Legittimazione del curatore per il risarcimento dei danni da bancarotta preferenziale: la parola alle SS.UU.

Rimessione degli atti della regiudicanda al Primo Presidente affinché decida se sottoporre alle Sezioni Unite la questione giuridica relativa alla sussistenza o meno della legittimazione attiva del curatore fallimentare all’azione di risarcimento dei danni per il delitto di bancarotta preferenziale ex art. 216, comma 3, l.fall

Così la Terza Sezione della Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 15501 depositata il 26 luglio 2016. La questione. La questione che la fattispecie oggetto del procedimento ha messo in risalto è quella riguardante la legittimazione del curatore ad esercitare l’azione di risarcimento del danno extracontrattuale derivante da fatto illecito, ex art. 2043 c.c., a favore dei creditori avverso gli amministratori di una società dichiarata fallita , le cui condotte integrino la fattispecie della bancarotta preferenziale di cui all’art. 216, comma 3, l.fall Gli opposti indirizzi interpretativi. L’elemento che rappresenta il discrimine sulla cui base determinare la sussistenza o meno della legittimazione del curatore per l’azione di risarcimento del danno da bancarotta preferenziale deve essere individuato nel corretto inquadramento del bene giuridico tutelato dall’art. 216 l.fall Se, infatti, si ritiene che l’atto di offrire pagamenti o simulare titoli di prelazione a favore di uno dei creditori e a danno degli altri, compiuto dalla società prima della dichiarazione di fallimento, integri una lesione che non può considerarsi di massa poiché i pagamenti effettuati verso uno dei creditori avrebbero un effetto neutro sul patrimonio del fallito, determinando una contestuale elisione di una posta dell’attivo e di una del passivo di pari entità , ma che può solo intendersi come pregiudizio individuale subito direttamente da ciascun creditore, il curatore non può ritenersi legittimato all’esercizio dell’azione in esame, in quanto l’art. 240, comma 2, l.fall. prevede che i creditori possano costituirsi parte civile nel processo penale di bancarotta, al posto del curatore, quando intendono far valere un titolo di azione propria personale . All’opposto, se si ritiene che l’oggetto tutelato dall’art. 216 l.fall. siano gli interessi del ceto creditorio contemplati dagli artt. 2740 e 2741 c.c., cioè a dire la par condicio creditorum , si determinerebbe la possibilità di ricondurre il reato di bancarotta preferenziale nell’alveo dei reati che ledono l’interesse di massa di pertinenza del ceto creditorio . Ne consegue, in tal caso, la sussistenza della legittimazione del curatore a costituirsi parte civile per la richiesta di risarcimento del danno, fatta valere in questo caso a favore di tutto il gruppo di creditori, ai sensi dell’art. 240, comma 1, l.fall Alla luce del contrasto interpretativo qui brevemente riassunto, il Collegio rimette gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. Fonte www.ilfallimentarista.it

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza interlocutoria 13 aprile 26 luglio 2016, n. 15501 Presidente Chiarini Relatore Scrima Ritenuto in fatto Il Fallimento X.O. S.r.l. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Milano, C.E. , C.R. e Ca.Da. , ex amministratori della predetta società, nonché la DIEDRON società riconducibile ad C.E. e dal medesimo amministrata, chiedendo la condanna dei primi tre al risarcimento dei danni per l’illegittima prosecuzione dell’attività sociale dopo il verificarsi dello stato di insolvenza, per distrazione di somme, per pagamenti preferenziali nonché la condanna della sola società convenuta al risarcimento dei danni per aver percepito pagamenti lesivi della par condicio creditorum e per aver beneficiato di investimenti per migliorie sui propri beni, realizzati con risorse economiche provenienti dalla società fallita. I convenuti si costituivano in giudizio contestando le domande, delle quali chiedevano il rigetto. A seguito della notifica delle memorie ex artt. 6 e 7 del D.lgs. n. 5 del 2003 a C.E. e R. nonché alla DIEDRON S.r.l., questi si costituivano a mezzo di nuovo difensore, eccependo la prescrizione e il difetto di legittimazione attiva del curatore, in relazione all’azione di responsabilità c.d. dei creditori sociali nel fallimento delle società a responsabilità limitata, e ribadendo l’infondatezza delle domande. Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 501/2010 dell’11 novembre 2010, tra l’altro e per quanto ancora rileva in questa sede, condannava C.E. e R. , in solido tra loro, al pagamento, in favore del fallimento, della somma di Euro 91.301,29, con interessi e rivalutazione monetaria, compensando tra le parti il 50% delle spese di lite e ponendo il restante 50% a carico dei convenuti rigettava le domande proposte nei confronti di Ca.Da. e della DIEDRON S.r.l. e condannava il Fallimento alle spese in favore di questi ultimi poneva le spese di c.t.u. a carico di C.E. e R. nonché di Ca.Da. in ragione di tre quarti e per il restante quarto a carico del fallimento. Avverso tale decisione il Fallimento X.O. S.r.l. proponeva gravame cui resistevano C.E. e R. e DIEDRON S.r.l. mentre Ca.Da. restava contumace. La Corte di appello di Milano, con sentenza depositata in data 18 novembre 2013, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglieva la domanda risarcitoria per illegittima prosecuzione dell’attività sociale dopo il verificarsi dello stato di insolvenza e condannava C.E. al pagamento della somma complessiva di Euro 92.671,49, oltre rivalutazione monetaria e interessi, come precisato nel dispositivo della sentenza di secondo grado, confermava nel resto la decisione impugnata e regolava le spese della fase cautelare ante causam tra i C. e il Fallimento e le spese del secondo grado del giudizio tra tutte le parti. Avverso la sentenza della Corte di merito il Fallimento X.O. S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi. C.E. e C.R. hanno depositato procura speciale conferita con scrittura privata autenticata, in favore dell’avv. Cristiano Bettinelli, attribuendo in particolare al predetto ogni più ampio potere di difesa, ivi compresa, tra l’altro, la facoltà di partecipare alla discussione orale. L’intimata DIETRON S.r.l non ha svolto attività difensiva in questa sede. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c Considerato in diritto 1. Con il primo motivo, intitolato violazione degli artt. 2043 cc., 81 c.p.c, 216 e 240 l. fall in relazione al disconoscimento della legittimazione attiva del curatore fallimentare all’azione di risarcimento danni per il delitto di bancarotta preferenziale , il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto il curatore fallimentare privo di tale legittimazione attiva. 1.1. La Corte di merito al riguardo, pur dando atto che talora la giurisprudenza ha ammesso l’azione risarcitoria proposta dal curatore per rimediare ad un danno che riguarderebbe la massa dei creditori , sul rilievo che tale legittimazione del curatore troverebbe conferma nell’art. 240 l. fall. che consente al curatore - e, solo in caso di sua inattività, ai creditori - di costituirsi parte civile nel procedimento penale per i reati preveduti nel presente titolo , tra cui la bancarotta preferenziale artt. 216, terzo comma, e 223 l. fall. , evidenzia che l’art. 240 citato, richiede, ma non sembra dare per presupposta, la sussistenza di un danno alla massa quale condizione per la costituzione del curatore come parte civile nei procedimenti penali per reati fallimentari ed infatti detta norma ammette la costituzione dei creditori quando intendono far valere un titolo di azione propria personale , alludendo evidentemente a fattispecie nelle quali la condotta penalmente rilevante abbia danneggiato direttamente costoro. La medesima Corte territoriale ha poi ricordato che secondo un altro orientamento giurisprudenziale l’azione di massa va esclusa, sicché ogni iniziativa rivolta ad ottenere il risarcimento dei danni non potrebbe che essere rimessa ai singoli creditori, ciascuno per il danno direttamente ricevuto dal pagamento preferenziale - in termini di minor percentuale di soddisfazione del proprio credito in sede fallimentare -, sulla base dei seguenti rilievi 1 il pagamento di un creditore invece di un altro, pur lesivo della par condicio , è irrilevante di per sé rispetto al ceto creditorio complessivamente considerato, in quanto determina, in termini quantitativi, il medesimo risultato di riduzione della massa passiva che conseguirebbe al pagamento operato nel rispetto delle clausole di prelazione 2 i pagamenti