Opposizione al provvedimento di estinzione: l’incarico al legale non ricade nel divieto di nuove operazioni

La funzione del divieto di compiere nuove operazioni secondo la previsione di cui all’art. 29 c.c. si pone in coerenza con una definitiva destinazione dell’ente alla sua liquidazione, sì che nell’arco dello stesso non rientrano, secondo quanto comunemente si ritiene, le attività finalizzate alla mera gestione e conservazione del relativo patrimonio.

Di conseguenza, non ricade nell’ambito del divieto, l’attività che mette in discussione, sotto il profilo giuridico, la sussistenza dei presupposti che possano legittimare un’eventuale soppressione della persona giuridica. Con la pronuncia del 2 novembre 2017, numero 26066, il S.C. chiarisce che non rientra nel divieto di nuove operazioni di cui all’art. 29 c.c. l’incarico affidato dagli amministratori ad un legale di opporsi in sede giudiziale al provvedimento prefettizio di soppressione dell’ente. Il caso. La vicenda prende le mosse dall’opposizione al decreto prefettizio di scioglimento ed estinzione di una associazione, avverso il quale l’associazione stessa ha promosso azione giudiziaria. Il Ministero contestava il fatto che l’incarico in questione fosse da annoverarsi nell’ambito delle nuove operazioni e quindi rientrante nel divieto di cui all’art. 29 c.c Tale posizione è stata accolta in primo e secondo grado ma il S.C., rimettendo alla corte territoriale per la decisione, ha ritenuto che rientri nelle facoltà dell’ente opporsi al decreto di estinzione, con incarico affidato al legale dagli amministratori in carica al momento del decreto di estinzione. La ratio del divieto di nuove operazioni. Ai sensi dell’art. 29 c.c., gli amministratori non possono compiere nuove operazioni dal momento in cui è stato loro comunicato il provvedimento di scioglimento ed estinzione della persona giuridica. Come affermato in giurisprudenza, infatti, tale disposizione ha l’obiettivo di circoscrivere lo scopo dell'ente, che viene limitato alla preparazione ed attuazione della fase di liquidazione. Operazioni vietate e non vietate. La distinzione viene in genere effettuata tra ordinaria e straordinaria amministrazione, ritenendo le operazioni riconducibili alla prima come ammesse mentre quelle attinenti alla straordinaria amministrazione non sono ammissibili. Gli atti di ordinaria amministrazione, tendenti alla mera gestione e conservazione del patrimonio, non rientrano nel concetto di nuove operazioni di all'art. 29 c.c., laddove in tale concetto vanno annoverati quegli atti che non sono compatibili con la finalità della liquidazione o, se disposta, della materiale consegna dei beni all'ente successore. Il divieto di nuove operazioni come e perché. Il divieto di nuove operazioni risulta una tematica affrontata più volte anche nell’ambito delle società commerciali, dove analogo divieto si ritrova nell’art. 2279 c.c. per le società di persone in maniera esplicita e, in maniera implicita, nell’art. 2486 c.c. per le società di capitali. Proprio con riferimento a quest’ultima tipologia di società, infatti, si è affermato che non rientra nel divieto di nuove operazioni, né costituisce atto di straordinaria amministrazione, il conferimento da parte dei liquidatori di mandato alle liti per la proposizione di azione giudiziale volta ad incrementare o ripristinare la consistenza patrimoniale della società in liquidazione e ciò quand'anche l'assemblea abbia attribuito ai liquidatori poteri congiunti per la gestione straordinaria riguardo alle possibili diminuzioni del patrimonio sociale conseguenti ed alienazioni. Liquidazione ed estinzione dell’ente. È infatti opportuno evidenziare, come più volte segnalato dalla giurisprudenza, che la soppressione di un ente non ne determina via immediata l'estinzione, ma segna soltanto il passaggio alla fase della liquidazione, sicché permane la soggettività giuridica dell'ente stesso, che resta titolare, sino all'esaurimento delle operazioni di liquidazione, dei rapporti giuridici. Per nuove operazioni, quindi, devono intendersi atti che non siano compatibili con la finalità della liquidazione o, se disposta, della materiale consegna dei beni all'ente successorie nuove operazioni, quindi, possono considerarsi quelle che comportano iniziative speculative o rischiose, ossia quegli atti che presentano un certo rischio di impresa” o che non costituiscono la fase conclusiva di un’attività già avviata. Nuove operazioni ed opposizione all’estinzione. Nel caso di specie, il S.C. chiarisce, intervenendo in senso contrario ai precedenti giudici di merito, che l’incarico degli amministratori al legale di presentare opposizione avverso il decreto di scioglimento ed estinzione dell’ente non è da ricondursi al divieto di nuove operazioni perché, in caso contrario, si priverebbe l’ente della facoltà di contestare in sede giudiziale la decisione. Del resto, non si potrebbe pensare che tale incarico possa giungere dai liquidatori, che non hanno nei loro compiti attività diverse, invece, dalla liquidazione dell’ente stesse.