E se l’appaltatore fallisce?

La Cassazione si pronuncia in tema di scioglimento del contratto di appalto per fallimento dell’appaltatore e capacità processuale del fallito

La Cassazione si pronuncia in tema di scioglimento del contratto di appalto per fallimento dell’appaltatore e capacità processuale del fallito con l’ordinanza n. 20398/17, depositata il 25 agosto. Il caso. Il ricorrente si rivolge in Cassazione contro il decreto del Tribunale che, in accoglimento di opposizione del creditore, ha ammesso al passivo fallimentare il credito vantato da una società a titolo di ripetizione del corrispettivo pagato alla società fallita per un contratto di appalto rimasto in parte ineseguito e in parte mal eseguito. Il ricorrente lamentava la violazione dell’art 81 della legge fallimentare, per aver il fallimento riconosciuto alla società committente pretese risarcitorie non azionate prima dello scioglimento del contratto d’appalto conseguente al fallimento. Scioglimento del contratto di appalto. La Cassazione, a tal riguardo reputa la questione infondata risultando dal decreto impugnato che è stato ammesso al passivo il credito per la restituzione del corrispettivo già pagato all’appaltatore per opere non eseguite o mal eseguite. È giurisprudenza della Corte, infatti, ritenere che lo scioglimento del contratto di appalto in conseguenza del fallimento dell’appaltatore, costituisce un effetto legale ex nunc della sentenza dichiarativa e non è, quindi, causa di responsabilità della procedura nei confronti del committente il quale è tenuto al pagamento a norma dell’art. 1672 c.c. del prezzo pattuito per l’intera opera da determinare anche d’ufficio, ove dia conto dei dati obiettivi utilizzati e del processo logico eseguito. Capacità processuale del fallito. In merito al secondo motivo di doglianza, relativo all’accertamento tecnico preventivo concluso dopo la dichiarazione del fallimento e quindi in opponibile al curatore, la Cassazione afferma che la perdita della capacità professionale del fallito, a seguito della dichiarazione di fallimento non è assoluta, ma relativa alla massa dei creditori, alla quale soltanto è consentito eccepirla ne deriva che se il curatore rimane inerte, il processo continua validamente tra le parti, tra le quali soltanto avrà efficacia la sentenza finale. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 21 giugno – 25 agosto 2017, n. 20398 Presidente/Relatore Nappi Fatti di causa Il Fallimento omissis sas ricorre per cassazione contro il decreto del Tribunale di Lucera che, in accoglimento di opposizione del creditore, ha ammesso al passivo fallimentare il credito di circa 118 mila Euro vantato dalla srl Edilambiente a titolo di ripetizione del corrispettivo pagato alla società fallita un contratto di appalto rimasto in parte ineseguito e in parte male eseguito. Propone tre motivi d’impugnazione, illustrati anche da memoria, mentre non ha spiegato difese l’intimato creditore. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta che in violazione dell’art. 81 legge fall. il fallimento abbia riconosciuto alla società committente pretese risarcitorie non azionate prima dello scioglimento del contratto d’appalto conseguente al fallimento. Il motivo è inammissibile, perché propone una questione nuova, che richiederebbe un accertamento di fatto incompatibile con il giudizio di cassazione. Il motivo è comunque manifestamente infondato, perché risulta dal decreto impugnato che è stato ammesso al passivo il credito per la restituzione del corrispettivo già pagato all’appaltatore per opere non eseguite o mal eseguite. Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, lo scioglimento del contratto di appalto in conseguenza del fallimento dell’appaltatore, a norma dell’art. 81 legge fall., costituisce un effetto legale ex nunc della sentenza dichiarativa e non è, quindi, causa di responsabilità della procedura nei confronti del committente, il quale, pertanto, è tenuto, a norma dell’art. 1672 c.c., al pagamento in proporzione, nei limiti in cui è per lui utile, del prezzo pattuito per l’intera opera, da determinare, specie nel caso in cui il corrispettivo sia stato pattuito a corpo anche con il ricorso a criteri equitativi, che il giudice può sempre utilizzare, anche d’ufficio, ove dia conto dei dati obiettivi utilizzati e del processo logico seguito Cass., sez. VI, 18 settembre 2013, n. 21411, m. 627933, Cass., sez. I, 20 novembre 2015, n. 23810, m. 637708 . 2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta che i giudici del merito abbiano fondato la propria decisione sulla relazione di un accertamento tecnico preventivo concluso dopo la dichiarazione del fallimento e dunque in opponibile al curatore. Il motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, la perdita della capacità processuale del fallito, a seguito della dichiarazione di fallimento, non è assoluta, ma relativa alla massa dei creditori, alla quale soltanto è consentito eccepirla, sicché, se il curatore rimane inerte, il processo continua validamente tra le parti originarie, tra le quali soltanto avrà efficacia la sentenza finale salva la facoltà del curatore di profittare dell’eventuale risultato utile del giudizio in forza del sistema di cui agli artt. 42 e 44 l. fall. Cass., sez. I, 15 gennaio 2016, n. 614, m. 638263 . Ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, il procedimento di accertamento tecnico preventivo si è validamente concluso ed è stato legittimamente utilizzato dai giudici del merito, perché, secondo la giurisprudenza di questa corte, il giudice civile, in assenza di divieti di legge, può formare il proprio convincimento anche in base a prove atipiche come quelle raccolte in un altro giudizio tra le stesse o tra altre parti, delle quali la sentenza ivi pronunciata costituisce documentazione, fornendo adeguata motivazione della relativa utilizzazione, senza che rilevi la divergenza delle regole, proprie di quel procedimento, relative all’ammissione e all’assunzione della prova Cass., sez. III, 20 gennaio 2015, n. 840, m. 633913 . 3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce che la Edilambiente srl ha proposto sulla base del medesimo contratto di appalto due domande di ammissione al passivo, entrambe rigettate con provvedimento opposto dinanzi al tribunale, sicché l’accoglimento della domanda di ammissione al passivo proposta in questo giudizio è precluso dal giudicato endofallimentare. Il motivo è manifestamente infondato, perché, come riferisce lo stesso ricorrente, né al momento della decisione qui impugnata né attualmente risulta che la consimile domanda di ammissione al passivo sia stata definitivamente decisa. P.Q.M. Rigetta il ricorso.