Esperibilità dell'azione revocatoria contro un fallimento: la prima Sezione ""invoca"" le Sezioni Unite

La Sezione I Civile della Suprema Corte ha rimesso alle Sezioni Unite la questione controversia relativa all’ammissibilità dell’esercizio di un’azione revocatoria ordinaria o fallimentare nei confronti del fallimento, promossa contro una procedura concorsuale.

Corte di Cassazione, sezione I Civile, ordinanza interlocutoria n. 1894/18, depositata il 25 gennaio. Il caso. Il Tribunale di Siracusa accoglieva in primo grado un'azione revocatoria ex art. 66 l.fall. promossa dal fallimento Alfa nei confronti del fallimento Beta relativamente all'alienazione di un'azienda a prezzo vile intercorsa tra i due soggetti quando erano in bonis . La Corte d'Appello di Catania accoglieva l'impugnazione svolta dal fallimento Beta avverso la sentenza di prime cure stante la generale improponibilità dell'azione revocatoria contro una procedura concorsuale. Il fallimento Alfa ricorreva allora in Cassazione. Azione revocatoria in sede fallimentare. Secondo la Corte d'Appello la decisione del Tribunale di Siracusa doveva essere sovvertita accogliendo l'eccezione di improponibilità dell'azione revocatoria promossa contro una procedura concorsuale. La Corte territoriale ha spiegato infatti che l'azione revocatoria ordinaria esercitata in sede fallimentare si pone come azione esecutiva individuale e come tale vietata ex art. 51 l.fall Da qui l’impossibilità di esperire simile rimedio contro una procedura concorsuale. Il ricorrente fonda il proprio ricorso su due motivi. In primo luogo osserva che l'eccezione sopra indicata era stata sollevata tardivamente dal fallimento Beta perché avanzata per la prima volta solo in appello. Sotto altro profilo sostiene che l'eccezione sia comunque infondata nel merito. In ordine al primo motivo la Cassazione nell’ordinanza in commento spiega che in realtà l'eccezione è rilevabile d'ufficio concernendo la proponibilità stessa della domanda. Quanto al merito della questione la Suprema Corte distingue due diversi orientamenti giurisprudenziali. Il primo orientamento. Secondo un primo orientamento l'azione revocatoria avverso un fallimento non sarebbe possibile perché violerebbe sia il principio di cristallizzazione della massa passiva alla data di apertura del concorso come si deduce dagli artt. 51 e 52 l.fall. in tal senso Cass. n. 3672/12 , sia il carattere costitutivo dell'azione. In sostanza la generale non esperibilità delle azioni costitutive dopo la dichiarazione di fallimento dipende proprio dal fatto che esse comportano effetti restitutori o risarcitori lesivi della par condicio creditorum. Il fallimento determina infatti, da un lato, la destinazione del patrimonio del fallito al soddisfacimento paritario di tutti i creditori e, dall’altro, la cristallizzazione delle loro posizioni giuridiche. Il secondo orientamento. Secondo, invece, un diverso filone giurisprudenziale più risalente e tradizionale il giudizio revocatorio ben può proseguire” avanti lo stesso giudice anche se sopravviene nelle more del procedimento il fallimento del soggetto convenuto in revocatoria Cass. n. 2746/1963 Cass. n. 7119/1998 Cass. n. 6709/2009 . Nell’ambito di tale interpretazione il possibile contrasto tra l'esperimento dell'azione revocatoria e le regole prescritte dagli artt. 51 e 52 l.fall. sarebbe risolto nel senso che il Tribunale che ha dichiarato il fallimento resta competente a decidere circa l'inefficacia dell'atto, mentre le pronunce conseguenti alla dichiarazione di inefficacia competono invece al tribunale che ha dichiarato il fallimento del terzo con le modalità per l'accertamento del passivo. La Cassazione aggiunge che l'azione revocatoria ha carattere costitutivo ed effetto retroattivo alla proposizione della domanda. In questo senso l'atto, pur essendo intrinsecamente valido, manca sin dall'inizio di efficacia nei confronti del fallimento che ha esperito l'azione. In questi termini l’esercizio dell’azione non avrebbe alcun riflesso o incidenza sul principio di cristallizzazione della massa passiva. Non vi sarebbero quindi ostacoli alla proponibilità dell'azione revocatoria contro un soggetto fallito e ciò - prosegue la prima Sezione nell’ordinanza in commento - senza distinzioni tra l'ipotesi in cui il soggetto fallisca nelle more del giudizio o sia fallito già al momento della proposizione della domanda. Peraltro, secondo un'opinione diffusa