Legittimo il decreto ingiuntivo da delibera societaria

In tema di rapporti tra società cooperativa a responsabilità limitata e soci e quindi di obbligazioni, la delibera dell’assemblea ordinaria di ricognizione dei debiti sociali, in mancanza di relativa rituale impugnazione, ha carattere probatorio e vincolante, anche nei confronti dei soci dissenzienti pertanto, il magistrato non deve ricostruire la contabilità della società e ciò sia pur in caso di doglianze ad hoc, non suffragate da fatti e prove adeguatamente esposti in ricorso, da parte del socio.

E’, quindi, legittima, e va pertanto confermata, la sentenza di merito con cui, accertata la mancata trascrizione degli atti invocati da parte del socio ricorrente nonché la conformità della ratio decidendi giudiziale ai principi di diritto, venga dichiarato il socio debitore nei confronti della società sulla base della sola medesima deliberazione sociale. Il principio si argomenta dalla sentenza n. 10828, decisa il 22 aprile 2016 e depositata il 25 maggio 2016. Il caso. Una cooperativa edilizia a responsabilità limitata approvava una delibera avente ad oggetto il recupero delle morosità ed un’altra sul recupero giudiziale di tale credito nei confronti di un singolo socio, entrambe non impugnate da quest’ultimo così, la stessa società, ricorrente in giudizio e successivamente messa in liquidazione , otteneva relativo decreto ingiuntivo, prima revocato a seguito di opposizione in primo grado e poi invece confermato in secondo grado da parte del magistrato che aveva rilasciato precedentemente il medesimo decreto. Il debito tra delibera e provvedimento giudiziale lo stato inter partes”. In primis , vanno richiamati gli artt. 3, 24 e 111 Cost., 6 CEDU, 2224, 2324, 2364, 2377, 2379, 2423, 2423- bis , 2424, 2441, 2516, 2697 e 2709 c.c., 51 comma 4, 91, 115, 161, 163, 175, 184, 280, 281, 370, 633, 645 e 653 c.p.c. nonché la l. n. 2/1999 ed i principi di imparzialità e terzietà. All’uopo, necessita focalizzare sul concetto di procedimento, provvedimento, diritto, onere, inadempimento e responsabilità. Prima facie , si potrebbe pensare ad una sorta di rilevanza, ex se , dell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo e dell’invocato pagamento dei debiti sociali. In realtà, sul piano sostanziale due le principali osservazioni da effettuare. La prima sull’onere probatorio del debito, coincidente con la produzione, in giudizio, della deliberazione sociale ad hoc . La seconda, anche quale sub-osservazione, sull’efficacia vincolante di una delibera sociale di approvazione del bilancio e della relativa assimilabilità, in tal senso, di una delibera ricognitiva dei debiti sociali Cass. Sez. lav. n. 8938/1997 . Sotto il profilo formale-procedurale, tre le osservazioni. La prima sull’asimmetria tra ricorso e contro-ricorso in ambito di auto-sufficienza in sede di Cassazione laddove nel primo è necessario indicare se, come, dove e quando le eccezioni siano state dal debitore poste nella fase di merito onde poter valutare la risposta del relativo giudice mentre nel secondo è possibile limitarsi a fare riferimento ai fatti esposti nella sentenza impugnata Cass. Sez. V n. 13140/2010 . La seconda, anche quale sub-osservazione, sull’eventuale configurabilità di vizi della delibera sociale, da farsi valere, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, nei termini di legge. La terza sul divieto di mescolare critiche motivazionali e presunte violazioni di legge ai fini dell’eventuale nullità della sentenza sul punto, va sottolineata la legittimità del provvedimento ingiuntivo emesso dal giudice d’appello, non ricusato, che abbia già rilasciato, anteriormente, il medesimo decreto inaudita altera parte e nella fase iniziale e non contenziosa Cass. Sez. III n. 20/2010 e Sez. II n. 14807/2008 . De iure condito , la delibera approvata dalla cooperativa rileva quale fonte di obbligazione nei termini di cui all’art. 1173 c.c. e, dunque, negoziali. Rebus sic stantibus , è irrilevante la messa in liquidazione della società successivamente alla delibera di ricognizione del debito così come la revoca, in primo grado, del decreto ingiuntivo ed il successivo ripristino” in secondo grado infine, è indifferente la ragione sociale della società-creditrice. Decisione la delibera societaria è titolo creditorio ex lege. In ambito di rapporti tra crediti e debito e cioè tra creditore e debitore, il giudice procedente può dare atto dell’esistenza del credito sociale in forza della sola deliberazione sociale ad hoc App. Messina 05-07-2012 n. 439 . Ergo , il ricorso va respinto.