Va considerato il diritto agli utili in caso di liquidazione della quota societaria

Il diritto agli utili del socio recedente o deceduto, pur essendo autonomo, è collegato al diritto alla liquidazione della quota, nel senso che questa, liquidata in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno dello scioglimento del rapporto, può essere accresciuta o diminuita in conseguenza degli utili o delle perdite derivanti dalle singole operazioni in corso.

La Sez. I Civile della Cassazione sentenza n. 6365/16 depositata il 1° aprile si è occupata di una causa avente ad oggetto la liquidazione della quota societaria del socio deceduto. Nel rigettare il ricorso la Suprema Corte tratta dei criteri di calcolo del valore della quota e del profilo del difetto di motivazione della decisione gravata. Il caso. Una società in accomandita semplice conveniva in giudizio gli eredi del socio accomandatario, titolare della quota del 70%, chiedendo di accertare l'ammontare della quota di liquidazione loro spettante sulla base della situazione patrimoniale della società al momento del decesso del socio. Il tutto, tenuto conto che il socio deceduto aveva effettuato prelevamenti di denaro per importi che dovevano essere detratti dal valore della quota oggetto di liquidazione, anzi con condanna alla restituzione della differenza dovuta a favore della società. In altre parole, secondo la società, l’importo dei prelevamenti in denaro effettuati dal socio accomandatario superava quello del valore della quota oggetto di liquidazione, per cui in sostanza la società era creditrice degli eredi. Il ragionamento del Tribunale sulla quantificazione della quota societaria. Il Tribunale determinava in circa € 45.000,00 il valore della quota del socio defunto spettante agli eredi, calcolata alla data di scioglimento del rapporto, sulla base di questo ragionamento il credito degli eredi sulla quota, pari a circa € 169.000,00 il 70% del totale , doveva essere compensato parzialmente con il debito restitutorio del socio per i prelevamenti effettuati, il cui ammontare circa € 269.000,00 si era ridotto per l’incidenza del credito del medesimo socio per gli utili a lui spettanti circa € 145.000,00 . Di conseguenza, residuava un credito degli eredi nei confronti della società pari a circa € 45.000,00. Ragionamento condiviso della Corte d’appello, la cui decisione veniva impugnata dalla società. Il motivo di contestazione gli utili non andavano considerati nella quantificazione del valore della quota? Secondo la società ricorrente la Corte d’appello avrebbe erroneamente valutato la situazione patrimoniale della società ai fini della determinazione del valore della quota, da un lato inglobando correttamente il credito della società in relazione ai prelevamenti effettuati dal socio, ma, dall’altro lato, contraddittoriamente ritenendo che tali prelevamenti non fossero suscettibili di integrale restituzione, ma solo per la parte eccedente il valore degli utili spettanti al socio. Secondo gli Ermellini il ragionamento dei giudici di merito è condivisibile gli utili vanno considerati. È corretto considerare, nella determinazione del valore della quota, anche gli utili spettanti al socio. Del resto, in questo caso, la società non aveva mai contestato il diritto agli utili a favore del socio deceduto, nemmeno sotto il profilo della loro inerenza ad operazioni in corso, né la società aveva mai contestato la determinazione percentuale degli stessi. Pertanto, nell'operazione eseguita dai giudici di merito non è ravvisabile alcuna violazione del parametro normativo di riferimento art. 2289 c.c. , ma attuazione del principio secondo cui il diritto agli utili del socio recedente a deceduto ex art. 2284 c.c. , pur essendo autonomo, è collegato al diritto alla liquidazione della quota, nel senso che questa, liquidata in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno della scioglimento del rapporto, può essere accresciuta o diminuita in conseguenza degli utili o delle perdite derivanti dalle singole operazioni in corso. La censura inammissibile quanto al presunto difetto di motivazione. Per completezza si segnala che un ulteriore motivo di ricorso, finalizzato a denunciare un vizio di motivazione della sentenza impugnata, è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione. Del resto, il vizio di motivazione è ormai denunciabile nelle sole ipotesi della totale pretermissione di uno specifico fatto storico o mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico, motivazione apparente, contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa, invece, qualunque rilevanza della semplice insufficienza o contraddittorietà della motivazione. Il ricorso è stato infine respinto con condanna alle spese.