Alla perizia contrattuale non interessa l’equità

Quando le parti di un rapporto giuridico conferiscono a un terzo l'incarico di svolgere, in base alla sua specifica capacità tecnica, constatazioni e accertamenti, il cui esito si impegnano ad accettare, ricorre l'ipotesi della perizia contrattuale che si differenzia, oltre che dall’arbitrato, anche dall'arbitraggio avente quale oggetto l'incarico di determinare uno degli elementi del negozio in via sostitutiva della volontà delle parti. In essa, pertanto, l’ arbitro-perito” non deve ispirarsi alla ricerca dell’equilibrio economico secondo un criterio di equità mercantile, ma deve attenersi a norme tecniche e criteri scientifici propri della scienza, arte, tecnica o disciplina nel cui ambito si iscrive la valutazione che è stato incaricato di compiere.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 13291/16, depositata il 28 giugno. Se la perizia scontenta le parti, chi paga? I soci accomandanti di una s.a.s. di cui era deceduto il socio accomandatario, insieme alle eredi di quest’ultimo, incaricavano due professionisti per ottenere una stima del valore della società al momento del decesso dell’accomandatario. Essi, inoltre, si impegnavano a seguire la stima effettuata per liquidare la quota sociale del defunto in favore delle eredi. Ritenuta insoddisfacente la stima effettuata, le eredi citavano in giudizio gli altri soci e i professionisti incaricati per ottenere una stima giudiziale del valore delle quote, che il Tribunale determinava in misura notevolmente superiore rispetto alla valutazione dei professionisti. I soci, di conseguenza, citavano in giudizio gli incaricati per ottenere il risarcimento del danno, rappresentato dalla differenza in eccesso che erano stati costretti a corrispondere alle eredi del socio defunto. Il Tribunale condannava solidalmente i professionisti al risarcimento del danno ai soci, limitato però alle sole spese di giudizio e la sentenza veniva confermata in appello. Perizia contrattuale o arbitraggio? I soci accomandanti hanno adito la Corte di Cassazione denunciando l’omessa considerazione di un fatto decisivo, rappresentato dalla presenza di un patto per perizia contrattuale, nonché la violazione dell’art. 1349 c.c. in quanto – a loro dire – erroneamente applicato all’istituto. La norma, difatti, prevede che qualora la determinazione di una prestazione dedotta in contratto sia deferita a un terzo, questo debba procedere con equo apprezzamento. Nel caso in cui tale determinazione sia manifestamente iniqua o erronea, essa è valutata dal Giudice. La Corte, valutata la fondatezza delle doglianze sollevate ha evidenziato l’erroneità delle decisioni dei primi due gradi di giudizio e ha rimesso la decisione a una diversa composizione della Corte d’appello. I Giudici di prime cure e di appello, difatti, avevano accertato un inadempimento dei professionisti dovuto alla consegna di una opera intellettuale inidonea allo scopo per il quale era stato conferito il mandato e alla predisposizione di un prodotto definito inutile. Secondo i Giudici di merito, il risultato sperato non era stato, pertanto, raggiunto posta la intrinseca opinabilità e impugnabilità di ogni opera intellettuale. Pur essendo pacifico che le parti avevano conferito una efficacia vincolante al prodotto richiesto ai professionisti la Corte territoriale aveva, dunque, applicato il rimedio previsto dall’art. 1349 c.c. in tema di arbitraggio. Se c’è accettazione preventiva, è una perizia contrattuale. Sussiste perizia contrattuale – con conseguente inapplicabilità dell’art. 1349 c.c. – nel caso in cui le parti devolvano a un terzo, scelto per particolare competenza tecnica, la formulazione di un apprezzamento tecnico che le parti stesse si impegnano preventivamente, come nel caso in esame, ad accettare come diretta espressione della loro determinazione volitiva. Tale volontà non è solo diretta a determinare l’oggetto negoziale di per sé, ma è altresì finalizzata a un obiettivo preventivo-transattivo. La distinzione con l’arbitraggio di cui all’art. 1349 c.c. è chiaramente