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 22 aprile - 25 maggio 2016, n. 10828 Presidente Bernabai – Relatore Genovese Svolgimento del processo 1. La Corte d’Appello di Messina ha accolto l’impugnazione proposta dalla Cooperativa edilizia Luisa a r.l. avverso la sentenza del Tribunale di quella stessa città che, a sua volta, in accoglimento dell’opposizione al decreto ingiuntivo da parte della socia, signora Z.A. , aveva revocato il decreto richiesto dalla società e rilasciato dal Pretore di Messina e compensato le spese di lite, per il difetto della prova del credito della società verso la socia. 1.1. La Corte territoriale, invece, ha riformato la decisione di prime cure, rigettato l’opposizione al monitorio e condannato l’opponente al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio. 1.2. Secondo il giudice distrettuale, in particolare, non avendo la socia impugnato direttamente né la delibera del 6 agosto 1996 riguardante il recupero delle morosità di alcuni soci, tra i quali la signora Z. né quella del C.d.A. del 13 novembre 1996 relativa al recupero giudiziale del credito vantato nei confronti della socia , queste - ed, in particolare la prima, a norma dell’art. 2377 c.c. - avrebbe vincolavano tutti i soci, ancorché non intervenuti o dissenzienti, divenendo la fonte dell’obbligazione, senza che potesse rilevare la mancata esibizione dei pretesi rilevanti documenti contabili, quali i bilanci societari e lo stato patrimoniale della cooperativa, in quanto il vincolo debitorio nasceva dall’apposita deliberazione sociale relativa alla accertata morosità di alcuni soci, fra i quali l’odierna ricorrente. 1.3. Trattandosi di un vizio di annullabilità, peraltro, esso, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, non poteva essere fatto valere oltre il termine di legge 90 giorni . 2. Avverso tale decisione la signora Z.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a dieci motivi, illustrati con memoria, contro cui resiste la società cooperativa, con controricorso e memoria illustrativa. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso violazione e falsa applicazione dell’art. 51, 4 co., c.p.c., in relazione agli artt. 161, 175, 281 c.p.c., 3 e 24 e 111 Cost. art. 360 n. 4 c.p.c. la ricorrente, premesso che il presidente del collegio di appello aveva già svolto alcune funzioni giurisdizionali nello stesso procedimento, rilasciando il decreto ingiuntivo in favore della cooperativa, ha eccepito la nullità della sentenza in questa sede impugnata, per essere stata resa da un giudice che, avendo deciso un’altra fase dello stesso procedimento, sarebbe stato affetto dal pregiudizio derivante dalle pregresse funzioni svolte, con violazione dei principi scaturenti anche dalla CEDU e dalla Carta di Nizza. 2. Con il secondo violazione e falsa applicazione degli artt. 2377, 2324, 2423, 2424, 2516 e 2224 in relazione agli artt. 163, 184, 633 c.p.c., illogicità manifesta e vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. la ricorrente si duole della riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui avrebbe disatteso le eccezioni relative ai successivi pagamenti della socia, alle quietanze rilasciate, al trasferimento dell’alloggio ed alla liquidazione del sodalizio. 3. Con il terzo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, vizio di logicità, violazione di legge in relazione agli artt. 2364, 2424 e 2516 art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. la ricorrente, in relazione alle doglianze già esposte con il precedente mezzo di cassazione, lamenta la mancata considerazione e valutazione dei versamenti successivi da parte della socia e le conseguenti variazioni di bilancio posteriori alla delibera non impugnata. 4. Con il quarto violazione di legge vizio di motivazione, illogicità manifesta omesso contraddittorio e/o insufficiente motivazione circa un punto controverso od un fatto determinante del procedimento in relazione agli artt. 115, 633 e 645 c.p.c., 2697, 2423 e 2423-bis c.c. art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. la ricorrente si duole del mancato esame delle ragioni di merito e di diritto sostanziale avanzate nell’opposizione atteso che la sentenza della Corte territoriale, errando, si sarebbe limitata a vagliare solo le ragioni di proponibilità del ricorso e non anche di valutare tutto ed intero il procedimento istruttorio di primo grado e le incontestate risultanze ottenute, specie in considerazione della natura del procedimento di opposizione al