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 21 giugno – 2 novembre 2017, n. 26066 Presidente Aniello – Relatore Dolmetta Fatti di causa M.E. ricorre per cassazione nei confronti di IMAIE - Istituto Mutualistico per la tutela degli Artisti Interpreti ed Esecutori in liquidazione amministrativa, sviluppando due motivi avverso il decreto reso dal Tribunale di Roma in data 4 maggio 2011. Con tale decreto, il Tribunale ha stabilito - in conformità a quanto già deciso dai Commissari liquidatori dell’ente - l’esclusione dal relativo stato passivo di due crediti da esercizio di professione legale per i quali M.E. insisteva per l’accoglimento della richiesta insinuazione. Nei confronti del ricorso così proposto resiste l’Ente in liquidazione, in persona dei suoi liquidatori, che ha depositato apposito controricorso. M.E. ha depositato pure memoria ex artt. 380 bis cod. proc. civ Ragioni della decisione 1.- I motivi di ricorso, articolati da M.E. , denunziano i vizi qui di seguito richiamati. Il primo motivo in via segnata lamenta violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., degli artt. 29 cod. civ., 18 legge fall., 2909 cod. civ. e 24 Cost. . Il secondo motivo assume a sua volta violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., del principio del ne bis in idem, dell’art. 19 cod. civ. in combinato disposto con l’art. 75 comma 3 cod. proc. civ., del principio del legittimo affidamento del terzo in buona fede, nonché degli artt. 2697 e 2724 n. 1 cod. civ. . 2.- Il primo motivo concerne un credito, che M.E. pretende per lo svolgimento di attività giudiziale avanti al Tribunale Amministrativo Regionale nell’interesse di IMAIE, come specificamente intesa a ottenere l’annullamento il decreto di estinzione dell’ente disposto dal Prefetto della Provincia di Roma il 30 aprile 2009. Il Tribunale romano - constatato che l’incarico a difendere l’Ente è stato conferito dal legale rappresentante dello stesso e poi ratificato dal Consiglio di amministrazione in epoca successiva all’emanazione del decreto prefettizio declaratorio dell’estinzione ha rilevato che detto mandato urta contro il divieto di nuove operazioni stabilito dall’art. 29 cod. civ. per il genere delle persone giuridiche. Assunta una simile prospettiva, il Tribunale ha poi rilevato che l’atto compiuto in violazione del divieto inserito nell’art. 29 cod. civ. è inesistente per l’ente e non ratificabile e ha altresì aggiunto che con l’estinzione di IMAIE furono nominati i liquidatori e che nessun mandato fu conferito all’avv. M. da parte dei liquidatori . Tutto questo per concludere che bene hanno fatto i commissari liquidatori a negare tutela al credito dell’avv. M. in ragione della nullità e/o inesistenza dell’originario mandato . 3.- Di fronte alla motivazione svolta in tali termini dal Tribunale, il motivo di ricorso assume che il Tribunale ha fondato la propria decisione su un’erronea interpretazione dell’art. 29 cod. civ., ritenendo in sostanza che una persona giuridica, nel caso sia dichiarata estinta mediante un provvedimento amministrativo, nonostante sia direttamente pregiudicata da tale atto, non possa adire l’Autorità giudiziaria per tutelare il suo diritto a esistere . Una simile soluzione - si prosegue - non appare evidentemente accettabile, in quanto comporta palese violazione del diritto di difesa dell’IMAIE, così come garantito dall’art. 24 Cost. . L’art. 29 cod. civ. si riferisce - così si conclude - all’impossibilità per gli amministratori . di compiere non ogni atto, bensì solo nuove operazioni , intendendosi . operazioni di carattere economico gestorio e non certo il conferimento di mandato alle liti a un legale per impugnare il provvedimento con cui si è illegittimamente dichiarata l’estinzione dell’ente in danno di tutti gli associati, collettivamente intesi . 4.- Il motivo è da ritenere fondato, nei termini che si vengono a esporre. Non v’è dubbio - va rilevato, prima di tutto - che la ratio decidendi della decisione assunta dal Tribunale romano riposi propriamente su una data interpretazione della norma dell’art. 29 cod. civ. Tale interpretazione - va, peraltro, pure subito aggiunto - non può ritenersi corretta. La funzione del divieto, di cui alla norma, si pone in coerenza con una definitiva destinazione dell’ente alla sua liquidazione sì che nell’arco dello stesso non rientrano - secondo quanto comunemente si ritiene, del resto - le attività svolte alla mera gestione e conservazione del relativo patrimonio. A maggior ragione, allora, non può ricadere nell’ambito del divieto l’attività che metta in discussione - sotto il profilo giuridico, naturalmente - la sussistenza dei presupposti che possano legittimare la stessa soppressione della persona giuridica. Secondo quanto è propriamente accaduto, in effetti, nel caso concretamente in esame. Per il rilievo che gli amministratori hanno il potere-dovere di compiere , dopo l’avvenuto scioglimento dell’ente, gli atti negoziali . necessari al fine di preservare l’integrità patrimoniale dell’ente si veda, con riferimento alla vicina fattispecie dello scioglimento delle società commerciali, Cass., 5 febbraio 2015, n. 2156. Per la constatazione, poi, che non rientra nel divieto di nuove operazioni il conferimento di un mandato alle liti per la proposizione di un’azione giudiziale volta a incrementare o ripristinare la consistenza patrimoniale dell’ente , v., sempre con diretto riguardo al fenomeno societario, la pronuncia di Cass., 15 marzo 2012, n. 4143. 