Insinuazione tardiva possibile se il curatore non ha avvisato il creditore

Il curatore, nella procedura fallimentare, è parte portatrice di interesse pubblico. Pertanto, il mancato avviso al creditore da parte del curatore del fallimento, previsto dall'art. 92 l.fall., integra la causa non imputabile del ritardo al creditore dunque rende ammissibile l'insinuazione tardiva e supertardiva.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 535/16, depositata il 14 gennaio. Il caso. Una società di capitali veniva posta in liquidazione fallimentare. Un creditore proponeva istanza di insinuazione al passivo che veniva respinta dalla curatela perché tardiva. A seguito di ricorso, il Tribunale rilevava l'ingiustificata supertardività della insinuazione, osservava che il creditore aveva correttamente partecipato alla fase negativa di concordato preventivo ed avrebbe potuto e dovuto partecipare tempestivamente alla fase fallimentare, constatava la mancata prova del credito insinuato e confermava l'inammissibilità dell'istanza. Nella fase di insinuazione e nella successiva fase giudiziale, il Curatore non contestava la validità del credito. La Corte d'appello confermava l'esclusione. Il creditore ha proposto ricorso per cassazione. Insinuazione tardiva. Obbligo di comunicazione ai creditori. La S.C. ha rilevato l'orientamento giurisprudenziale a tenore del quale, ai fini dell'ammissibilità della domanda tardiva di insinuazione del credito ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 101 l.fall. cd. supertardiva , il mancato avviso al creditore da parte del curatore del fallimento, previsto dall'art. 92 l.fall., integra la causa non imputabile del ritardo al creditore peraltro, il curatore ha facoltà di provare, ai fini dell'inammissibilità della domanda, che il creditore abbia avuto notizia del fallimento, indipendentemente dalla ricezione dell'avviso predetto Cass. n. 4310/2012 . Nel caso di specie, nella fase di merito, è stato accertato che il curatore non aveva dato avviso alla creditrice mentre, ribadiscono i Giudici di legittimità, la partecipazione attiva del creditore alla fase precedente di concordato è totalmente irrilevante nella successiva e distinta fase fallimentare. Prova del credito e ruolo del curatore. La Cassazione ha chiarito che il curatore è parte del processo fallimentare e deve ispirare la sua condotta a principi di correttezza ed imparzialità, essendo parte posta a tutela del pubblico interesse. Pertanto, ove non contesti l'istanza di insinuazione, la stessa deve intendersi accettata. Nel caso di specie, anche in giudizio, il curatore aveva espresso parere favorevole e riconosciuto il debito. Detta decisione era stata disattesa dal Tribunale. Ha chiarito la Cassazione che il giudice può dissentire dalla decisione del curatore ed escludere il credito purché la decisione sia fondata su prove certe e non, certamente, sulla base di considerazioni e valutazioni astratte. Con queste argomentazioni, la S.C. ha accolto il ricorso e rinviato la causa ad altro giudice.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 2 dicembre 2015 – 14 gennaio 2016, n. 535 Presidente Dogliotti – Relatore Genovese Fatto e diritto Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ. Con decreto in data 10 ottobre 2014, il Tribunale di Tivoli ha respinto l'opposizione allo stato passivo del Fallimento di B& amp S SPA in liquidazione, proposta dalla STIGE Torinese Industrie Grafiche Editoriali SPA, contro la mancata ammissione del proprio credito così come disposta dal GD dello stesso Tribunale che, a sua volta, aveva dichiarato - nonostante il favorevole parere del Curatore - inammissibile quella domanda, in quanto supertardiva, atteso che il ritardo del creditore non sarebbe stato giustificabile. Il Tribunale ha, a sua volta, escluso - per l'eccessivo ritardo - l'ammissibilità della domanda, considerato che il creditore aveva votato nell'adunanza dei creditori nel corso della procedura di concordato preventivo e, quindi, con l'esercizio di una minima diligenza avrebbe potuto conoscere dell'esito non favorevole della procedura minore. Dall'altro lato, ove anche si fosse affermato l'ammissibilità della richiesta, il credito non avrebbe potuto essere ammesso in quanto sprovvisto della documentazione idonea a provarlo. Avverso la decisione della Corte d'Appello ha proposto ricorso per cassazione la società creditrice, con atto notificato il 3 novembre 2014, sulla base di quattro motivi violazione e falsa applicazione degli art. 17, 92 e 101 LF 96 e 99 LF nonché 2730 e 2733 c.c. e 228 e 112 c.p.c. . La Curatela non ha svolto difese. Il ricorso, che consente di accorpare i primi due mezzi ed anche i due restanti, appare manifestamente fondato giacché A Con riferimento ai primi due motivi, che censurano la decisione nella parte in cui, in via principale, ha confermato la decisione di inammissibilità della domanda di ammissione al passivo, in quanto supertardiva, in ragione del suo palese contrasto con il principio già