Trasferimento fiduciario di quote societarie: fiduciario legittimato a impugnare le delibere assembleari

L'intestazione fiduciaria di titoli azionari o di quote di partecipazione societaria integra gli estremi dell'interposizione reale di persona, per effetto della quale l'interposto acquista a differenza che nel caso di interposizione fittizia o simulata la titolarità delle azioni o delle quote, pur essendo, in virtù di un rapporto interno con l'interponente di natura obbligatoria, tenuto ad osservare un certo comportamento, convenuto in precedenza con il fiduciante, nonché a ritrasferire i titoli a quest'ultimo ad una scadenza convenuta, ovvero al verificarsi di una situazione che determini il venir meno del rapporto fiduciario.

Con la sentenza depositata il 21 marzo 2016, n. 5507, la Cassazione si sofferma sul rapporto tra trasferimento fiduciario delle quote societarie e legittimazione all’impugnazione della delibera assembleare, affermando che tale diritto spetta, in caso di trasferimento fiduciario, all’interposto. Il caso. Il caso risolto dalla Cassazione riguarda la titolarità o meno, in capo del fiduciante, del diritto di impugnare le delibere assembleari in via esclusiva, senza che tale diritto sia riconosciuto anche al socio che ha disposto il trasferimento fiduciario. Il S.C., confermando le decisioni dei giudici di merito, richiama il consolidato orientamento sul punto, sostenendo che il trasferimento fiduciario costituisce un vero e proprio trasferimento di proprietà e dei diritti che derivano dalla titolarità dei beni in questo caso, le quote societarie trasferite . Ogni altra questione tra le parti va inquadrata sul piano risarcitorio senza inficiare la validità del trasferimento così operato. Intestazione fiduciaria proprietà sostanziale e proprietà formale. Come noto e come anche richiamato dalla sentenza in esame, l'intestazione fiduciaria di quote o azioni societarie genera una sorta di separazione, relativamente al bene amministrato, tra la situazione di proprietà sostanziale, che resta in capo al fiduciante, e l'intestazione o proprietà formale, che ricade in capo al fiduciario. Vale a dire che nei rapporti esterni e rispetto alla società, deve considerarsi socio reale il soggetto fiduciario che risulterà l'intestatario effettivo della quota in quanto il c.d. pactum fiduciae è efficace soltanto nei rapporti interni, tra fiduciante e fiduciario. Nel caso in cui il fiduciante è rappresentato, per esempio, da una società fiduciaria, istituzionalmente esercente l'attività di beni per conto terzi, per effetto del trasferimento fiduciario non si trasferisce la proprietà sostanziale dei beni che permane in capo al fiduciante. Tuttavia, configurandosi un mandato senza rappresentanza, la società fiduciaria ha la formale titolarità delle quote del fiduciante, ed i terzi non potranno che far riferimento ad essa, relativamente alla titolarità delle quote stesse. Interposizione reale e trasferimento della proprietà. Analogamente a quanto sopra, si ha interposizione reale di persona quando per mezzo di un negozio fiduciario venga trasferita la proprietà c.d. esterna e ufficiale di quote sociali, risultando quindi il fiduciario legittimato all'esercizio dei diritti da esse derivanti nei confronti dei terzi, sebbene nei rapporti interni tra le parti venga mantenuta la titolarità effettiva. Il retro-trasferimento di quote sociali dal fiduciario al fiduciante non costituisce, quindi, violazione della clausola di prelazione contenuta nello statuto della società le cui quote sono oggetto di retro-trasferimento in quanto non si verifica, dal punto di vista sostanziale, alcun mutamento della compagine sociale, posto che il primo trasferimento, pur reale, era avvenuto fiduciae causa e che, conseguentemente, il titolare delle quote era tenuto ad operare nell'interesse e secondo le istruzioni del fiduciante. Conseguentemente, il fiduciario che sia anche titolare in proprio di quote della medesima società non può invocare il diritto di prelazione su quelle quote che abbia dovuto retro-trasferire al fiduciante. Prelazione ed intestazione fiduciaria di quote societarie. Dalle considerazioni sopra espresse, e richiamate anche dal S.C., in caso di retrocessione di quote oggetto di intestazione fiduciaria non vi è, dal punto di vista sostanziale, mutamento nelle persone dei soci, operando il fiduciante nell'interesse e secondo le istruzioni del mandante pertanto, il fiduciante, che sia titolare di proprie quote, non può invocare il diritto di prelazione, in quanto il trasferimento delle quote al mandante fa parte del pactum fiduciae. Intestazione fiduciaria nessuna illiceità del trasferimento. La perdurante intestazione fiduciaria delle partecipazioni societarie sia prima che dopo la cessione delle stesse non comporta l'illiceità del trasferimento, in quanto nessuna norma di legge sancisce il divieto di intestazione fiduciaria delle quote di una società a responsabilità limitata. Domanda giudiziale e trasferimento fiduciario. Secondo la giurisprudenza, è altresì possibile iscrivere nel Registro delle imprese una domanda giudiziale avente ad oggetto l'accertamento della proprietà di una partecipazione di s.r.l. con l'intestazione fiduciaria ed il trasferimento stesso in capo al fiduciante.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 27 gennaio – 21 marzo 2016, numero 5507 Presidente Nappi – Relatore Ferro Il processo V.M.A. e V.L. impugnano la sentenza App. Venezia 4.2.2014, numero 281/2014 con cui veniva rigettato il proprio appello avverso la sentenza Trib. Treviso 9.7.2007, numero 1356/07 con cui il primo giudice aveva a negato fondamento alla domanda di nullità ovvero inefficacia del trasferimento delle quote della società Emmebi International s.r.l. da parte di T.G. , P. , Gi. , S. , N. e M. in favore della s.a.s. Giancol II, in pretesa violazione della clausola di prelazione prevista nello statuto di Emmebi International s.r.l. poi divenuta s.p.a. b negato la declaratoria di invalidità dell’assemblea 30.4.2005, nella quale era stata assunta la delibera di approvazione del bilancio del 2004 di Emmebi International s.r.l. con il voto determinante di Giancol II c rigettato la domanda subordinata di simulazione e nullità dell’atto costitutivo di Giancol II, nonché la relativa iscrizione a libro soci e parimenti la invalidità delle predette assemblea e delibera di Emmebi International s.r.l. assunta con il voto di Giancol II. Ritenne la corte d’appello, in primo luogo, che i V. erano legittimati alla impugnazione della delibera assembleare del 30.4.2005 in quanto divenuti soci all’epoca, ma il dedotto motivo di annullamento era infondato, poiché prospettato sull’assunto che l’invalidità derivava dal diritto ad esercitare la prelazione in caso di trasferimento della partecipazione societaria, negozio concluso il 18.2.2000, allorché la qualità effettiva di soci spettava solo ai fiduciari T.G. e Ga. , cui le quote del 20% erano state affidate, sulla base di una ritenuta interposizione reale e non fittizia di persona, così interpretato il patto fiduciario fra le parti. Ne la circostanza della partecipazione della Emmebi all’accordo o patto parasociale del 20.11.2001 con cui venivano riconosciuti determinati diritti ai V. , in quanto fiducianti dei soci T. , poteva condurre, secondo la sentenza, ad un effetto diverso da mere conseguenze risarcitorie ove violato, escludendosi ogni illegittimità dell’iscrizione a libro soci della società conferitaria delle quote. Era infine infondata la domanda di simulazione del contratto sociale di Giancol II che, per quanto non incompatibile anche a tale schema per essere società di persone, comunque aveva operato effettivamente, in coerenza con l’oggetto sociale e dunque gestendo la partecipazione in Emmebi, nemmeno peraltro potendosi invocare, ove gli atti avessero ecceduto rispetto all’oggetto sociale stesso, un profilo di nullità, sussistendo semmai una mera inopponibilità di essi ai terzi di una fede. Escludeva infine la corte d’appello che sulla questione della legittimazione a far valere il diritto di prelazione si fosse formato alcun giudicato in virtù di un passaggio motivazionale della sentenza Trib. Treviso numero 1552 del 2009 resa fra le stesse parti, posto che con essa proprio i V. erano rimasti soccombenti e gli appellati difettavano di interesse al riguardo, né avevano l’onere di svolgere appello incidentale per richiamare le eccezioni non condivise dal giudice di primo grado, tanto più che le avevano riproposte in sede di difese d’appello. Il ricorso è strutturato su sei motivi, cui resiste Emmebi International ora s.p.a. con controricorso. Le parti hanno depositato memoria. I fatti rilevanti della causa e le ragioni della decisione Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione di legge, quanto all’articolo 2377, 2469 cod.civ. e 100 cod.proc.civ., avendo trascurato la corte d’appello che fondamento della domanda attorea