in linea di principio hanno un effetto neutro sul patrimonio dell’imprenditore, determinando la contemporanea elisione di una posta dell’attivo e di una del passivo di pari entità. Con riferimento alla fattispecie del pagamento preferenziale tale orientamento evidenzia che l’azione di responsabilità non può essere esercitata dal curatore né ai sensi dell’art. 2393 c.c. né ai sensi dell’art. 2394 c.c. se non si riesce ad individuare una preventiva lesione del patrimonio sociale, di cui il pregiudizio subito dai creditori costituisca un mero riflesso. La Corte territoriale, aderendo alla giurisprudenza di merito sul punto e confermando quanto affermato dal Tribunale in primo grado, ritiene che la lesione della par condicio creditorum conseguente al pagamento preferenziale della DIETRON S.r.l. può al limite generare una contesa tra le posizioni soggettive individuali dei singoli creditori ma non anche un pregiudizio per la massa creditoria considerata nel suo complesso, la quale mantiene, comunque, la medesima consistenza anche in caso di pagamento preferenziale qualunque sia il creditore beneficiato dal pagamento lesivo della par condicio tra quelli aventi diritto a partecipare al concorso . Evidenzia che il pregiudizio subito individualmente da ciascun creditore per effetto dei pagamenti preferenziali eseguiti dalla società prima della dichiarazione di fallimento si delinea compiutamente e definitivamente solo con l’esecuzione del riparto finale nonché all’esito dell’esperimento infruttuoso o insufficiente di eventuali azioni revocatorie . Conclude affermando che il curatore non è legittimato ad agire per il ristoro del danno subito direttamente ed individualmente dal singolo creditore. 1.2. A fondamento del motivo proposto per censurare tale statuizione della Corte di merito, il ricorrente richiama anzitutto il disposto dell’art. 240 della l. fall. che prevede che il curatore possa costituirsi parte civile nel procedimento penale, anche contro il fallito, per i reati previsti nel titolo VI della legge fallimentare, tra i quali vi è la bancarotta preferenziale art. 216, terzo comma, l. fall. , evidenziando di essersi costituito parte civile nel processo penale nei confronti di C.E. e R. e che tale costituzione era stata ammessa senza problemi anche in relazione al reato in parola ma aveva dovuto subire il patteggiamento richiesto dagli imputati che aveva determinato, ai sensi dell’art. 444, secondo comma, c.p.p., il non luogo a provvedere sulle domande della parte civile, la quale, contraddittoriamente, in sede civile è stata ritenuta priva di legittimazione alla richiesta di risarcimento del danno. 1.2.1. Ad avviso del ricorrente, il secondo comma dell’art. 240 l. fall. confermerebbe che legittimato al risarcimento del danno per il reato di bancarotta preferenziale è il curatore, disponendo tale norma che i creditori possono costituirsi pane civile nel procedimento penale per bancarotta fraudolenta quando manca la costituzione del curatore, del commissario giudiziale o del commissario liquidatore o quando intendono far valere un titolo di azione propria personale , sicché, nel caso di bancarotta fraudolenta ex art. 216 l. fall., sarebbe prevista sempre la costituzione di parte civile del curatore e sarebbe vietato ai creditori di costituirsi uti singuli , anche per l’ipotesi di bancarotta preferenziale ex art. 216, terzo comma, l. fall, atteso che il divieto di costituzione di pane civile dei creditori uti singuli - salvo che intendano far valere un titolo di azione propria personale - di cui all’art. 240 l. fall si estenderebbe indifferentemente ai procedimenti relativi ai delitti di cui all’art. 216 e a quelli relativi alla violazione delle diverse ipotesi incriminatrici contenute nell’art. 223 l. fall Nel danno da bancarotta preferenziale neppure ricorrerebbe - secondo il ricorrente - l’eccezione del titolo di azione propria personale , atteso che tale titolo, nei delitti di bancarotta andrebbe individuato nel danno extra patrimoniale, mentre per quello patrimoniale unico legittimato sarebbe l’organo concorsuale. 