La mancata contestazione del credito da parte del curatore non ne comporta l’automatica ammissione al passivo

In virtù del principio di non contestazione, l’ammissione del credito allo stato passivo non è automatica per il solo fatto che questo non sia stato contestato dal curatore. Il giudice delegato o il tribunale fallimentare conservano infatti il potere di sollevare ogni sorta di eccezioni in tema di verificazione dei fatti e della prove.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione con ordinanza n. 10662/17 depositata il 2 maggio. Il caso. Contro la soluzione offerta dalla Corte d’appello di Roma con l’accoglimento parziale dell’opposizione proposta dalla MCC s.p.a. allo stato passivo del Fallimento Effea s.r.l., che ammetteva il credito fatto valere in sede di insinuazione limitatamente alla sorte capitale, quest’ultima società, Fallimento Effea s.r.l., ricorre per cassazione. Principio di non contestazione. Gli Ermellini hanno qui l’occasione di ribadire quanto la giurisprudenza ha già potuto affermare in tema di verificazione del passivo. In particolare, in virtù del principio di non contestazione, che pure ha rilievo quale tecnica di semplificazione della prova dei fatti dedotti , il Collegio afferma che l’ammissione del credito allo stato passivo non è automatica per il solo fatto che questo non sia stato contestato dal curatore. In tal senso, il giudice delegato o il tribunale fallimentare hanno il potere di sollevare, in via officiosa, ogni sorta di eccezioni in tema di verificazione dei fatti e della prove. Nella fattispecie, avendo la Corte territoriale erroneamente ritenuto che il credito azionato per capitale non fosse stato contestato, la Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 24 febbraio – 2 maggio 2017, n. 10662 Presidente Di Virgilio – Relatore Di Marzio Fatto e diritto 1.- Con sentenza numero 4409 del 3 luglio 2014 la Corte d’appello di Roma ha parzialmente accolto l’opposizione proposta da MCC S.p.A. allo stato passivo del Fallimento S.r.l., ammettendo il credito fatto valere in sede di insinuazione limitatamente alla sorte capitale. Avverso tale pronuncia il Fallimento S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo, resistito da Arena NPL One S.r.l., e per essa Unicredit Credit Management Bank S.p.A MCC S.p.A. non ha svolto difese. 2.- Il motivo di ricorso lamenta violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. con riferimento all’articolo 360 numero 3 c.p.c., deducendo che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che la curatela non avesse contestato il credito vantato dalla banca, tanto per la sorte capitale che per gli interessi ultralegali. 3. Il motivo è fondato. Il Fallimento ricorrente ha dedotto un vizio di attività, quale la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, evidentemente riconducibile non già al numero 3 del primo comma dell’articolo 360 c.p.c. che ha tratto alla violazione della legge sostanziale , bensì al successivo numero 4 tuttavia tale errore è da considerare irrilevante alla luce del principio enunciato da Cass. S.L., n. 17931/2013. Ciò detto, la Corte territoriale ha fondato la propria decisione sull’assunto che, all’udienza del 26 gennaio 2005, il curatore del Fallimento avrebbe dichiarato di non opporsi all’ammissione al passivo della sorte capitale vantata e di contestare soltanto il credito per interessi, in ragione dell’applicazione di un tasso superiore al cosiddetto tasso-soglia . Si deve tuttavia osservare anzitutto osservare che, in tema di verificazione del passivo, il principio di non contestazione, che pure ha rilievo quale tecnica di semplificazione della prova dei fatti dedotti, non comporta l’automatica ammissione del credito allo stato passivo sol perché non sia stato contestato dal curatore, competendo al giudice delegato e al tribunale fallimentare il potere di sollevare, in via ufficiosa, ogni sorta di eccezioni in tema di verificazione dei fatti e delle prove Cass. 6 agosto 2015, n. 16554, ove si precisa che il principio di non contestazione, che costituisce solo una tecnica di semplificazione di formazione della prova dei fatti allegati dalle parti, non può prevalere rispetto ai risultati dell’istruzione probatoria, positivamente esperiti od acquisiti, specie quando questi abbiano valenza contraria alle risultanze virtuali ipotizzabili in base al primo . Va da sé che il Tribunale ben poteva giudicare non provata la erogazione degli importi mutuati, sul rilievo che la banca non aveva dimostrato di avere veramente erogato in fervore della società fallita le somme di cui ai contratti di mutuo. Dall’esame dei contratti di mutuo, infatti, si evince che gli importi finanziati potevano essere erogati solo in epoca successiva alla stipula del contratto di mutuo e, per di più, con atto separato e dietro rilascio di quietanza da parte del beneficiario del finanziamento . Dopodiché occorre aggiungere che, a fronte di una iniziale istanza di ammissione al passivo per 995.714,23, il Fallimento, con comparsa depositata il 15 aprile 2005, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dell’istanza ed in subordine rigettarsi la medesima, evidenziando le contraddizioni nell’indicazione degli importi, delle date e del residuo capitale, nonché la genericità dell’estratto conto riepilogativo, che non consentiva di verificare l’ iter seguito per pervenire alla quantificazione delle singole partite, palesandosi al contrario di carattere oltremodo generico ed indefinito ed essendo comunque errato nella quantificazione operata. Il Fallimento ha infine concluso dinanzi al Tribunale per il rigetto della domanda, chiedendo poi in appello il rigetto dell’impugnazione e la conferma della decisione impugnata. Va da sé che la Corte d’appello ha errato nel ritenere che il credito azionato per capitale non fosse stato contestato. Si impone pertanto la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello in diversa composizione, che riesaminerà la controversia, esclusa la non contestazione posta a fondamento della decisione adottata. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.