La vendita fallimentare può essere sospesa per le vittime di usura?

La fattispecie oggetto di esame da parte del giudice della legittimità riguarda la sospensione delle azioni esecutive nei confronti delle vittime di estorsione e di usura, ex art. 20, legge n. 44/1999.

Nello specifico, si tratta di stabilire se, nel caso di vendita forzata disposta nell’ambito di una procedura fallimentare, detta moratoria si riferisca, o meno, soltanto ai provvedimenti intervenuti entro l’anno dall’evento lesivo. E, i giudici della Prima Sezione Civile di piazza Cavour, con la sentenza n. 7740, depositata il 19 aprile 2016, chiariscono che la sospensione per 300 giorni dell’esecuzione forzata, accordata dal comma 4 dell’art. 20, legge n. 44/1999, alle vittime dei delitti di estorsione o di usura, si applica ai termini in scadenza o scaduti e alle vendite forzate che siano state disposte, nell’ambito delle procedure fallimentari in corso, entro un anno dall’evento lesivo”, essendo la ratio della detta norma comune a tutte le restanti moratorie previste dai commi 1, 2 e 3 dell’art. 20, legge n. 44/1999. Il fatto. Il caso di specie origina dall'impugnazione per cassazione presentata da un imprenditore fallito avverso la decisione con cui il Tribunale di Pinerolo, respingendo il reclamo dello stesso contro il provvedimento del giudice delegato, autorizzava la liquidazione immediata dei beni personali del fallito, nonostante quest’ultimo avesse in precedenza formulato la richiesta di concessione di un mutuo senza interessi, previsto in favore delle vittime dell’usura. In particolare, ad avviso del giudice piemontese, l’invocata sospensione dei processi esecutivi, mobiliari ed immobiliari, prevista dall’art. 20, comma 4, legge n. 44/1999, anche in favore delle vittime di usura, non poteva trovare applicazione analogica nell’ambito delle vendite disposte in sede fallimentare ed inoltre, il tribunale soggiungeva che la sospensiva de qua riguardava soltanto i provvedimenti esecutivi intervenuti entro l’anno dall’evento lesivo, mentre i fatti di cui era rimasta vittima il fallito risalivano ad almeno tre anni prima. Avverso quest’ultima decisione l’imprenditore proponeva ricorso per cassazione facendo valere due distinti motivi di gravame riguardanti, appunto, la possibilità di estendere la sospensione delle azioni esecutive, ex art. 20, legge n. 44/1999 all’ambito delle procedure fallimentari, nonché l’inapplicabilità del termine annuale dall’evento lesivo nel caso in cui venga invocata dalla vittima dell’usura la sospensione delle vendite forzate ai suoi danni. E, gli Ermellini, in primis, precisano che, a differenza di quanto sostenuto dal tribunale, deve ritenersi astrattamente consentita la sospensione delle attività di vendita dei beni appartenenti alla massa fallimentare, quando il fallito abbia richiesto la concessione di un mutuo senza interessi ai sensi dell’art. 14 della legge n. 108 del 1996, quale vittima del reato di usura. Tuttavia, tale sospensione deve comunque intervenire entro un anno dall’evento lesivo. La Suprema Corte respinge pertanto il ricorso. L’applicabilità alle vendite fallimentari delle norme processuali in materia di esecuzione forzata. In base al principio di libertà delle forme per le vendite dei beni in sede fallimentare, il curatore, ex art. 107, comma 1, l. fall., può effettuare le vendite de quibus , purché venga rispettato il principio di competitività delle procedure, con incanto, senza incanto, con offerte segrete, ovvero in busta chiusa, con o senza possibilità di rilascio, mediante gara informale, a trattativa privata ovvero con il metodo della cosiddetta licitazione privata”. Invero, le vendite fallimentari possono venire anche effettuate dal giudice delegato secondo le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili, ai sensi del comma 2 dell’ art. 107, l. fall Quanto alla compatibilità delle norme del codice di rito con la disciplina delle predette vendite, conformemente all’orientamento di autorevole dottrina, può ritenersi che siano tali innanzitutto le norme previste dagli artt. 570-575 c.p.c. in tema di vendite senza incanto. Parimenti compatibili con le disposizioni della legge fallimentare sono le disposizioni di cui agli artt. 576, 580, comma 2, 584, 585, comma 2, 586, 587 c.p.c. in tema di vendita forzata con incanto che secondo la giurisprudenza già nel vigore della disciplina ante riforma, erano applicabili, in via analogica, alle vendite fallimentari. E, per quanto qui ci occupa, in particolare, circa la sospensione dell’esecuzione forzata, accordata dall’art. 4, l. n. 44/1999 alle vittime