Il Gabibbo non è contraffazione

Il personaggio comico italiano Gabibbo” non costituisce una contraffazione della mascotte americana Big Red” – che a sua volta non assurge a livelli di creatività tali che ne consentano la protezione come diritto d’autore – stante le notevoli differenze estetiche tra i due pupazzi.

Gabibbo accusato di plagio. E’ quanto confermato dalla Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, con sentenza n. 503/2017 depositata l’11 gennaio, respingendo il ricorso di talune società ed università americane che, nel 2002, avevano convenuto in giudizio delle aziende televisive italiane tra cui RTI s.p.a., Mediaset s.p.a. e Fininvest s.p.a. nonché altre esercenti attività di cartoleria, per sentir dichiarare che qualsiasi tipo di sfruttamento del pupazzo denominato Gabibbo, costituiva plagio e/o contraffazione della mascotte sportiva americana Big Red. Le ricorrenti chiedevano altresì che fosse inibita a ciascun convenuto la prosecuzione dei lamentati illeciti ed ordinata la distruzione di qualsiasi prodotto o materiale pubblicitario contenente l’immagine del Gabibbo, con conseguente condanna al risarcimento dei danni subiti. Big Red non suscettibile di protezione. La Cassazione, nel respingere le censure mosse dagli americani, ha in proposito confermato quanto dedotto in appello, ossia, innanzitutto, che il personaggio americano Big Red non assurge al livello di opera creativa, in quanto non dissimile da altri pupazzi comunemente conosciuti, tutti caratterizzati dall’essere goffi umanoidi costituiti da una massa amorfa di colore rosso, con grande testa, grandi occhi e bocca larga. Big Red appare dunque – riprendendo la motivazione di merito – un’espressione scontata e banale per la semplicità delle linee e delle soluzioni grafiche realizzate mentre le diversità riscontrabili tra detto pupazzo e le precedenti similari realizzazioni, non sono tali da raggiungere la soglia della creatività minima per la tutela. Gabibbo differente da Big Red, niente plagio. Ma anche nell’ipotesi – ribadisce la Cassazione – che Big Red fosse suscettibile di protezione ai sensi del diritto d’autore, il Gabibbo, in ogni caso, non potrebbe considerarsi una contraffazione, stante gli elementi di diversificazione in esso presenti. Il pupazzo Gabibbo è invero anch’esso costituito da un umanoide di colore rosso dalla testa grande, gli occhi grandi con pupille nere e la bocca larga. Tuttavia si distingue da Big Red per diversi elementi, tra cui le folte sopracciglia il naso che invece il Big Red non ha , la bocca rettilinea quella del Big Red ha un andamento trasversale le gambe più lunghe il corpo più definito quello del Big Red è più a forma di sacco . Se è vero dunque, come sostenuto dai ricorrenti, che la valutazione in ordine alla confondibilità vada effettuata sulla base dell’impressione di insieme, è altrettanto vero tuttavia – conclude la Prima Sezione Civile – che le sopra elencate differenze formali, valutate nel loro insieme, sono sufficientemente rilevanti da escludere il plagio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 3 novembre 2016 – 11 gennaio 2017, n. 503 Presidente/Relatore Ragonesi Svolgimento del processo Con citazione notificata nel dicembre 2002 la ADFRA s.r.l., nella qualità di licenziataria della socomma CEI Crossland Enterprises Inc., a sua volta mandataria per lo sfruttamento dei diritti sugli emblemi e segni distintivi di cinquantaquattro università statunitensi, tra i quali una mascotte sportiva denominata , asseritamente ideata nel da C.R. , all’epoca studente della Western Kentucky University, mascotte descritta come grande pupazzo della Western Kentucky University dalle sembianze di umanoide, rivestito di una sorta di pelliccetta di color rosso uniforme, con una grande testa su cui fanno bella mostra due grandi occhi con pupilla nera sormontati da sopracciglia nere piuttosto marcate ed una larghissima bocca , conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Ravenna - sezione distaccata di Lugo - la RTI Reti Televisive Italiane s.p.a. quale