affermato da questa Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4310 del 2012 e secondo cui Ai fini dell'ammissibilità della domanda tardiva di ammissione del credito ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 101 legge fall cd. supertardiva , il mancato avviso al creditore da parte del curatore del fallimento, previsto dall'art. 92 legge fall, integra la causa non imputabile del ritardo da parte del creditore peraltro, il curatore ha facoltà di provare, ai fini dell'inammissibilità della domanda, che il creditore abbia avuto notizia del fallimento, ind pendentemente dalla ricezione dell'avviso predetto. . Nel caso di specie, è perfettamente integrata tale fattispecie, non avendo pacificamente il Curatore dato avviso alla creditrice, ai sensi dell'art. 92 LF, senza che rilevino le considerazioni svolte circa l'esercizio di una attento monitoraggio dell'andamento della procedura di concordato preventivo a cui la ricorrente aveva preso parte, partecipando all'adunanza dei creditori, trattandosi di una fase della vita della debitrice del tutto autonoma e che può essere seguita solo in via ipotetica dall'evento fallimento e, in caso positivo, anche in una data non prevedibile. B Con riferimento ai motivi terzo e quarto, che censurano la decisione nella parte in cui, in via ulteriore, ha stabilito l'infondatezza della domanda in quanto carente del deposito della documentazione posta a suo fondamento, in ragione del suo palese contrasto con i principi già affermati da questa Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16554 del 2015 . Infatti, questa Corte, nella menzionata sentenza, ha stabilito il principio di diritto secondo cui nel nuovo diruto fallimentare il curatore è principalmente una parte, come emerge anche dall'esame degli arti. 95 e ss L F, che nel contraddittorio con il creditore istante s'imbatte - come tutte le parti - nell'operatività del principio di non contestazione, con riguardo alla formazione della prova delle pretese creditorie e che se e vero che non per questo il giudice delegato è tenuto, in forza di quel principio, ad ammettere il credito come richiesto dal suo titolare sol perché il curatore abbia mantenuto un comportamento non attivo, sia nella fase sommaria che in quella contenziosa, e ciò sulla base della possibilità - data al giudice - di far valere eccezioni uf frciose in considerazione dei principi in materia di verificazione dei fatti e delle prove, da parte dello stesso , è pur vero che il Curatore svolge il ruolo di parte in un senso tutt'affatto peculiare, prevalendo i doveri di correttezza ed imparzialità verso il ceto creditorio che è chiamato ad amministrare. Cosicché, quando - come nel caso di specie - il Tribunale, in sede di opposizione, abbia rilevato, senza tenerne conto, che il Curatore aveva espresso parere favorevole all'ammissione del credito della odierna ricorrente in considerazione della documentazione esistente presso la società fallita, avrebbe avuto il dovere di verificare quegli elementi e, se non conducenti, concludere di conseguenza, in modo specifico. Infatti, il parere favorevole del curatore all'ammissione di un credito allo stato passivo fallimentare può e deve essere disatteso in presenza di fatti che impongono di formulare eccezioni ufficiose agli elementi di prova comunque acquisiti, ma tale disattenzione non può essere affermata come nella specie in via astratta e generalizzata, a dispetto dei concreti elementi i documenti e le prove che risultino già in possesso del curatore, senza che li si verifichino specificamente o si enuncino le ragioni della critica a tali fonti dimostrative, se del caso imponendo il loro esame nel contraddittorio delle parti. E ciò perché, il curatore, in quanto parte pubblica al pari del PM , ha il dovere di non nascondere gli elementi di cui sia entrato in possesso per ragioni dell'Ufficio esercitato che è pur sempre quello di assicurare ai creditori la loro par conditio, senza avvantaggiarne ma anche danneggiarne alcuni , specie quando questi siano il risultato del concreto atteggiarsi del principio di vicinanza della prova, più volte enunciato da questa Corte. In conclusione, si deve disporre il giudizio camerale, ai sensi degli aret. 380-bis e 375 n. 5 c.p.c., apparendo il ricorso - con il suo primo motivo - manifestamente fondato, con assorbimento dei restanti mezzi. . Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione di cui sopra, alla quale non risultano essere state mosse osservazioni critiche dalle parti dell'odierno giudizio che, pertanto, il primo mezzo del ricorso deve essere accolto con assorbimento dei restanti , con la conseguente cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa al Tribunale di Tivoli, in diversa composizione, che dovrà nuovamente decidere della controversia, in relazione al motivo accolto, facendo applicazione dei principi sopra enunciati. P.Q.M. La Corte, Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, al Tribunale di Tivoli in diversa composizione.