Le rimesse in conto corrente bancario sono revocabili?

Il decisum in commento affronta la vexata quaestio dell’individuazione delle condizioni e dei limiti di assoggettabilità a revocatoria, con effetti restitutori in favore della curatela, delle rimesse effettuate dal fallito su di un conto corrente intrattenuto con un istituto di credito, nella disciplina ante riforma l. 80/2005. Nello specifico, si tratta di stabilire se, per potersi escludere la revocabilità di rimesse affluite su un conto scoperto, sia necessario, o meno, il venir meno della funzione solutoria delle stesse.

E, i Giudici della Prima Sezione Civile di piazza Cavour, con la sentenza n. 6758, depositata il 7 aprile 2016, conformandosi ad un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità v., tra le ultime Cass., 17195/15 , precisano che in tema di revocatoria fallimentare delle rimesse bancarie in conto corrente bancario, per potersi escludere la revocabilità di rimesse affluite su un conto scoperto, in quanto dipendenti da operazioni bilanciate, è necessario il venir meno della funzione solutoria delle stesse, in virtù di accordi intercorsi tra il solvens e l’ accipiens , che le abbiano destinate a costituire la provvista di coeve e prossime operazioni di prelievo o di pagamenti mirati in favore di terzi del cliente stesso, così da potersi escludere che la banca abbia beneficiato dell’operazione sia prima, all’atto della rimessa, sia dopo, all’atto del suo impiego. E, come precisato nella pronuncia 1834/2011, la prova dell’esistenza dei predetti accordi, che giovino a caratterizzare la rimessa, piuttosto che come operazione di rientro, come specifica provvista per una operazione speculare a debito, in relazione ad un ordine ricevuto ed accettato o ad una incontestata manifestazione di volontà, ove non derivi da un atto scritto, può anche essere desunta da facta concludentia , purché la specularità tra le operazioni ne evidenzi con certezza lo stretto collegamento negoziale. Né d’altra parte – aggiungono gli Ermellini – si era espressa diversamente la pronuncia 23393/07, richiamando peraltro la necessità di una prova rigorosa da parte della banca dell’effettivo legame tra i movimenti annotati, quale frutto dell’accordo specifico delle parti di sottrarli al meccanismo dell’accredito e della spendita della provvista”. Il fatto. Il caso di specie origina dall'impugnazione per cassazione presentata da un Fallimento avverso la decisione della Corte d’appello di Napoli, che, in parziale riforma della decisione del giudice di prime cure , aveva determinato le rimesse bancarie revocabili nel minore importo di Euro 328.845, 21, condannando un noto istituto di credito al pagamento di detta somma. Nello specifico la Corte territoriale aveva ritenuto che la natura bilanciata dell’operazione, evidenziando la sostanziale corrispondenza degli importi, la contiguità temporale, la ricorrenza sul conto di pagamenti in contestualità con versamenti di analoghi importi, nonché la retrodatazione per valuta della rimessa, era sintomatica dell’accordo implicito tra la Banca e il cliente. In particolare, la curatela lamentava, in sede di legittimità, il vizio di motivazione in relazione alla prova della sussistenza del collegamento teleologico-funzionale tra la rimessa e l’addebito, e quindi dei fatti dai quali desumere l’esistenza del predetto accordo. Inoltre, secondo la ricorrente, la retrodatazione della valuta non poteva essere idonea a dimostrare l’accordo, né a tal fine rilevava il sostanziale congelamento del conto, ed era altresì inidonea a dar conto del collegamento funzionale tra l’addebito e il successivo accredito la conoscenza da parte della banca dello stato di difficoltà economica del cliente. Tuttavia, gli Ermellini, con la pronuncia de qua, dichiarano il gravame infondato, precisando come la Corte del merito abbia minuziosamente provato, anche sulla base di elementi presuntivi, l’accordo tra cliente ed istituto di credito. Il ricorso, pertanto, viene rigettato in toto dalla Suprema Corte, che condanna il Fallimento al pagamento delle spese. La copertura del conto corrente bancario va accertata con riferimento al saldo disponibile. Nell’applicazione pratica è sorto in giurisprudenza il problema di stabilire quando un conto corrente è passivo oppure scoperto la questione, invero, consegue