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 27 gennaio – 1 aprile 2016, n. 6365 Presidente Nappi – Relatore Lamorgese Svolgimento del processo La Giaguaro & amp Giaguaro di P.M.L. sas ha convenuto in giudizio T.P. , C.A. e C.C. , eredi del socio accomandatario C.R. , titolare di una quota del 70% del capitale sociale, chiedendo di accertare l’ammontare della quota di liquidazione loro spettante, sulla base della situazione patrimoniale della società al momento del decesso del socio, tenuto conto che questi aveva effettuato prelevamenti di denaro per importi che dovevano essere detratti dalla quota di liquidazione, con condanna alla restituzione della differenza dovuta alla società. Nel contraddittorio con i convenuti, i quali hanno aderito alla domanda di liquidazione della quota, il Tribunale di Rimini, istruita la causa con l’espletamento di due consulenze tecniche d’ufficio, ha determinato in Euro 45.304,73 il valore della quota del socio defunto spettante agli eredi, alla data di scioglimento del rapporto relativo al socio. Il percorso argomentativo del Tribunale è stato il seguente il credito degli eredi sulla quota, il cui valore era di Euro 169.914,13 pari al 70% del totale , era parzialmente compensato con il debito restitutorio del socio per i prelevamenti effettuati, il cui ammontare di C 269.626,75 si era ridotto per l’incidenza del credito del medesimo socio per gli utili a lui spettanti pari a 145.017,17, corrispondenti al 70% del totale , sicché residuava un credito degli eredi nei confronti della società pari a Euro 45.304,73. La Corte d’appello di Bologna, con sentenza 5 novembre 2012, per quanto ancora interessa, ha rigettato il gravame della società, condividendo integralmente il ragionamento del primo giudice. Avverso questa sentenza la Giaguaro & amp Giaguaro ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati da memoria, cui si sono opposti T.P. , C.A. e C.C. . Motivi della decisione Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2289 c.c., per avere i giudici di merito valutato la situazione patrimoniale della società, ai fini della determinazione del valore della quota, inglobando correttamente il credito della società in relazione ai prelevamenti effettuati dal socio e, contraddittoriamente, ritenendo che tali prelevamenti non fossero suscettibili di integrale restituzione, ma solo per la parte eccedente il valore degli utili spettanti al socio. In altri termini, secondo la ricorrente, la Corte avrebbe dovuto determinare il valore della quota del socio in base alla situazione patrimoniale della società al momento del decesso e liquidarla in favore degli eredi soltanto dopo avere compensato il relativo debito restitutorio del socio per i prelevamenti, considerato però nella sua interezza e non limitatamente alla parte eccedente alla quota degli utili spettanti allo stesso socio. Il motivo è infondato. La sentenza impugnata ha determinato il valore della quota del socio, spettante astrattamente agli eredi, in un certo importo Euro 169.914,13 , non contestato, e ha valutato, come invocato dalla ricorrente, l’esistenza di un debito restitutorio dello stesso socio verso la società per i prelevamenti effettuati Euro 269.626,75 . L’errore imputato alla Corte d’appello è di avere considerato il suddetto debito non per l’intero - nel qual caso, secondo la prospettazione della ricorrente, sarebbe residuato un credito e non un debito della società verso gli eredi stante il maggiore importo del debito restitutorio rispetto al valore della quota da liquidare - ma solo per la parte eccedente la quota degli utili maturati dal socio. Questa doglianza, cripticamente formulata, non evidenzia alcuna violazione del parametro normativo indicato nella rubrica del motivo. Infatti, la società ricorrente non ha contestato il diritto del socio agli utili che nelle società di persone sorge con la sola approvazione del rendiconto, v. Cass. n. 28806/2013, senza necessità di un atto formale che ne deliberi la distribuzione , nemmeno sotto il profilo della loro inerenza ad operazioni in corso art. 2289, terzo comma, c.c. , né ha contestato la determinazione percentuale degli stessi è significativa la puntualizzazione contenuta nella memoria ex art. 378 c.p.c. secondo cui la quaestio juris non ineriva la determinazione percentuale degli utili spettanti ai soci . Pertanto, nell’operazione eseguita dai giudici di merito non è ravvisabile alcuna violazione del parametro normativo indicato, ma attuazione del principio secondo cui il diritto agli utili del socio recedente o deceduto ex art. 2284 c.c. , pur essendo autonomo, è collegato al diritto alla liquidazione della quota, nel senso che questa, liquidata in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno dello scioglimento del rapporto, può essere accresciuta o diminuita in conseguenza degli utili o delle perdite derivanti dalle singole operazioni in corso v. Cass. n. 6709/1982 . Il secondo motivo, che denuncia vizio di motivazione per avere utilizzato il credito verso il socio come cespite patrimoniale a compensazione del valore della quota del socio defunto, è inammissibile, alla luce del nuovo testo dell’art. 360 n. 5 c.p.c., applicabile alla fattispecie, trattandosi di ricorso contro sentenza depositata successivamente al giorno 11 settembre 2012 cfr. D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, terzo comma, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 . Il vizio di motivazione è ormai denunciabile nelle sole ipotesi - che qui non ricorrono - della totale pretermissione di uno specifico fatto storico o mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico , motivazione apparente , contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa, invece, qualunque rilevanza della semplice insufficienza o contraddittorietà della motivazione Cass. n. 13928/2015, n. 21257/2014, sez. un., n. 8053/2014 . In conclusione, il ricorso è rigettato. Le spese di questo giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 4.200,00, di cui e 4.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie e accessori di legge. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo dovuto a titolo di contributo unificato, a norma dell’art. 13, comma 1 quater, dPR n. 115/2002.