di usura, si applica anche alle vendite disposte nell’ambito delle procedure fallimentari, tenuto conto dei più ampi benefici ora introdotti espressamente, anche per i falliti, degli artt. 1 e 2, legge n. 3/2012. La sospensione delle procedure esecutive a favore delle vittime di usura, ex art. 20, l. n. 44/1999. L’art. 20, l. n. 44/1999, all’evidente fine di agevolare la vittima durante l’istruttoria per il conseguimento dei benefici di cui all’art. 14, legge n. 108/1996, ossia il mutuo decennale senza interessi, o agli artt. 3 e seguenti della l. n. 44/1999, vale a dire l’elargizione, prevede un ulteriore beneficio a favore dell’imprenditore vittima di usura o di estorsione. Il legislatore, difatti, da un lato, consapevole della necessità di un’istruttoria al fine di verificare la sussistenza dei presupposti e, dall’altro, delle difficoltà economiche che la vittima, già strozzata” od estorta”, può incontrare nelle more della procedura, ha predisposto lo strumento della sospensione dei termini. In particolare, l’art. 20, l. n. 44/1999, prevede in favore di coloro i quali abbiano richiesto la concessione del mutuo quali vittime di usura o l’elargizione quali vittime di reati di stampo mafioso, la sospensione dei termini di scadenza, ricadenti entro un anno dalla data dell’evento lesivo, degli adempimenti amministrativi, del pagamento dei ratei dei mutui bancari ed ipotecari, nonché di ogni altro atto avente efficacia esecutiva. Tali termini, quindi, sono prorogati dalle rispettive scadenze per la durata di trecento giorni e, nel caso, di adempimenti fiscali i cui termini di scadenza ricadono entro un anno dall’evento lesivo, la loro proroga, addirittura, per tre anni. Nella medesima ottica di agevolare la vittima, il legislatore, ha sancito inoltre la sospensione sempre per il limitato periodo di trecento giorni, dei termini perentori o di prescrizione, legali o convenzionali, sostanziali o processuali, nonché, la sospensione per trecento giorni dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili o dei termini esecutivi mobiliari o immobiliari compresi la vendita o l’assegnazione forzata. Si tratta di una misura conservativa, evidentemente, pensata dal legislatore del 1999 come accessoria e prodromica rispetto alla concessione delle provvidenze economiche antiracket e antiusura e che, quindi, non può prescindere, ai fini del suo concreto operare, da una sia pur sommaria previsione, un fumus , di spettanza dell’elargizione o del mutuo al soggetto che dovrebbe beneficiarne. Il parere prefettizio favorevole” rende effettiva la moratoria nella disciplina ante 2012 . Allo scopo di verificare l’esistenza del predetto fumus riguardo alla spettanza dei benefici economici, il comma 7 dell’art. 20, l. n. 44/1999, subordinava ad un parere favorevole espresso dal prefetto, competente ad istruire l’istanza di elargizione o di mutuo, l’efficacia delle sospensioni indicate dalla norma. Sul potere del prefetto di rendere effettiva la moratoria esprimendo il parere favorevole è intervenuta la Consulta, v., Corte Cost., n. 457/2005 , che ha espunto l’aggettivo favorevole” riferito al parere prefettizio, evidenziando che, in tal modo, la legge attribuisse, sia pure implicitamente, ad un organo amministrativo la potestà di sospendere i procedimenti di esecuzione forzata con una determinazione che spetta assumere esclusivamente all’organo giurisdizionale titolare dei procedimenti in questione. A seguito dell’intervento del giudice delle leggi, quindi, il parere del prefetto è venuto a configurarsi come atto che deve obbligatoriamente intervenire ai fini della decisione del giudice dell’esecuzione di sospendere il procedimenti esecutivo, ma che non vincola il giudice a sospendere il procedimento, potendo l’organo giudicante disattendere il parere prefettizio. Il potere di pronunciarsi sulle sospensioni spetta al Procuratore della Repubblica. Ora l’art. 2 l. n. 3/2012 ha interamente riformato il comma 7 dell’art. 20, l. n. 44/1999, sottraendo al prefetto il potere di pronunciarsi in qualunque modo sulle sospensioni ed attribuendo il potere stesso al Procuratore della repubblica competente per le indagini in ordine ai delitti che hanno causato l’evento lesivo posto a base delle richieste di elargizione o di mutuo. A questo proposito, è disposto che le sospensioni hanno effetto a seguito del provvedimento favorevole” del Procuratore della Repubblica. La disciplina della moratoria si fonda solo su relazioni cronologiche di un anno tra scadenze ed eventi lesivi. In conclusione, dunque, la moratoria accordata alle vittime dei delitti di estorsione o di usura si applica ai termini in scadenza o scaduti e alle vendite forzate che siano state disposte nell’ambito delle procedure fallimentari in corso, entro un anno dall’evento lesivo”, essendo la ratio della detta norma comune a tutte le restanti moratorie previste dai commi 1, 2 e 3 dell’art. 20 della legge n. 44 del 1999.