in dottrina, la revocatoria si presenta non semplicemente come azione costitutiva, bensì come azione di accertamento con effetti costitutivi rispetto alla quale chi la propone non chiede l'accertamento, né un diritto di credito, né di un diritto reale di godimento. Al contrario l'attore chiede una pronuncia che ricostituisca la garanzia patrimoniale del proprio debitore. Secondo la Corte poi non è opportuno insistere” sul carattere strumentale” dell'azione revocatoria rispetto alle successive azioni recuperatorie perché si tratta in realtà di azioni che rimangono strutturalmente e funzionalmente distinte tra loro e separate . Di conseguenza nel caso di esito vittorioso del giudizio avverso un soggetto che sia fallito, lo sviluppo naturale, stante il divieto di cui all'art. 51 l.fall., sarà quello dell'insinuazione del credito da restituzione nel passivo fallimentare del convenuto perdente. Sotto altro profilo la Cassazione, a sostegno dell’orientamento illustrato, ricorda che anche dal punto di vista sistematico esistono norme, come l'art. 91 d.lgs. n. 270/1999 in tema di procedura di amministrazione straordinaria, che ammettono la revocatoria c.d. aggravata nei confronti di società appartenenti al medesimo gruppo di quella dichiarata insolvente. La rimessione alla Sezioni Unite. In definitiva, trattandosi di questione di massima di particolare importanza come prevede l’art. 374 c.p.c. e considerato il contrasto giurisprudenziale brevemente riepilogato, la prima sezione della Suprema Corte trasmette la causa al Primo Presidente per l'eventuale rimessione alle Sezioni Unite.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza interlocutoria 5 luglio 2017 – 25 gennaio 2018, n. 1894 Presidente Didone – Relatore Cristiano Fatto e diritto 1.- M.A., nella veste di assuntore del concordato del Fallimento s.r.l., ricorre per cassazione nei confronti del Fallimento omissis coop. a r.l., svolgendo due motivi avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Catania in data 14 luglio 2011. Con tale decisione, la Corte siciliana ha accolto l’appello presentato dal Fallimento della Società Turistica contro la sentenza resa nel primo grado del giudizio dal Tribunale di Siracusa, 27 aprile 2004. Pronuncia, quest’ultima, che per contro ha accolto la domanda revocatoria ex art. 66 legge fall. intentata dall’allora Fallimento nei confronti del Fallimento della Società Turistica, con riferimento all’alienazione di un’azienda a prezzo assunto come vile, a suo tempo intercorsa tra le due società, entrambe in bonis. Nei confronti del ricorso resiste il Fallimento della Società Turistica, che ha depositato apposito controricorso. Lo stesso ha pure depositato memoria. 2.- I motivi di ricorso evocano i vizi che qui di seguito vengono richiamati. Il primo motivo assume, in specie, violazione e falsa applicazione degli artt. 183 e 345 cod. proc. civ. . Il secondo motivo adduce, poi, violazione e falsa applicazione dell’art. 51 r.d. 16/3/1942 n. 267 - Insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio . 3.- Entrambi i motivi di ricorso investono il punto in cui la sentenza della Corte territoriale ha accolto l’eccezione di improponibilità e/o inammissibilità dell’azione revocatoria esercitata , sollevata dal Fallimento della Società Turistica in relazione al fatto che la detta azione è stata per l’appunto rivolta nei diretti confronti di una Procedura concorsuale. In proposito, la Corte ha osservato, in particolare, che l’ azione revocatoria ordinaria , esercitata in sede fallimentare, si pone come azione esecutiva individuale e come tale soggetta al divieto di cui all’art. 51 legge fall. . Infatti, l’azione esecutiva, di cui all’art. 2908 cod. civ. e quella conservativa di cui all’art. 2905 cod. civ., che costituiscono le modalità tipiche della garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 cod. civ., non potrebbero affatto essere esercitate, in considerazione dell’avvenuto assoggettamento alla massa fallimentare dei beni della fallita società cessionaria e dell’operatività del richiamato divieto . In definitiva - conclude la Corte - la natura dichiarativa e non recuperatoria dell’azione de qua trova un limite insormontabile nella peculiarità rappresentata dal fatto che il soggetto passivo sia anch’esso assoggettato alla dichiarazione di fallimento . Nel confronto con questi passi, il primo motivo portato dal ricorrente assume in specie che l’eccezione sollevata dalla Procedura è da ritenere tardiva, in quanto svolta solo con l’atto di citazione in appello, con spregio dunque della norma dell’art. 345. cod. proc. civ. Con il secondo motivo, il ricorrente contesta invece la stessa fondatezza del merito dell’eccezione in quanto tale. L’esame del secondo motivo di ricorso si manifesta prioritario sotto il profilo logico, stante la natura di eccezione rilevabile di ufficio di quella concernente la proponibilità stessa della domanda. 