Anche per l’amministrazione finanziaria l’insinuazione tardiva è nel termine massimo annuale

Anche l’amministrazione finanziaria nel caso di insinuazione tardiva al fallimento deve rispettare il termine di un anno indipendentemente dal fatto che i tempi più lunghi per l’emissione del ruolo possono rappresentare una scusa del ritardo.

La Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 6195, depositata il 30 marzo 2016, nel respingere il ricorso dell’Agenzia delle Entrate ha affermato che per valere il credito tributario nei confronti del fallimento, l’Amministrazione finanziaria o l'esattore devono presentare l'istanza di insinuazione tardiva nel termine annuale previsto dall'art. 101 l.fall., senza che i diversi e più lunghi termini per la formazione dei ruoli e per l'emissione delle cartelle possano di per sé costituire ragioni di scusabilità del ritardo. Le domande tardive nel fallimento. Le domande di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, trasmesse al curatore oltre il termine di 30 giorni prima dell'udienza fissata per la verifica del passivo e non oltre quello di 12 mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo sono considerate tardive in caso di particolare complessità della procedura, il Tribunale, con la sentenza che dichiara il fallimento, può prorogare quest'ultimo termine fino a 18 mesi. Il caso. Il contenzioso contrappone l’Agenzia delle Entrate e la curatela fallimentare di una società. L’Agenzia delle Entrate si è rivolta in Cassazione avverso la sentenza del Tribunale ordinario che aveva respinto il ricorso proposto in opposizione allo stato passivo del fallimento in particolare l’Agenzia delle Entrate ha impugnato il provvedimento con il quale il giudice delegato aveva rigettato la domanda d’insinuazione al passivo per crediti tributari perché depositato dopo il termine ultimo previsto dall’art. 101, ultimo comma, della l.fall. numero 267/1942. Va rilevato che, a sostegno delle motivazioni del rigetto da parte del Tribunale, l’Agenzia delle Entrate era al corrente del fallimento della società contribuente fin dal 22 dicembre 2009, con la comunicazione della variazione dei dati fiscali ed il curatore aveva trasmesso la dichiarazione fiscale il 28 settembre 2010 ovvero 13 mesi prima della scadenza del termine. In questo arco si sarebbero potuti emettere gli avvisi di accertamento la tardività non può essere attribuita a causa non imputabile al creditore, dal momento che secondo orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità i più lunghi termini per la formazione dei ruoli ed emissione delle cartelle non possono costituire ragioni idonee per la scusabilità del ritardo la quale va valutata in relazione ai tempi strettamente necessari all’amministrazione finanziaria per predisporre i titoli per la tempestiva insinuazione al passivo. Nel caso in esame il credito per il quale si chiede l’insinuazione è originato dalla dichiarazione fiscale del curatore, di 13 mesi anteriore alla scadenza mentre non è giustificato che il questionario propedeutico all’emissione degli avvisi sia stato inviato solo il 28 marzo 2012 e gli avvisi il 14 giugno successivo. Poiché i dati contestati risultavano dalla dichiarazione fiscale trasmessa dal curatore il tempo trascorso è riconducibile esclusivamente alla scelta discrezionale della ricorrente non dipendente da fattori impeditivi esterni, non controllabili dal creditore. L’Agenzia delle Entrate avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione. L’analisi della Cassazione. La Corte di Cassazione nell’analizzare il ricorso dell’Agenzia delle Entrate evidenzia che il giudice territoriale ha ritenuto, al riguardo, priva di fondamento la tesi che subordina l’avvio del controllo sostanziale alla scadenza del termine per presentare la dichiarazione integrativa, omettendo di considerare quanto statuito nell’art. 10, primo comma, dello Statuto del Contribuente, secondo il quale il rapporto tributario è improntato al canone di correttezza e collaborazione tra amministrazione e contribuente. Solo la dichiarazione integrativa alla luce di questi principi pone l’Amministrazione in condizione di procedere ad una corretta valutazione della capacità contributiva del contribuente e alla formazione del titolo. Per la Corte