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 1 marzo – 19 aprile 2016, n. 7740 Presidente/Relatore Di Virgilio Svolgimento del processo E.P. impugna per cassazione il decreto del Tribunale di Pinerolo che respinse il proprio reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato al fallimento dell'istante che il 15 febbraio 2010, su istanza del curatore, autorizzò la liquidazione immediata dei beni personali del fallito, nonostante quest'ultimo avesse in precedenza formulato la richiesta di concessione di un mutuo senza interessi, previsto in favore delle vittime dell'usura. Ritenne il tribunale che la invocata sospensione dei processi esecutivi, mobiliari ed immobiliari, prevista dall'art. 20, comma 4, legge 23 febbraio 1999, n. 44, anche in favore delle vittime dell'usura, non potesse trovare applicazione in via analogica nell'ambito delle vendite disposte in sede fallimentare soggiunse, per un verso, che la sospensione prevista dalla detta legge, per un periodo di soli trecento giorni, manifestamente non era in grado di consentire la definizione della procedura fallimentare del P. e, per altro verso, che detta sospensiva riguardava soltanto i provvedimenti esecutivi intervenuti entro l'anno dall'evento lesivo, mentre i fatti di usura di cui era rimasto vittima il fallito risalivano al novembre del 2007. Il ricorso è affidato a due motivi. Il fallimento intimato non ha svolto difese. Motivi della decisione Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 20, comma 4, legge 23 febbraio 1999, n. 44, per avere erroneamente ritenuto il tribunale che la sospensione delle procedure esecutive pendenti in favore delle vittime del reato di usura non fosse applicabile in serio alle procedure concorsuali, ma soltanto per quelle esecutive individuali, mobiliari ed immobiliari, e che, comunque, la detta sospensione anche ove applicabile potesse riferirsi ai provvedimenti esecutivi emessi entro un anno dall'evento lesivo costituito dai fatti di usura. Con il secondo motivo, lamenta l'istante un vizio di motivazione, ex art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c., avendo il tribunale ritenuto la sospensione della liquidazione dell'attivo fallimentare inidonea ad assicurare una definizione della procedura concorsuale entro il ristretto termine di trecento giorni. Preliminarmente, avuto riguardo alle conclusioni del Procuratore Generale, deve confermarsi la contestata ammissibilità del ricorso, essendosi già più volte pronunciata la Corte circa l'ammissibilità del ricorso per cassazione in tema di sospensione della vendita dei beni appartenenti alla massa fallimentare, in considerazione della natura decisoria e definitiva del provvedimento impugnato Cass. 19 ottobre 2011, n. 21645 Cass. 11 Agosto 2004, n. 15493 Cass. 24 Marzo 2000, n. 3522 Cass. 29 Agosto 1998, n. 8666 . I due motivi del ricorso, da esaminare congiuntamente stante la stretta connessione, sono infondati, ancorché la motivazione del tribunale meriti le seguenti puntualizzazioni ex art. 384 c.p.c Invero, secondo l'orientamento espresso da questa Corte, cui il collegio intende dare continuità, la sospensione dell'esecuzione forzata, accordata dall'art. 4 della legge n. 44 del 1999 alle vittime del delitto di usura, si applica anche alle vendite forzate disposte nell'ambito delle procedure fallimentari, tenuto conto dei più ampi benefici ora introdotti espressamente, anche per i falliti, degli artt. 1 e 2 della legge 27 gennaio 2012, n. 3 e dunque della possibilità, attribuendo valore di interpretazione autentica a tale norma, di giustificare tale estensione soggettiva, valevole anche per le procedure iniziate anteriormente a detta legge Cass. 28 maggio 2012, n. 8434 . Dunque, a differenza di quanto sostenuto dal tribunale, deve ritenersi astrattamente consentita la sospensione delle attività di vendita dei beni appartenenti alla massa fallimentare, quando il fallito - è il caso sottoposto all'esame della Corte - abbia richiesto la concessione di un mutuo senza interessi ai sensi dell'art. 14 legge n. 108 del 1996, quale vittima del reato di usura. Tuttavia, il tribunale nel provvedimento impugnato ha anche osservato che l'invocata sospensione della vendita non poteva comunque trovare applicazione in quanto i fatti lesivi, in forza dei