4.- In proposito, prima di tutto va rilevato come recenti pronunce di questa Corte abbiano affermato che non è ammissibile un’azione revocatoria, ordinaria o fallimentare, nei confronti di un fallimento . Così si è espressa, in particolare, la sentenza di Cass., 12 maggio 2011, n. 10486, a cui ha poi fatto seguito l’ordinanza di Cass., 8 marzo 2012, n. 3672. Secondo queste decisioni, la proponibilità della revocatoria contro un Fallimento viene, in via segnata, a urtare contro il principio di cristallizzazione della massa passiva alla data di apertura del concorso , così come stabilito dalle norme di cui agli artt. 51 e 52 legge fall. posto che l’effetto giuridico favorevole all’attore in revocatoria si produce soltanto a seguito della sentenza che accoglie la domanda - così si sottolinea -, il medesimo effetto non potrà essere invocato contro la massa . E viene altresì a urtare - così pure si segnala - contro il carattere costitutivo della detta azione. 5.- Ciò posto, va tuttavia rilevato altresì che - secondo un diverso orientamento di questa Corte, da stimare risalente nel tempo - il giudizio revocatorio ben può proseguire avanti allo stesso giudice pur se sopravviene, nelle more di questo, il fallimento del soggetto che è stato convenuto in revocatoria. Si tratta, per la verità, di un orientamento assai folto, oltre che tradizionale. In questa direzione si vedano così, tra gli altri interventi, Cass., 14 ottobre 1963, n. 2746 con una Procedura già attore originario Cass., 30 agosto 1994, n. 7583 lo stesso Cass., 21 luglio 1998, n. 7119 azione svolta da singolo creditore Cass., 28 febbraio 2008, n. 5272 lo stesso Cass., 19 marzo 2009, n. 6709 attore originario un Fallimento Cass., 27 ottobre 2015, n. 21810 azione promossa da singolo creditore Cass., 4 ottobre 2016, n. 19795 attore originario Fallimento . Ma pure si veda, e in modo particolare, la pronuncia delle Sezioni Unite, 17 dicembre 2008, n. 29421 attore singolo creditore , che tra l’altro è venuta ad annotare che sia consentito al curatore proseguire il giudizio intrapreso prima del fallimento dal singolo creditore, subentrando nella posizione processuale di costui, è affermazione sulla quale non vi è alcun contrasto nella giurisprudenza . È importante notare, inoltre, come questo orientamento abbia sempre avuto cura di osservare - sin dalle sue prime espressioni che il conflitto ravvisabile tra l’art. 24 legge fall. secondo cui il tribunale, che ha dichiarato il fallimento, è competete a conoscere delle azioni che ne derivano e l’art. 52 legge fall. per il quale, aperto il fallimento, ogni credito deve essere accertato secondo le norme previste per la insinuazione e la verificazione dello stato passivo deve essere risolto nel senso che, mentre il tribunale che ha dichiarato il fallimento resta competente a decidere circa la inefficacia o meno dell’atto, le pronunzie consequenziali alla dichiarazione di inefficacia competono al tribunale che ha dichiarato il fallimento del terzo, secondo le modalità stabilite per l’accertamento del passivo la frase è tratta da Cass., n. 7583/1994 . 6.- Nel negare la proponibilità in quanto tale dell’azione revocatoria contro una Procedura concorsuale, la sentenza di Cass. n. 10486/2011 ha affermato che la proseguibilità dell’azione iniziata prima del fallimento della parte convenuta può spiegarsi con la considerazione generalmente accettata che gli effetti restitutori conseguenti alla revoca retroagiscono alla data della domanda, per il generale principio che la durata del processo non deve recar danno a chi ha ragione . Sembra peraltro ragionevole dubitare dell’effettiva forza persuasiva di simile rilevazione. Nel senso che la stessa si preoccupa propriamente di reperire una giustificazione per il punto della proseguibilità della revocatoria iniziata prima del fallimento del convenuto, là dove il tema - che, per contro, rimane pur sempre di base - è quello della predicata non