era l’oggettiva violazione della clausola statutaria in ordine alla prelazione, per mancato rispetto della procedura della denuntiatio ivi prevista con conseguente nullità del trasferimento a Giancol II s.a.s. e carenza della qualità di socia di Emmebi. Con il secondo motivo viene dedotto il vizio di nullità di sentenza e procedimento, per avere la corte d’appello deciso il motivo d’impugnazione sulla base di elementi costitutivi difformi da quelli dell’appello, posto che la domanda di invalidità della delibera poggiava sul disconoscimento in capo a Giancol II s.a.s. della qualità di socio, a motivo della violazione della clausola di prelazione statutaria. Con il terzo motivo si deduce che la carenza di legittimazione al voto di Giancol II s.a.s. era la inefficacia ovvero nullità della cessione delle quote, posto che la loro titolarità sussisteva anche in quel momento in capo ai V. , avendo sul punto la sentenza frainteso i principi sulla sostituzione societaria, per la quale il fiducianti conservano la titolarità in via sostanziale dei diritti inerenti alla qualità di socio, valendo in alternativa la regola del mandato di cui all’articolo 1705 cod.civ Con il quarto e quinto motivo i ricorrenti sollevano la violazione dell’articolo 112 cod.proc.civ. e prospettano l’abuso del diritto ai sensi degli artt. 833 e 1175 cod.civ., non avendo la sentenza esaminato il profilo dell’ exceptio doli , che avrebbe chiarito come le parti dell’atto ricognitivo dell’accordo fiduciario tra i V. e i T. fiduciari avrebbero dovuto permettere ai fiducianti di esercitare i diritti sociali di cui erano sostanziali titolari. Con il sesto motivo , viene dedotta la nullità della sentenza, con riguardo agli artt. 132 co.2 numero 4 cod.proc.civ. e 111 co.6 Cost., ed il vizio di motivazione, per essere stata resa una pronuncia con motivazione solo apparente o perplessa sulla questione della simulazione della Giancol II s.a.s., non considerando che agli atti ricognitivi del patto fiduciario avevano partecipato anche i T. e non solo la nuova società conferitaria, a comprova del carattere fittizio di tale ultima società. 1. I primi tre motivi , da trattare congiuntamente per l’evidente connessione, sono infondati , posto che il difetto di legittimazione alle impugnative proposte è stato pronunciato in virtù di un accertato rapporto fiduciario riferito ad interposizione reale della titolarità dominicale della partecipazione e discendente da un negozio che, per il rapporto interno cui dà vita e così regolandone gli aspetti, ha natura meramente obbligatoria Cass. 10121/2007 , disciplinando la qualità di socio spettante ai fiduciari T. e non ai fiducianti V. , che non risultavano all’epoca del conferimento delle quote nella Giancol II titolari di diritti sociali e dunque erano privi della pretesa prelazione altra essendo l’eventuale relazione risarcitoria fra le parti del negozio fiduciario . Né sul punto appare contraddittoria la mancata valorizzazione della partecipazione della società partecipata e dei suoi soci ad una scrittura ricognitiva del negozio fiduciario, avendo la sentenza così ricostruito gli effetti da esse voluti, accertati siccome propri di una partecipazione in cui i T. erano gli intestatari delle quote ed esercitavano i connessi diritti. La sentenza impugnata ha invero rispettato il principio, cui va data continuità, per cui l’intestazione fiduciaria di titoli azionari o di quote di partecipazione societaria integra gli estremi dell’interposizione reale di persona, per effetto della quale l’interposto acquista a differenza che nel caso di interposizione fittizia o simulata la titolarità delle azioni o delle quote, pur essendo, in virtù di un rapporto interno con l’interponente di natura obbligatoria, tenuto ad osservare un certo comportamento, convenuto in precedenza con il fiduciante, nonché a ritrasferire i titoli a quest’ultimo ad una scadenza convenuta, ovvero al verificarsi di una situazione che determini il venir meno del rapporto fiduciario Cass. 13261/1999 . 