I crediti pro quota incorporati nei titoli obbligazionari sono ammessi al passivo?

La fattispecie oggetto di esame da parte dell’odierno giudice della legittimità riguarda l’ammissione al passivo, chiesta da un erede legittimo, per il credito derivante da emissioni obbligazionarie sottoscritte dal de cuius. Nello specifico, si tratta di stabilire se la mancata produzione degli originali dei titoli obbligazionari, dovuta all’indiscusso disaccordo tra gli eredi, privi o meno uno dei coeredi della legittimazione a far valere il credito per il rimborso pro quota dei certificati obbligazionari comuni”.

I giudici della Prima Sezione Civile di Piazza Cavour, con la sentenza n. 24449 depositata il 1° dicembre 2015, richiamando un grand arrêt delle Sezioni Unite n. 24657/2007 ribadiscono il principio per il quale i crediti del de cuius , a differenza dei debiti, non si ripartiscono tra i coeredi in modo automatico in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria, essendo la regola della ripartizione automatica dell’art. 752 c.c. prevista solo per i debiti, mentre la diversa disciplina per i crediti risulta dal precedente art. 727. Quest’ultimo articolo, infatti, stabilendo che le porzioni debbano essere formate comprendendo anche i crediti, presuppone che gli stessi facciano parte della comunione, nonché dal successivo art. 757, il quale, prevedendo che il coerede al quale siano stati assegnati tutti o l’unico credito succede nel credito al momento dell’apertura della successione, rivela che i crediti ricadono nella comunione, ed è, inoltre, confermata dall’art. 760, che escludendo la garanzia per insolvenza del debitore di un credito assegnato a un coerede, necessariamente presuppone che i crediti siano inclusi nella comunione né, in contrario, può argomentarsi dagli artt. 1295 e 1314 dello stesso codice, concernendo il primo la diversa ipotesi del credito solidale tra il de cuius ed altri soggetti e il secondo la divisibilità del credito in generale. Conseguentemente, ciascuno dei partecipanti alla comunione ereditaria può agire singolarmente per far valere l’intero credito comune, o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi, ferma la possibilità che il convenuto debitore chieda l’intervento di questi ultimi in presenza dell’interesse all’accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito. Il fatto. Nella fattispecie in cui è intervenuta la sentenza in commento della Suprema Corte, Tizio, erede legittimo per la quota di un 1/3 di Mevio, ha proposto opposizione avverso il provvedimento di esclusione dal passivo del Fallimento Beta s.p.a., oltre che per degli emolumenti dovuti al de cuius , anche per il credito derivante da emissioni obbligazionarie da quest’ultimo sottoscritte. E, il Tribunale di Milano in accoglimento della predetta opposizione ammette Tizio al passivo del citato Fallimento in via chirografaria per il credito di euro 11.937,87, oltre interessi di legge dalla maturazione del diritto sino alla data di dichiarazione di fallimento, e, sempre in chirografo, per il credito di euro 991.581,46, oltre interessi nella misura prevista. Il Tribunale meneghino, peraltro, osserva come Tizio abbia dimostrato di non poter produrre i titoli incorporanti il diritto alla restituzione dei prestiti per causa allo stesso non imputabile, attestando l’esistenza dei titoli, con la produzione di copia autentica, e la conservazione degli stessi negli interessi di tutti gli eredi di Mevio, da parte di un custode, da cui, conseguentemente, l’applicazione dell’art. 96, secondo comma n. 2, l. fall. e quindi l’ammissione con riserva. Avverso quest’ultima decisione il Fallimento propone ricorso per cassazione cui resiste con controricorso Tizio. Il Fallimento soccombente fa valere due distinti motivi di gravame. In particolare, secondo il ricorrente de quo, posto che la mancata produzione dei titoli obbligazionari è dipesa dal mancato accordo tra gli eredi partecipanti alla comunione ereditaria, non può riconoscersi all’opponente erede pro quota, la legittimazione a far valere il credito per il rimborso pro quota dei titoli obbligazionari comuni. Il ricorrente, a base di detta conclusione, deduce e fa valere che non sono caduti in successione diritti di credito ma titoli di credito al portatore. E, gli Ermellini, respingono in toto il ricorso, dichiarandolo infondato ed osservando come, non sia sostenibile la diversità addotta tra crediti e titoli di credito, essendo questi