di Cassazione i motivi così come prospettati sono manifestamente infondati. Premessa l’insindacabilità della sequenza fattuale delle circostanze così come esaminate e valutate dal giudice di merito deve rilevarsi, osserva la Cassazione, che la giurisprudenza consolidata di legittimità, è ferma nel ritenere e ribadire, anche di recente che la valutazione della sussistenza di una causa non imputabile, la quale giustifichi il ritardo del creditore, implica un accertamento di fatto, rimesso alla valutazione del giudice di merito, che, se congruamente e logicamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità cfr. Cass. 20686/2013 . Peraltro, con specifico riferimento alla formazione dei titoli impositivi è stato affermato cfr. Cass. 20910/2011 che Per far valere il credito tributario nei confronti del fallimento l’Amministrazione finanziaria o l'esattore debbono presentare l'istanza di insinuazione tardiva nel termine annuale previsto dall'art. 101 legge fall., senza che i diversi e più lunghi termini per la formazione dei ruoli e per l'emissione delle cartelle, ai sensi dell’art. 25, del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 602, possano di per sé costituire ragioni di scusabilità del ritardo la quale va, invece, valutata - in caso di presentazione ultra annuale dell'istanza rispetto alla data di esecutività dello stato passivo - in relazione ai tempi strettamente necessari all’ Amministrazione finanziaria per predisporre i titoli per la tempestiva insinuatone dei propri crediti al passivo . Nel caso di specie il Tribunale ha esaurientemente esaminato il profilo dei tempi strettamente necessari all'Amministrazione finanziaria per la predisposizione del titolo avendo accertato che la dichiarazione fiscale del curatore, sulla base della quale è stato emesso il titolo era stata trasmessa fin dal 28/9/2010 mentre il questionario era stato inviato dopo circa un biennio senza alcuna specifica giustificazione, così ritenendo, in concreto, ed in considerazione dei tempi necessari per la formazione del titolo, non scusabile il ritardo dell’Amministrazione. Al riguardo deve rilevarsi che l’invocata sequenza procedimentale successiva alla trasmissione della dichiarazione fiscale del curatore, oltre ad essere stata instaurata dopo quasi un biennio dalla predetta trasmissione non costituisce un passaggio dovuto ex lege in via generale ed astratta. Nella specie è mancata del tutto, da parte della ricorrente Agenzia delle Entrate, la concreta indicazione delle esigenze d’integrazione dati non eludibili al fine della formazione del titolo impositivo. La Corte di Cassazione, in conclusione, rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente procedimento.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 2 dicembre 2015 – 30 marzo 2016, n. 6195 Presidente Dogliotti – Relatore Acierno Il Tribunale di Salerno ha respinto il ricorso proposto in opposizione allo stato passivo del fallimento Alvi s.p.a. in liquidazione depositato il 26/10/12 dalla Agenzia delle Entrate - Direzione regionale della Campania avverso il provvedimento con il quale il giudice delegato aveva rigettato la domanda d'insinuazione al passiva per crediti tributari perché depositato dopo il 1/11/2011 termine ultimo ex art, 101 ultimo comma legge fall. A sostegno del rigetto il Tribunale ha rilevato l'Agenzia delle entrate era al corrente del fallimento della società contribuente fin dal 22 dicembre 2009, con la comunicazione della variazioni dei dati fiscali ed il curatore aveva trasmesso la dichiarazione fiscale il 28/9/2010 ovvero tredici mesi prima della scadenza del termine in questo arco si sarebbero potuti emettere gli avvisi di accertamento la tardività non può essere attribuita a causa non imputabile al creditore, dal momento che secondo orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità i più lunghi termini per la formazione dei violi ed emissione delle cartelle non possono costituire ragioni idonee per la scusabilità del ritardo la quale va valutata in relazione ai tempi strettamente necessari alla amministrazione finanziaria per predisporre i titoli per la tempestiva insinuazione al passivo nella specie il credito per il quale si chiede l'insinuazione è Originato dalla dichiarazione fiscale del curatore, di