decreto ingiuntivo che imporrebbe l’esame sostanziale della pretesa creditoria che ne è alla base. 5. Con il quinto violazione e falsa applicazione degli artt. 631 e 653 c.p.c. omessa motivazione, vizio di logicità, nullità travisamento dei fatti art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. la ricorrente lamenta che il giudice distrettuale non abbia tenuto conto né dei bilanci della Cooperativa né della CTU espletata nel corso del giudizio, documenti dai quali emergerebbe l’inesistenza di alcun credito da parte della Cooperativa. Infatti da entrambi tali documenti risulterebbe mancare il preteso credito, quand’anche fosse stato esistente al momento del deposito del ricorso per il decreto ingiuntivo, così come sarebbe stato chiesto nei motivi d’appello. 6. Con il sesto violazione di legge, violazione e falsa applicazione degli artt. 2379, 2441, 2423 e 2697 in relazione agli artt. 633 e 645 c.p.c art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. la ricorrente si duole della mancata considerazione del contenuto delle delibere assembleari di approvazione dei bilanci successivi all’anno 1996, dai quali risulterebbe che i crediti della società verso i soci sarebbero pari a zero. Il Carattere vincolativo della deliberazione di ricognizione dei debiti sociali dell’anno 1996 avrebbe dovuto essere considerata al pari di quella relativa agli esercizi successivi, parimenti vincolanti. 6.1. Inoltre, la ricorrente avrebbe fornito la prova dei pagamenti dell’ulteriore somma pari a Lire 25 milioni, eseguiti con bonifici, dei quali mancherebbe la tracci anella contabilità della società. 7. Con il settimo violazione di legge, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 in relazione agli artt. 115, 280, 281 c.p.c e 2423 e 2424 c.c. art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. la ricorrente si duole del mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte della Cooperativa e della omessa sua valutazione da parte del giudice distrettuale. 8. Con l’ottavo vizio di motivazione, contraddittoria e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia art. 360 n. 3 c.p.c. violazione di norme di diritto la ricorrente si duole del mancato esame delle vicende successive al deliberato del 1996 e, precisamente, della messa in liquidazione della società, raggiungimento dello scopo sociale, l’assegnazione degli alloggi e persino l’alienazione dei cespiti della cooperativa. Fatti tutti dai quali si ricaverebbe l’inesistenza del credito della Cooperativa verso i soci, così come risultante dai bilanci di esercizio approvati dall’assemblea pienamente vincolanti. 9. Con il nono violazione di legge, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 in relazione agli artt. 115, 280, 281 c.p.c e 2423 e 2424 c.c., in relazione all’art. 184 c.p.c. art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. e vizio di omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia la ricorrente si duole del mancato computo delle proprie anticipazioni alla Cooperativa, delle quietanze e degli incassi da questa fatti propri fino a tutto il 2005, della mancata esibizione della documentazione contabile, della mancata appostazione analitica in bilancio di tutte le voci corrette e della omessa loro valutazione da parte del giudice distrettuale. 10. Con il decimo violazione delle norme in tema di liquidazione delle spese giudiziali ex art. 91 e ss. c.p.c. art. 360 n. 2 c.p.c. e vizio di omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia la ricorrente si duole della violazione della quantificazione delle spese che, in relazione al valore di Euro 3.000,00, avrebbero dovuto portare ad una quantificazione di Euro 699,00 per diritti ed onorari. 11. Preliminarmente, deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità del controricorso, sollevata dalla ricorrente nella sua memoria, per il presunto difetto di autosufficienza di esso, e ciò in ragione della asimmetria che nel processo di cassazione rivestono gli atti principali che alimentano il giudizio di legittimità, avendo il controricorso un ruolo subordinato e una funzione di risposta all’atto propulsivo, che è costituito dal ricorso, il quale deve necessariamente contenere tutti i dati e le informazioni necessarie a permetterne il suo svolgimento, a cominciare dalla vicenda processuale ed ai fatti essenziali sottostanti, rappresentati nella sua sintesi utile alla comprensione delle questioni agitate nel corso dell’intero processo, alla loro riduzione progressiva nel corso delle diverse fasi, fino alla loro riduzione in quella di legittimità. 