ultimi crediti incorporati in un titolo, e detta parificazione è sancita dalla stessa disposizione di cui all’art. 96, secondo comma, n. 2 l. fall., laddove prevede l’ammissione dei crediti per i quali non sia stato prodotto il titolo. Di conseguenza la Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna il Fallimento alle spese. I crediti del de cuius , a differenza dei debiti, non si ripartiscono tra i coeredi in modo automatico. Già da tempo nell’ambito della dottrina che, da una parte, si è occupata in modo specifico di successioni, e dall’altra di obbligazioni plurisoggettive, si è andata consolidando la tesi che nega l’esistenza del principio di divisione automatica dei rapporti obbligatori del defunto, con riguardo, appunto, ai crediti. Difatti, se per i debiti ereditari esistono norme specifiche quali gli artt. 752 e 754 c.c., che derogano alla regola della presunzione della solidarietà passiva stabilità dall’art. 1294 c.c., viceversa, per i crediti ereditari, una norma di contenuto simmetrico a quelle di cui ai predetti artt. 752 e 754 c.c. non è rinvenibile. A tale significativa assenza si aggiungano inoltre le indicazioni che derivano dagli artt. 727 e 760 c.c. L’art. 727 c.c., infatti, nel prevedere che la composizione qualitativa dei lotti da assegnare con effetto retroattivo ai coeredi condividenti menzioni anche i crediti accanto ai beni mobili ed immobili, presuppone che gli stessi facciano parte della comunione. Inoltre l’art. 760, che escludendo la garanzia per insolvenza del debitore di un credito assegnato ad un coerede, necessariamente presuppone che i crediti siano inclusi nella comunione. I crediti ereditari sono soggetti al regime di comunione. Il regime di comunione cui sono soggetti i crediti ereditari, ancorché divisibili, non comporta altresì la necessaria partecipazione di tutti i coeredi all’azione promossa contro il debitore del de cuius ciò in quanto, anche in tale ipotesi, sarebbe applicabile il principio generale, affermato dalla costante giurisprudenza di legittimità, secondo il quale ciascun partecipante alla comunione può esercitare singolarmente le azioni a vantaggio della cosa comune senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri partecipanti, perché il diritto di ciascuno di essi investe la cosa comune nella sua interezza pertanto ciascun erede può agire singolarmente per far valere l’intero credito ereditario comune o anche la sola parte del credito proporzionale alla quota ereditaria, fermo restando che il pagamento effettuato dal debitore non ha effetti nei rapporti interni con gli altri coeredi. Il credito azionato pro quota è incorporato in certificati obbligazionari. Non è sostenibile la diversità addotta dal Fallimento de quo tra crediti e titoli di credito, essendo questi ultimi crediti incorporati in un titolo, e detta parificazione è sancita dalla stessa disposizione di cui all’art. 96, comma 2, n. 2, l. fall., laddove prevede l’ammissione di crediti per i quali non sia stato prodotto il titolo. E significativamente, è stato osservato che detta formulazione equivale a quella di documenti giustificativi” utilizzata dalla precedente disposizione, a significare che per il Legislatore della riforma il principale, ma non unico, campo di riferibilità dell’ammissione con riserva di presentazione dei documenti è quello dei titoli di credito. Il fondamento e i caratteri dei titoli obbligazionari. I certificati obbligazionari sono quei titoli di credito emessi da enti privati o da enti pubblici per il collocamento sul pubblico mercato di prestiti a lunga scadenza. Essi costituiscono frazioni di un unico prestito, e sono emessi in virtù di un unico atto di volontà dell’ente sulla base di un solo programma, sono assistiti da garanzie collettive e sono rimborsati sulla base di un piano di ammortamento stabilito per l’intero prestito. Questa matrice unitaria dalla quale traggono origine tutti i diversi titoli obbligazionari relativi ad un medesimo prestito e che imprime ad essi una assoluta uniformità può assumere una rilevanza giuridica diversa ed incidere più o meno sensibilmente sulla posizione dei singoli portatori di obbligazioni. E, concludendo, per quanto qui ci occupa, si devono ritenere del tutto infondati i rilievi del Fallimento, di indivisibilità del diritto a chiedere la restituzione dei titoli obbligazionari stante l’unità del mezzo di legittimazione e il divieto di girata ex art. 2010 c.c. atteso che nella specie trattasi, appunto, di titoli al portatore e non già all’ordine.