Notifica della dichiarazione di fallimento via PEC e termini per impugnare

Il ricorso avverso la sentenza d’appello che rigetta l’opposizione alla dichiarazione di fallimento deve essere dichiarato inammissibile se effettuato dopo il decorso del termine di 30 giorni di cui all’art. 18 l. fall. decorrenti dalla notificazione del provvedimento effettuata via PEC dalla cancelleria.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 14972/17 depositata il 16 giugno. Il caso. Il Tribunale di Forlì respingeva l’opposizione alla dichiarazione di fallimento proposta dalla s.r.l. fallita e dal legale rappresentante invocando l’insussistenza dello stato di insolvenza, nonché l’illegittimità dell’apertura della procedura. La decisione veniva confermata in appello dalla Corte territoriale. La s.r.l. ed il legale rappresentante ricorrono dunque in Cassazione invocando la violazione degli artt. 6, 7 e 8 l. fall., nonché l’omessa motivazione sulla ritenuta esistenza di un pactum de non petendo con il principale creditore. Tardività del ricorso. Risulta però dirimente l’analisi dell’eccezione di inammissibilità del ricorso presentata dal P.G. che sosteneva la tardività dello stesso perché notificato oltre il termine di 30 giorni di cui all’art. 18, comma 3, l. fall Sul tema il Collegio richiama il principio affermato con un precedente arresto giurisprudenziale sentenza n. 17273/14 secondo cui il ricorso per cassazione avverso la pronuncia della corte d’appello conseguente ad una sentenza dichiarativa di fallimento depositata in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 169/2007 va dichiarato inammissibile laddove proposto oltre il termine di 30 giorni dalla notificazione della sentenza impugnata di cui al novellato art. 18, comma 14, l. fall. . Tale affermazione si fonda sul principio del cd. tempus regit actum secondo il quale l’eventuale normativa sopravvenuta trova applicazione anche ai procedimenti pendenti e sul rapporto di specialità che caratterizza la disciplina concorsuale rispetto alle previsioni generali in tema di notifiche di cui all’art. 133, comma 2, c.p.c. novellato dal d.l. n. 90/2014, conv. in l. n. 114/2014 secondo il quale la comunicazione del testo integrale della sentenza da parte del cancelliere non è idonea a far decorre i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c Notifica della dichiarazione di fallimento. Tornando al caso di specie, la S.C. evidenzia come la Cancelleria della Corte d’appello abbia provveduto a comunicare tramite PEC la sentenza ora impugnata ed allegata al messaggio di posta alla società in persona del legale rappresentante . Assume dunque rilevanza la questione relativa agli effetti di tale notifica telematica in quanto effettuata con un’unica mail all’attore principale, la società appunto, e non al legale rappresentante personalmente. Sul tema la giurisprudenza ha già affermato che, in virtù del ragionevole bilanciamento delle esigenze di tutela del diritto di difesa e di celerità del procedimento concorsuale, la notifica della dichiarazione di fallimento alla società assicura la piena conoscenza della decisione anche in capo al socio dichiarato personalmente fallito e al legale rappresentante della società Cass. n. 23430/16 . Ed è da quel momento dunque che decorre il termine breve per proporre impugnazione ai sensi dell’art. 18 l. fall In conclusione la Corte dichiara la tardività del ricorso perché proposto oltre il termine di 30 giorni dalla notifica del testo integrale della sentenza che rigetta il reclamo avverso la dichiarazione di fallimento effettuata ai sensi dell’art. 18 l. fall. dal cancelliere tramite PEC, non ostandovi il disposto dell’art. 133, comma 2, c.p.c. come modificato dal d.l. n. 90/2014, , conv. in l. n. 114/2014.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 7 marzo – 16 giugno 2017, n. 14972 Presidente Nappi – Relatore Genovese Fatti di causa 1. Con sentenza in data 19 novembre 2008, il Tribunale di Forlì ha respinto l’opposizione alla dichiarazione di fallimento della srl, proposta dalla società e dal sig. B.L. , legale rappresentante della medesima, sulla base di un vizio relativo all’iniziativa processuale nell’apertura della procedura, oltre che per l’insussistenza dello stato d’insolvenza e la presenza di un pactum de non petendo con il principale creditore della società fallita 2. Investita del gravame della società e del legale rappresentante in proprio, la Corte d’appello di Bologna l’ha respinto e ha regolato le spese. 