L'anticipazione di credito può essere restituita anche dopo il fallimento

In tema di anticipazione su ricevute bancarie, regolata in conto corrente, se le relative operazioni sono compiute in epoca antecedente rispetto all'ammissione del correntista alla procedura di amministrazione controllata, è necessario accertare, qualora il correntista - successivamente ammesso al concordato preventivo - agisca per la restituzione dell'importo delle ricevute incassate dalla banca, se la convenzione relativa all'anticipazione su ricevute regolata in conto contenga una clausola attributiva del diritto di incamerare le somme riscosse in favore della banca e solo in tale ipotesi la banca ha diritto a compensare il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 3336/16, depositata il 19 febbraio. Il caso. Una società per azioni veniva prima messa in amministrazione controllata e dopo dichiarata fallita. Nel momento in cui versava in amministrazione controllata, la società effettuava il pagamento di alcune ricevute bancarie in favore di un istituto di credito. Sopraggiunto il fallimento, la curatela agiva in giudizio ed otteneva sentenza che condannava la banca a restituire le somme incassate. Il Tribunale respingeva la domanda. La Corte d'appello condannava la banca alla restituzione delle somme. La banca ha proposto ricorso per cassazione. Conto corrente con affidamento, quali operazioni possono essere eseguite anche successivamente alla dichiarazione di fallimento. La banca ha difeso la correttezza del suo operato, rilevando che le ricevute bancarie incassate corrispondevano a ricevute anticipate in favore del cliente. Tale operazione era correttamente regolata da contratto di conto corrente, corrispondeva alla esecuzione del patto di compensazione di partite di segno opposto ed era stata correttamente eseguita nel momento in cui la società versava in amministrazione controllata. Si noti che in ipotesi di tal specie, il debito del correntista è precedente rispetto alla dichiarazione di fallimento mentre il credito è successivo, quindi, il credito dovrebbe essere disciplinato dalla normativa fallimentare. Conto corrente e patto di compensazione. La Cassazione ha chiarito che la vicenda deve essere regolata richiamando il contrato di conto corrente e verificando se esso contenga o non contenga il c.d. patto di compensazione. Ove tale accordo è presente, la banca ha il diritto di trattenere e compensare le somme già anticipate, quindi, l'operazione di compensazione può essere effettuata anche nell'ipotesi in cui il credito si materializzi successivamente alla dichiarazione di fallimento. In tema di anticipazione su ricevute bancarie, regolata in conto corrente, se le relative operazioni sono compiute in epoca antecedente rispetto all'ammissione del correntista alla procedura di amministrazione controllata, è necessario accertare, qualora il correntista - successivamente ammesso al concordato preventivo - agisca per la restituzione dell'importo delle ricevute incassate dalla banca, se la convenzione relativa all'anticipazione su ricevute regolata in conto contenga una clausola attributiva del diritto di incamerare le somme riscosse in favore della banca e solo in tale ipotesi la banca ha diritto a compensare il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito - Cass. n. 8752/2011. Con queste argomentazioni la S.C. ha accolto il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 19 gennaio – 19 febbraio 2016, n. 3336 Presidente Di Palma – Relatore Didone Ragioni di fatto e di diritto della decisione 1.- La s.p.a. Aspra Finance e per essa UniCredit Credit Management Bank s.p.a., quale mandataria , cessionaria del credito della s.p.a. Banca di Roma, ha impugnato la sentenza con la quale la Corte di appello di Ancona, in riforma della decisione di primo grado, ha accolto la domanda proposta dal curatore del fallimento della s.p.a. ZINC Industria ai sensi dell'art. 44 l. fall., in relazione all'incasso di ricevute bancarie dopo l'ammissione della società alla procedura di amministrazione controllata, poi sfociata in fallimento. Resiste con controricorso il curatore del fallimento intimato. Parte ricorrente ha depositato memoria nel termine di cui all'art. 378 cod. proc. civ 2.