delineata dalla Corte di Cassazione, secondo la quale la clausola di arbitraggio è finalizzata a definire un negozio incompleto e con cui le parti demandano a un terzo la determinazione della prestazione. L’incaricato deve procedere con equo apprezzamento, adottando un criterio di valutazione ispirato all’equità contrattuale, che svolge una funzione di ricerca in via preventiva dell’equilibrio mercantile tra prestazioni contrapposte e perequazione degli interessi economici in gioco. Ne discende che tale valutazione è ancorata a criteri obiettivi, desumibili dal settore economico nel quale il contratto incompleto si iscrive e, in quanto tale, suscettibile di controllo giudiziale. Al contrario, con la perizia contrattuale, le parti deferiscono a un terzo il compito di formulare un accertamento tecnico che esse preventivamente si impegnano ad accettare come diretta espressione della loro volontà. L’arbitro-perito non deve essere ispirato dalla ricerca di un equilibrio economico, ma deve attenersi a norme tecniche e criteri scientifici, da cui discende la inapplicabilità della tutela di cui all’art. 1349 c.c

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 3 maggio – 28 giugno 2016, numero 13291 Presidente Travaglino – Relatore Graziosi Svolgimento del processo 1. Con atto di citazione notificato il 22 ottobre 2008 E.T. e S.L. convenivano davanti al Tribunale di Udine G.R. ed E.D.C. perché fossero condannati a risarcirli per inadempimento di attività professionale. Gli attori, quali soci accomandanti dì una s.a.s. di cui era deceduto il socio accomandatario L.T., insieme alle eredi di quest'ultimo avevano incaricato i convenuti di stimare il valore della società al momento del decesso dell'accomandatario, impegnandosi contrattualmente insieme con le eredi a seguire tale stima per liquidare la quota sociale dei defunto che ammontava al 50% alle eredi stesse. Si trattava di un incarico congiunto ad entrambi i professionisti, ma la perizia fu redatta e sottoscritta solo dal R., per cui le eredi dell'accomandatario citarono gli altri soci davanti al Tribunale di Udine per fare annullare la perizia per difetto di collegialità e per ottenere una stima giudiziale della quota. Con sentenza del 25 settembre 2006 l'adito Tribunale, ritenuta l'invalidità della perizia perché non collegiale, determinava il valore della quota dei defunto in misura assai superiore a quella stimata dal R. € 1.183.985 a fronte di € 725.000. Pertanto E.T. e S.L., adducendo che, qualora i professionisti avessero adempiuto all'incarico, essi attori non avrebbero dovuto pagare un importo così elevato, chiedevano la condanna dei due professionisti al risarcimento dei danni, consistenti nella differenza tra le due stime, nelle spese per il giudizio di cognizione ed esecuzione e nel danno non patrimoniale. Si costituivano separatamente i due convenuti, ciascuno resistendo il D.C. chiedeva pure, riconvenzional mente, il pagamento del compenso contrattuale. Con sentenza del 29 dicembre 2010 il Tribunale di Udine respingeva la domanda riconvenzionale del D.C. e condannava solidalmente i convenuti a risarcire a controparte i danni, limitati però alle spese dei giudizio di cognizione per € 77.967,94, oltre interessi e spese , ritenendo che scopo principale dell'incarico fosse evitare i tempi e i costi giudiziali per determinare il valore della quota spese che, invece, gli attori avrebbero dovuto sostenere in conseguenza dell'inadempimento dell'incarico da parte dei professionisti convenuti. Avendo E.T. e S.L. proposto appello principale e il D.C. proposto appello incidentale, ed essendosi costituito il R. chiedendo il rigetto di entrambi i gravami, la Corte d'appello di Trieste, con sentenza del 24 aprile-30 luglio 2013 li respingeva. 