1.2.2. Sostiene inoltre il ricorrente che il bene giuridico tutelato dall’art. 216, secondo comma, l. fall. sarebbe la par condicio creditorum sicché l’effettuazione del pagamento preferenziale determinerebbe un danno alla massa di tale violazione i creditori risentirebbero poi in termini di minori riparti fallimentari, sicché, quello da essi così subito sarebbe un nocumento mediato ed indiretto, che i singoli creditori non potrebbero azionare direttamente ma al quale porrebbe rimedio l’iniziativa recuperatoria del curatore, unico soggetto deputato alla tutela della par condicio creditorum , sicché le azioni volte al perseguimento di tale fine sarebbero per definizione azioni di massa. Da quanto precede conseguirebbe, ad avviso del ricorrente, l’irrilevanza della circostanza, evidenziata dalla Corte di merito, che il pagamento preferenziale determini contemporaneamente l’elisione di una posta dell’attivo e una del passivo di pari entità, atteso che nella bancarotta preferenziale i termini del pregiudizio non sarebbero quelli della diminuzione patrimoniale del debitore insolvente, ma quelli della lesione della par condicio tale lesione si verificherebbe per il solo fatto della fuoriuscita del denaro ad estinzione di crediti in modo diverso dalle regole del concorso e il danno sarebbe in re ipsa . 1.2.3. Infine, sostenendo che la motivazione della sentenza impugnata ricalca in una qualche misura quella della sentenza n. 7030/2006 delle Sezioni Unite di questa Corte che si è espressa sull’esperibilità delle azioni civili relative al delitto di abusiva concessione di credito, negando la legittimazione attiva al curatore e riconoscendola ai singoli creditori che abbiano proseguito i rapporti con l’insolvente ricavandone danni, il ricorrente assume che trattasi di fattispecie diversa da quella della bancarotta preferenziale ed illustra tale suo convincimento con articolata argomentazione. 2. Osserva il Collegio che, con la particolare ipotesi di bancarotta fraudolenta prevista dal terzo comma dell’art. 216 l. fall indicata solitamente dalla dottrina e dalla giurisprudenza come bancarotta preferenziale, secondo la giurisprudenza di legittimità penale e la prevalente dottrina penalistica e una parte della dottrina civilistica, il legislatore mira a salvaguardare la par condicio creditorum , sanzionando quelle condotte che, rivolte al soddisfacimento di alcuni creditori, si risolvano in un pregiudizio della massa. Si rileva che il creditore, in generale, oltre ad avere un interesse particolare, ricollegato al diritto di vedere soddisfatta la propria pretesa creditoria, ha anche, nel suo rapporto con il debitore, l’interesse al rispetto del canone dell’art. 2740 c.c. Questo interesse è proprio del singolo creditore, ma, nel contempo è di tutti i creditori indistintamente assunti nei loro rispettivi rapporti con il debitore, in quanto, la lesione del principio affermato dall’art. 2740 c.c., comporta, nella concorsualità della esecuzione fallimentare, la contemporanea, proporzionale lesione degli interessi economici di tutti i creditori che concorrono alla procedura. Se è questo l’interesse che il legislatore ha inteso tutelare con i c.d. reati di bancarotta, si tratta di vedere ora in quale modo, in concreto possa manifestarsi tale lesione. Questa, passando in rassegna i vari illeciti, può atteggiarsi a in manomissione del patrimonio con sua conseguente diminuzione c conseguente minore possibilità di soddisfazione, per pari importo, del ceto creditorio che eserciterà il concorso su un complesso di beni di minore valore b aggravamento del dissesto con condotte che si pongono in contrasto con il dovere della immediata declaratoria di insolvenza. Nella bancarotta preferenziale appare complesso rinvenire il danno patrimonialmente tutelato. Va premesso che l’atto solutorio, posto in essere dal fallendo, non costituisce di per sé, sotto il profilo sostanziale un illecito , essendosi in presenza del pagamento di una somma dovuta , cioè del pagamento di un debito esistente. Quello che rileva sotto il profilo civilistico è il momento in cui avviene il pagamento e, sotto il profilo soggettivo divengono elementi rilevanti la prova della conoscenza dello stato di insolvenza per il caso di esercizio di azione revocatoria e la prova della volontà di favorire un creditore in danno degli altri per il reato di bancarotta preferenziale . Sia nell’uno che nell’altro caso, l’ accipiens riceve una somma che gli compete. Risulta, pertanto, che il delitto di bancarotta