11.1 . Va perciò data piena continuità al principio di diritto, che qui si ribadisce, secondo cui nel giudizio per cassazione, l’autosufficienza del controricorso è assicurata, ai sensi dell’art. 370, secondo comma, cod. proc. civ., che dichiara applicabile l’art. 366, primo comma, cod. proc. civ. in quanto possibile, anche quando l’atto non contenga l’autonoma esposizione sommaria dei fatti della causa, ma si limiti a fare riferimento ai fatti esposti nella sentenza impugnata . Sez. 5, Sentenza n. 13140 del 2010 . 12. Il primo motivo, secondo il quale la sentenza sarebbe nulla per il pregiudizio di uno dei componenti del collegio giudicante - che aveva già svolto funzioni giurisdizionali nel caso in esame, rilasciando il decreto ingiuntivo in favore della cooperativa, - appare, oltre che incongruo rispetto alla nozione costituzionalmente condivisibile della prevenzione del giudizio , avendo quel giudice - persona fisica svolto una sommaria delibazione, inaudita altera parte, volta al rilascio di un decreto ingiuntivo in una fase iniziale e non contenziosa della causa, anche manifestamente infondato. 12.1. Deve infatti ribadirsi il principio di diritto, già elaborato da questa Corte, secondo cui anche a seguito della modifica dell’art. 111 Cost., introdotta dalla legge costituzionale n. 2 del 1999, in difetto di ricusazione la violazione dell’obbligo di astenersi da parte del giudice che abbia già conosciuto della causa in altro grado del processo art. 51, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. non è deducibile in sede di impugnazione come motivo di nullità della sentenza da lui emessa, giacché la norma costituzionale, nel fissare i principi fondamentali del giusto processo tra i quali, appunto, l’imparzialità e terzietà del giudice ha demandato al legislatore ordinario di dettarne la disciplina e, in considerazione della peculiarità del processo civile, fondato sull’impulso paritario delle parti, non è arbitraria la scelta del legislatore di garantire, nell’ipotesi anzidetta, l’imparzialità e terzietà del giudice tramite gli istituti dell’astensione e della ricusazione. Né detti istituti, cui si aggiunge quello dell’impugnazione della decisione nel caso di mancato accoglimento della ricusazione, possono reputarsi strumenti di tutela inadeguati o incongrui a garantire in modo efficace il diritto della parti alla imparzialità del giudice, dovendosi, quindi, escludere un contrasto con la norma recata dall’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la quale, sotto l’ulteriore profilo dei contenuti di cui si permea il valore dell’imparzialità del giudice, nulla aggiunge rispetto a quanto già previsto dal citato art. 111 Cost. Sez. 3, Sentenza n. 20 del 2010 Sez. 2, Sentenza n. 14807 del 2008 . 13. Il secondo ed il terzo motivo appaiono inammissibili in quanto, in disparte la non consentita mescolanza tra critiche motivazionali e presunte violazioni di legge, le doglianze circa l’esistenza di deliberati successivi allegati e non considerati dal giudice distrettuale risultano non autosufficienti perché, oltre a non essere trascritte, non dicono se, come, quando e dove esse siano state poste nel corso della fase di merito, onde verificare la loro formulazione e, conseguentemente, la risposta o la mancata risposta fornita dalla Corte territoriale. 14. Il quarto mezzo, da esaminarsi assieme al settimo che pone il problema dell’assolvimento dell’onere probatorio da parte della Cooperativa, attrice sostanziale , è manifestamente infondato atteso che la ratio decidendi , posta a base della pronuncia impugnata, è costituita dall’esistenza di un vincolo giuridico per il socio, nascente dal deliberato assembleare, mai impugnato dalla debitrice, riguardante la ricognizione del debito di alcuni soci, fra i quali l’odierna ricorrente. Deliberato poi posto in esecuzione, attraverso la successiva decisione del CdA di far ricorso all’azione ingiuntiva, ossia al prodromo dell’odierna fase giudiziale. 14.1. Infatti, tale ratio decidendi , chiaramente espressa nella sentenza impugnata, è conforme ai principi di diritto che sono già stati, più volte, enunciati da questa Corte, anche se soprattutto in relazione alla delibera di approvazione del bilancio sociale. 