esercente l’emittente televisiva , che da vari anni trasmetteva il telegiornale satirico omissis ” , nonché Mediaset s.p.a., Fininvest s.p.a., Copy s.p.a., Giochi Preziosi s.p.a. e C.A. , titolare di omonima ditta individuale esercente attività di cartoleria, per sentire dichiarare che qualsiasi tipo di sfruttamento del pupazzo denominato costituiva plagio e/o contraffazione del pupazzo denominato conseguentemente, per sentire inibire a ciascun convenuto la prosecuzione dei lamentati illeciti, nonché per sentire ordinare la distruzione di tutti i prodotti e del materiale promo-pubblicitario contenente l’immagine del pupazzo oggetto di causa. La società attrice chiedeva altresì la condanna delle convenute al risarcimento, in via solidale, degli eventuali danni subiti a causa della prosecuzione del lamentato illecito, nonché al pagamento di Euro 100.000,00, a fronte di ogni futura violazione successiva all’emananda sentenza ed alla pubblicazione del dispositivo su quattro quotidiani per tre giorni, a cadenza mensile, per almeno sei mesi. Tutti i convenuti si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto delle domande attoree. La causa veniva iscritta al n. 276/02 r.g. La Copy,in via riconvenzionale domandava che fosse inibito all’attrice l’uso sotto qualsiasi forma dell’immagine modificata del , in quanto plagio e imitazione servile del . In data 18/3/2003 interveniva in giudizio la Western Kentucky University WKU assumendo di essere titolare del diritto d’autore sulla mascotte , creata per suo conto dall’ex-studente C.R. . L’interveniente aderiva alle conclusioni rassegnate dalla socomma ADFRA. Con il medesimo atto interveniva adesivamente anche la socomma Crossland Enterprises Incomma CEI , dante causa di ADFRA, quale asserita titolare di una licenza esclusiva per lo sfruttamento commerciale del . Nelle more, in data 19/3/2003, le due società intervenienti proponevano autonomo giudizio nei confronti di tutti i soggetti già convenuti da Adfra s.r.l. causa n. 80/2003 r.g. . Grazie al contratto fra CEI ed Adfra le attrici esponevano di essere venute a conoscenza che in Italia da molti anni era presente un pupazzo rappresentante una perfetta copia del . Le attrici concludevano chiedendo che fosse accertato che il pupazzo costituiva violazione dei diritti di autore, sia morali che patrimoniali, sul personaggio che fosse inibito alle convenute tutte la prosecuzione dell’utilizzo del sotto qualsiasi forma che fosse ordinata la distruzione di tutti i prodotti e le confezioni raffiguranti l’immagine del , nonché di tutto il materiale promozionale. Chiedevano inoltre la condanna di tutte le convenute, in solido, al risarcimento dei danni, nella misura della reversione dei profitti conseguiti per effetto dell’utilizzo del pupazzo nonché la fissazione di una penale indicata nell’importo di Euro 50.000,00 per ogni violazione successiva all’emananda sentenza e la pubblicazione del dispositivo della sentenza a spese delle convenute su alcuni quotidiani a diffusione nazionale. Tutti i convenuti svolgevano difese analoghe a quelle già svolte nel giudizio promosso da Adfra. Le due cause - quella promossa da Adfra s.r.l. e quella promossa da WKU e CEI - venivano riunite ed alle stesse veniva altresì riunita la causa iscritta al n. 52/03 r.g. promossa da Copy s.r.l.,con atto di citazione notificato in data 6/3/2003, per far valere in autonomo giudizio la domanda in precedenza proposta in via riconvenzionale nei confronti di Adfra con la prima comparsa. In corso di istruttoria, all’udienza del 3/3/2004, interveniva in giudizio C.R. , quale ideatore e creatore del , per sostenere le ragioni di WKU, CEI ed Adfra, quali legittimi proprietari dei diritti sulla mascotte. Anche Giuochi Prezioni e C.A. si costituivano in giudizio. Nella controversia n. 80/03 r.g. interveniva altresì volontariamente Adfra s.r.l. riproponendo le stesse conclusioni di cui al processo instaurato con proprio atto di citazione. 