preferenziale tutela gli interessi del ceto creditorio sostanzialmente condensati nell’art. 2740 c.c. e nell’art. 2741 c.c., norma che stabilisce appunto il principio della par condicio creditorum . Se, quindi, l’oggetto della tutela del reato di bancarotta preferenziale va individuato nella lesione del principio della par condicio creditorum , conseguentemente il danno va determinato nella misura in cui ciascuno dei creditori sia rimasto percentualmente vulnerato dal pagamento preferenziale. Così ricostruito, anche il reato di bancarotta preferenziale, la cui disciplina tende ad una tutela avanzata, preventiva e deterrente in relazione al rispetto dell’art. 2741 c.c., potrebbe essere ricondotto nell’alveo dei reati che ledono l’interesse della massa di pertinenza del ceto creditorio con correlativa minusvalenza della stessa. E pure in questo caso la legittimazione del curatore potrebbe trovare la sua fonte nella azione posta a tutela del ceto creditorio art. 2394 c.c. esercitabile dal curatore, in caso di fallimento, ex art. 2394 bis c.c L’art. 240 l. fall., non operando peraltro alcuna distinzione, ma prevedendo che il curatore possa costituirsi parte civile, nel procediemnto penale per i reati previsti dal titolo VI della l. fall., anche nei confronti del fallito, contempla sostanzialmente la legittimazione attiva del curatore anche per le relative azioni di risarcimento del danno, sicché l’argomento, pure sostenuto da taluni, secondo cui il curatore sarebbe legittimato a proporre solo le azioni conservative non sembra reggere. 3. Con riferimento alla questione in discussione, questa Corte con la sentenza emessa dalla V Sez. pen. n. 15712 del 12/03/2014 Ud. dep. 08/04/2014 ha affermato che Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta preferenziale è necessaria la violazione della par condicio creditorum nella procedura fallimentare elemento oggettivo e il dolo specifico costituito dalla volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l’accettazione della eventualità di un danno per gli altri elemento soggettivo , con la conseguenza che la condotta illecita non consiste nell’indebito depauperamento del patrimonio del debitore ma nell’alterazione dell’ordine, stabilito dalla legge, di soddisfazione dei creditori . La medesima Sezione si è più volte espressa in senso sostanzialmente conforme all’arresto appena riportato con le sentenze n. 40998 del 20/05/2014 Ud. dep. 02/10/2014 , secondo cui Concorre nel reato di bancarotta preferenziale il creditore che, consapevole dello stato di dissesto del debitore fallendo, fornisce un contributo causale determinante alla violazione della par condicio . Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che correttamente la decisione impugnata avesse ravvisato gli estremi del nato con riferimento alla condotta di soci dell’impresa poi dichiarata fallita, i quali, in un momento successivo alla manifestazione dei segnali di decozione, avevano anticipato delle somme di denaro necessarie per consentire all’ente il compimento di un’operazione economica e ne avevano poi ottenuto l’immediata restituzione , n. 5186 del 02/10/2013 Ud. dep. 03/02/2014 , secondo cui In tema di reati fallimentari, l’amministratore che si ripaghi di propri crediti verso la società fallita risponde di bancarotta preferenziale - non di bancarotta fraudolenta patrimoniale - specificamente connotata dall’alterazione della par condicio creditorum , essendo, invece irrilevante, ai fini della qualificazione giuridica del fatto, la specifica qualità di amministratore della società, se del caso censurabile in sede di commisurazione della sanzione . Peraltro - senza risalire ulteriormente nel tempo - già con la sentenza della stessa V Sez. Pen. n. 4431 del 04/03/1998 Ud. dep. 15/04/1998 questa Corte ha affermato che In tema di bancarotta preferenziale, dolo specifico consiste nel fine di favorire taluno dei creditori in danno degli altri, ma non occorre che il danno alla massa sia voluto direttamente dall’agente, essendo sufficiente l’accettazione della sua eventualità. Fattispecie di vendita dell’unico immobile societario al fine di ripianare i debiti di uno dei creditori . 