tredici mesi anteriore alla scadenza mentre non è giustificato che il questionario propedeutico all’emissione degli avvisi sia stato inviato solo il 28/3/2012 e gli avvisi il 14 giugno successivo. Poiché i dati contestati risultavano dalla dichiarazione fiscale trasmessa dal curatore il tempo trascorso è riconducibile esclusivamente alla scelta discrezionale della ricorrente non dipendente da fattori impeditivi esterni non controllabili dal creditore. La non imputabilità noli può farsi derivare neanche dal fatto che la scheda di rischio ex d.l. li. 185 del 2008 sia pervenuta soltanto il 27/12/2011 dal momento che si tratta di attività riservata alla stessa Direzione regionale dell'Agenzia delle entrate con conseguente esclusione della imputabilità a fattori esterni ad essa. Ugualmente da escludere, secondo il Tribunale, che il ritardo sia dipeso dalla mancata redazione del bilancio 2009 dal momento che i rilievi sono relativi alla dichiarazione fiscale del curatore tanto che i chiarimenti venivano richiesti sulla base di essi e che si dovesse attendere la dichiarazione integrativa di cui all'art. 2 comma 8 bis del d.p.r. n. 322 del 1998, dal momento che la presentazione di tale dichiarazione è una facoltà concessa al contribuente che non può incidere sui termini di decadenza di cui all'art. 101 fall. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione L'Agenzia delle Entrate con i seguenti due motivi. Ha resistito con controricorso la curatela. Nel primo motivo viene dedotta la violazione dell'art. 101 ultimo comma legge fall. ed in particolare la ritenuta non imputabilità del ritardo alla luce degli orientamenti della giurisprudenza di legittimità Cass. 20910 del 2011 per non avere la Corre d'Appello la considerato la peculiarità della fattispecie ed, in particolare, il fatto che la previsione di una scansione temporale di obblighi ed oneri dell'ufficio nel corso dell'attività accertatrice non costituisce un termine dilatorio ma una serie di adempimenti posti a garanzia del contribuente. Al centro della valutazione della non imputabilità deve, pertanto porsi la questione della scusabilità del termine per la formazione di un titolo per l'insinuazione passiva ovvero il sorgere del credito. Quando è pervenuta la trasmissione della dichiarazione del curatore i termini per l'insinuazione tempestiva erano già decorsi. Solo dopo tale trasmissione l'amministrazione ha potuto effettuare i controlli di legge ai fini della verifica dell'esistenza del titolo. La valutazione della non imputabilità del ritardo deve essere eseguita in ordine al momento in cui si è formato il titolo, dopo le verifiche di legge. Così ragionando risulta evidente la non colpevolezza del ritardo. La sequenza procedimentale comprensiva anche della facoltà di replica del contribuente costituisce fase essenziale della formazione del titolo, in quanto volta alla costituzione di un preciso rapporto tributario Solo decorso il termine per la dichiarazione integrativa è stato avviato il controllo sostanziale e si è potuto procedere alla compilazione ed approvazione della scheda di rischio, con formulazione di questionario al curatore, solo all'esito del quale è emerso con precisione il dato sulla base del quale è stato emesso l'atto impositivo. In conclusione il giudice territoriale ha tenuto conto soltanto del dato formale senza porre l'accento sulla peculiarità del caso e sulla qualità di grande contribuente della società fallita. La tardività pertanto non è frutto né di una scelta né d'inerzia colpevole ma esclusivamente del rispetto della normativa fiscale. Nel secondo motivo di ricorso viene dedotto come error in procedendo l'insufficiente motivazione in ordine al fatto controverso relativa alle sussistenza delle circostanze che rendevano la mancanza di tempestività non imputabile all'Agenzia delle entrate. Il giudice territoriale ha ritenuto, al riguardo, priva di fondamento la tesi che subordina l'avvio del controllo sostanziale alla scadenza del termine per presentare la dichiarazione integrativa, omettendo di considerare quanto statuito nell'art. 10, primo comma, dello Statuto del contribuente, secondo il quale il rapporto tributario è improntato al canone di correttezza e collaborazione tra amministrazione e contribuente. Solo la