residue, la ricostituzione del capitale ed il suo aumento ad Euro 1.316.967,00. La corte d’appello ha ritenuto infondati tutti i motivi proposti dagli appellanti nei giudizi riuniti. Avverso questa sentenza propongono ricorso i soci soccombenti, affidato a sedici motivi, rendendo noto altresì che la società è stata dichiarata fallita il 27 luglio 2016 e notificando il ricorso al curatore, che non ha svolto difese. I ricorrenti hanno depositato, altresì, la memoria. Ragioni di diritto 1. - Il ricorso è inammissibile. In data 27 luglio 2016 è sopravvenuto il fallimento della società, le cui deliberazioni furono impugnate dai soci, con esito negativo in primo ed in secondo grado. Il sopravvenuto fallimento della società comporta il venir meno dell’interesse al ricorso. Ed invero, con riguardo alle azioni di annullamento delle deliberazioni assembleari impugnate - vertenti l’una sull’approvazione del bilancio del 2007 e l’altra sulla deliberazione di ricostituzione del capitale ex art. 2447 c.c., con successivo aumento -, respinte dai giudici di merito, i ricorrenti neppure enunciano quale sia il loro interesse al ricorso con riguardo alle utilità attese, tenuto conto del fallimento dell’ente societario. Al riguardo, era invece onere dei medesimi enunciare le ragioni che fondano tale interesse analogamente all’esigenza che, con riguardo al diverso tema della proponibilità dell’azione verso soggetto fallito, l’attore dichiari l’intenzione di avvalersi di un’eventuale condanna solo in esito al ritorno in bonis cfr., tra le tante, Cass. 5 agosto 2011, n. 17035 22 dicembre 2005, n. 28481 . Essendo stata impugnata la sentenza che ha respinto l’impugnazione delle due deliberazioni di approvazione del bilancio di esercizio della società e di ricostituzione ed aumento del capitale sociale, entrambe assunte nel 2008, la sopravvenuta dichiarazione del fallimento della società fa venir meno l’interesse all’impugnazione, salvo idonea deduzione contraria al riguardo, che, tuttavia, è del tutto mancata. Il ricorso, pertanto, deve dichiararsi inammissibile, con enunciazione del seguente principio di diritto Il sopravvenuto fallimento della società comporta il venir meno dell’interesse ad agire per l’annullamento delle deliberazioni assembleari assunte dalla società in bonis nella specie, approvazione del bilancio, ricostituzione del capitale ex art. 2447 c.c., e successivo aumento , quando non venga dedotto ed argomentato il perdurante interesse al ricorso con riguardo alle utilità attese in esito alla chiusura del fallimento dell’ente . 2. - Non occorre provvedere alla liquidazione delle spese, non svolgendo difese l’intimata. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.