11 Tribunale, con sentenza n. 129/07, depositata in data 11 dicembre 2007 1 dichiarava ammissibile l’intervento di C.R. e di cui all’atto 3 marzo 2004 2 respingeva le eccezioni di difetto di legittimazione al giudizio di Adfra s.r.l., Western Kentucky University, Crossland Enterprises Incomma e Fininvest s.p.a. 3 dichiarava il difetto di legittimazione passiva di Mediaset s.p.a. 4 respingeva la domanda proposta da Adfra S.r.l. contro RTI s.p.a., Mediaset s.p.a., Fininvest s.p.a., Copy s.p.a., Giochi Preziosi s.p.a. e C.A. di cui all’atto introduttivo il giudizio n. 276/02 RGC e, di conseguenza, gli interventi ivi proposti da Western Kentucky Uhiversity, Crossland Enterprises Inc e C.R. 5 respingeva la domanda proposta da Western Kentucky University e da Crossland Enterprises Incomma contro RTI s.p.a., Copy s.p.a., Giochi Preziosi s.p.a. e C.A. , nella qualità, di cui all’atto di citazione introduttivo il giudizio n. 80/03 RGC e, di conseguenza, l’intervento ivi proposto da parte di Adfra s.r.l. 6 respingeva la domanda proposta da Copy s.p.a. contro Adfra s.r.l. di cui all’atto di citazione introduttivo il giudizio n. 50/03 RG, nonché la domanda riconvenzionale proposta da RTI s.p.a. nel giudizio n. 276/02 RGC 7 respingeva le domande di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.comma proposte da Adfra s.r.l., Copy s.p.a. e Giochi Preziosi s.p.a. 8 provvedeva sulla spese di giudizio. Avverso tale sentenza proponevano distinti appelli WKU e CEI, da una parte causa n. 168/2008 r.g. , e ADFRA che successivamente mutava ragione sociale in X.L.A.C.M.G.1 s.r.l. , dall’altra causa n. 169/2008 r.g. . Le appellanti deducevano che il Tribunale aveva errato nel ritenere insussistenza la contraffazione lamentata e riproponevano le domande svolte in primo grado. Nella contumacia di C.A. , si costituivano in giudizio, in entrambi i procedimenti, tutti gli appellati. C.R. , quale interveniente adesivo dipendente, chiedeva l’accoglimento degli appelli. Le appellate R.T.I. s.p.a., MEDIASET s.p.a., FININVEST s.p.a., COPY s.p.a., Giochi Preziosi s.p.a. chiedevano il rigetto degli appelli. R.T.I. s.p.a. e Copy s.p.a., inoltre, in via di appello incidentale condizionato per la sola ipotesi, cioè, di accoglimento dell’appello principale , riproponevano l’eccezione di difetto di legittimazione attiva di Adfra, WKU e CEI, deducevano che il Tribunale aveva errato nel riconoscere una combinazione creativa e perciò tutelabile nell’attribuzione alla forma banale - - del ruolo altrettanto banale di mascotte, nonché nel rigettare la domanda, proposta nei confronti di ADFRA, di inibitoria all’utilizzo dell’immagine del pupazzo che, mediante modificazioni della fisionomia originaria del , aveva assunto l’espressione e la personalità del e risultava pertanto con esso confondibile. ADFRA s.r.l., da un lato, e WKU e CEI, dall’altro, si costituivano nei giudizi di appello promossi rispettivamente, da WKU e CEI e da ADFRA, prestando adesione ai motivi di appello e alle rispettive conclusioni. Le due cause erano riunite all’udienza del 6/5/2008. In corso di causa veniva dichiarato il fallimento della X.L.A.C.M.G.1 s.r.l., il cui curatore, con ricorso ex art. 303 c.p.c., provvedeva alla riassunzione del procedimento. La Corte d’appello di Bologna, con sentenza 609/11 1 rigettava gli appelli proposti dal fallimento di X.L.A.C.M.G.1 s.r.l. già Adfra s.r.l. , nonché da WESTERN KENTUCKY UNIVERSITY e CROSSLAND ENTERPRISES INC contro la sentenza del Tribunale di Ravenna - Sezione distaccata di Lugo n. 129 del 29/6-11/12/2007 2 condannava gli appellanti X.L.A.C.M.G.1 s.r.l. già Adfra s.r.l. , Western Kentucky University e Crossland Enterprises Inc, in solido, a rimborsare gli appellati le spese del grado. Avverso la predetta sentenza ricorrono per cassazione sulla base di tre motivi la Western Kentucky University, la Crossland Enterprises incomma e C.R. . Resistono con controricorso la Copy spa, Fininvest spa, Giochi Prezioni spa RTI spa e Mediast spa. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti contestano la sentenza di secondo grado laddove questa ha ritenuto che non assurga a livelli di creatività che ne consentano la protezione come diritto d’autore e che, comunque, tra i due pupazzi e sussistono differenze estetiche che portano ad escludere la contraffazione del primo da parte del secondo. Contestano inoltre l’assunto che la diversità tra i due personaggi deriverebbe anche dalla loro personalità il primo un tifoso di una squadra di pallacanestro ed il secondo un giornalista. Con il secondo motivo di ricorso lamentano che la Corte d’appello non abbia tenuto in adeguato conto l’intervista rilasciata da R.A. ad un settimanale italiano ove sarebbe contenuta la confessione del plagio. Con il terzo motivo contestano che la sentenza laddove ha ritenuto di confermare la valutazione del tribunale di ritenere precluso l’esame di una ipotesi di elaborazione creativa non autorizzata in quanto non vi sarebbe stata espressa domanda in tal senso. Il primo motivo è inammissibile. Invero, la Corte d’appello ha ritenuto,in primo luogo, che il pupazzo non assurge al livello di opera creativa in quanto non dissimile da altri pupazzi comunemente conosciuti. A tale proposito ha effettuato una valutazione comparativa con altri analoghi pupazzi rilevando che non si discostava in modo rilevante da questi ultimi quali omissis , omissis e , tutti caratterizzati dall’essere goffi umanoidi costituiti da una massa amorfa di colore rosso,con grande testa e occhi e bocca larga . In particolare la Corte d’appello ha rilevato che come risulta dalla documentazione prodotta da Copy si fa riferimento, in particolare, ai documenti contenuti nel raccoglitore n. 12 e alla relazione Castellano, docomma n. 11 , - che peraltro risulta realizzato in forme non sempre uguali a seconda che venga rappresentato in forma grafica bidimensionale, oppure tridimensionale quale pupazzo, oppure ancora quale costume indossato da un attore - non si discosta in modo rilevante da altri pupazzi, tutti caratterizzati dall’essere goffi umanoidi costituiti da una massa amorfa di colore rosso, con grande testa ed occhi, bocca larga, quali omissis , omissis e . appare dunque un’espressione scontata e banale, per la semplicità delle linee e delle soluzioni grafiche, di idee formali realizzate le diversità riscontrabili tra e le precedenti realizzazioni in precedenza citate presenza di marcate sopracciglia al posto di semplici ciglia e di scarpe da ginnastica quanto al confronto con il primo di detti personaggi, l’assenza di naso e la presenza di sopracciglia quanto al secondo, diversa conformazione della testa quanto al terzo non sono tali da raggiungere la soglia della creatività minima richiesta per la tutela . Trattasi di valutazione adeguatamente motivata sulla base delle risultanze processuali che, come tale, non risulta sindacabile in questa sede di legittimità. Le censure che la ricorrente muove a tale motivazione, riproponendo quanto già esposto con l’atto di appello, tendono in realtà a prospettare una diversa interpretazione delle emergenze processuali chiedendo a questa Corte di effettuare un non consentito accertamento in punto di fatto,in tal modo investendo inammissibilmente il merito della decisione. È noto sul punto il costante orientamento di questa Corte secondo cui la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per Cassazione conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, di dare salvo i casi tassativamente previsti dalla legge prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti v., da ultimo Cass. 824/11 Cass., 7/3/2006, n. 4842 Cass., 20/10/2005, n. 20322 v. Cass., 27/4/2005, n. 8718 Cass., 25/2/2004, n. 3803 Cass., 21/3/2001, n. 4025 Cass., 8/8/2000, n. 10417 Cass., 8/8/2000, n. 10414 Cass., Sez. Un., 11/6/1998, n. 5802 Cass., 22/12/1997, n. 12960 . A tal fine è sufficiente che il giudice dell’impugnazione esponga, anche in maniera concisa, gli elementi posti a fondamento della decisione e le ragioni del suo convincimento, così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni incompatibili con esse e disattesi, per implicito, i rilievi e le tesi i quali, se pure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la