Ammissione al passivo: il credito ha natura chirografaria e non privilegiata

La proposizione della domanda per ottenere l'ammissione al passivo fallimentare da parte di uno studio associato lascia presumere l'esclusione della personalità del rapporto d'opera professionale, e, dunque, l'inesistenza dei presupposti per il riconoscimento del privilegio di cui all'art. 2751 bis, n. 2, c.c., salva l'allegazione e la prova della cessione del credito della prestazione professionale svolta personalmente dal singolo associato.

Con la pronuncia n. 443 del 14 gennaio 2016, il S.C. interviene sulla natura, privilegiata o meno, del credito dell’associazione professionale, precisando che lo stesso può essere considerato privilegiato solo qualora derivi da una cessione del credito in favore della associazione da parte del singolo professionista titolare del rapporto dal quale ha origine il credito ceduto e rivendicato. Il caso Il provvedimento reso dalla Cassazione in commento prende le mosse dalla richiesta di insinuazione in sede di passivo fallimentare del credito di una associazione professionale, ammesso in via chirografaria detta qualifica viene contestata, richiedendone la natura privilegiata, sul rilievo che il credito fosse, comunque, originario da una prestazione professionale resa personalmente da un singolo membro dell’associazione stessa. La Cassazione chiarisce, richiamando alcune pregresse decisioni di legittimità, che la qualifica privilegiata può essere riconosciuta solo al credito derivante dal rapporto professionale tra cliente e singolo professionista qualora detto credito venisse ceduto dal singolo all’associazione, lo stesso potrebbe allora essere considerato di natura privilegiata, previo adeguato riscontro probatorio in ordine alla cessione. Associazione professionale e titolarità del rapporto di opera. In una associazione professionale, i componenti della stessa si associano per dividere le spese e gestire congiuntamente i proventi della propria attività essi però non trasferiscono per ciò solo all'associazione tra loro costituita la titolarità del rapporto di prestazione d'opera, ma conservano la rispettiva legittimazione attiva nei confronti del proprio cliente, sicché non sussiste una legittimazione alternativa del professionista e dello studio professionale, a condizione che il rapporto di prestazione d'opera si instauri tra il singolo professionista ed il cliente, poiché soltanto in tal caso si può ritenere che il credito abbia per oggetto prevalente la remunerazione di un'attività lavorativa. Credito del professionista o credito dell’associazione? Come visto in precedenza, la questione ad oggetto riguardava la possibilità di richiedere in via privilegiata il credito di una associazione professionale, anche lo stesso derivava dall’attività di un singolo componente della stessa. Secondo la giurisprudenza, relativamente alla domanda di ammissione del credito professionale al passivo fallimentare, va escluso che il credito privilegiato derivante dal rapporto negoziale che si instaura tra il cliente ed il singolo professionista degradi a chirografario nel caso in cui sia oggetto di cessione all'associazione cui il professionista appartiene. Al contrario questa è la sola ipotesi in cui anche lo studio associato sarà legittimato a far valere il credito vantato, in via privilegiata. Natura dei privilegi e deroga della par condicio creditorum. In linea di principio, come noto, la formulazione dei privilegi è da considerare tassativa, come tale insuscettibile di interpretazione analogica vista la natura eccezionale degli stessi, i quali costituiscono deroga al principio generale della par condicio creditorum sancito dall'art. 2741 c.c Il legislatore ha voluto in questo modo accordare il privilegio di cui all'art. 2751-bis, n. 2, c.c., in relazione alla categoria dei lavoratori autonomi, collocandola immediatamente dopo i lavoratori subordinati, considerando di particolare rilevo lo svolgimento personale dell'attività professionale, e pertanto non si giustifica l'estensione del beneficio a soggetti estranei alla prestazione dell'attività, quali, ad esempio, gli altri membri dell’associazione professionale. Associazione tra professionisti ed incarico la rilevanza della personalità della prestazione. Nel caso di associazione tra professionisti, la stessa si presenta come centro di imputazione di rapporti giuridici, distinto dai suoi componenti ed appunto perciò dotato di rilevanza esterna. Ne consegue che, ove l'incarico professionale sia conferito ad un membro della associazione professionale”, il compenso contenga necessariamente rimunerazione di capitali, vista l'organizzazione che in ogni caso l'associazione professionale comporta e considerando