2. Gli stessi ricorrenti non hanno conseguito alcun accoglimento della propria domanda davanti al tribunale, non apparendo dunque abilitati a giovarsi di alcun accertamento giudiziale intorno alla qui invocata qualità di soci effettivi di Emmebi alla data del contestato conferimento nella società Giancol II, facendo difetto nella statuizione di quel giudice un essenziale contenuto precettivo che non è stato in ogni caso dimostrato , ed essendosi la pronuncia limitata al rigetto della domanda attorea. Né dunque sussisteva l’onere per gli attuali controricorrenti, parti totalmente vittoriose in primo grado, di proporre appello incidentale, ben potendo essi limitarsi a riproporre le deduzioni invero prospettate avanti alla corte d’appello in modo inequivoco quali avversative anche di tale parte della sentenza di primo grado , senza preclusioni conseguenti ad una rinuncia presunta ai sensi dell’articolo 346 cod.proc.civ Così questa Corte, con indirizzo cui il Collegio intende dare continuità, già ha statuito che la formazione della cosa giudicata per mancata impugnazione su un determinato capo della sentenza investita dal gravame, può verificarsi soltanto con riferimento ai capi della stessa sentenza completamente autonomi, in quanto concernenti questioni affatto indipendenti da quelle investite dai motivi di impugnazione, perché fondate su autonomi presupposti di fatto e di diritto, tali da consentire che ciascun capo conservi efficacia, come detto, precettiva anche se gli altri vengono meno, mentre, invece, non può verificarsi sulle affermazioni contenute nella sentenza che costituiscano mera premessa logica della statuizione adottata, ove quest’ultima sia oggetto del gravame Cass. 4363/2009 , tanto più che ove non sia stata proposta impugnazione nei confronti di un capo della sentenza e sia stato, invece, impugnato un altro capo strettamente collegato al primo, è da escludere che sul capo non impugnato si possa formare il giudicato interno Cass. 4934/2010 . Così, costituisce capo autonomo della sentenza, come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato anche interno, quello che risolve una questione controversa, avente una propria individualità ed autonomia, sì da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente la suddetta autonomia manca non solo nelle mere argomentazioni, ma anche quando si verta in tema di valutazione di un presupposto necessario di fatto che, unitamente ad altri, concorre a formare un capo unico della decisione Cass. 4732/2012 . 3. Il quarto e il quinto motivo non sono fondati . Si osserva che la corte d’appello si è diffusamente soffermata, decisivamente e con un’indagine di fatto riservata al solo predetto giudice, sulla volontà delle parti, mediante una completa ricostruzione della latitudine innanzitutto espressa nelle varie disposizioni contrattuali della controversa clausola di prelazione e che i ricorrenti non hanno indicato quali altre condotte successive alla stipula del contratto di società sarebbero state omesse nella ricerca della comune intenzione delle parti. Si tratta di questione che non può invero essere aggirata, perché presupposta anche rispetto alla qui dedotta exceptio doli e per essa si condivide l’indirizzo seguito in sentenza per cui il principio di libera trasferibilità delle quote nello stesso statuto, all’articolo 7, si atteggiava a criterio guida del regime della relativa circolazione. La salvezza del diritto di prelazione dei soci , per quanto incidente sulla riportata ampia latitudine del diritto di disporre delle quote previsto in capo ai soci delle Emmebi, non solo era esplicitamente esclusa in caso di trasferimento interparentale, ma appariva procedimentalizzata anche per le ipotesi di sicura cessione a titolo oneroso, come attestato dagli specifici riferimenti alle nozioni di prezzo del trasferimento , così permettendo ai giudici veneziani di escludere la ricorrenza della contestata violazione della prelazione convenzionale in caso, come nella fattispecie, di conferimento delle quote, da parte degli altri soci, in una società. La conclusione è convincente, poiché la denuntiatio cui il socio alienante era per statuto obbligato verso la società, al fine di far avvisare gli altri soci, si atteggiava - secondo tale ragionevole ricostruzione - quale congegno sicuramente funzionante solo in caso di sostituzione soggettiva evitabile da parte di questi mediante una controprestazione identica a quella indicata dal socio uscente rectius , cedente la quota , cioè corrispondendo il medesimo prezzo, a tale elemento centrale logicamente - nell’accertamento della fattispecie esperito dal giudice dovendo riferirsi anche con riguardo a tutte le altre condizioni e patti indicati dal socio alienante medesimo. Il conferimento delle quote, da parte degli altri soci e in una società dai medesimi partecipata, che così assumeva la qualità di socio in sostituzione dei conferenti che in