Se il marchio è “debole”, la protezione è “lieve”

Sussiste la contraffazione di un marchio forte” quando si ripeta in un segno concorrente, in qualunque modo, la sua tipica ed individualizzante capacità distintiva ed il suo caratteristico messaggio, mentre ad evitare la contraffazione del marchio debole”, il cui messaggio è intrinsecamente poco individualizzante, sono sufficienti differenziazioni anche lievi.

E’ quanto emerso dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 10078, depositata il 17 maggio 2016. Il caso. La Corte d’appello di Milano, riformando la decisione di primo grado del Tribunale di Bergamo, aveva respinto le domande svolte da una società che chiedeva l’accertamento della contraffazione del proprio marchio Lovable Mimesis” ad opera di un’impresa concorrente che utilizzava il marchio Mimetic Papillon”. Le domande dell’attrice miravano anche all’accertamento di condotte di concorrenza sleale e alla condanna al risarcimento dei danni patiti. Tutte le richieste venivano respinte dalla Corte territoriale e la società ricorreva in Cassazione. Secondo i giudici di Milano il termine mimesis” era considerato meramente descrittivo ed evocativo delle caratteristiche del prodotto commercializzato dalla società ricorrente. Si trattava in definitiva di un marchio debole” per il quale erano sufficienti semplici varianti del termine per escludere ipotesi di contraffazione ad opera dei concorrenti. La netta evidenziazione e la sicura differenziazione tra i prodotti realizzati dalle due imprese erano determinati dalla combinazione con i diversi termini Lovable” e Papillon”, specificamente indicativi del produttore e inequivocabilmente riferibili a prodotti di due realtà imprenditoriali distinte. Nessuna rilevanza poteva essere attribuita al termine mimesis”. .La società non poteva dunque lamentare alcuna contraffazione per l’utilizzo da parte della concorrente del segno mimetic”. La Cassazione condivide le motivazioni della Corte d’appello e respinge il ricorso. Come spiegato dai giudici di secondo grado, il carattere distintivo dei prodotti era costituito dai segni Lovable” e Papillon” aventi natura di marchio forte, mentre nessuna rilevanza in tal senso poteva essere attribuita al termine mimesis”. Secondo il costante orientamento della Cassazione ex multis Cass. 3118/2015 e Cass. 1906/2010 , un marchio si definisce forte” quando è costituito da un segno privo di attinenza con il prodotto che contraddistingue. Questo tipo di marchio non presenta pertanto alcun collegamento concettuale o nesso logico con il prodotto cui si riferisce ed è frutto di pura fantasia da parte dell’inventore. Un marchio debole” al contrario si limita a descrivere” la natura o le qualità di un prodotto evocando il bene così contraddistinto. Nel caso di marchio debole il titolare non può evitare che altri lo usino semplicemente ricorrendo a lievi varianti rispetto al proprio. In ipotesi invece di marchio forte, la tutela è piena e maggiore con il divieto nei confronti degli imitatori che utilizzano segni simili per prodotti analoghi. Nel caso di specie il segno mimesis” era giudicato debole poiché non nasceva dalla pura fantasia del titolare completamente slegata” dalle caratteristiche del prodotto. Questo perché il termine serviva proprio per evocare immediatamente le caratteristiche dei capi di abbigliamento cui si riferiva cioè indumenti aderenti alla pelle e invisibili sotto gli abiti, mimetici” appunto . La società concorrente quindi poteva utilizzare il segno lievemente diverso mimetic”, tanto più che l’elemento distintivo era dato dalla combinazione con le espressioni Lovable” e Papillon”. Questi sì sono considerati segni diversi, forti” e privi di qualsiasi attinenza con i prodotti che dovevano contraddistinguere cioè capi di abbigliamento . Marchi complessi Osserva inoltre la Cassazione che Lovable mimesis” e Papillon mimetic” sono marchi complessi, cioè composti da più elementi, per i quali la forza distintiva è affidata a uno o più di tali elementi costituenti il cosiddetto cuore” protetto per la sua originalità cioè Lovable” e Papillon” . Anche la censura relativa a presunte ipotesi di concorrenza sleale ex art. 2598, comma 3, c.c. si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda non è condivisa dalla Corte non avendo la società specificamente individuato le singole condotte contestate, nonché i luoghi e i tempi delle medesime. Il motivo si rivela quindi del tutto generico e non fondato. Il ricorso viene pertanto respinto e la sentenza di secondo grado rimane confermata.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 15 marzo – 17 maggio 2016, n. 10078 Presidente Ragonesi – Relatore Nazzicone Svolgimento del processo La Corte d'appello di Milano con sentenza del 12 marzo 2009, in accoglimento dell'impugnazione avverso la decisione del Tribunale di Bergamo, ha respinto le domande proposte dalle società Sara Lee Meats Europe B.V. e Lovable Italiana s.p.a. cui sono subentrate, quali successori a titolo particolare, rispettivamente la DBA Lux 1 e la Branded Apparel Italia s.r.l. - la prima titolare e la seconda licenziataria del marchio internazionale per articoli di biancheria intima Lovable Mimesis - contro la Ladyberg s.p.a., titolare del segno Mimetic Papillon , volte all'accertamento della contraffazione del marchio e della concorrenza sleale, alla conferma del provvedimento cautelare di inibitoria, alla condanna della medesima al risarcimento del danno, oltre alla sanzione per ogni ulteriore violazione ed alla pubblicazione della sentenza. La corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha ritenuto il carattere descrittivo del termine mimesis, con valenza meramente evocativa delle caratteristiche del prodotto, costituito da capi aderenti alla pelle ed invisibili sotto gli abiti. Ha concluso, pertanto, per la qualificazione del marchio in discussione come marchio debole in riferimento alla parola mimesis in esso inserita, con la conseguenza che ne è impedita solo la riproduzione, laddove sono sufficienti varianti del termine per escludere la violazione, dovendo restare a disposizione di chiunque l'uso dell'elemento espressivo la mimesi che ne costituisce il nucleo, con esclusione di ogni appropriabilità monopolistica del medesimo. Ha, pertanto, escluso l'integrazione della fattispecie della concorrenza sleale, in ragione della netta evidenziazione, nei due marchi, delle parole Lovable e Papillon specificamente indicative del produttore, con la conseguente inequivoca riferibilità dei capi a distinte realtà imprenditoriali e negazione dell'effetto look-alike per il consumatore. Avverso questa sentenza viene proposto ricorso per cassazione da DBA Lue 1 e da Branded Apparel Italia s.r.l. sulla base di tre motivi, illustrati pure dalla memoria di cui all'art. 378 c.p.c., mentre non svolge difese nessuna delle intimate. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo, le ricorrenti deducono la violazione e la falsa applicazione degli art. 7 e 13 d.lgs.10 febbraio 2005, n. 30, oltre al vizio di motivazione, sotto ogni profilo, per avere la corte territoriale ritenuto debole e non forte il termine mimesis all'interno del marchio complesso Lovable Mimesis . Con il secondo motivo, deducono la violazione e la falsa applicazione dell'art. 20 d.lgs.l0 febbraio 2005, n. 30, oltre al vizio di motivazione, sotto ogni profilo, per avere la corte territoriale ritenuto non confondibili i due segni distintivi Lovable Mimesis e Mimetic Papillon , in quanto ha errato nel qualificare il primo come marchio debole con riferimento alla parola mimesis, e ad escludere la confondibilità dei due segni. Con il terzo motivo, lamentano la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2598 c.c., oltre al vizio di motivazione sotto ogni profilo, per non avere la corte territoriale ravvisato attività confusorie di imitazione servile ed appropriazione degli elementi tipici dei prodotti in questione, dopo aver proceduto ad un mero esame analitico, invece che sintetico, dei prodotti inoltre, costituendo la fattispecie del n. 3 della menzionata disposizione una ipotesi autonoma, la corte del merito avrebbe dovuto motivare circa l'insussistenza di atti di concorrenza sleale residuali. 