5.- Riscontrato che la fattispecie concreta non rientra nell’ambito applicativo del divieto dei cui alla norma dell’art. 29 cod. civ., sembra cadere pure l’ulteriore rilievo - svolto dal Tribunale in via per così dire accessoria se non contraddittoria, non potendo ipotizzarsi che il divieto di nuove operazioni non valga pure per i liquidatori -, per cui, comportando la dichiarata estinzione dell’ente la nomina di liquidatori, l’incarico difensivo avrebbe dovuto provenire semmai da questi ultimi. Ché, in effetti, se i liquidatori hanno la funzione di svolgere e portare a compimento la liquidazione dell’ente, agli stessi non compete proprio quella di proteggere la permanenza e la vitalità, in prospettiva dell’ente. Tanto meno se l’azione giudiziale, a cui fa riferimento l’incarico giudiziale, è direttamente intesa a far dichiarare l’inesistenza e/o l’invalidità del provvedimento prefettizio di estinzione dell’ente e di correlata nomina dei liquidatori. 6.- Il secondo motivo di ricorso riguarda l’attività professionale svolta da M.E. nell’interesse di IMAIE nella successiva fase giudiziale tenutasi avanti al Consiglio di Stato, dopo che il TAR ha accolto l’istanza cautelare di sospensione del provvedimento prefettizio di estinzione dell’ente. Il Tribunale romano - constatato che, in quel periodo, l’ente era ritornato sia pur in via provvisoria a esistere giuridicamente - ha peraltro ritenuto di escludere il credito relativo alla detta attività, rilevando che le forme di conferimento della procura non possono essere surrogate da semplici presunzioni e/o da prove testimoniali in mancanza di un atto pubblico o di una scrittura privata autenticata dalla quale risulti con certezza l’attribuzione del potere di rappresentanza processuale e che l’opponente M. non aveva per l’appunto fornito documentazione di tale genere. 7.- Il motivo sviluppato dal ricorrente contesta la motivazione svolta dal Tribunale, sostanzialmente osservando che l’ accertannento giudiziale in ordine alla sussistenza della documentazione relativa al conferimento del mandato all’avv. M. poteva essere effettuato soltanto nel giudizio dinanzi al Consiglio di Stato . E constatando che né l’Avvocatura dello Stato, costituitasi nell’interesse dell’IAIE in l.c.a., né gli altri contro interessati, hanno eccepito alcun vizio attinente alla validità della procura, né il Consiglio di Stato, nella sua ordinanza n. 3539, ha reputato sussistente un simile vizio . Ancora assume il motivo che, comunque, la questione attinente alla documentazione relativa alla procura poteva casomai riguardare il rapporto interno all’ente, non certo coinvolgere l’avv. M. , in quale, in perfetta buona fede, ha ritenuto di ben difendere in giudizio l’ente, avendo ricevuto la procura alle liti nell’interesse dell’IMAIE da parte di quel soggetto che ufficialmente risultava in quel momento il Presidente e il legale rappresentante dell’ente, nonché a fronte dell’esibizione di una copia della delibera assembleare del 6 luglio 2009 avente ad oggetto il conferimento dell’incarico . 8.- Il motivo è fondato, secondo i termini che seguono. Posto che, nella specie, il giudizio verte sul diritto al compenso dei M.E. per attività giudiziale svolta nell’interesse di IMAIE, non appare corretto fare riferimento - come procede per contro il Tribunale - alla figura, e alla disciplina legale, della procura alle liti, con le limitazioni anche probatorie che ne conseguono. In proposito rilevante si manifesta, piuttosto, il conferimento di un apposito mandato difensivo da parte dell’Ente e il diligente svolgimento dello stesso da parte del mandatario incaricato. Sia il primo, che il secondo di tali aspetti, peraltro, non risultano soffrire di particolari limitazione di ordine probatorio. D’altro canto, non risulta contestato che M.E. abbia effettivamente svolto attività difensiva di IMAIE avanti al Consiglio di Stato come pure appare pacifico che nessuno ha sollevato eccezioni, o anche solo rilievi e perplessità, rispetto a tale attività. 9. In conclusione, il ricorso va accolto e l’impugnato decreto cassato con rinvio della controversia al Tribunale di Roma che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo e il secondo motivo di ricorso cassa il decreto impugnato e rinvia la controversia al Tribunale di Roma che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.