anche alle diverse tecniche di contabilizzazione delle operazioni in conto corrente ed alla possibilità del correntista di godere di altre linee di credito oltre quella dell’apertura. Le operazioni di conto corrente vengono contabilizzate dalla banca in due diversi documenti l’estratto conto, in cui vengono riepilogate le operazioni in ordine cronologico e la scalare che è il prospetto nel quale le operazioni registrate cronologicamente nell’estratto conto vengono riclassificate in ordine di valuta. Via via che il cliente ordina alla banca l’esecuzione di operazioni per suo conto, la banca addebita o accredita cronologicamente le operazioni sul conto corrente del cliente. Ogni operazione è quindi contrassegnata dalla data della sua effettiva esecuzione data contabile . La differenza, ad una certa data contabile, tra il totale delle operazioni a debito e il totale delle operazioni a credito del cliente viene definito saldo contabile. Ad ogni operazione registrata in conto corrente, tuttavia, la banca assegna una data valuta, data che segna l’inizio della maturazione degli interessi attivi, se l’operazione è a credito del cliente, o degli interessi passivi, se essa è a debito del cliente. La differenza, ad una certa data valuta, tra il totale delle operazioni a debito e il totale delle operazioni a credito, viene definito saldo liquido. E’ evidente che data contabile e data valuta frequentemente non coincidono e così capita che il conto presenti un saldo contabile a credito e un saldo liquido a debito, situazione definita scoperto per valuta”. La giurisprudenza, invero, ha ritenuto che la copertura o meno del conto va accertata con riferimento al saldo disponibile, da determinarsi in ragione delle epoche di effettiva esecuzione, da parte della banca, degli incassi e delle erogazioni non più con riferimento esclusivo al saldo contabile, né al saldo per valuta. La natura solutoria delle operazioni effettuate alla banca dal correntista. Sono quelle affluite su un conto scoperto, ossia su un conto non assistito da apertura di credito con saldo debitore oltre i limiti del fido convenzionalmente accordato al correntista, revocabili in quanto immediatamente destinate ad estinguere anche solo parzialmente il credito della banca. In accordo con la tradizionale giurisprudenza della Suprema Corte, in tema di revocatoria fallimentare di pagamenti effettuati alla banca da parte del correntista, la natura solutoria delle relative operazioni, necessaria ai sensi e per gli effetti dell’art. 67, comma 2, l. fall. se eseguite nel periodo sospetto e ricorrendo la scientia decotionis dell’ accipiens , ricorre anche nell’ipotesi in cui gli accreditamenti provengano, sotto forma di rimesse e come giroconti, dal conto corrente ordinario, allorché esse siano state utilizzate in via di fatto per ridurre ovvero eliminare lo scoperto dell’unico conto operativo, appunto, quello ordinario. Le operazioni bilanciate. L’art. 7 delle Norme Bancarie Uniformi mentre attribuisce ad ognuna delle parti il diritto di esigere l’immediato pagamento di quanto sia comunque dovuto, prevede tuttavia un diverso accordo” tra le stesse, sostenendo che occorre aver riguardo alla natura della operazione giustificativa dell’accreditamento e, quindi delle eventuali disposizioni comuni alla stessa, per stabilire il diverso accordo che consente di non considerare la somma versata sul conto quale copertura parziale o totale dello scoperto e di considerare quindi revocabile non già il relativo accredito, ma il pagamento effettuato con la somma accreditata dalla banca per conto del cliente in favore di un terzo beneficiario. Si parla in questo caso di operazioni bilanciate, di utilizzo programmato della rimessa” atteso che le operazioni di accredito vengono effettuate da terzi o dal correntista a fronte di specifiche operazioni speculari a debito con disposizioni di prelevamento e di pagamento a favore di terzi. Nella specie, l’istituto di credito aveva autorizzato l’emissione di un vaglia di prelievo su un conto scoperto prima di avere avuto contezza e/o sicurezza della piena disponibilità della provvista. L’esclusione della revocabilità di rimesse affluite su un conto scoperto. Nel caso di conto passivo è esclusa la revoca delle rimesse affluite sul conto in quanto non si attribuisce ad esse carattere