quali il fallito aveva chiesto l'erogazione del mutuo, risalivano ad un periodo precedente di oltre un anno l'evento lesivo, che costituisce ai sensi del richiamato art. 20 legge n. 44 del 1999, il dies a quo, entro cui possono operare le varie moratorie previste dalla detta norma. Né può dirsi, come mostra di ritenere il ricorrente, che il termine dell'anno dall'evento lesivo - di cui non v'è richiamo espresso nel comma 4 del citato art. 20 -, non trovi applicazione nel caso in cui venga invocata dalla vittima dell'usura la sospensione delle vendite forzate promosse ai suoi danni. Questa Corte ha già precisato come la disciplina qui in esame abbia carattere eccezionale, dal momento che deroga alla normativa sulla decorrenza dei termini legali relativi alle procedura espropriative e, in definitiva, all'attuazione del disposto dell'art. 2740 c.c., attribuendo al giudice il potere di sospendere il compimento di quegli atti esecutivi che possono pregiudicare irrimediabilmente il patrimonio dell'esecutato o anche solo la detenzione di beni immobili, in vista dell'elargizione delle previste provvidenze, che dovrebbe consentire il superamento di una temporanea difficoltà economica Cass. 11 agosto 2010, n. 18612 . È poi conclusione condivisa che l'intera normativa sulle moratorie ex art. 20 legge n. 44 del 1999 mira fondamentalmente a consentire che, nel lasso di tempo necessario per avviare e concludere il procedimento amministrativo teso all'erogazione di provvidenze ed elargizioni, i potenziali beneficiari di queste ultime possano evitare di vedere mutare in peius le proprie condizioni economiche, a seguito del maturarsi di prescrizioni, decadenze, nonché a seguito di atti di messa in mora ovvero di esecuzione forzata, tali da determinare effetti irreversibili sul proprio patrimonio cfr. Cass. 24 gennaio 2007, n. 1496 . Se quella descritta, allora, è la comune ratio della disciplina di cui si discorre, appare all'evidenza come sia la sospensione dei termini di pagamento dei mutui e degli oneri fiscali, di prescrizione o di decadenza, come pure degli atti di esecuzione forzata, debba comunque intervenire entro un lasso di tempo ragionevole da individuare - sulla base del mero dato normativo - necessariamente a decorrere dall’evento lesivo , che appunto è il fattore generatore del diritto ad ottenere le dette moratorie, definito, ai sensi dell'art. 3, comma 1, della legge n. 44 del 1999, come novellato dall'art. 2, comma 1, lett. a , n. 1 , della legge n. 3 del 2012, come qualsiasi danno a beni mobili o immobili, ovvero lesioni personali, ovvero un danno sotto forma di mancato guadagno inerente all'attività esercitata . Del resto, che la disciplina prevista dai primi quattro commi dell'art. 20 della legge n. 44 del 1999 sia ispirata da una visione unitaria dei presupposti che giustificano la concessione delle previste moratorie, sempre ancorati, almeno sotto il profilo temporale, all'evento lesivo , si evince oggi dal comma 7-ter del citato art. 20, come inserito dall'art. 2, comma 1, lett. d , n. 2 , della legge n. 3 del 2012, a tenore del quale nelle procedure esecutive riguardanti debiti nei confronti dell'erario, ovvero di enti previdenziali o assistenziali, le relative sanzioni non maturano a carico dell'esecutato dalla data di inizio dell'evento lesivo, come definito dall'articolo 3, comma 1, fino al termine di scadenza delle sospensioni e della proroga di cui ai commi da 1 a 4 del presente articolo . Deve dunque pronunciarsi, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., il seguente principio di diritto la sospensione per trecento giorni dell'esecuzione forzata, accordata dal comma 4 dell'art. 20 della legge 23 febbraio 1999, n. 44, alle vittime dei delitti di estorsione o di usura, si applica ai termini in scadenza o scaduti e alle vendite forzate che siano state disposte, nell'ambito delle procedure fallimentari in corso, entro un anno dall'evento lesivo , essendo la ratio della detta norma comune a tutte le restanti moratorie previste dai commi 1, 2 e 3 dell'art. 20 della legge n. 44 del 1999. In relazione a questo principio, correttamente il tribunale nel decreto impugnato ha escluso la sospensione del provvedimento di vendita dei beni appartenenti al fallito, disposto dal giudice delegato nel 2010, ben oltre il decorso dell'anno dall'evento lesivo subito dal medesimo, pacificamente risalente al novembre del 2007, restando assorbito l'esame delle ulteriori ragioni poste a fondamento del provvedimento di rigetto. Nulla sulle spese, non essendosi costituito il fallimento intimato. P.Q.M. La Corte respinge il ricorso.