2. - I tre motivi, da trattare congiuntamente in quanto intimamente connessi, sono infondati. La sentenza impugnata ha rilevato, con motivazione immune da mende logico-giuridiche, che trattasi di marchi complessi -- Lovable Mimesis e Papillon Mimetic – nei quali il carattere distintivo è costituito dai segni Lovable e Papillon, aventi natura di marchio forte, in quanto di pura fantasia e privi di collegamento con il prodotto biancheria intima , laddove, invece, i termini mimesis e mimetic rivestono carattere puramente descrittivo e, come tali, sono dei segni distintivi deboli, suscettibili di utilizzazione da parte di altri soggetti, purché ad essi vengano apportate delle differenziazioni anche non particolarmente rilevanti. Il carattere differenziatore dei due marchi risiede dunque, sulla base delle argomentazioni della sentenza impugnata, nei termini forti Lovable e Papillon, che valgono a differenziarli assieme ai rispettivi prodotti, mentre le parti deboli dei marchi complessi mimesis e mimetic sono tra loro adeguatamente differenziate e non producono rischio di confusione. In tal modo, la sentenza ha fatto piena applicazione dei principi espressi da questa Corte, secondo cui i cosiddetti marchi deboli sono tali in quanto risultano concettualmente legati al prodotto, dal momento che la fantasia che li ha concepiti non è andata oltre il rilievo di un carattere, o di un elemento del prodotto, ovvero l'uso di parole di comune diffusione che non sopportano di essere oggetto di un diritto esclusivo. Un marchio, pertanto, può essere valido, benché debole , in base al fatto dell'esistenza di un pur limitato grado di capacità distintiva, la quale deve, invece, essere presente in un grado maggiore, per le qualità intrinseche del segno, nei marchi cosiddetto forti , i quali, all'interno della categoria dei marchi validi, si pongono nel punto opposto a quello dei marchi deboli e godono del massimo grado di protezione. Da tali premesse consegue che sussiste la contraffazione di un marchio forte quando si ripeta in un segno concorrente, in qualunque modo, la sua tipica ed individualizzante capacità distintiva ed il suo caratteristico messaggio, mentre ad evitare la contraffazione del marchio debole , il cui messaggio è intrinsecamente poco individualizzante, sono sufficienti differenziazioni anche lievi ex plurimis, Cass. 26 giugno 1996, n. 5924 e, tra le successive, Cass. 28 gennaio 2010, n. 1906 16 aprile 2008, n. 10071 25 settembre 1998, n. 9617 . Va altresì ricordato come il marchio complesso è riconoscibile nel segno risultante da una composizione di più elementi, ciascuno o solo alcuni dotato di capacità caratterizzante, il cui esame da parte del giudice deve effettuarsi in modo parcellizzato per ciascuno di essi, dove la forza distintiva è tuttavia affidata ad uno o più di essi costituente il c.d. cuore, protetto per la sua originalità cfr. Cass. 5 marzo 2014, n. 5099 18 gennaio 2013, n. 1249 3 dicembre 2010, n. 24620 . Quanto alla deduzione conclusiva, con la quale le ricorrenti lamentano che la corte del merito non abbia motivato con riguardo alla ipotesi di cui all'art. 2598, n. 3, c.c., il motivo è manifestazione infondato. Da un lato, invero, le ricorrenti omettono di individuare le specifiche condotte, nonché il luogo ed il tempo della rispettiva deduzione, atte ad integrare ulteriori violazioni - accanto a quelle di concorrenza confusoria dedotte ai sensi del n. 2 dell'art. 2598 c.c. - come invece sarebbe stato necessario, attesa la presenza di elementi indeterminati nella fattispecie dell'invocato n. 3 della medesima disposizione si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda . Dall'altro lato, come risulta agevolmente dall'esame della motivazione della sentenza impugnata, le considerazioni poste dal giudice territoriale a base della decisione appaiono manifestamente riferibili alla complessiva condotta della odierna intimata Ladyberg s.p.a , onde anche sotto tale profilo il motivo si palesa infondato. 3. - Nulle sulle spese di lite, non svolgendo difese gli intimati. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.