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 29 ottobre – 1 dicembre 2015, numero 24449 Presidente Ceccherini – Relatore Di Virgilio Svolgimento del processo S.L.F.B. , erede legittimo per la quota di 1/3 di S.P. , chiedeva l'ammissione al passivo del Fallimento Vanetta s.p.a., oltre che per gli emolumenti dovuti al de cuius per gli anni 2002 e 2003, per il credito derivante dalla sottoscrizione da parte dello S. delle emissioni obbligazionarie indicate. A fronte del provvedimento di esclusione del G.D., lo S. proponeva opposizione, a cui resisteva il Fallimento. Con decreto del 2/7/2009 - 13/4/2010, il Tribunale di Milano ha ammesso al passivo del Fallimento Vanetta s.p.a. S.L.F.B. in via chirografaria per il credito di Euro 11.937,87, oltre interessi di legge dalla maturazione del diritto sino alla data di dichiarazione di fallimento, e, sempre in chirografo, per il credito di Euro 991.581,46, oltre interessi nella misura prevista, sino alla data di dichiarazione di fallimento condizionatamente alla produzione alla curatela, in epoca antecedente al piano di riparto, degli originali dei titoli al portatore ad oggi prodotti in copia autentica , ed ha compensato le spese. Per quanto ancora rileva, il Tribunale ha osservato che lo S. aveva dimostrato di non potere produrre i titoli incorporanti il diritto alla restituzione dei prestiti per causa allo stesso non imputabile, attestando l'esistenza dei titoli, con la produzione di copia autentica, e la conservazione degli stessi nell'interesse di tutti gli eredi di S.P. , da parte di un custode, da cui, conseguentemente, l'applicazione dell'articolo 96, 2 comma numero 2 l.f. e quindi l'ammissione con riserva, come chiesta in udienza dalla parte in via subordinata. Ricorre avverso detta pronuncia il Fallimento, con ricorso affidato a due motivi. Si difende con controricorso lo S. . Il Fallimento ha depositato la memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1.1.- Con il primo motivo, il Fallimento si duole della violazione e falsa applicazione degli articolo 98, 99 l.f. e 345 c.p.c., nonché dei principi generali in tema di preclusioni processuali nelle impugnazioni e nei gravami, per avere lo S. avanzato la domanda subordinata all'udienza collegiale, riservata alla sola discussione e non già come avrebbe dovuto, con la memoria ex articolo 99, 6 comma l.f. , destinata alla cristallizzazione del thema decidendum . 2.1.- Il primo motivo è infondato. L'articolo 96, 2 comma l.f., applicabile nella specie, dispone che .sono ammessi al passivo con riserva . 2 i crediti per i quali la mancata produzione del titolo dipende da fatto non riferibile al creditore, salvo che la produzione avvenga nel termine assegnato dal giudice . Come affermato tra le ultime nella pronuncia 24539/2013, in tema di formazione dello stato passivo, l'apposizione di una condizione all'ammissione del credito costituisce un potere officioso del giudice di merito, il quale, pertanto, accogliendo una domanda di insinuazione, può sia apporvi una condizione eventualmente prevista dalla legge e risultante dagli atti, sia rettificare l'indicazione della circostanza condizionante ivi erroneamente prospettata. 1.2.- Col secondo mezzo, il Fallimento articola due censure, di violazione e falsa applicazione degli articolo 96, 2 comma numero 2 l.f. e 113 bis l.f., 1100 e ss., 1772, 1992 e ss. c.c., e di motivazione insufficiente e/o contraddittoria. Secondo il ricorrente, posto che la mancata produzione dei titoli obbligazionari è dipesa dal mancato accordo tra gli eredi partecipanti alla comunione ereditaria, non può riconoscersi all'opponente, erede pro quota, la legittimazione a far valere il credito per il rimborso pro quota dei titoli obbligazionari comuni . Il ricorrente, a base di detta conclusione, deduce e fa valere che non sono caduti in successione diritti di credito, ma titoli di credito al portatore, beni mobili suscettibili di essere oggetto di diritti reali, oltre che soggetti alle norme di cui agli articolo 1992 e ss., da cui l'indivisibilità del diritto cartolare, che deve essere esercitato congiuntamente da tutti i partecipanti alla comunione e legittimati secondo la legge di circolazione o, in alternativa, da chi fra essi abbia il titolo nel suo potere e con il mandato tacito da parte degli altri che per il principio di letteralità, è inconcepibile l'esercizio per quote separate, e l'indivisibilità