Più istanze di fallimento verso il debitore: obbligo di notifica solo per la prima

A seguito delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 5/2006 e dal d.lgs. n. 169/2007, nel procedimento per dichiarazione di fallimento al debitore, cui sia stato regolarmente notificato il ricorso nel rispetto delle forme previste dalla legge, non devono essere necessariamente notificati i successivi ricorsi che si inseriscano nel medesimo procedimento, avendo egli l'onere di seguire l'ulteriore sviluppo della procedura e di assumere ogni opportuna iniziativa in ordine ad essa, a tutela dei propri diritti.

Pertanto, la circostanza che il fallimento venga dichiarato su istanza di un creditore diverso rispetto a quello che da cui proviene la notificazione del ricorso non lede il diritto di difesa, a meno che il debitore non deduca di non essere stato in grado di allegare tempestivamente circostanze idonee a paralizzare l'istanza ulteriore e diversa rispetto a quella che gli era stata tempestivamente notificata. Con l’ordinanza n. 15469/17, depositata il 22 giugno, il S.C. affronta diverse ed interessanti questioni di diritto fallimentare, sia sotto il profilo processuale – come risulta dalla massima in epigrafe – sia sotto il profilo sostanziale, con riferimento, in particolare, alla nozione di insolvenza. Il caso. La sentenza in commento prende le mosse da un reclamo avverso una sentenza dichiarativa di fallimento e dal successivo ricorso in Cassazione, nel quale vengono articolate una serie di censure soprattutto, ma non esclusivamente, di natura processuale. Il S.C. ritiene per contro corretta la procedura seguita e, in particolare, si sofferma sulla modalità di notifica delle comunicazioni all’interno del processo, affermando la piena validità – nel solco della più recente giurisprudenza – della sola notifica della prima istanza di fallimento in presenza di più creditori che successivamente hanno aderito alla prima istanza. Notifica oltre l’anno e fictio iuris. Molto dibattuto, peraltro – anche se non direttamente affrontato nel caso di specie - è il tema della notifica dell’istanza di fallimento successivamente alla cancellazione della società dal registro delle imprese. Sul punto, può essere utile rammentare come la previsione dell'art. 10 l. fall., per il quale una società cancellata dal registro delle imprese può essere dichiarata fallita entro l'anno dalla cancellazione, implica che il procedimento prefallimentare e le eventuali successive fasi impugnatorie continuano a svolgersi, per fictio iuris , nei confronti della società estinta, non perdendo quest'ultima, in ambito concorsuale, la propria capacità processuale. ne consegue che pure il ricorso per la dichiarazione di fallimento può essere validamente notificato presso la sede della società cancellata, ai sensi dell'art. 145, comma 1, c.p.c Sempre valida la notifica via PEC. In particolare, il S.C. precisa che l'art. 15, comma 3 l. fall. non prevede particolari modalità attestative circa l'impossibilità di eseguire la notifica a mezzo PEC, né richiede la specifica allegazione del messaggio ritrasmesso dal gestore della posta elettronica certificata attestante l'esito negativo dell'invio, ben potendo l'esito della notifica essere attestato dal cancelliere al quale sia stato affidato il compito di procedere alla notifica in via telematica. In tal modo si ribadisce che la notifica a mezzo PEC rappresenta è del tutto equivalente alla modalità classica” di cui all’art. 145 c.p.c Notifica a mezzo PEC e diritto di difesa. Deve infatti osservarsi che la notifica del ricorso di fallimento e del decreto di fissazione, avvenuta a mezzo PEC nei termini previsti ma conosciuta dalla fallenda solo dopo la data della comparizione nell’ipotesi di tardiva apertura della casella di posta certificata , non compromette il diritto di difesa della fallenda atteso che sia la notifica al domicilio sia quella telematica si fondano sullo stesso principio di fondo che è quello della conoscibilità dell'atto secondo un criterio di ordinaria diligenza del destinatario circa il costante controllo degli atti ricevuti presso il domicilio reale o telematico . Il sistema vigente, inoltre, non prevede la necessità di una certificazione di conformità all'originale degli atti da parte del cancelliere. Notifica via PEC e costituzionalità della disposizione. Peraltro, l’equivalenza della due forme poc’anzi richiamate è stato confermato con riferimento alla costituzionalità della norma, posto che – secondo il S.C. - è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 15, comma 3, l. fall. come sostituito dal d.l. n. 179/2012, conv., con modif., dalla l. n. 221/2012 , nella parte in cui prevede la notificazione del ricorso alla persona giuridica tramite posta elettronica certificata PEC e non nelle forme ordinarie di cui all'art. 145 c.p.c. Invero, come già affermato dalla sentenza della