solutorio poiché la funzione del versamento sul conto è quella di creare provvista, cioè disponibilità. Nel caso di conto scoperto, invece, è ammissibile la revoca di tutte le rimesse affluite sul conto che hanno riportato l’esposizione nei limiti dell’affidamento, poiché in tali casi il credito della banca è considerato immediatamente esigibile e, conseguentemente, ogni versamento ha carattere solutorio. Peraltro, si ha conto scoperto anche quando gli sconfinamenti siano stati tollerati dalla banca, e pure siano ripetuti e costanti, per avere l’istituto di credito tacitamente o per mera tolleranza o per facta concludentia consentito al correntista di operare oltre il limite del fido. In tutti questi casi, si rileva che, la disponibilità concessa sarebbe occasionale e quindi non potrebbe ravvisarsi un vero e proprio affidamento mancherebbe, si osserva, un obbligo giuridico della banca di concedere il credito, non esistendo una delibera formale in tal senso. Peraltro, come è stato ribadito dal decisum che qui ci occupa, per potersi escludere la revocabilità di rimesse affluite su un conto scoperto, in quanto dipendenti da operazioni bilanciate, è necessario il venir meno della funzione solutoria delle stesse, in virtù di accordi intercorsi tra il solvens e l’ accipiens , che le abbiano destinate a costituire la provvista di coeve e prossime operazioni di prelievo o di pagamenti mirati in favore di terzi del cliente stesso, così da potersi escludere che la banca abbia beneficiato dell’operazione sia prima, all’atto della rimessa, sia dopo, all’atto del suo impiego.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 17 febbraio – 7 aprile 2016, n. 6758 Presidente Bernabai – Relatore Di Virgilio Svolgimento del processo Con sentenza del 24/6-3/7/2009, la Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale del 27/3/07, ha determinato le rimesse revocabili nel minore importo di Euro 328.845,91, condannato il San Paolo Banco di Napoli al pagamento di detta somma, oltre interessi legali dal 2/2/04 al saldo, e statuito sulle spese. Nello specifico, la Corte del merito, premessi i dati di fatto rilevanti era stato effettuato l’accredito di 740 milioni di lire con bonifico registrato il 17/11/98 con data valuta del 14/11/98, sabato, e risultava altresì l’addebito per l’emissione di vaglia di lire 739.876.523 il 16/11/98, con analoga data di valuta ,ha ritenuto la natura bilanciata dell’operazione, evidenziando la sostanziale corrispondenza degli importi, la contiguità temporale, la ricorrenza sul conto di pagamenti in contestualità con versamenti di analoghi importi, la retrodatazione per valuta della rimessa, sintomatica dell’accordo tra le parti, il sostanziale congelamento del conto sino a fine luglio, l’esclusione di ulteriori attività successivamente alle operazioni del 16/17 novembre, annotando il conto da tale data esclusivamente addebiti per recupero spese, interessi e bolli, sino al fallimento del 3/2/1999. Ricorre avverso detta pronuncia il Fallimento, con ricorso strutturato su tre motivi, ed illustrato con memoria. Si difende con controricorso il Banco di Napoli s.p.a., già San Paolo Banco di Napoli s.p.a Motivi della decisione 1.1.- Col primo mezzo, la Procedura si duole della violazione dell’art. 115 c.p.c., per avere la Corte del merito fatto riferimento alla prassi bancaria che autorizza un’operazione passiva quando l’operazione attiva non è ancora registrata ma certa ed immediata, senza indicare principi di prova a riguardo, né si potrebbe nel caso prospettare la sussistenza del fatto notorio. 2.1.- Il motivo è infondato. La Corte d’appello non ha tratto convincimenti dalla prassi o da alcun fatto notorio, ma ha avuto riguardo al concreto svolgimento dei fatti, minuziosamente ricostruito, e, quanto alla relazione temporale tra le due operazioni ha concluso per la contiguità delle stesse, ritenendo irrilevante la minima differenza tra l’accredito del bonifico e l’emissione degli assegni circolari, rafforzando semplicemente il proprio ragionamento col riferimento alla prassi. 1.2.