2. Hanno presentato ricorso E.T. e S.L., sulla base di quattro motivi il primo denuncia ex articolo 360, primo comma, numero 5 c.p.c. l'omessa considerazione di un fatto decisivo, cioè il patto per perizia contrattuale il secondo lamenta ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., la violazione dell'articolo 1349 c.c. in quanto applicato alla perizia contrattuale il terzo, ex articolo 360, primo comma, numero 5 c.p.c., lamenta omessa valutazione di fatto decisivo riguardante l'affidamento incolpevole degli attuali ricorrenti sulla stima il quarto, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., censura la sentenza per violazione e falsa applicazione degli articoli 1218 e 1223 c.c. Si difende con controricorso il D.C., che propone altresì ricorso incidentale fondato su tre motivi il primo, ex articolo 360, primo comma, numero 4 c.p.c., lamenta omessa pronuncia su specifiche eccezioni e domande proposte in appello, in violazione degli articoli 112 e 346 c.p.c. il secondo, ai sensi dell'articolo 360, primo comma,numero 3 c.p.c., denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1218 e 1223 c.c. quanto al nesso causale tra l'inadempimento professionale e le spese giudiziali sostenute dagli attuali ricorrenti il terzo, infine, denuncia ex articolo 360, primo comma, numero 4 c.p.c. omessa pronuncia su specifica domanda con violazione dell'articolo 112 c.p.c. i ricorrenti principali hanno presentato memoria ex articolo 378 c.p.c. Motivi della decisione 3. Il ricorso principale è fondato. 3.1 Il primo e il secondo motivo possono essere valutati congiuntamente. Nel primo, infatti, si prospetta, come vizio rnotívazionale, l'omessa considerazione di un fatto decisivo, cioè il patto tra le attuali gli attuali ricorrenti e le eredi di L.T. avente ad oggetto una perizia contrattuale, in quanto tale vincolante e il secondo concerne la denuncia di violazione dell'articolo 1349 c.c. per averlo applicato alla perizia contrattuale partendo dal presupposto, in sostanza, che questa non fosse una perizia vincolante. Per meglio comprendere i due motivi, occorre sintetizzare come il giudice d'appello ha esternato il suo onvincimento in ordine all'incarico che era stato conferito ai due professionisti dagli attuali ricorrenti e dalle suddette eredi. Definendo Impeccabile quanto ritenuto dal giudice di prime cure, la corte territoriale afferma che il nucleo centrale dei suo ragionamento risiede nel fatto che l'inadempimento è configurabile nella consegna di un'opera intellettuale non idonea allo scopo per il quale era stato conferito il mandato e che, nel caso de quo, i prestatori d'opera hanno fornito un prodotto inutile ai committenti . Per questi ultimi però, secondo il giudice di merito, il risultato sperato non era una perizia vincolante, non potendo esserla nessuna opera del genere per l'intrinseca opinabilità, con il corollario dell'impugnabilità, a torto o a ragione, ex art. 1349 da ciascun committente che si ritenga insoddisfatto . Sarebbe quindi gravato sui committenti appellanti - gli attuali ricorrenti - dimostrare quale vantaggio giuridico maggiore avrebbe dato una perizia valida per indurre la controparte ad accettare la proposta dei professionisti . E se questi avessero consegnato un prodotto valido , sempre secondo la corte territoriale gli odierni appellanti avrebbero dovuto difendersi dalla sola domanda ex art. 1349 c.c. , i cui esiti non sarebbero stati prevedibili. In conclusione, il prodotto anche valido non avrebbe potuto avere alcun potere vincolante perché l'accordo fra gli ex soci non prevedeva alcuna rinuncia all'azione ex art. 1349 c.c. per cui sulla differenza di valori di quota sociale qualsiasi effetto causale dipendeva non dalla bontà della prestazione, ma dal diritto potestativo delle altre committenti eredi di T.L. . II nucleo delle doglianze in esame risiede allora nella denuncia della inapplicabilità dell'articolo 1349 c.c. al caso di specie come prospettato dalla corte territoriale, avendo tutte le parti riconosciuto che il prodotto avrebbe dovuto avere un'efficacia vincolante per loro in quanto committenti, e avendo in realtà lo stesso giudice di primo grado riconosciuto che in caso di esatto adempimento dell'incarico non vi sarebbe stato alcun giudizio oppure, se questo fosse stato instaurato, l'eventuale domanda avrebbe potuto essere paralizzata ricorrendo alle determinazioni di cui alla perizia , come insegna la giurisprudenza di legittimità e la prevalente dottrina. Ritengono pertanto i ricorrenti l'inammissibilità di un'impugnazione per iniquità o erroneità nel caso di perizia contrattuale in quanto soltanto la determinazione dell'arbitratore può essere fatta con equo apprezzamento e come tale soggetta al rimedio per manifesta iniquità od erroneità di giudizio , mentre va esclusa per il perito contrattuale poiché la sua determinazione è sottratta ad ogni criterio discrezionale . E questo, ad avviso dei ricorrenti, è assorbente e dirimente rispetto ad ogni altro profilo. 