Corte costituzionale 16 giugno 2016, n. 146, la diversità delle fattispecie a confronto giustifica, in termini di ragionevolezza, la differente disciplina, essendo l'art. 145 c.p.c. esclusivamente finalizzato ad assicurare alla persona giuridica l'effettivo esercizio del diritto di difesa in relazione agli atti ad essa indirizzati, mentre la contestata disposizione si propone di coniugare la stessa finalità di tutela del medesimo diritto dell'imprenditore collettivo con le esigenze di celerità e speditezza proprie del procedimento concorsuale, caratterizzato da speciali e complessi interessi, anche di natura pubblica, idonei a rendere ragionevole ed adeguato un diverso meccanismo di garanzia di quel diritto, che tenga conto della violazione, da parte dell'imprenditore collettivo, degli obblighi, previsti per legge, di munirsi di un indirizzo di PEC e di tenerlo attivo durante la vita dell'impresa. Nozione di insolvenza come e perché. Un cenno, infine, è dedicato dalla sentenza ad un tema classico del diritto fallimentare, ossia quando una società può dirsi insolvente ai sensi dell’art. 5 l. fall La Cassazione precisa che, ai fini dell'accertamento dello stato di insolvenza, il giudice della fase prefallimentare, a fronte della ragionevole contestazione del credito vantato dal ricorrente, deve procedere all'accertamento, sia pur incidentale, dello stesso, salvo che la sua esistenza risulti già accertata con una pronuncia giudiziale a cognizione piena, potendo, in tal caso, onde adempiere al suo dovere di motivazione, limitarsi ad un mero rinvio ad essa, con l'obbligo, invece, ove rilevi significative anomalie, tali da giustificare il dubbio sulla correttezza della conclusione ivi raggiunta, di dare specificamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad allontanarsi dalla precedente decisione.

Corte d Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 20 aprile – 22 giugno 2017, numero 15469 Presidente Didone – Relatore Di Virgilio Fatto e diritto Rilevato che La Corte d’appello di Reggio Calabria, con sentenza del 20/714/8/2015, ha respinto il reclamo proposto da srl avverso la sentenza di fallimento di detta società, fallimento dichiarato su istanza di Enel Energia ed Enel Servizio Elettrico. La Corte ha ritenuto infondata la doglianza sulla mancata instaurazione del contraddittorio per la mancata notificazione ex articolo 15 l.f., rilevando che la reclamante non aveva documentato alcun malfunzionamento o discontinuità presso il gestore di riferimento, e che in ogni caso, in punto di fatto, l’articolo 136, comma 3, cod. proc. civ. consente il ricorso ad entrambe le forme di notificazione se non indifferentemente vista la consecutività di quella a mezzo ufficiale giudiziario rispetto a quella a mezzo pec, in toto fungibili tra loro ai fini dell’effettiva tutela del contraddittorio nella specie avvenuto col deposito nella casa comunale infondata la doglianza sullo stato di insolvenza, non essendo di per sé idonea alla reiezione della domanda di fallimento la mancanza di procedimenti esecutivi mobiliari o immobiliari, ed in fatto, nel caso, i due crediti erano portati da decreti ingiuntivi definitivi ed irrevocabili, i precetti erano stati azionati, gli importi erano di totali Euro 238.691,18, e la società aveva solo provato il pagamento il 3/7/2013 di Euro 15611, 72 in favore di Enel Servizio Elettrico la transazione del 1/7/2014 rectius , del 1/7/2013, come indicato concordemente dalle parti solo con detta società comportava il riconoscimento del debito nell’intero importo dell’ingiunzione, né dalla doc. in atti risultava che la avesse comunicato ad Enel Servizio Elettrico di volersi avvalere di alcuna sospensione cautelativa degli accordi di rateizzazione pregressi v’era in atti solo la prova della transazione del 1/7/2014 e non di quella a cui le missive del luglio 2013 e giugno 2014 avevano alluso, e non v’era nulla da cui inferire l’effettiva sussistenza della lamentata asserita coincidenza del contatore guasto difettato di cui alla vertenza indicata con quello da cui sarebbero state contabilizzate le forniture, né che detti malfunzionamenti risalissero al periodo tra il 2008 ed il 2009, inficiando i conteggi dei crediti. Secondo gli stessi bilanci della , osserva la Corte d’appello, i cespiti immobiliari ammontavano a circa 6 milioni di Euro, con liquidità di 200 Euro, a fronte della debitoria di oltre 7 milioni di Euro e degli ultimi introiti di soli Euro 107.847,00, la società aveva subito il 3/8/2012 sequestro penale preventivo, pendente alla data del 15/5/2014, sino a concorrenza di Euro 1.634.990,00, per contestazione che già includeva i reati di associazione per delinquere, truffa e violazioni di plurime norme fiscali. Ricorre avverso detta pronuncia la srl sulla base di due articolati motivi. Si difendono con controricorso il Fallimento, Enel Energia ed Enel Servizio Elettrico. Il P.G. ha depositato le conclusioni. La ricorrente ed Enel Servizio Elettrico hanno depositato le memorie ex articolo 380 bis.1. cod. proc. civ Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della presente ordinanza nella forma della motivazione semplificata. Considerato che In relazione al primo complesso motivo, deve essere in primis valutata la fondatezza delle censure rivolte nei confronti della pronuncia impugnata, in relazione alla valutazione della notificazione ex articolo 15 legge fall. del primo ricorso per fallimento, che la ricorrente indica come depositato da Enel Servizio Elettrico l’8 aprile 2014, a fronte del secondo ricorso di Enel Energia, depositato successivamente il 19 maggio 2014. Questo perché, ove venisse riscontrata l’infondatezza delle censure indicate, sarebbe del tutto superfluo esaminare i vizi dedotti nei confronti della notificazione della seconda istanza di fallimento ed infatti, come affermato tra le più recenti nelle pronunce del 6/11/2013, numero 24968 e del 7/11/2016, numero 98, anche a seguito delle modifiche apportate dal d.lgs. 9 gennaio 2006, numero 5 e dal d.lgs. 12 settembre 2007, numero 169, nel procedimento per dichiarazione di fallimento al debitore, cui sia stato regolarmente notificato il ricorso nel rispetto delle forme previste dalla legge, non devono essere necessariamente notificati i successivi ricorsi che si inseriscano nel medesimo procedimento, avendo egli l’onere di seguire l’ulteriore sviluppo della procedura e di assumere ogni opportuna iniziativa in ordine ad essa, a tutela dei propri diritti ne consegue che la circostanza che il fallimento venga dichiarato su istanza di un creditore diverso rispetto a quello da cui proviene la notificazione del ricorso non lede il diritto di difesa, a meno che il debitore non deduca di non essere stato in grado di allegare tempestivamente circostanze idonee a paralizzare l’istanza ulteriore e diversa rispetto a quella che gli era stata tempestivamente notificata. Nella specie, pertanto, ai fini del rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, garantiti nella fase prefallimentare dall’articolo 15 legge fall., va valutata la regolarità della notificazione relativa all’istanza del creditore Enel Servizio Elettrico, che la ricorrente ritiene viziata per le ragioni indicate alle pagine 9 e 10 del ricorso, e precisamente perché, dopo che non era andato a buon fine il tentativo di notificare a mezzo pec, l’ufficiale giudiziario ha provveduto a notificare istanza e decreto di convocazione senza specifica analitica richiesta della ricorrente .dichiarando di aver tentato la notifica presso la sede della società, senza, tuttavia, neppure indicare l’indirizzo esatto dove sarebbe stata ricercata la sede della srl e senza accertare che il luogo della tentata notificazione fosse corrispondente alla sede della società risultante dal registro delle Imprese,come previsto dall’articolo 15 L.F. . Ora, che la notificazione sia stata richiesta dalla società, in accordo col disposto di cui all’articolo 15 legge fall. nel testo applicabile ratione temporis , come risultante a seguito della disposizione di cui all’articolo 17 del d.l. 18/10/2012, numero 179, è certamente plausibile, ed al più la mancata indicazione da parte dell’Ufficiale giudiziario potrebbe configurare una irregolarità, ma non certo la nullità dell’operato di questi nel resto, la corrispondenza del luogo ove si è recato il notificante con la sede come risultante dal Registro delle Imprese risulta per tabulas, spettando, se mai alla parte far valere che quel luogo non corrispondeva alla propria sede, oppure che la sede non era chiusa. Nel resto, come già ritenuto da questa Corte nella pronuncia numero 26333 del 20/12/2016, la questione di costituzionalità fatta valere in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. dell’articolo 15, comma 3, l.fall. come sostituito dal d.l. numero 179 del 2012, conv., con modif., dalla l. numero 221 del 2012 , nella parte in cui prevede la notificazione del ricorso alla persona giuridica tramite posta elettronica certificata PEC e non nelle forme ordinarie di cui all’articolo 145 cod.proc.civ. è manifestamente infondata, atteso che, come già affermato da Corte costituzionale 16 giugno 2016, numero 146, la diversità delle fattispecie a confronto giustifica, in termini di ragionevolezza, la differente disciplina, essendo l’articolo 145 cod.proc.civ. esclusivamente finalizzato ad assicurare alla persona giuridica l’effettivo esercizio del diritto di difesa in relazione agli atti ad essa indirizzati, mentre la contestata disposizione si propone di coniugare la stessa finalità di tutela del medesimo diritto dell’imprenditore collettivo con le esigenze di celerità e speditezza proprie del procedimento concorsuale, caratterizzato da speciali e complessi interessi, anche di natura pubblica, idonei a rendere ragionevole ed adeguato un diverso meccanismo di garanzia di quel diritto, che tenga conto della violazione, da parte dell’imprenditore collettivo, degli obblighi, previsti per legge, di munirsi di un indirizzo di PEC e di tenerlo attivo durante la vita dell’impresa. Il secondo mezzo, col quale la ricorrente si duole, prospettando il vizio ex articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. sotto cinque diversi profili, del ritenuto stato di insolvenza, presenta profili di inammissibilità ed infondatezza. La tesi di fondo della ricorrente è che non potevano essere valorizzati come indici di insolvenza il mancato pagamento dei decreti ingiuntivi definitivi e della transazione del luglio 2013 si ricordi che Enel Servizio Elettrico aveva desistito dalla richiesta di fallimento a seguito della transazione del luglio 2013, e che aveva corrisposto la prima rata per poi non ottemperare al versamento delle rate successive concordate , perché la parte aveva richiesto un bonario componimento della vertenza, atteso che il provvedimento del Tribunale di Cosenza del 21/6/2013 nel giudizio promosso da Full Gest, affittuaria del complesso alberghiero della , aveva accertato il malfunzionamento del misuratore, che era il medesimo che aveva originato gli stratosferici consumi addebitati alla srl . Tale difesa è stata attentamente scrutinata dalla Corte territoriale, che, al di là dell’erroneo riferimento alla data della transazione luglio 2014 anziché 2013, ma il provvedimento del Tribunale di Cosenza è del 21 giugno 2013, quindi in ogni caso anteriore alla transazione del luglio 2013, in cui la si è riconosciuta debitrice , ha rilevato che nelle missive la non aveva mai comunicato di volersi avvalere della sospensione cautelativa degli accordi di rateizzazione, che non vi era la prova che il misuratore mal funzionante fosse lo stesso e soprattutto, che il malfunzionamento risalisse al periodo 2008/2009, al quale si riferivano i conteggi dei crediti rimasti impagati. In tal modo, la Corte del merito non è assolutamente andata in ultrapetizione, ma ha correttamente valutato le contestazioni della parte nell’ottica della valutazione degli indici dello stato di insolvenza, di sua specifica spettanza. E, come affermato nella recente pronuncia del 14/3/2016, numero 5001, ai fini dell’accertamento dello stato di insolvenza, il giudice della fase prefallimentare, a fronte della ragionevole contestazione del credito vantato dal ricorrente, deve procedere all’accertamento, sia pur incidentale, dello stesso, salvo che la sua esistenza risulti già accertata con una pronuncia giudiziale a cognizione piena, potendo, in tal caso, onde adempiere al suo dovere di motivazione, limitarsi ad un mero rinvio ad essa, con l’obbligo, invece, ove rilevi significative anomalie, tali da giustificare il dubbio sulla correttezza della conclusione ivi raggiunta, di dare specificamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad allontanarsi dalla precedente decisione. Quanto infine alla valutazione dei bilanci, la censura della ricorrente è sostanzialmente inammissibile, tendendo a prospettare una diversa valutazione rispetto a quella condotta dalla Corte territoriale, sulla base anche degli ulteriori indici, oltre che sul bilancio, atteso che, come tra le ultime ribadito nella pronuncia numero 7252 del 27/03/2014, lo stato di insolvenza richiesto ai fini della pronunzia dichiarativa del fallimento dell’imprenditore non è escluso dalla circostanza che l’attivo superi il passivo e che non esistano conclamati inadempimenti esteriormente apprezzabili in particolare, il significato oggettivo dell’insolvenza, che è quello rilevante agli effetti dell’articolo 5 legge fall., deriva da una valutazione circa le condizioni economiche necessarie secondo un criterio di normalità all’esercizio di attività economiche, si identifica con uno stato di impotenza funzionale non transitoria a soddisfare le obbligazioni inerenti all’impresa e si esprime, secondo una tipicità desumibile dai dati dell’esperienza economica, nell’incapacità di produrre beni con margine di redditività da destinare alla copertura delle esigenze di impresa prima fra tutte l’estinzione dei debiti , nonché nell’impossibilità di ricorrere al credito a condizioni normali, senza rovinose decurtazioni del patrimonio ed il convincimento espresso dal giudice di merito circa la sussistenza dello stato di insolvenza costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione, ove sorretto da motivazione esauriente e giuridicamente corretta. Conclusivamente, va respinto il ricorso le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente alle spese, liquidate a favore di ciascun controricorrente in Euro 6200, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie ed accessori di legge. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 30/5/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.