tal modo ne liberavano il capitale, non mostra invece né direttamente di atteggiarsi a violazione del citato limite alla circolazione delle quote non ricorrendo l’identico elemento di scambio , né di integrare una delle ipotesi di alienazione onerosa accertata dalla corte d’appello, piuttosto evidenziando un meccanismo negoziale riorganizzativo delle partecipazioni stesse. E d’altronde tale differenza trova una base ordinamentale pure nei regimi delle prelazioni a fonte legale, a comprova di una sua compatibilità razionale anche con la clausola privatistica in esame, laddove si consideri che il conferimento di un fondo rustico in una società di capitali non implica prelazione e riscatto in favore dell’affittuario, in quanto, configurando un trasferimento privo di controprestazione in denaro e correlato all’acquisto della qualità di socio sulla base di negozio intuitu persone , non è assimilabile ai contratti di scambio di cui all’articolo 8 della legge 26 maggio 1965 numero 590 Cass. 7039/1992 ancora, il conferimento del fondo rustico in società di capitali, quale atto traslativo diretto ad acquisire lo status di socio in correlazione della quota contestualmente sottoscritta, non implica i diritti di prelazione e riscatto in favore del coltivatore, atteso che il cit. articolo 8 secondo comma della legge numero 590 del 1965, sull’esclusione dei diritti medesimi nel caso di permuta, va riferito ad ogni ipotesi in cui l’immobile sia trasferito dietro un corrispettivo costituito non da denaro, ma da altro bene determinato ed infungibile Cass. 8458/1991, 26044/2005 il conferimento nel capitale di una società, per effetto della sottoscrizione di aumento del capitale, della proprietà di un immobile oggetto di dismissione del patrimonio degli enti previdenziali pubblici, dietro la cessione di una partecipazione azionaria in favore del conferente, non è riconducibile alla fattispecie della vendita, quale tipo contrattuale propriamente legittimante la configurazione del diritto di prelazione a vantaggio del titolare del contratto di locazione del medesimo immobile, in relazione alla chiara previsione dell’articolo 3, comma 109, della legge 23 dicembre 1996, numero 662, come modificato dalla legge 23 dicembre 1999, numero 488 Cass. 710/2014 il conferimento nel capitale sociale della proprietà di un immobile già concesso in locazione non fa sorgere in capo al conduttore i diritti di prelazione e di riscatto previsti dagli artt. 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, numero 392, poiché il conferimento non equivale ad un trasferimento a titolo oneroso ai sensi del primo comma dell’articolo 38 della legge citata Cass. 12230/2012 . Né vale in contrario, quale principio di contraddizione, opporre la prelazione sui beni culturali di cui all’articolo 60 del d.lgs. 22 gennaio 2004, numero 42, non solo per la peculiare dimensione pubblicistica che vi governa la facoltà d’acquisto in capo allo Stato e agli enti pubblici, ma proprio per l’espressa indicazione anche del meccanismo determinativo della prestazione dovuta dal prelazionario nei confronti del conferitario il bene in una società, in luogo della prestazione infungibile del conferente tale norma è dunque di stretta interpretazione e piuttosto pone in risalto che, nella prelazione convenzionale societaria della fattispecie in esame, nessun congegno di funzionamento venne previsto per il conferimento delle quote in una società. 4. Il sesto motivo è inammissibile . È invero denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione Cass. s.u. 8053/2014, 8054/2014 . Nessuna delle citate circostanze negative sussiste con riguardo alla pronuncia impugnata. Il ricorso va dunque rigettato, con condanna dei ricorrenti alle spese del procedimento di legittimità, secondo il criterio della soccombenza e come liquidate in dispositivo. Sussistono inoltre i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 co. 1 quater d.P.R. numero 115 del 2002, per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del co. 1 bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento in favore del controricorrente, liquidando le stesse in euro 10.200 di cui euro 200 per esborsi , oltre al rimborso forfettario del 15% sui compensi e gli accessori di legge. Si dà atto che sussistono i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 co.1 quater d.P.R. numero 115 del 2002, per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del co.1 bis dello stesso articolo 13.