poi che detto compenso sarebbe suddiviso tra i vari membri dell'associazione, estranei alla prestazione resa. In un caso sottoposto all’attenzione della Cassazione, infatti, è stata respinta l'opposizione proposta ex art. 98 legge fallimentare da un avvocato, membro di associazione tra professionisti, avverso l'ammissione del proprio credito in via chirografaria. Privilegio anche per il singolo componente dell’associazione professionale? Il privilegio generale sui beni mobili del debitore, previsto dall'art. 2751-bis cod. civ. per le retribuzioni dei professionisti, trova applicazione nel caso in cui il creditore sia inserito in un'associazione professionale, costituita con altri professionisti per dividere le spese e gestire congiuntamente i proventi della propria attività, a condizione che il rapporto di prestazione d'opera si instauri tra il singolo professionista ed il cliente, soltanto in tal caso potendosi ritenere che il credito abbia per oggetto prevalente la remunerazione di un'attività lavorativa, ancorché comprensiva delle spese organizzative essenziali al suo autonomo svolgimento. Solo in presenza, pertanto, di una cessione di credito ritualmente provata, il credito di una associazione professionale può essere richiesto in via privilegiata. Incarico a più professionisti nessun privilegio per il credito. Va escluso, invece, il privilegio ai sensi dell'art. 2751- bis , n. 2, c.c., qualora l'incarico professionale sia stato conferito congiuntamente ed indifferentemente ai professionisti, quali unici componenti dell'associazione professionale, in quanto tale circostanza depone inequivocabilmente per l'instaurazione di un rapporto del cliente non già con il singolo professionista, ma con l'associazione professionale, elidendo la natura retributiva del credito professionale e configurando il corrispettivo come voce all'interno di un'attività essenzialmente imprenditoriale.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 24 novembre 2015 – 14 gennaio 2016, numero 443 Presidente Ragonesi – Relatore Acierno Fatto e diritto Rilevato che è stata depositata la seguente relazione in ordine al procedimento civile iscritto al R.G. 13724 DEL 2013 'Il tribunale di Arezzo, adito in sede di opposizione allo stato passivo della s.p.a. Eutelia in amm.ne straordinaria dall'avv. P.F. anche nella qualità di legale rappresentante dello studio associato F. & amp F. rigettava la predetta opposizione ritenendo correttamente posto in chirografo il credito per prestazioni professionali del quale si era richiesta l'insinuazione privilegiata. In particolare il tribunale escludeva il privilegio sulla base della più recente giurisprudenza di legittimità Cass. 18455 del 2011 e 11052 del 2012 che richiedeva la prova concreta della cessione del credito relativo alla prestazioni professionali al fine di poter applicare l'art. 2751 bis cod. civ. Al riguardo l'originaria insinuazione è stata richiesta dal F. in qualità di legale rappresentante dell'Associazione e la prova per testi articolata in ordine alla cessione del credito era tardiva. Quanto alla successiva istanza formulata personalmente dall'avv. F. dopo la messa in liquidazione dell'associazione, il tribunale evidenziava la mancanza di prova in ordine al passaggio delle posizioni creditorie e debitorie in capo all'istante, non risultando la circostanza né dall'atto di scioglimento né dagli altri documenti prodotti. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso l'avv. F. nella qualità di legale rappresentante della predetta associazione professionale. Nel primo motivo viene dedotta la violazione dell'art. 25 del d.lgs numero 96 del 2001, dell' art. 2229 cod. civ. e dell'art. 2751 bis cod. civ. per non avere il Tribunale ritenuto che il credito dell'Associazione professionale poteva essere ammesso in privilegio, ritenendo che tale collocazione fosse possibile soltanto per ill credito personale del professionista. Secondo la parte ricorrente la titolarità del credito in capo all'associazione non ne esclude a priori la natura professionale e personale, con conseguente applicazione degli art. 2229 e 2751 bis cod. civ. Nel secondo motivo viene dedotta la violazione dell'art. 2697 cod. civ. con riferimento alla 1. numero 1815 del 1939 e l'art. 2751 bis cod. civ. per avere il Tribunale erroneamente ritenuto gravante sull'associazione l'onere di provare la natura personale dell'attività professionale svolta dall'avv. F., dovendosi invece ritenere sufficiente la prova della natura e qualità dell'attività svolta. Al riguardo viene citata la sent. numero 2249 del 2009 secondo la quale occorre stabilire se il rapporto professionale si è instaurato con il singolo professionista o l'associazione. Nel terzo motivo viene dedotto