2.1. La Corte territoriale, anzitutto, ha respinto la censura relativa al vizio del procedimento per la illegittimità della dichiarazione di fallimento, pronunciata sulla base di una segnalazione del PM, non espressa nelle forme del ricorso, e ritenuta, dagli appellanti, inidonea, ai sensi dell’art. 6 LF. Infatti, la richiesta in esame atto del 13 gennaio 2015 poteva essere considerata come una segnalazione sulla cui base il Tribunale avrebbe potuto, come aveva fatto, ricorrendone i presupposti, dichiarare il fallimento d’ufficio. 2.2. In secondo luogo, sussisteva lo stato d’insolvenza della società risultando un passivo di oltre 11 milioni di Euro a fronte di un attivo costituito da crediti giudizialmente contestati e con difficoltà di realizzo come ammesso dallo stesso legale rappresentante . 2.2.1. Né il valore delle azioni Sitech possedute, costituente un dato puramente teorico, poteva modificare tale quadro, trattandosi di partecipazioni in una società posta in liquidazione fin dal 2003, con incerte prospettive di realizzo, ad ogni modo consegnate alla creditrice Banca Antonveneta, a garanzia della propria esposizione e senza che vi fossero elementi in ordine al loro effettivo valore di mercato. 2.2.2. Neppure sarebbe stata fondata la censura circa l’esistenza di un pactum de non petendo con il principale creditore la già menzionata Banca in ragione della totale mancanza di prove in ordine alla conclusione di un accordo avente ad oggetto il corrispettivo - pactum in favore della società per i servigi resile dal suo amministratore , essendo elementi inidonei e di scarso valore indiziario quello relativo all’andamento dei rapporti bancari della società e all’inerzia del recupero del credito da parte dell’Istituto peraltro smentita da una ingiunzione di pagamento di rilevante importo , nonché le dichiarazioni del direttore della BNA/Antonveneta riguardanti la scelta del vertice aziendale di concedere gli affidamenti alla società in bonis , risultando in contrario l’avvenuta dazione di garanzie, quali la consegna delle azioni Sitech, il rilascio di fideiussioni da membri della famiglia dell’amministratore, la cessione di un credito verso tale marino. 2.2.3. Peraltro la società non sarebbe stata in grado neppure di soddisfare il diverso credito accertato in Euro 45.054,94, ove anche si escludesse la debenza di quello di dimensioni ben maggiori dovuto all’istituto creditizio. 3. Contro tale decisione la società srl ed il sig. B.L. , hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati con memoria ex art. 378 cod. proc. civ 4. La curatela fallimentare ha resistito con controricorso e con memoria ex art. 380-bis, 2 co., cod. proc. civile. 5. Il PG, nella persona del dr. Luigi Salvato, ha depositato memoria con la quale ha chiesto, ai sensi dell’art. 380-bis.1, che la Corte dichiari inammissibile il ricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo mezzo Violazione e falsa applicazione degli artt. 6, 7 e 8 LF nel testo anteriore alle modifiche ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. , i ricorrenti si dolgono della affermazione contenuta nella sentenza impugnata e secondo cui, nella legge anteriore alla riforma, il giudice di merito avrebbe potuto dichiarare officiosamente il fallimento della società, sulla base di una semplice notizia pervenuta dal PM. 1.1. Una tale interpretazione, abbondantemente criticata anche nel vigore del testo originario della legge fallimentare ed oggetto di censure di legittimità costituzionale, è stata definitivamente archiviata con la modifica delle disposizioni in esame. 1.2. In sostanza, l’eccezionalità dei poteri ufficiosi del giudice, limitati alla sola ipotesi prevista dall’art. 8 LF ora abrogato e contenente la regolazione dell’insolvenza risultante da un giudizio civile ed al suo raccordo con l’art. 6, avrebbe imposto una interpretazione restrittiva di tali poteri e costituzionalmente adeguata agli artt. 24 e 111 della Costituzione. 1.3. Perciò, l’interpretazione della Corte territoriale sui poteri ufficiosi del giudice sarebbe del tutto erronea, nella parte in cui ritiene che la mera segnalazione da parte del PM di una notitia decoctionis sia sufficiente a giustificare la dichiarazione di fallimento anche in assenza della pendenza di un giudizio civile. 1.4. Nella previgente disciplina, insomma, sarebbe mancata - al di fuori dell’ipotesi di cui all’art. 8 LF -la possibilità da parte del PM di richiedere una dichiarazione di fallimento, al di fuori della specifica ipotesi di cui all’art. 7 LF. 2. Con il secondo Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sulla ritenuta inesistenza di un pactum de non petendo con il principale creditore della società dichiarata fallita i ricorrenti espongono tutti gli elementi trascurati o mal compresi dal giudice del gravame che, a loro dire, proverebbero l’esistenza del misconosciuto patto. 