Chiede il fallimento del debitore, ma poi ci ripensa. Ormai è troppo tardi

In tema di dichiarazione di fallimento, la desistenza dal ricorso da parte del creditore istante prevenuta in fase di reclamo, non può comportare la revoca della sentenza di fallimento.

E’ il principio affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16180/17 depositata il 28 giugno. Il caso. La Corte d’appello di Ancona revocava la dichiarazione di fallimento di una s.r.l. su reclamo della medesima ritenendo che le dichiarazioni di desistenza dal ricorso provenienti da tutti i creditori istanti avessero comportato il venir meno della legittimazione ad agire. Il curatore fallimentare impugna la decisione in Cassazione deducendo la violazione degli artt. 6, 18 e 118, n. 1, l. fall Legittimazione del creditore istante. La Corte di Cassazione coglie l’occasione per affermare che la nuova disciplina del fallimento, avendo escluso la possibilità di dichiarare d’ufficio il fallimento attua il principio della terzietà del giudice e avvalora definitivamente la tesi secondo cui il ricorso del creditore non è un’attività meramente sollecitatoria ma costituisce un’autonoma iniziativa processuale volta alla tutela del proprio diritto di credito. Ne consegue che, durante l’intero procedimento per la dichiarazione di fallimento, la domanda deve rimanere ferma per consentire al giudice di pronunciarsi, mentre nel caso di desistenza del creditore istante prima della pubblicazione della sentenza di fallimento crea una carenza di legittimazione processuale con conseguente revoca della sentenza stessa, non assumendo al contrario alcuna rilevanza se pervenuta in un momento successivo. Il principio. In conclusione, la Corte accoglie il ricorso e annulla la sentenza impugnata affermando il principio secondo cui nel giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento rilevano esclusivamente i fatti esistenti al momento della sua decisione e non quelli sopravvenuti, posto che la revoca del fallimento a cui tende il reclamo, presuppone la prova che non sussistevano i presupposti per l’apertura della procedura alla stregua della situazione di fatto che esisteva in quel momento. La rinuncia dall’azione o la desistenza del creditore istante intervenuta dopo la dichiarazione di fallimento, è irrilevante perché al momento della decisione del tribunale sussisteva ancora la sua legittimazione all’azione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 27 aprile – 28 giugno 2017, n. 16180 Presidente Dogliotti – Relatore Fichera Fatti di causa La Corte d'appello di Ancona, con sentenza depositata il 6 novembre 2015, sul reclamo proposto dalla Onis s.r.l., in liquidazione, ne ha revocato il fallimento in precedenza dichiarato dal Tribunale di Macerata, su istanza di taluni creditori. Ha ritenuto la corte che le dichiarazioni di desistenza dal ricorso, provenienti da tutti i creditori istanti, intervenute in pendenza del giudizio di reclamo, giustificassero la revoca della sentenza di fallimento, essendo venuta meno la legittimazione all'azione degli originari ricorrenti. Il curatore del fallimento della Onis s.r.l., in liquidazione, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo la Onis s.r.l., in liquidazione, ha depositato controricorso, mentre i creditori istanti per la dichiarazione di fallimento non hanno spiegato difese. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. Ragioni della decisione 1. Con l'unico motivo, il curatore del fallimento della Onis s.r.l., in liquidazione, deduce violazione degli artt. 6, 18 e 118, n. 1 , L.fall. avendo il giudice di merito erroneamente ritenuto che la rinuncia da parte del creditore all'istanza di fallimento, intervenuta dopo la sentenza di fallimento del debitore, determini la revoca della detta pronuncia. 2. Il motivo è fondato. Com'è noto, la nuova disciplina del fallimento, escludendo la possibilità della dichiarazione di fallimento d'ufficio art. 6 L.fall., nella nuova formulazione introdotta dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 , attuando così il principio della terzietà del giudice, ha definitivamente avvalorato la tesi secondo cui il ricorso del creditore non costituisce attività meramente sollecitatoria della dichiarazione di fallimento, ma costituisce esercizio di un'autonoma azione volta alla tutela del diritto di credito dell'stante Cass. 11/08/2010, n. 18620 . Dunque, nel nuovo procedimento per la dichiarazione di fallimento, affinché il giudice possa pronunciarsi nel merito, è necessario che la domanda proposta dal soggetto a tanto legittimato sia mantenuta ferma, cioè non rinunciata, per tutta la durata del procedimento stesso, derivandone, quindi, che la desistenza del creditore istante, che sia intervenuta anteriormente alla pubblicazione della sentenza di fallimento, pur se depositata solo in sede di reclamo avverso quest'ultima, determina la carenza di legittimazione di quel creditore e la conseguente revoca della menzionata sentenza Cass. 19/09/2013, n. 21478 . Ne discende, secondo quanto puntualizzato anche recentemente da questa Corte, che la desistenza o rinuncia del creditore istante rilasciata in data successiva alla dichiarazione di fallimento, non è idonea a determinare l'accoglimento del reclamo e, conseguentemente, la revoca della sentenza di fallimento Cass. 05/05/2016, n. 8980 . E ciò sulla base del consolidato orientamento di questa Corte, già formatosi nel vigore della precedente disciplina concernente la dichiarazione di fallimento, a tenore del quale nel giudizio di opposizione della sentenza dichiarativa di fallimento hanno rilievo esclusivamente i fatti esistenti al momento della stessa e non quelli sopravvenuti, perché la pronuncia di revoca del fallimento, cui l'opposizione tende, presuppone l'acquisizione della prova che non sussistevano le condizioni per l'apertura della procedura, alla stregua della situazione di fatto esistente al momento in cui essa venne aperta Cass. 11/02/2011, n. 3479 . 2.1. La sentenza resa in sede di reclamo, allora, deve essere cassata in accoglimento del seguente principio di diritto Nel giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento hanno rilievo esclusivamente i fatti esistenti al momento della sua decisione e non quelli sopravvenuti, perché la pronuncia di revoca del fallimento, cui il reclamo tende, presuppone l'acquisizione della prova che non sussistevano i presupposti per l'apertura della procedura alla stregua della situazione di fatto esistente al momento in cui essa venne aperta ne discende che la rinuncia all'azione o desistenza del creditore istante, che sia intervenuta dopo la dichiarazione di fallimento, è irrilevante perché al momento della decisione del tribunale sussisteva ancora la sua legittimazione all'azione . 3. In definitiva, accolto integralmente il ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d'appello di Ancona, in diversa composizione, che si atterrà al principio di diritto enunciato, provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto rinvia alla Corte d'appello di Ancona, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.