14.1.1. È principio già affermato quello secondo cui la delibera di un’assemblea ordinaria di una società cooperativa a responsabilità limitata, avente ad oggetto l’approvazione del bilancio, ai sensi dell’art. 2364, primo comma, n. l cod. civ., conformemente alla generale vincolatività delle delibere assembleari per tutti i soci, anche dissenzienti, in mancanza di rituale impugnazione, ha piena efficacia vincolante nei confronti di tutti i soggetti legati dal rapporto sociale, e costituisce altresì piena prova del credito che la società vanta nei confronti del singolo socio, atteso che il principio della libera valutabilità da parte del giudice di merito dei libri e delle scritture contabili, e quindi anche del bilancio, dell’impresa soggetta a registrazione, ai sensi dell’art. 2709 cod. civ., non si estende ai rapporti fra società e socio, per essere agli stessi applicabile, anche con riguardo alle rispettive posizioni debitorie e creditorie l’indicato principio della vincolatività . Cass. Sez. L, Sentenza n. 8938 del 1997 . 14.2 . Né può sminuirsi un tale principio nei casi, come quello esaminato, in cui si trattava dell’approvazione non già del bilancio sociale ma di una delibera ricognitiva del debito di alcuni soci, atteso che anche tali decisioni societarie, al pari sia di quella canonica di approvazione del bilancio, così come di ogni altra diversa deliberazione assembleare, in mancanza di una rituale impugnazione, producono l’effetto proprio della vincolatività per tutti i soci e costituiscono, ove la società chieda di accertare di essere creditrice verso taluni soci, in modo chiaro ed espresso, piena prova di tale credito che la società, con formale e valida deliberazione assembleare, abbia affermato nei confronti dei partecipi morosi. 14.3. Ne discende che, in tali casi, a fronte della contestazione del titolo di credito vantato dalla società sulla base di una siffatta deliberazione, non ha errato il giudice di merito che - richiesto del riesame del rapporto sostanziale intercorrente tra società e socio - si sia rifiutato di ricostruire la contabilità e la storia del rapporto di dare ed avere tra l’ente ed il suo partecipe e si sia limitato a dar atto dell’esistenza del credito sociale, sulla base del solo titolo costituito dalla deliberazione, mai impugnata dal socio, nel termine di legge. 14.4. Perciò, nella specie, non può fondatamente discorrersi neppure di violazione della regola dell’onere probatorio. 15. Il quinto mezzo, al pari dei primi, appare inammissibile in quanto, ancora in disparte la non consentita mescolanza tra critiche motivazionali e presunte violazioni di legge, le doglianze circa l’esistenza di allegazioni e documentazioni provanti l’inesistenza - quantomeno sopravvenuta - del credito della società, elementi e dati non considerati dal giudice di appello risultano non autosufficienti perché, ancora una volta, non dice se, come, quando e dove esse siano state poste nel corso della fase di merito non essendo sufficiente il generico riferimento ai motivi di appello , onde verificare la loro formulazione e, conseguentemente, quale sia stata la risposta o la mancata risposta da parte del giudice distrettuale. 15.1. Lo stesso dicasi della doglianza relativa alla mancata valutazione giudiziale del fatto relativo alla non comparizione del legale rappresentante della società all’udienza in cui era fissato il suo interrogatorio formale, in quanto di tale mezzo s’ignorano finanche quali siano stati ex art. 230 c.p.c. gli articoli separati e specifici non trascritti, come era onere del ricorrente ammessi dal giudice, anche allo scopo di rilevarne la decisività della pretesa omissione. 16. Il sesto, l’ottavo ed il nono mezzo, al pari dei primi, appaiono inammissibili in quanto le doglianze circa l’esistenza di allegazioni e documentazioni provanti l’inesistenza - quantomeno sopravvenuta - del credito della società, non considerati dal giudice di appello risultano non autosufficienti perché, per l’ennesima volta, non dice neppure se, come, quando e dove esse siano state poste nel corso della fase di merito. 17. L’ultimo mezzo è manifestamente infondato in quanto il presupposto in relazione al quale si lamenta la violazione dei limiti tariffari relativi ai compensi professionali è stato calcolato sulla base di E 3000,00 di valore della odierna controversia che, invece, essendo pari ad E 13.037,00 circa, comporta il rigetto del corrispondente mezzo di doglianza, per l’irrilevanza di quei richiami ad uno scaglione tariffario inadeguato al caso qui da esaminarsi. 18. Il ricorso, pertanto, essendo complessivamente infondato, deve essere respinto. 19. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questa fase che si liquidano in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali forfettarie ed agli accessori di legge.