è confermata dalla speciale regolamentazione di cui all'articolo 2347 c.c. v. anche l'articolo 2352, 5 comma c.c. ed anche per il frazionamento dei titoli l'articolo 2000 c.c. si richiede la collaborazione dell'emittente, che può aderirvi, ovviamente solo quando ancora in bonis . Né la conclusione sarebbe diversa ad applicare le norme sulla comunione dei diritti reali ex articolo 1100 e ss. c.c., anche a ritenere che l'esercizio dei diritti contemplati nel titolo rientri tra gli atti di mera amministrazione e non di disposizione che richiedono il consenso di tutti ed infatti, ove si reputi che l'esercizio del diritto finale al rimborso integri un atto eccedente l’ordinaria amministrazione, occorrerebbe la maggioranza dei due terzi ex articolo 1108 2 comma c.c. diversamente, secondo l'articolo 1105, 2 comma c.c. occorrerebbe la maggioranza che rappresenti la metà del valore del bene, con l'osservanza delle forme procedimentali richieste quindi, sempre un atto collettivo , mentre nel caso, la domanda di ammissione al passivo per il rimborso risulta presentata dallo S. e solo dalla vedova sig. S.S.L. , da cui la mancanza della maggioranza semplice dei coeredi. Anche a considerare la disciplina del deposito, l’articolo 1772 c.c. conferma l'esigenza dell'accordo tra tutti i coeredi ai fini della restituzione o della gestione delle cose affidate in custodia, accordo che manca, visto che entrambi i depositari si sono ben astenuti dal ritenere ravvisabile la volontà comune v. lettera del 17/5/06 della S.I.O.R.A. . Secondo il Fallimento, nel caso è in discussione non la materiale esistenza dei titoli, ma la sussistenza della comune volontà di disporne da parte dei comunisti, per cui il deposito degli originali dei titoli integrava un elemento costitutivo del diritto al rimborso, né si sarebbe potuto ritenere l'opponente privo di strumenti per uscire dalla situazione di stallo lamentata, attesa la possibilità di chiedere al Tribunale, almeno al fine di proporre l'insinuazione tardiva, i provvedimenti ex articolo 1772 c.c. o ex articolo 1105 u.c. c.c Infine, il Fallimento evidenzia come, a seguito del provvedimento impugnato, il G.D. potrà trovarsi in difficoltà in sede di provvedimento ex articolo 113 bis l.f., per non essersi ancora compiuta la divisione ereditaria o, se compiuta, per avere l'opponente acquisito la titolarità di una parte dei titoli di differente consistenza per ragioni di conguaglio delle quote. 2.1. Il motivo, inteso a far valere il vizio ex articolo 360 numero 3 c.p.c., è infondato. Quanto al vizio di motivazione, presente nella rubrica, lo stesso è privo di qualsiasi argomento, risolvendosi il motivo nella sola prospettazione del vizio di violazione dell'articolo 96, 2 comma numero 2 l.f. e delle altre norme citate. La tesi di fondo sostenuta dal Fallimento è che la mancata produzione degli originali dei titoli obbligazionari, dovuta all'indiscusso disaccordo tra gli eredi, priva lo S. , quale coerede, della legittimazione a far valere il credito per il rimborso pro quota dei certificati obbligazionari, né lo stesso potrebbe far valere la mancata produzione dei titoli per fatto a sé non imputabile, data la facoltà di ottenere provvedimenti giudiziali idonei ad ovviare alla situazione di stallo. Ciò posto, è innanzi tutto da disattendere la prospettazione del Fallimento, secondo cui sono caduti in successione non diritti di credito, ma titoli di credito al portatore, e quindi beni mobili suscettibili di formare oggetto di diritti reali, oltre che soggetti alla speciale disciplina di cui agli articolo 1992 e ss. c.c Ed infatti, non è sostenibile la diversità addotta tra crediti e titoli di credito, essendo questi ultimi crediti incorporati in un titolo, e detta parificazione è sancita dalla stessa disposizione di cui all'articolo 96, 2 comma numero 2 l.f., laddove prevede l'ammissione dei crediti per i quali non sia stato prodotto il titolo . E significativamente, è stato osservato che detta formulazione equivale a quella di documenti giustificativi utilizzata dalla precedente disposizione, a significare che per il legislatore della riforma il principale, ma non unico, campo di riferibilità dell'ammissione con riserva di presentazione dei documenti è quello dei titoli di credito. Ne consegue l'applicazione del principio dettato dalle S.U., nella pronuncia 24657/2007, seguito dalle pronunce 995/2012, 15894/2014 e 10517/2013, secondo cui i crediti del de cuius , a differenza