La restituzione di una somma di denaro nel Fallimento: il ruolo del curatore

Il curatore fallimentare che agisce in giudizio per la restituzione di una somma di denaro, che assume corrisposta indebitamente in epoca antecedente all’apertura della procedura concorsuale, non agisce in sostituzione dei creditori al fine della ricostruzione del patrimonio originario del soggetto fallito, ma esercita un’azione rinvenuta nel patrimonio di quest’ultimo, ponendosi di conseguenza nella sua stessa posizione sostanziale e processuale.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 23630/16 depositata il 21 novembre. Il caso. Il curatore del Fallimento di una s.r.l. conveniva in giudizio l’istituto bancario, presso il quale era già titolare di conto corrente, per la restituzione delle somme prelevate da un socio mediante incasso di cinque assegni circolari emessi dalla società poi fallita a suo favore con clausola di non trasferibilità. Il socio si costituiva in giudizio confermando di aver incassato gli assegni sulla base di precisa delega della società, ritenuta però dal Tribunale di Napoli non opponibile al Fallimento per mancanza di data certa a norma dell’art. 2704 c.c. La Corte d’appello di Napoli, su ricorso proposto dalla banca, rigettava i gravami rilevando che gli elementi presuntivi offerti dalla ricorrente in ordine alla data della delega non erano idonei a costituire fatti che consentano di stabilire in modo certo l’anteriorità della formazione del documento. Il terzo convenuto può legittimamente opporre tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre all’imprenditore fallito. La Suprema Corte, nell’accogliere il ricorso, ha sottolineato che il curatore non agisce nella veste processuale di terzo ma esercita un’azione rinvenuta nel patrimonio del soggetto fallito, ponendosi conseguentemente nella sua stessa posizione sostanziale e processuale. Il terzo convenuto in giudizio dal curatore può legittimamente opporre tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre all’imprenditore fallito, comprese le prove documentali da questo provenienti, senza i limiti di cui all’art. 2704 c.c Fonte www.ilfallimentarista.it

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 23 giugno 21 novembre 2016, n. 23630 Presidente Dogliotti Relatore Scaldaferri Svolgimento del processo Il Curatore del Fallimento della [] s.r.l., già titolare di conto corrente presso la Antoveneta s.p.a., conveniva in giudizio quest’ultima per sentirla condannare alla restituzione delle somme prelevate da A.M. , in violazione dell’art. 43 R.D. n. 1766/1933, mediante incasso di cinque assegni emessi dalla società poi fallita a proprio favore con clausola di non trasferibilità. Antoveneta chiedeva il rigetto della domanda, deducendo che la A. era dipendente della [], munita di ampio mandato ad operare sul conto corrente della società chiamava comunque in causa la A. , per essere da lei garantita in caso di accoglimento della domanda. La A. si costituiva confermando di aver incassato gli assegni sulla base di precisa delega della società, alla quale aveva poi regolarmente consegnato le somme, come da ricevute che produceva. Il Tribunale di Napoli, ritenuto che il pagamento degli assegni in base a delega della società prenditrice, pur se astrattamente legittimo, non era nella specie opponibile al Fallimento per mancanza di data certa della delega a norma dell’art. 2704 cod. civ., condannava la Antonveneta alla rifusione in favore della Curatela delle somme indebitamente prelevate dalla A. , e rigettava ogni altra domanda. Proposto appello da Antonveneta, cui resisteva la Curatela proponendo anche appello incidentale in ordine alla astratta idoneità della delega extracartolare, la Corte d’appello di Napoli rigettava entrambi i gravami, rilevando a quanto all’appello incidentale, che il pagamento dei titoli nelle mani di persona munita di delega all’incasso rilasciata dal prenditore può ritenersi eseguito in favore di quest’ultimo b quanto all’appello principale, che gli elementi presuntivi offerti dalla banca in ordine alla data della delega non erano idonei a costituire fatti che, secondo la previsione residuale