proponibilità dell’azione revocatoria nei confronti di un soggetto già fallito. Del resto, la tendenziale opinabilità di una soluzione che intenda differenziare tra proseguibilità dell’azione verso il fallito e promuovibilità della stessa è resa manifesta proprio dalla norma dell’art. 51 legge fall., che per l’appunto in modo espresso parifica in relazione alle azioni individuali di tipo esecutivo e cautelare - il proseguimento dell’azione al suo inizio. Non mancano, d’altro canto, delle ragioni che risultano atte a indicare che, con specifico riferimento all’azione revocatoria, la segnalata convergenza vada individuata nel senso dell’esperibilità in ogni caso della azione. 7.- Secondo l’insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, l’esercizio vittorioso dell’azione revocatoria ha effetto retroattivo pur intrinsecamente valido, l’atto - che sia stato revocato - manca ab imo di efficacia nei confronti del fallimento che l’ha esperita cfr., di recente, Cass., 24 aprile 2012, n. 6270 . Secondo quanto comunemente si ritiene, d’altro canto, il debito restitutorio del soggetto, che la revoca ha subito, è debito di valore cfr. già Cass. SS. UU., 28 aprile 1973, n. 1169 gli interessi sulla somma da restituire, poi, vengono a correre anche prima della domanda giudiziale, se vi è stato atto di costituzione in mora Cass., 25 giugno 2009, n. 14896 . Non sembra, di conseguenza, che l’azione in esame sia destinata a incidere sul c.d. principio di cristallizzazione della massa passiva. Non pare, per altro verso, che la azione revocatoria possa essere ricondotta al divieto di inizio e di proseguimento delle azioni esecutive e cautelari disposto dall’art. 51 legge fall. Secondo una convincente opinione, emersa in dottrina, l’azione revocatoria si manifesta piuttosto come azione di accertamento con effetti costitutivi rispetto alla quale chi la propone non chiede l’accertamento né di un diritto di credito, né di un diritto reale o personale di godimento chiede, per contro, una pronuncia che ricostituisca la garanzia patrimoniale del proprio debitore. Secondo quanto, del resto, è compito precipuo delle procedure concorsuali di fare cfr., per tutte, Cass., n. 21810/2015 . Né sembrerebbe potere assumere pregio, in proposito, il rilievo fatto proprio pure dalla sentenza impugnata dal ricorrente - che l’azione revocatoria viene considerata azione strumentale all’esercizio di azioni esecutive sul patrimonio del debitore. La giurisprudenza di questa Corte ha già fermato l’attenzione sull’oggettiva esigenza di non procedere a frettolosi accostamenti e assimilazioni in materia cfr., così, Cass., 2 dicembre 2011, n. 25850 e, in effetti, si tratta di azioni che rimangono strutturalmente e funzionalmente distinte tra loro e separate. Nel caso di convenuto in revocatoria che sia fallito, le azioni esecutive - successive all’esito vittorioso di questa - non risulteranno comunque esercitabili, giusta appunto il divieto di cui all’art. 51 legge fall. lo sbocco naturale e proprio dell’esito vittorioso consistendo - come si è già visto essere insegnamento tradizionale di questa Corte - nell’insinuazione del credito da restituzione come in sostanza relativo al valore del bene di cui alla revoca nel passivo fallimentare del convenuto perdente. Ma da tenere in adeguato conto, sotto il profilo sistematico in specie, è pure la norma dell’art. 91 del d.lgs. n. 270/1999, dedicato alla regolamentazione della procedura di amministrazione straordinaria, che ammette la c.d. revocatoria aggravata nei confronti appartenenti al medesimo gruppo di quella dichiarata insolvente. 8.- Segnalato in tal modo il contrasto esistente nella giurisprudenza di questa Corte, va ancora rilevato che il tema della proponibilità della revocatoria contro convenuto già fallito si pone pure come questione di massima di particolare importanza ex art. 374 cod. proc. civ Nel senso che l’operatività attuale presenta, in particolare, casi frequenti di spostamenti patrimoniali intervenuti tra società facenti parte di un medesimo gruppo e in avanzato stato di decozione, con lo scopo di favorire , in prospettiva, una massa creditoria piuttosto che un’altra. 9.- In conclusione, il Collegio ritiene di rimettere la causa al Primo presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite di questa Corte. P.Q.M. dispone la trasmissione del procedimento al Primo presidente per l’eventuale rimessione alle Sezioni Unite civili.