l'omesso esame di fatti e documenti decisivi dai quali poteva agevolmente dedursi che il rapporto professionale era instaurato con il singolo professionista. Nel quarto motivo viene dedotta la violazione dell'art. 1 della 1. numero 1815 del 1939 nonché dell'art. 112 cod. proc. civ. per non avere il tribunale rilevato che la cessione di credito deriva ex se dall'esistenza del vincolo associativo. Aver ammesso il credito dell'associazione professionale al passivo stava ad indicare che vi era stata una sottostante cessione di credito. Le prove non ammesse avevano lo scopo di accertare che i crediti maturati dagli associati erano crediti dell'Associazione per patto sociale. La censura è formulata anche ex art. 360 numero 5 cod. proc. civ. I motivi possono essere trattati congiuntamente. L'art. 25 comma primo, della 1. 96 del 2001 stabilisce che i compensi derivanti dall'attività professionale degli associati diventano crediti dell'associazione. Essi pertanto, istituzionalmente e salvo espresse deroghe statutarie o pattizie entrano nel patrimonio sociale e l'associazione ne diventa titolare ancorché derivino dall'attività professionale dei singoli associati. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente la previsione normativa esclude che il modello associativo tipico possa essere fondato sulla cessione di credito. La titolarità del credito è in capo all'associazione professionale non per effetto della cessione ma per la partecipazione alla compagine sociale. Tale premessa, condivisa dai più recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità Cass. 18455 del 2001 11052 del 2012 si fonda sul riconoscimento di un rilievo primario allo schermo associativo rispetto alla natura professionale dell'opera oltre che sulla diretta imputabilità degli effetti del predetto rapporto professionale in capo all'associazione. Ne consegue che se il credito viene azionato dall'associazione professionale che se ne assume la titolarità, deve escludersene la natura privilegiata salvo che non venga fornita la prova della sussistenza di un vincolo pattizio diverso fondato sul meccanismo indiretto della cessione del credito. In tale ipotesi il rapporto sorge con il singolo professionista ed ha natura personale. Il credito sorto da tale rapporto viene ceduto all'associazione, la quale non è titolare del rapporto ma del credito successivamente al suo maturare esclusivamente per effetto della cessione. Tale diversa configurazione del rapporto tra associato ed associazione costituisce una deroga del modello normativo di cui deve essere fornita prova ad hoc. Al riguardo nessuna censura è stata formulata in ordine alla valutazione di tardività delle deduzioni probatorie. Il regime fiscale è ininfluente al riguardo così come la specifica menzione del ricorrente come codifensore nel mandato. La giurisprudenza più recente, ha, in conclusione, superato il precedente orientamento fondato sull'accertamento della natura e qualità dell'attività svolta per incentrare, correttamente, l'accento sul modello sociale legale o pattizio prescelto dal quale far rifluire la personalità dell'attività professionale o la sua riconducibilità diretta all'associazione ed al suo autonomo meccanismo di distribuzione degli utili e dei rischi d'impresa, del tutto incompatibili con la ratio del privilegio ex art. 2751 bis cod. civ. In conclusione ove si condividano i predetti rilievi il ricorso va respinto . Il Collegio letta la memoria di parte ricorrente e la giurisprudenza di legittimità anche recente richiamata in particolare Cass. 4485 del 2015 0=Rrilevate che nelle pronunce selezionate rimane necessario superare la presunzione, ancorchè semplice, di esclusione della natura personale dell'attività svolta, alla luce delle pattuizioni in concreto stabilite dai componenti l'associazione e delle risultanze istruttorie. Tale superamento secondo il giudice del merito pag. 2 pronuncia impugnata anche sotto il profilo della cessione del credito è mancato. Anche l'arresto più recente di questa sezione Cass. 20750 del 2015 si fonda sulla necessità di provare la personalità della prestazione professionale richiamando espressamente i precedenti, in ordine all'accertamento probatorio di tale requisito numero 22439 del 2009 e 4485 del 2015, pervenendo all'accoglimento del ricorso proprio in virtù dell'avvenuto positivo accertamento della natura della prestazione, come risultante dal complessivo esame delle emergenze istruttorie. In conclusione il ricorso deve essere respinto senza alcuna statuizione sulle spese non essendosi costituita la parte intimata. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso. Si dà atto che ricorrono le condizioni per il pagamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.