dell’articolo cod.civ., consentano di stabilire in modo certo l’anteriorità della formazione del documento. Rilevava infine l’inammissibilità della richiesta, formulata in subordine da Antonveneta nelle conclusioni dell’atto di appello, di condanna della A. a manlevarla, non essendo sorretta dalla formulazione di specifici motivi di gravame a norma dell’art. 342 cod.proc.civ Contro tale sentenza, resa pubblica il 16 dicembre 2010, la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., in qualità di incorporante Antonveneta spa, ha proposto ricorso per cassazione per tre motivi, cui resistono con distinti controricorsi la Curatela del fallimento della [] e A.M. . La ricorrente e la resistente Curatela hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente censura la statuizione relativa alla mancanza di data certa della delega all’incasso rilasciata dalla [] in favore della propria dipendente la corte di merito avrebbe violato l’art. 2704 cod.civ. oltre agli artt. 112, 115 e 116 cod.proc.civ. , ed esposto motivazione insufficiente là dove ha ritenuto che gli elementi presuntivi emergenti dagli atti - pur essendo gravi, precisi e concordanti - non potessero integrare quei fatti equipollenti idonei a rendere ugualmente certa l’anteriorità del documento ai sensi del capoverso dell’art. 2704. Con il secondo motivo lamenta ancora la violazione dell’art. 2704 cod.civ. con riferimento agli artt. 2033 cod.civ. e 27 l.fall. , deducendone l’inapplicabilità nella specie perché il Curatore non può essere considerato terzo in questo giudizio. Con il terzo motivo si duole del rigetto della domanda di rivalsa da essa ricorrente proposta nei confronti della delegata all’incasso, denunciando la violazione degli artt. 106 e 342 cod.proc.civ. e vizio di motivazione. 2. Il secondo motivo di ricorso, cui deve attribuirsi priorità in quanto pregiudiziale, è fondato. Invero, la valutazione in ordine all’applicabilità o meno del disposto dell’art. 2704 c.c. al curatore presuppone l’identificazione della sua qualità, di parte o di terzo, nel rapporto controverso, non essendo coincidente per le due distinte posizioni, atteso che il disposto dell’art. 2704 c.c. trova applicazione solo nel secondo caso, cioè ove il curatore agisca in qualità di terzo, come in sede di delibazione della domanda di ammissione al passivo del fallimento proposta da ciascun creditore. Invece, il curatore fallimentare che, come nella specie, agisce in giudizio per la restituzione di una somma di danaro, che assume corrisposta indebitamente in epoca antecedente all’apertura della procedura concorsuale, non agisce in sostituzione dei creditori al fine della ricostruzione del patrimonio originario del soggetto fallito e, quindi, nella veste processuale di terzo, ma esercita un’azione rinvenuta nel patrimonio di quest’ultimo trattandosi di azione che questo, quand’era in bonis , avrebbe potuto ugualmente esercitare , ponendosi conseguentemente nella sua stessa posizione sostanziale e processuale, nella posizione, cioè, che egli avrebbe avuto agendo in proprio al fine di acquisire al suo patrimonio poste attive di sua spettanza già prima della procedura concorsuale ed indipendentemente dal dissesto verificatosi. Ne consegue che il terzo convenuto in giudizio dal curatore può a questo legittimamente opporre tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre all’imprenditore fallito, comprese le prove documentali da questo provenienti quali, come nel caso di specie, la scrittura privata di delega all’incasso, prodotta in giudizio dalla Antoveneta , senza i limiti di cui all’art. 2704 c.c In tal senso risulta orientata la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità cfr. ex multis S.U. n. 4213/13 Sez. 1 n. 321/13 n. 23429/12 n. 27510/08 n. 18059/04 , che il Collegio condivide. 3. Si impone dunque, in accoglimento del secondo motivo di ricorso che assorbe gli altri , la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Napoli che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame, osservando il principio qui affermato, e regolerà anche le spese di questo giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio di cassazione.