3.2 La perizia contrattuale, invero, sussiste quando le parti devolvono a uno o più terzi, scelti per una particolare competenza tecnica, la formulazione di un apprezzamento tecnico che le parti stesse si impegnano preventivamente ad accettare come diretta espressione della loro determinazione volitiva così Cass. sez. 1, 10 maggio 2007 numero 10705 Cass. sez. 3, 12 maggio 2005 numero 10023 Cass. sez. 3, 24 maggio 2004 numero 9996 Cass. sez. 1, 27 settembre 2002 numero 14015 Cass. sez. 1, 3 maggio 2000 numero 5505 Cass. sez. 2, 5 gennaio 2000 numero 38 Cass. sez. 3, 18 febbraio 1998 numero 1721 volontà diretta non solo a determinare l'oggetto negoziale di per sé, ma altresì finalizzata ad un obiettivo preventivo-transattivo che si nutre proprio della vincolatività cfr., oltre alla giurisprudenza appena citata, Cass. sez. 2, 30 marzo 1995 numero 3791, che sottolinea come la perizia contrattuale condivide con l'arbitrato libero lo scopo di eliminare, su basi trattative o conciliative, una controversia, differenziandosene per la natura di questa - tecnica per la perizia, giuridica per l'arbitrato - ma non per gli effetti, dato che in entrambi il contrasto è superato mediante la creazione di un nuovo assetto di interessi dipendente dal responso del terzo, che le parti si impegnano preventivamente a rispettare sulla stessa linea Cass. sez. 1, 12 luglio 1996 numero 6344 Cass. sez. 1, 5 dicembre 2001 numero 15410 . La distinzione con l'arbitraggio ex articolo 1349 c.c., peraltro, è stata assai chiaramente delineata da Cass. sez.3, 30 giugno 2005 numero 13954. Osserva questa - del tutto condivisibile - pronuncia che, inserendo la clausola di arbitraggio in un negozio incompleto in uno dei suoi elementi, le parti demandano ad un terzo arbitratore la determinazione della prestazione, impegnandosi ad accettarla e l'arbitratore, sempre che le parti non si siano affidate al suo mero arbitrio, deve procedere con equo apprezzamento alla determinazione della prestazione, adottando cioè un criterio di valutazione ispirato all'equità contrattuale, che in questo caso svolge una funzione di ricerca in via preventiva dell'equilibrio mercantile tra prestazioni contrapposte e di perequazione degli interessi economici in gioco , risolvendosi così l'equo apprezzamento in valutazioni che, pur ammettendo un certo margine di soggettività, sono ancorate a criteri obbiettivi, desumibili dal settore economico nel quale il contratto incompleto si iscrive, in quanto tali suscettibili di dare luogo ad un controllo in sede giudiziale circa la loro applicazione nel caso in cui la determinazione dell'arbitro sia viziata da iniquità o erroneità manifesta, il che si verifica quando sia ravvisabile una rilevante sperequazione tra prestazioni contrattuali contrapposte, determinate attraverso l'attività dell'arbitratore . Diverso invece è il caso della perizia contrattuale, che ricorre quando le parti deferiscono ad uno o più soggetti, scelti per la loro particolare competenza tecnica, il compito di formulare un accertamento tecnico che esse preventivamente si impegnano ad accettare come diretta espressione della loro volontà contrattuale anche la perizia contrattuale, invero, costituisce fonte di integrazione del contratto, ma si distingue dall'arbitraggio perché l'arbitro-perito non deve ispirarsi alla ricerca di un equilibrio economico secondo un criterio di equità mercantile, ma deve attenersi a norme tecniche ed ai criteri tecnico-scientifici propri della