dichiarazione integrativo alla luce di questi principi pone l'Amministrazione in condizione di procedere ad una corretta valutazione della capacità contributiva del contribuente e alla formazione del titolo. Vi sono, in conclusione, una pluralità di clementi di fatto posti alla base della valutazione di scusabilità quali la riferibilità dell'attività di verifica all'anno d'imposta in cui si è verificato il fallimento con conseguente slittamento annuale per ciò solo della domanda d'insinuazione l'assenza nella dichiarazione di elementi sufficienti al recupero e alla formazione del titolo ed alla conseguente necessità di un controllo sostanziale la necessità di operare l'accertamento nel rispetto delle procedure di legge. I due motivi sostanzialmente riproduttivi della medesima censura devono essere affrontati unitariamente in quanto tendenti a sostenere l'illegittimità e la mancanza di coerenza fattuale della valutazione di non scusabilità del ritardo. La seconda censura ancorchè sotto la veste contraddittoria dell'error in procedendo consistente nel vizio ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ. riproduce i profili già esaminati nel primo motivo. I motivi così come prospettati sono manifestamente infondati. Premessa l'insindacabilità della sequenza fattuale delle circostanze così come esaminate e valutate dal giudice di merito, non ravvisandosi né essendo state censurate omesso esame su fatti decisivi e controversi deve rilevarsi che al giurisprudenza consolidata di questa Corte è ferma nel ritenere e ribadire, anche di recente che la valutazione della sussistenza di una causa non imputabile, la quale giustifichi il ritardo del creditore, implica un accertamento di fatto, rimesso alba valutatone del giudice di merito, che, se congruamente e logicamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità Cass. 20686 del 2013 . Peraltro, con specifico riferimento alla formazione dei titoli impositivi è stato affermato Cass. 20910 del 2011 che Per far valere il credito tributario nei confronti del fallimento l’amministrazione finanziare o !'esattore debbono presentare l'istanza di insinuazione tardivo nel termine annuale previsto dall'art. 101 legge fall., senza che i diversi e più lunghi termini per la formazione dei ruoli e per l’emissione delle cartelle, ai sensi dell'art. 25 del d. P. R. 29 settembre 1973, n. 602, possano di per sé costituire ragioni di scusabilità del ritarda la quale va, invece, valutata - in caso di presentazione ultra annuale dell’istanza a rispetto alla data di esecutività dello stato passivo - in relazione ai tempi strettamente necessari all'Amministrazione finanziaria per predisporre i titoli per la tempestiva insinuazione dei propri crediti al passivo . Nel caso di specie il Tribunale ha esaurientemente esaminato il profilo dei tempi strettamente necessari all'Amministrazione finanziaria per la predisposizione del titolo avendo accertato che la dichiarazione fiscale del curatore, sulla base della quale è stato emesso il titolo era stata trasmessa fin dal 28/9/2010 mentre il questionario era stato inviato dopo circa un biennio senza alcuna specifica giustificazione, così ritenendo, in concreto, ed in considerazione dei tempi necessari per la formazione del titolo, inescusabile il ritardo dell'Amministrazione. Al riguardo deve rilevarsi che l'invocata sequenza procedimentale successiva alla trasmissione della dichiarazione fiscale del curatore, oltre ad essere stata instaurata dopo quasi un biennio dalla predetta trasmissione non costituisce un passaggio dovuto ex lege in via generale ed astratta. Nella specie è mancata del tutto da parte della ricorrente la concreta indicazione delle esigenze d'integrazione dati non eludibili al fine della formazione del titolo impositivo. In conclusione, ove si condividano i predetti rilievi il ricorso deve essere respinto . Il Collegio, esaminata la relazione di parte resistente, aderisce alla relazione depositata e per l'effetto, rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente procedimento. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a pagare in favore della parte resistente le spese del presente procedimento da liquidarsi in E 20000 per compensi E 100 per esborsi oltre accessori di legge e spese forfettario.