2.1. In particolare, il giudice non avrebbe valutato le varie anomalie nella gestione del rapporto bancario intrattenuto con la società in bonis . 3. Il P.G., con le sue conclusioni scritte depositate ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., in data 13 febbraio 2017, ha chiesto che la Corte dichiari l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto contro la sentenza della Corte territoriale in quanto tardivo, perché notificato il 4 agosto 2014 oltre il termine di trenta giorni stabilito dal novellato art. 18, co. 14, LF essendo stata notificata il 3 giugno 2014 la sentenza della corte d’appello. 3.1. Il difensore della srl e di B. ha depositato, ad h. 10, 15 del 7 marzo 2017 ossia dopo l’inizio dell’adunanza camerale , una nota difensiva , palesemente tardiva poiché, ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., Le parti possono depositare le loro memorie non oltre dieci giorni prima dell’adunanza in camera di consiglio. In camera di consiglio la Corte giudica senza l’intervento del pubblico ministero e delle parti . 4. Va esaminata, in quanto pregiudiziale di rito, l’eccezione di inammissibilità sollevata con le sue conclusioni dal PG. 4.1. A tal riguardo, infatti, essendo stata pronunciata nel 2008 la sentenza dichiarativa di fallimento da parte del Tribunale, ma nel 2014 - da parte della Corte territoriale - quella sul reclamo, al procedimento in esame si applica il principio di diritto che questa Corte Sez. 1, Sentenza n. 17273 del 2014 , con una pronuncia in termini, ha così formulato Il ricorso per cassazione avverso la pronuncia della corte d’appello conseguente ad una sentenza dichiarativa di fallimento depositata in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 169 del 2007 va dichiarato inammissibile laddove proposto oltre il termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza impugnata di cui al novellato art. 18, comma 14, L. fall Invero, l’art. 22 del menzionato decreto legislativo dà piena attuazione al principio processuale del tempus regit actum , secondo il quale la normativa sopravvenuta trova applicazione anche ai processi in corso. Nella specie, la sentenza di appello era stata depositata successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 169 del 2007, ma resa, a seguito di rinvio ad opera della S.C., secondo la disciplina previgente . 4.2. Con riferimento alla fattispecie notificatoria è dato rilevare che a la Cancelleria della Corte territoriale ha eseguito a mezzo PEC una comunicazione di cancelleria , il 13 febbraio 2014, relativa alla sentenza in questa sede impugnata, oggetto di trasmissione in allegato, diretta all’attore principale s.r.l. in persona del legale rapp.te B.L. b la Curatela fallimentare, in data 3 giugno 2014, ha chiesto all’Ufficiale giudiziario, ed ottenuto, la notificazione della sentenza reiettiva del reclamo, sia nei riguardi della società e sia nei confronti del suo legale rappresentante, sig. B. , presso il comune difensore domiciliatario, come da doc. n. 3 del fascicolo della curatela e come da copia della sentenza impugnata allegata dagli stessi odierni ricorrenti a cui ha fatto riferimento il PG nelle sue conclusioni . 4.3. Con riguardo alla prima fattispecie sul piano formale comunicatoria ma, nella sostanza, notificatoria avendo la cancelleria trasmesso l’intero provvedimento, sebbene qualificando l’atto come una semplice comunicazione , si pone il problema dell’efficacia della sua trasmissione alla sola società ossia, all’attore principale s.r.l. in persona del legale rapp.te B.L. e non anche al B. in proprio, pur difeso dallo stesso difensore. 4.3.1. La sostanziale notificazione dell’atto, ovviamente, ove ritenuta regolare comporterebbe, di per sé stessa, la tardività dell’impugnazione odierna notificata assai oltre il termine di trenta giorni da essa. 4.3.2. L’art. 16, 3 comma, lett. c , del d.l. n. 179 del 2012, convertito con modificazioni nella L. n. 221 del 2012, ha modificato il 2 comma dell’art. 45 disp. att. cod. proc. civ., disponendo, per la parte che qui interessa, che il biglietto di cancelleria debba contenere il testo integrale del provvedimento comunicato , ed al 4 comma, che Nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici . 4.3.3. Del resto, questa stessa Corte, nella già menzionata sentenza n. 10525 del 2016, ha già avuto modo di spiegare che il nuovo testo dell’art. 133, 2 comma, cod. proc. civ., non si applica ove norme speciali stabiliscano diversamente dalle norme di carattere generale, artt. 325 e 326 cod. proc. civ., come per la sentenza di fallimento, ex art. 18, 14 e 15 comma LF e, nella ricostruzione sistematica, tale conclusione si ancora altresì al disposto dell’art. 16, 4 comma, del DL n. 179 del 2012, convertito nella L. n. 221 del 2012, che ha previsto che nei procedimenti civili le comunicazioni e notificazioni da parte della cancelleria avvengano, per via telematica, all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante dai pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni. 4.3.4. Quanto alla questione se sia sufficiente che la notifica telematica, come si è visto, diretta, in unica e-mail di PEC, all’attore principale s.r.l. in persona del legale rapp.te B.L. , possa spiegare effetti anche nei riguardi dello stesso rappresentante legale, sig. B.L. , difeso - al pari della società - dallo stesso difensore, la soluzione positiva è stata di recente affermata da questa stessa Corte Sez. 1 , addirittura con riguardo al socio illimitatamente responsabile, con la sentenza n. 23430 del 2016, dove si affermato il principio di diritto secondo cui Nel caso di dichiarazione di fallimento di una società di persone e del socio illimitatamente responsabile, il termine breve per la proposizione del reclamo da parte del socio decorre, ai sensi del combinato disposto degli artt. 17 e 18 L. fall., solo dalla data in cui la sentenza, nella sua stesura integrale, gli è stata notificata. Tuttavia, anche in virtù di un ragionevole bilanciamento delle esigenze di tutela del diritto di difesa e di concentrazione e celerità dello svolgimento delle procedure concorsuali, deve ritenersi che, nel caso in cui il socio dichiarato fallito sia il legale rappresentante della società, la notificazione della sentenza ricevuta in quest’ultima veste gli assicuri la piena conoscenza della decisione anche con riguardo alla dichiarazione di fallimento personale, con la conseguenza che da detta notifica decorre il termine breve per proporre reclamo anche nella qualità di socio . 4.3.5. Di conseguenza, in applicazione del principio di diritto già posto da questa Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10525 del 2016 e secondo cui la notifica del testo integrale della sentenza reiettiva del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, effettuata ai sensi dell’art. 18, comma 13, L. fall., dal cancelliere mediante posta elettronica certificata PEC , ex art. 16, comma 4, del d.l. n. 179 del 2012, conv., con modif, dalla L. n. 221 del 2012, è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione in cassazione ex art. 18, comma 14, L. fall., non ostandovi il nuovo testo dell’art. 133, comma 2, c.p.c., come novellato dal d.l. n. 90 del 2014, conv., con modif., dalla L. n. 114 del 2014, secondo il quale la comunicazione del testo integrale della sentenza da parte del cancelliere non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c. , deve affermarsi la tardività dell’odierno ricorso per cassazione, in quanto proposto oltre il termine di trenta giorni, avuto riguardo al giorno in cui la sentenza da impugnare sia stata notificata dalla cancelleria, in via telematica, mediante spedizione della stessa a mezzo PEC, ai sensi del DL n. 179 del 2012 conv. nella L. n. 221 . 4.4. La sufficienza delle suesposte considerazioni, in ordine all’affermata tardività e perciò all’inammissibilità del ricorso, fanno ritenere superfluo anche l’esame della seconda fattispecie e questione pregiudiziale di rito, vale a dire se la notificazione della sentenza, compiuta con modalità ordinaria ossia a mezzo dell’ufficiale giudiziario , dalla parte contro interessata nella specie la curatela fallimentare sia idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione, così come previsto dall’art. 18, 14 e 15 comma LF. 5. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso seguono sia la condanna, delle parti ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo e l’enunciazione della sussistenza del presupposti per il raddoppio del contributo unificato. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali che liquida, in favore di ciascuna delle parti controricorrenti, in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali forfettarie ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. I, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.