dei debiti, non si ripartiscono tra i coeredi in modo automatico in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria, essendo la regola della ripartizione automatica dell'articolo 752 c.c. prevista solo per i debiti, mentre la diversa disciplina per i crediti risulta dal precedente articolo 727, il quale, stabilendo che le porzioni debbano essere formate comprendendo anche i crediti, presuppone che gli stessi facciano parte della comunione, nonché dal successivo articolo 757, il quale, prevedendo che il coerede al quale siano stati assegnati tutti o l'unico credito succede nel credito al momento dell'apertura della successione, rivela che i crediti ricadono nella comunione, ed è, inoltre, confermata dall'articolo 760, che escludendo la garanzia per insolvenza del debitore di un credito assegnato a un coerede, necessariamente presuppone che i crediti siano inclusi nella comunione né, in contrario, può argomentarsi dagli articolo 1295 e 1314 dello stesso codice, concernendo il primo la diversa ipotesi del credito solidale tra il de cuius ed altri soggetti e il secondo la divisibilità del credito in generale conseguentemente, ciascuno dei partecipanti alla comunione ereditaria può agire singolarmente per far valere l'intero credito comune, o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi, ferma la possibilità che il convenuto debitore chieda l'intervento di questi ultimi in presenza dell'interesse all'accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito. Il richiamo a detto principio non esaurisce i profili propri della fattispecie, in quanto il credito azionato pro quota è incorporato nei certificati obbligazionari, da cui consegue l'applicazione della disciplina propria di detti titoli. A riguardo, si devono ritenere infondati i rilievi della Procedura, di indivisibilità del diritto a chiedere la restituzione stante l'unità del mezzo di legittimazione e il divieto di girata parziale ex articolo 2010 c.c., atteso che nella specie si tratta di titoli al portatore e non già all'ordine di preclusione del rimborso parziale, atteso che l'articolo 2414 numero 4 si limita a prevedere l'indicazione del valore nominale, senza porre il dedotto divieto quanto all'indivisibilità fatta valere ex articolo 2347 c.c., richiamato dall'articolo 2352 numero 5 c.c., va osservato che detta normativa riguarda le azioni, né l'articolo 2000 c.c., tra le disposizioni generali dei titoli di credito, potrebbe interpretarsi come prevedente la sola facoltà della società in bonis di procedere al frazionamento. Quanto al richiamo alla disciplina della comunione, articolo 1100 e ss. c.c. la stessa è inapplicabile, attesa la speciale disciplina dei titoli di credito ex articolo 1992 e ss. e 2003 e ss. c.c. titoli al portatore . Quanto infine al richiamo alla disciplina del deposito, ed in particolare all'articolo 1772 c.c. che disciplina la restituzione della cosa depositata in caso di pluralità di depositanti, è di chiara evidenza l'irrilevanza di detto richiamo, atteso che oggetto della controversia non è la restituzione dei certificati da parte dei custodi, ma l'ammissione al passivo pro quota dei crediti incorporati nei titoli. Inammissibili altresì sono le doglianze riferite alla ritenuta non imputabilità della produzione, involgendo il giudizio di merito sulla non riferibilità al creditore ed in ogni caso, le norme richiamate, articolo 1772 e 1105 u.c. c.c. sono inapplicabili alla fattispecie, per quanto sopra già rilevato . Da ultimo, di contro alle preoccupazioni della Curatela, va osservato che, alla stregua della chiara evidenziazione del Tribunale di Milano, l'evento che potrà determinare la definitiva ammissione della domanda, ex articolo 113 bis, sarà la produzione degli originali dei titoli al portatore, da cui l'esclusione di ogni possibilità di riparto senza l'avvenuta produzione dei titoli. 3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso. Va osservato che, in sede di conclusioni, il Fallimento ha richiesto, in subordine, la cassazione del decreto impugnato nella parte in cui ha riconosciuto gli interessi, quando invece tale componente era stata già concretamente conteggiata nella precedente voce . Tale richiesta, non correlata ad alcun motivo di impugnazione, è da ritenersi inammissibile. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il Fallimento alle spese, liquidate in Euro 18.000,00,oltre Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie ed accessori di legge.