L’insinuazione dello studio legale associato nelle procedure fallimentari

In tema di fallimento e ammissione al credito degli studi legali, è di importanza dirimente la valutazione dell’organizzazione interna di questi ultimi, nello specifico la distinzione tra quelli che si configurano come associazioni di professionisti e quelli in cui, invece, tra gli avvocati si instaura un rapporto di mera collaborazione.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23309/16 depositata il 16 novembre. Il caso. Un avvocato, dinanzi al decreto di ammissione al passivo del fallimento in via chirografaria e non privilegiata, decideva di ricorrere in Cassazione. Tra i motivi per i quali egli si duole di non essere stato ammesso tra i creditori privilegiati vi era, a suo dire, l’erronea lettura dell’art. 2751- bis , n. 2, che pone le prestazioni professionali nell’elenco dei crediti privilegiati del passivo fallimentare, anche nei casi in cui la summenzionata prestazione sia fornita da un professionista membro di un’associazione qualifica, quest’ultima, che comunque il suo studio legale non possedeva. Studi legali associati e non. La Suprema Corte aveva già chiarito che il privilegio generale sui beni mobili del debitore [] trova applicazione anche nel caso in cui il creditore sia inserito in un’associazione professionale , a condizione, però, che il rapporto professionale si instauri tra il cliente e il singolo professionista. Nel caso di specie, prosegue la Cassazione, non è giustificabile il diniego del privilegio creditizio, in quanto il giudice a quo ha omesso di esaminare in via preliminare [] se lo studio professionale del ricorrente fosse costituito in forma di associazione professionale oppure fosse uno studio individuale, in cui gli altri avvocati presenti erano non già associati, ma meri collaboratori del titolare. Per questi motivi il ricorso viene accolto e il decreto impugnato viene cassato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile -1, sentenza 5 luglio – 16 novembre 2016, numero 23309 Presidente Dogliotti – Relatore Ragonesi Svolgimento del processo S.C.S. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi avverso il decreto numero 535/2015 con cui il Tribunale di Milano lo ha ammesso al passivo del Fallimento per la somma di 20.684,12 Euro in via chirografaria e non in privilegio come da lui richiesto. La procedura fallimentare non si è costituita in giudizio. Il Consigliere relatore ha richiesto la discussione in camera di consiglio ritenendo,con la relazione ex art. 380 bis cpc, che il ricorso fosse manifestamente infondato. Motivi della decisione Col primo motivo il ricorrente lamenta l’erronea lettura dell’art. 2751 bis numero 2 cc che ne dà il Tribunale sostenendo che il privilegio possa esser accordato anche quando la prestazione professionale sia resa da un associato nei confronti del cliente della società professionale. Col secondo motivo di ricorso, poi, contesta l’erronea supposizione del Collegio nel ritenere lo Studio Legale S.C. un’associazione professionale, non risultando tale dall’Albo degli Avvocati. Col terzo motivo lamenta l’ingresso nel giudizio della questione del credito da privilegiato a chirografario, e essendo non controversa e non fatta oggetto di eccezioni nei termini di cui all’art. 99 l.f. del Fallimento convenuto/rimasto contumace.I1 Collegio avrebbe pertanto giudicato su una questione non oggetto di domanda in violazione così dell’art. 112 cpc violando altresì il principio del contraddittorio di cui all’art. 101, 2 comma cpc. I motivi possono essere esaminati congiuntamente e gli stessi appaiono fondati nei termini che seguono. Questa Corte ha già chiarito che il privilegio generale sui beni mobili del debitore, previsto dall’art. 2751-bis cod. civ. per le retribuzioni dei professionisti, trova applicazione anche nel caso in cui il creditore sia inserito in un’associazione professionale, costituita con altri professionisti per dividere le spese e gestire congiuntamente i proventi della propria attività, a condizione che il rapporto di prestazione d’opera si instauri tra il singolo professionista ed il cliente, soltanto in tal caso potendosi ritenere che il credito abbia per oggetto prevalente la remunerazione di un’attività lavorativa, ancorché comprensiva delle spese organizzative essenziali al suo autonomo svolgimento Cass. 22439/09 Cass. 17207/13 . Nel caso di specie il tribunale ha escluso la sussistenza dei predetti requisiti a seguito di un esame delle risultanze istruttorie sia a carattere documentale e sia a carattere testimoniale che hanno portato il tribunale a concludere che la prestazione fu svolta dal ricorrente assieme ad altri colleghi di studio ed in collaborazione con essi senza che sia stato possibile individuare l’attività svolta personalmente dal ricorrente. Posto però che tale accertamento è stato effettuato d’ufficio dal tribunale, questi ha omesso di esaminare in via preliminare, come correttamente sostenuto dal ricorrente, se lo studio professionale del ricorrente fosse costituito in forma di associazione professionale oppure fosse uno studio individuale in cui gli altri avvocati presenti erano non già associati ma meri collaboratori del titolare. La mancanza di tale accertamento preliminare, rende la motivazione del tutto carente ed apodittica ed inidonea a giustificare il diniego del privilegio. I motivi vanno pertanto accolti nei sensi di cui sopra con conseguente cassazione del decreto impugnato e rinvio, anche per la liquidazione delle spese del presente procedimento, al Tribunale di Milano in diversa composizione. P.Q.M. Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese al Tribunale di Milano in diversa composizione.