4. Nella giurisprudenza civile di legittimità, pur non rinvenendosi pronunce massimate sul punto, che si siano occupate specificamente della legittimazione attiva del curatore a proporre azioni di risarcimento dei danni derivanti da bancarotta preferenziale, qualche spiraglio in senso positivo può trarsi da Cass. 21/07/2010, n. 17121, secondo cui In tema di responsabilità degli amministratori di società a responsabilità limitata, la riforma societaria di cui al d.lgs. n. 6 del 2003, che pur non prevede più il richiamo, negli artt. 2476 e 2487 cod civ., agli artt. 2392, 2393 e 2394 cod. civ., e cioè alle norme in materia di società per azioni, non spiega alcuna rilevanza abrogativa sulla legittimazione del curatore della società a responsabilità limitata che sia fallita, all’esercizio della predetta azione ai sensi dell’art. 146 legge fall, in quanto per tale disposizione, riformulata dall’art. 130 del d.lgs. n. 5 del 2006, tale organo è abilitato all’esercizio di qualsiasi azione di responsabilità contro amministratori, organi di controllo, direttori generali e liquidatori di società, così confermandosi l’interpretazione per cui, anche nel testo originario, si riconosceva la legittimazione del curatore all’esercizio delle azioni comunque esercitabili dai soci o dai creditori nei confronti degli amministratori, indipendentemente dallo specifico riferimento agli artt. 2393 e 2394 cod. civ. . 5. Nella giurisprudenza di merito, mentre in sede penale si ritiene pacificamente - in base all’art. 240 l. fall. - la curatela legittimata a costituirsi parte civile per il reato di bancarotta preferenziale, in sede civile sembra, invece, prevalente l’orientamento secondo cui il curatore deve ritenersi sprovvisto della legittimazione a far valere in giudizio il danno da bancarotta preferenziale, spettando tale legittimazione ai soli creditori effettivamente lesi, in quanto il pagamento di debiti sociali, pur se preferenziale - e quindi eseguito in violazione della par condicio creditorum - è atto di per sé inidoneo a diminuire il valore del patrimonio sociale, trattandosi di operazione neutra sotto il profilo patrimoniale, comportando la contemporanea elisione di una posta dell’attivo e di una del passivo di pari entità Trib. Napoli, emessa il 1 luglio 2015, Medita, in causa RGAC n. 12570/2011 e può dar luogo al massimo - ad una contesa tra le posizioni soggettive individuali dei singoli creditori, ma non anche ad un pregiudizio per la massa creditoria considerata nel suo complesso infatti quest’ultima mantiene la medesima consistenza anche in caso di pagamento preferenziale, qualunque sia il creditore beneficiato dal pagamento lesivo della par condicio tra quelli aventi diritto di partecipare al concorso Tribunale Roma 29/09/2015, n. 19331 Trib. Napoli 13 marzo 2014 a 3971/14 Trib. Milano 18 gennaio 2011 . Il Tribunale di Roma con la sentenza 7/10/2013, a 1985, ha pure posto in rilievo che la par condicio creditorum non è sfornita di tutela, essendo il ripristino dell’equilibrio patrimoniale turbato dai pagamenti preferenziali affidato specificamente alle azioni revocatorie nonché, nel caso di restituzione dei finanziamenti ai soci nell’anno anteriore al fallimento, all’azione restitutoria di cui all’art. 2467 cc., quando ne ricorrano i presupposti, e ha altresì affermato che la curatela, volendo rivalersi nei confronti dell’amministratore che abbia posto in essere il pagamento preferenziale, dovrebbe agire a titolo di responsabilità extracontrattuale, dimostrando che questi, tenendo un comportamento illegittimo, abbia leso il diritto del fallimento ad ottenere la revoca dei pagamenti preferenziali, rendendolo insuscettibile di soddisfazione. 6. Alla luce di quanto precede si pone l’esigenza di rimettere gli atti al Primo Presidente affinché valuti se investire le Sezioni Unite della questione di massima importanza veicolata con il primo motivo del ricorso all’esame e relativa alla sussistenza o meno della legittimazione attiva del curatore fallimentare all’azione di risarcimento dei danni per il delitto di bancarotta preferenziale. P.Q.M. La Corte rimette gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della seguente questione di massima di particolare importanza, veicolata dal primo motivo del ricorso all’esame e relativa alla sussistenza o meno della legittimazione attiva del curatore fallimentare all’azione di risarcimento dei danni per il delitto di bancarotta preferenziale.