- Col secondo, si duole del vizio di motivazione, insufficiente o contraddittoria, in relazione alla prova della sussistenza del collegamento teleologico-funzionale tra la rimessa e l’addebito, e quindi dei fatti dai quali desumere l’esistenza dell’accordo implicito tra la Banca ed il cliente. Secondo il Fallimento, possono considerarsi bilanciate solo le rimesse che hanno la natura di versamenti diretti, in contanti, o a mezzo di assegno circolare o bonifico bancario irrevocabile, per la necessaria tendenza a considerare rilevante il saldo disponibile e nel caso, invece, la Banca ha autorizzato l’emissione del vaglia sul conto scoperto prima di avere avuto contezza e/o sicurezza della piena disponibilità della provvista, essendo stato disposto il versamento sul conto con l’ordine di bonifico registrato, ancorché con valuta del 14/11, che cadeva di sabato, in data 17 novembre, mentre i vaglia di prelievo sono stati emessi il 16 novembre. Secondo il ricorrente, la retrodatazione della valuta non può essere idonea a dimostrare l’accordo, né a tal fine rileva il sostanziale congelamento del conto, ed è inidonea a dar conto del collegamento funzionale tra l’addebito ed il successivo accredito la conoscenza da parte della Banca dello stato di difficoltà economica del cliente. 1.3.- Col terzo mezzo, il Fallimento denuncia l’erronea qualificazione giuridica della fattispecie come operazione bilanciata da cui l’errata disciplina applicata. 2.2.- I due motivi, strettamente collegati, vanno valutati unitariamente e sono da ritenersi infondati. Come affermato tra le ultime, nella pronuncia 17195/2014, in tema di revocatoria fallimentare delle rimesse bancarie in conto corrente bancario, per potersi escludere la revocabilità di rimesse affluite su un conto scoperto, in quanto dipendenti da operazioni bilanciate, è necessario il venir meno della funzione solutoria delle stesse, in virtù di accordi intercorsi tra il solvens e l’ accipiens , che le abbiano destinate a costituire la provvista di coeve o prossime operazioni di prelievo o di pagamenti mirati in favore di terzi o del cliente stesso, così da potersi escludere che la banca abbia beneficiato dell’operazione sia prima, all’atto della rimessa, sia dopo, all’atto del suo impiego. E, come precisato nella pronuncia 1834/2011, la prova dell’esistenza dei predetti accordi, che giovino a caratterizzare la rimessa, piuttosto che come operazione di rientro, come una specifica provvista per una operazione speculare a debito, in relazione ad un ordine ricevuto ed accettato o ad una incontestata manifestazione di volontà, ove non derivi da un atto scritto, può anche essere desunta da facta concludentia , purché la specularità tra le operazioni ne evidenzi con certezza lo stretto collegamento negoziale. Né d’altra parte si era espressa diversamente la pronuncia 23393/07, richiamando peraltro la necessità di una prova rigorosa da parte della Banca dell’effettivo legame tra i movimenti annotati, quale frutto dell’accordo specifico delle parti di sottrarli al meccanismo dell’accredito e della spendita della provvista . Si pone la questione pertanto della prova, anche sulla base di elementi presuntivi, dell’accordo tra cliente e Banca, e, sotto questo profilo, la Corte del merito ha ampiamente e minuziosamente evidenziato gli elementi che ha ritenuto idonei allo scopo. Il Giudice del merito ha al riguardo ritenuto la sostanziale corrispondenza degli importi e contiguità temporale delle due operazioni, l’andamento del conto sintomatico del fatto che la società,negli ultimi mesi del suo rapporto con la Banca, operava in caso di necessità di importi elevati, fornendo previamente la provvista per l’adempimento contestuale o immediatamente successivo , la retrodatazione per valuta della rimessa nella giornata del 14 novembre, che cadeva di sabato, antecedente di un giorno l’emissione degli assegni circolari, il sostanziale congelamento del conto da fine luglio e l’esclusione di successive operazioni, salvo gli addebiti per spese, interessi e bolli. Conclusivamente, il Giudice del merito ha ritenuto come il comportamento evidenziato fosse l’unico congruente con la conoscenza da parte della Banca dello stato di insolvenza della cliente. A fronte di detta congrua e logicamente argomentata esposizione di una pluralità di fatti concludenti e non di supposizioni , si palesano infondate le censure del ricorrente. 3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il Fallimento alle spese, liquidate in Euro 8200,00, oltre Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie ed accessori di legge.