Lo stato di insolvenza di una società può desumersi dall’inadempimento di un’unica obbligazione?

Lo stato di insolvenza, quale presupposto per la dichiarazione di fallimento, si realizza quando la società non riesce a soddisfare con regolarità e tramite mezzi normali le proprie obbligazioni, a causa della mancanza delle condizioni di liquidità e di credito necessarie allo svolgimento della sua attività.

Così si esprime la Suprema Corte con l’ordinanza n. 15572/19, depositata il 10 giugno. Il fatto. La Corte d’Appello di Salerno respingeva il reclamo proposto da una società avverso il provvedimento con cui il Tribunale ne dichiarava il fallimento, adducendo quale motivazione la mancata contestazione del credito vantato verso di essa da una società bancaria. Contro tale decisione, la società debitrice propone ricorso per cassazione, lamentando l’insussistenza dello stato di insolvenza, avendo il Giudice dedotto tale elemento dall’inadempimento della sola obbligazione verso la società bancaria. Lo stato di insolvenza. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso infondato, osservando come il Giudice di seconde cure abbia valutato lo stato di insolvenza della società ricorrente in modo conforme al consolidato orientamento, il quale prevede che lo stato d’insolvenza dell’imprenditore commerciale quale presupposto per la dichiarazione di fallimento, si realizza in presenza di una situazione d’impotenza strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni a seguito del venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie alla relativa attività . Nel caso di specie, la Suprema Corte rileva che la Corte d’Appello ha valutato lo stato di insolvenza della ricorrente non solo in relazione al mancato pagamento del credito bancario, ma anche alla dismissione del patrimonio della stessa società, constatandone l’eccedenza del passivo sull’attivo.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 5 marzo – 10 giugno 2019, n. 15572 Presidente Genovese – Relatore Caiazzo Rilevato che Con sentenza depositata il 27.12.16 il Tribunale di Salerno, accogliendo il ricorso proposto dal Banco di Napoli s.p.a., dichiarò il fallimento della [] s.r.l. con sentenza impugnata da quest’ultima con reclamo nel relativo procedimento rimase contumace la curatela fallimentare, mentre si costituì il creditore procedente. Con sentenza del 30.6.17, la Corte d’appello di Salerno rigettò il reclamo, osservando che la società debitrice non aveva contestato il credito fatto valere dal Banco di Napoli s.p.a., facendo un generico riferimento alla ultima crisi economica e al carattere stagionale della sua attività, evidenziando altresì le sue capacità di ripresa e rimarcando il fatto che la banca non avesse intrapreso azioni esecutive prima del ricorso per fallimento non era emersa alcuna mala fede del creditore istante per la sola pendenza di una trattativa conclusasi con la riduzione del debito da pagare lo stato d’insolvenza era desumibile sia dal mancato pagamento del debito della banca, in misura ridotta rispetto a quella originariamente dovuta, sia dalla condotta della società che aveva dismesso il suo patrimonio rendendo vane le azioni esecutive dei creditori non erano state dimostrate le ragioni giustificatrici dell’inattività sociale. Ricorre in cassazione la [] s.r.l. formulando un unico motivo. Resiste il Banco di Napoli s.p.a. con controricorso. Non si è costituita la curatela fallimentare della [] s.r.l. Il Consigliere delegato ha formulato al proposta ex art. 380 bis c.p.c Ritenuto che Con l’unico motivo di ricorso è denunziata violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 7 L. Fall., nonché degli artt. 2727 e 2729 c.c., in ordine all’insussistenza dello stato d’insolvenza. Al riguardo, il ricorrente si duole del fatto che l’inadempimento di un’unica obbligazione non costituiva elemento univoco di giudizio per valutare l’insolvenza. Il ricorso è infondato. La Corte d’appello, nel confermare la pronuncia del Tribunale, ha scrutinato la sussistenza dello stato d’insolvenza argomentando sia dal mancato pagamento del credito fatto valere dal Banco di Napoli s.p.a., sia dalla dismissione del patrimonio della stessa società debitrice, con conseguente rilevante eccedenza del passivo sull’attivo, in conformità del consolidato orientamento di questa Corte v. Cass., n. 29913/18 n. 26217/05 - cui il collegio intende dare continuità- secondo cui lo stato d’insolvenza dell’imprenditore commerciale quale presupposto per la dichiarazione di fallimento, si realizza in presenza di una situazione d’impotenza strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni a seguito del venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie alla relativa attività. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma di Euro 4100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge. Ai sensi de D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.