scienza, arte, tecnica o disciplina nel cui ambito si iscrive la valutazione che è stato incaricato di compiere , da ciò conseguendo che nel caso di perizia contrattuale va esclusa l'esperibilità della tutela tipica prevista dall'art. 1349 c.c. per manifesta erroneità o iniquità della determinazione del terzo, trattandosi di rimedio circoscritto all'arbitraggio, in quanto presuppone l'esercizio di una valutazione discrezionale e di un apprezzamento secondo criteri di equità mercantile, inconciliabili con l'attività strettamente tecnica dell'arbitro-perito . Risulta pertanto fondata la doglianza dei ricorrenti erroneamente la corte territoriale ha escluso, a ben guardare, l'utilità stessa dell'accordo che essi avevano stipulato con le eredi del socio defunto, giungendo ad affermare motivazione, pagine 23-24 che il conseguente prodotto anche valido non avrebbe avuto alcun potere vincolante perché l'accordo fra gli ex soci non prevedeva alcuna rinuncia all'azione ex art. 1349 c.c. . Ciò assorbe gli ulteriori motivi, conducendo all'accoglimento dei ricorso principale, avendo in sostanza errato il giudice d'appello nella individuazione delle conseguenze pregiudizievoli che i ricorrenti hanno subito I' impossibilità di avvalersi della stima ch e insieme a lle eredi di luigi T. per avevano incaricato G.R. ed E.D.C. di espletare come perizia contrattuale vincolante nei confronti di tutti i conferenti. 4. II ricorso incidentale è invece infondato. Il primo motivo, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 4 c.p.c., denuncia omessa pronuncia del giudice d'appello in ordine a specifiche eccezioni e domande che gli sarebbero state proposte, in violazione degli articoli 112 e 346 c.p.c. Tuttavia, per indicare tali non considerate precise censure il motivo riporta un amplissimo stralcio che si estende da pagina 27 a pagina 32 del controricorso della comparsa di costituzione in appello, così cadendo in inammissibilità per mancanza di specificità, e, in ultima analisi, riproponendo il gravame di secondo grado al giudice di legittimità. Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1218 e 1223 c.c. per avere la corte territoriale ritenuto sussistente un nesso causale tra l'inadempimento dei professionisti e le spese giudiziali sostenute dai ricorrenti principali come conseguenza immediata e diretta ex articolo 1223 c.c. di tale inadempimento. La maggior parte delle eccezioni disattese dai ricorrenti principali, invece, non sarebbe stata attinente alla nullità della perizia. Premesso che di quest'ultimo rilievo non si comprende l'incidenza, per quanto concerne invece la censura che lamenta che il giudice d'appello ha ritenuto eziologicamente connesso l'inadempimento del R. e del ricorrente con le spese giudiziali sostenute dai ricorrenti principali, non può non rilevarsi l'evidenza della natura fattuale, poiché in sostanza si persegue una revisione da parte del giudice di legittimità in ordine a una valutazione che è chiaramente di merito. Il terzo motivo, ex articolo 360, primo comma, numero 4 c.p.c., lamenta omessa pronuncia su specifica domanda, con violazione dell'articolo 112 c.p.c. Nell'appello incidentale subordinato era stata infatti chiesta la riduzione del danno riconosciuto ex articolo 1227 c.c. perché gli attuali ricorrenti principali non avevano impugnato la sentenza del 29 dicembre 2010 pronunciata dal Tribunale di Udine. A tacer d'altro, la questione risulta assorbita dall'accoglimento dei ricorso principale, che comporta la rideterminazione ad opera del giudice di rinvio del danno subito dai ricorrenti principali. In conclusione, per l'accoglimento del ricorso principale la sentenza deve essere cassata con un rinvio alla corte territoriale in diversa composizione deve invece essere rigettato il ricorso incidentale. Al giudice di rinvio si rimette la decisione sulle spese processuali. P.Q.M. In accoglimento del ricorso principale cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Trieste in diversa composizione rigetta il ricorso incidentale e rimette al giudice di rinvio la decisione sulle spese.