conclusione affermata e con l’iter argomentativo svolto per affermarla Cass., n. 696 del 2002 n. 10569 del 2001 n. 13342 del 1999 è, cioè, sufficiente il riferimento alle ragioni in fatto ed in diritto ritenute idonee a giustificare la soluzione adottata, tenuto conto dei motivi esposti con l’atto di appello Cass. n. 9670 del 2003 n. 2078 del 1998 . Nel caso di specie la Corte d’appello ha correttamente selezionato gli elementi ritenuti rilevanti ai fini del decidere ed in base ad essi ha argomentato la propria decisione. Le censure che il ricorrente propone a tale motivazione tendono in realtà a sollecitare, contra ius e cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi cfr. Cass. n, 12984 del 2006 Cass., 14/3/2006, n. 5443 . Resta quindi preclusa nella presente fase ogni possibilità di rivalutare il carattere creativo o meno del personaggio . In verità la Corte d’appello, una volta ritenuto che il personaggio non era suscettibile di protezione sotto il profilo del diritto d’autore non raggiungendo quel livello minimo di creatività prevista dalle norme, avrebbe potuto omettere di esaminare le ulteriori questioni prospettate con l’appello. Tuttavia, la Corte di merito ha completato la propria motivazione rilevando che,anche se in ipotesi fosse stato suscettibile di protezione ai sensi del diritto d’autore, in ogni caso non si sarebbe potuto considerare una contraffazione stante gli elementi di diversificazione in esso presenti. In particolare, ha ritenuto che anche se si ritenesse proteggibile per i suoi aspetti meramente formali, non sarebbe comunque ravvisabile un plagio. Il pupazzo del è invero anch’esso costituito da un umanoide di colore rosso, dalla grande testa, occhi bianchi con pupille nere, bocca larga. Il pupazzo presenta notevoli analogie formali con i personaggi in precedenza citati, ma si distingue dal a prescindere dalla scritta WKU che in alcune raffigurazioni compare sul petto del ed ovviamente non è presente su e dalla presenza su quest’ultimo di papillon, pettorina e polsini si tratta infatti di elementi di dettaglio che non incidono sulla valutazione degli aspetti formali complessivi dei pupazzi e che, per quanto riguarda il , sono stati aggiunti in un secondo tempo per diversi elementi, la maggior parte dei quali già evidenziati dal giudice a quo. Più precisamente gli occhi del sono bianchi con pupille nere. mentre il ha anche folte sopracciglia il ha il naso, che invece non è presente nel la bocca del ha un andamento trasversale, mentre quella del è rettilinea le gambe del sono decisamente più corte di quelle del il indossa scarpe bianche da ginnastica, mentre non ha scarpe il corpo del è più a forma di sacco e meno definito rispetto a quello del v. doccomma 1011 Copy, n. 28 WKU-CEI e n. 19 ADFRA, nonché le immagini raffrontate a pag. da 45 a 49 del docomma n. 12 di Copy . Se è vero, dunque, che come sostenuto dagli appellanti la valutazione in ordine alla confondibilità va effettuata sulla base dell’impressione d’insieme suscitata nel comune osservatore, è altrettanto vero che le differenze formali, valutate nel loro insieme con particolare riferimento alla forma complessiva del corpo , sono sufficientemente rilevanti per escludere il plagio” . Anche in questo caso si tratta di una valutazione di merito adeguatamente motivata che non appare suscettibile di sindacato da parte di questa Corte per le medesime ragioni in precedenza esplicate. L’inammissibilità delle esaminate censure comporta l’assorbimento della ulteriore questione sollevata con il primo motivo, inerente alla individuazione del personaggio protetto dal diritto d’autore oltre che dalla sua descrizione figurativa anche in ragione della sua personalità. Per le medesime ragioni risultano assorbiti il secondo ed il terzo motivo. Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, assorbiti gli altri, condanna in solido i ricorrenti a pagare a ciascuno del controricorrenti le spese di giudizio liquidate in Euro 4.200,00 oltre Euro 200 per esborsi oltre accessori di legge e spese forfettarie.