- L'unico motivo di ricorso si conclude con il seguente quesito ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c. Tra la Banca e la Società era in corso un contratto di conto corrente art. 1852 e. e. con affidamento sotto forma di castelletto e sul quale venne regolato l'accredito pari all'importo di alcune Riba accordato dalla Banca con mandato ad incassarle. La Curatela del Fallimento della Società ha chiesto alla Banca il rimborso delle somme riscosse con l'incasso delle Riba perché trattenute a pagamento dello scoperto da accredito quando la società era in Amministrazione Controllata e quindi costituente atto solutorio inefficace ex art. 44 l. fall Il Tribunale di Ascoli aveva respinto la domanda della Curatela ma la Corte di Appello in accoglimento dell'appello ha condannato la Banca alla restituzione delle somme dichiarando che il pagamento conseguito dalla Banca, direttamente dalla correntista o mediante incameramento delle somme riscosse con le Ri.ba, era inefficace perché effettuato quando la Società si trovava in Amministrazione Controllata ed i crediti erano cristallizzati ma non perché esso era illegittimo o non consentito contrattualmente. La Corte di Appello ha errato nel dichiarare inefficace il pagamento perché esso non lo era in quanto effettuato come operazione attinente al contratto di c/c, così detta patto di compensazione ad elisione di partite di segno opposto, che continuava ad operare nella sua interezza nel corso della sopravvenuta Amministrazione Controllata. Ciò sintetizzato si chiede alla Corte di dichiarare se il contratto di conto corrente bancario continui ad operare nella sua interezza nel corso della sopravvenuta Amministrazione Controllata e se i pagamenti del correntista annotati nel conto ad elisione o riduzione del corrispondente scoperto siano efficaci e quindi se sia erronea l'applicazione rispetto ad essi dell'art. 44 l. fall 3.- Appare evidente l'infondatezza dell'eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione dell'art. 366 bis cod. proc. civ. formulata dal resistente. Pertanto, il ricorso va esaminato nel merito. In proposito la giurisprudenza costante di legittimità è nel senso che in tema di anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente, se le relative operazioni siano compiute in epoca antecedente rispetto all'ammissione del correntista alla procedura di amministrazione controllata, è necessario accertare, qualora il fallimento successivamente dichiarato del correntista agisca per la restituzione dell'importo delle ricevute incassate dalla banca, se la convenzione relativa all'anticipazione su ricevute regolata in conto contenga una clausola attributiva del diritto di incamerare le somme riscosse in favore della banca c.d. patto di compensazione o, secondo altra definizione, patto di annotazione ed elisione nel conto di partite di segno opposto . Solo in tale ipotesi, difatti, la banca ha diritto a compensare il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito, verso lo stesso cliente, conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, a nulla rilevando che detto credito sia anteriore alla ammissione alla procedura concorsuale ed il correlativo debito, invece, posteriore, poiché in siffatta ipotesi non può ritenersi operante il principio della cristallizzazione dei crediti , con la conseguenza che né l'imprenditore durante l'amministrazione controllata, né il curatore fallimentare - ove alla prima procedura sia conseguito il fallimento - hanno diritto a che la banca riversi in loro favore le somme riscosse anziché porle in compensazione con il proprio credito Sez. 1, Sentenza n. 7194/1997 Sez. 1, Sentenza n. 2539/1998 Sez. 1, Sentenza n. 17999/2011 Sez. 1, Sentenza n. 8752/2011 . Nella concreta fattispecie la corte di merito, pur avendo dato atto dell'esistenza v. penultima pagina della sentenza impugnata nella convenzione relativa all'operazione di anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto, di una clausola che attribuiva alla banca il diritto di incamerare le somme riscosse, ossia il cosiddetto patto di compensazione, l'ha ritenuta irrilevante alla luce del principio di cristallizzazione della massa passiva, così violando il principio giurisprudenziale innanzi richiamato. Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio per nuovo esame alla luce del principio innanzi enunciato e per il regolamento delle spese, alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame e per le spese alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione.