È contraffazione anche in caso di riproduzione parziale funzionale o strutturale

Infatti perché si realizzi la contraffazione è sufficiente l'equivalenza della soluzione tecnica riprodotta rispetto a quella tutelata, senza che la parzialità della riproduzione funzionale o strutturale sia sufficiente ad escluderla.

Lo afferma la Cassazione nella sentenza n. 22351 del 2 novembre 2015. La vicenda. La fattispecie al centro della controversia esaminata dalla Suprema Corte vede l’accertamento di una presunta contraffazione di un brevetto. I giudici del merito hanno ritenuto che una macchina fosse del tutto simile ad un’altra derivante da una determinata invenzione brevettata, distinguendosi le due macchine solo per una variante di soluzione non rilevante. La società ricorrente eccepisce che i giudici del merito abbiano indebitamente ritagliato una parte della rivendicazione, riconoscendo tutela a un dispositivo identificato con la selezione di cinque delle undici caratteristiche rivendicate, senza considerare gli altri sei elementi della combinazione brevettata. Secondo la ricorrente, tuttavia, in questo modo l'ambito della contraffazione per equivalenza è risultato esteso oltre ogni limite, in contraddizione con l'esigenza di garantire i terzi mediante la certezza dell'ambito della privativa. Infatti, il riconoscimento di una contraffazione per equivalente avrebbe richiesto che tutte le caratteristiche brevettate fossero riprodotte per imitazione, indipendentemente da ogni valutazione circa la presunta inessenzialità tecnica di alcune di esse. Il quadro normativo. Per una migliore comprensione della vertenza giova rammentare che alla domanda di concessione di brevetto per invenzione industriale debbono unirsi la descrizione, le rivendicazioni e i disegni necessari alla sua intelligenza. L'invenzione deve essere descritta in modo sufficientemente chiaro e completo perché ogni persona esperta del ramo possa attuarla e deve essere contraddistinta da un titolo corrispondente al suo oggetto. La disposizione precisa altresì che se un'invenzione riguarda un procedimento microbiologico o un prodotto ottenuto mediante tale procedimento e implica l'utilizzazione di un microrganismo non accessibile al pubblico e che non può essere descritto in modo tale da permettere ad ogni persona esperta del ramo di attuare l'invenzione, nella domanda di brevetto si dovranno osservare, quanto alla descrizione, le norme previste dall’art. 162 sul procedimento microbiologico. Inoltre, l’art. 52 del Codice della proprietà intellettuale stabilisce che nelle rivendicazioni è indicato, specificamente, ciò che si intende debba formare oggetto del brevetto. I limiti della protezione sono determinati dalle rivendicazioni tuttavia, la descrizione e i disegni servono ad interpretare le rivendicazioni in modo da garantire nel contempo un'equa protezione al titolare ed una ragionevole sicurezza giuridica ai terzi. Per determinare l'ambito della protezione conferita dal brevetto, si tiene nel dovuto conto ogni elemento equivalente ad un elemento indicato nelle rivendicazioni. I limiti della protezione si determinano in base alla rivendicazione. La Cassazione premette come la controversia in esame verta sull'individuazione dei limiti della privativa ossia del diritto di esclusiva, e che i limiti della protezione garantita da un brevetto industriale debbano essere determinati sulla base del tenore delle rivendicazioni, interpretate anche tramite la descrizione e i disegni che le corredano. La contraffazione per equivalente. Al fine di valutare se la realizzazione del macchinario contestato possa considerarsi equivalente a quello costituito in base dell’invenzione brevettata, tanto da costituirne una contraffazione, è necessario appurare se, nel consentire di raggiungere il medesimo risultato finale, esso presenti carattere di originalità, offrendo una risposta non banale, né ripetitiva della precedente. La necessità di ammettere la contraffazione per equivalenza nasce dall'esigenza di evitare che l'esclusiva dell'avente diritto sia facilmente elusa attraverso soluzioni che, pur formalmente diverse, si approprino in forma diversa della stessa idea inventiva. Se un'invenzione si sottrae alla sanzione che colpisce la contraffazione per equivalenza solo se permette di raggiungere lo stesso risultato finale ma con caratteri di originalità, essa deve consentire di raggiungere il medesimo risultato finale dell'invenzione protetta, senza tuttavia utilizzare questa. Da tali premesse deriva che la contraffazione per equivalenza non potrebbe essere esclusa qualora il prodotto o il procedimento accusato di contraffazione sia riprodotto, anche solo parzialmente, con una variazione apportata ad un singolo componente, o ad una singola fase del procedimento, sebbene tale variazione debba qualificarsi non banale né ripetitiva della precedente. Occorre verificare quale sia il cuore” inventivo del procedimento brevettato. La giurisprudenza di legittimità ha già affermato come costituisca contraffazione del brevetto per invenzione industriale il produrre e commercializzare anche solo le componenti di un macchinario brevettato se queste sono destinate univocamente a far parte di detto macchinario. Tuttavia, la Suprema Corte ha sottolineato che per aversi contraffazione in siffatte ipotesi occorre che le componenti del macchinario riprodotte e commercializzate siano appunto quelle in cui essenzialmente si esplica la valenza inventiva di quanto brevettato cfr. Cass. 22495/2006 . Pertanto, nell’ipotesi in cui sia lamentata la contraffazione di un brevetto, il giudice del merito deve definire il cuore inventivo del procedimento brevettato cui la privativa è riferibile. Infatti, in alcuni precedenti la Cassazione cfr., ex multis , Cass. n. 2435/2006 ha sostenuto che gli eventuali specifici vantaggi connessi ai miglioramenti introdotti non escludono la contraffazione, che sussiste per il solo fatto che la migliore o diversa efficacia e/o comodità di impiego del nuovo modello non discende dalle diversità introdotte in modo autonomo rispetto alla riproduzione dell'idea brevettata. Irrilevante la variazione se non permette di escludere l’utilizzazione anche parziale del brevetto anteriore. Coerentemente con i principi su affermati, la giurisprudenza della Suprema Corte osserva come al fine di escludere la contraffazione per equivalenza non rilevi la variazione, seppure originale, apportata ad un singolo elemento del trovato brevettato, se la variazione non consenta di escludere l'utilizzazione, anche solo parziale, del brevetto anteriore Cass. n. 30234/2011 . Analogamente, non assume alcun rilievo allo scopo di escludere la contraffazione che la riproduzione non sia idonea a realizzarne pienamente tutti i vantaggi. In base ai suddetti principi, nella fattispecie in esame, la Cassazione considera legittima l’individuazione da parte dei giudici del merito della struttura generale del dispositivo brevettato allo scopo di accertarne la lamentata contraffazione. Di conseguenza, la Suprema Corte osserva che la parzialità della riproduzione, sia strutturarle sia funzionale, del dispositivo brevettato non è sufficiente per escludere la contraffazione, in quanto questa può realizzarsi anche con l'equivalenza della soluzione tecnica riprodotta rispetto a quella tutelata. In conclusione. La Cassazione, pertanto, rigetta il ricorso ritenendo comunque sussistente la contraffazione nonostante vi sia una parzialità della riproduzione funzionale o strutturale. Infatti, la contraffazione può realizzarsi anche con l'equivalenza della soluzione tecnica riprodotta rispetto a quella tutelata. In ogni caso l'accertamento concreto dell'equivalenza della soluzione costituisce una questione di fatto, affidata all'apprezzamento insindacabile del giudice di merito, se sorretto da motivazione adeguata ed esente da vizi logici.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 21 ottobre – 2 novembre 2015, n. 22351 Presidente Forte – Relatore Nappi Svolgimento del processo Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Bologna ha confermato l'accertamento della intervenuta contraffazione da parte della Omac s.r.l. di un brevetto riguardante una macchina per carico e scarico e accoppiamento di strisce di pelle registrato dalla Galli s.p.a. e destinato a risolvere i problemi posti dalla instabilità delle strisce, sottili e leggere, sia per la conseguente difficoltà di alloggiamento sia per il vincolo di una loro pezzatura omogenea. Hanno ritenuto i giudici del merito che l'invenzione brevettata dalla Galli s.p.a., denominata Server, è costituita da una macchina a struttura trapezoidale sormontata da un nastro trasportatore lungo le cui fiancate oblique sono impilate su mensole le strisce di pelle, che vengono prelevate o posate da dispositivi afferratori posizionati in modo da poter assumere tre diverse posizioni di lavoro. La macchina impiegata dalla Omac s.r.l., denominata Mach, è secondo i giudici del merito del tutto simile alla macchina Server, da cui si distingue solo per i dispositivi afferratori, e di conseguenza per la diversa disposizione delle strisce da movimentare, rappresentando una variante di soluzione che non eccede le competenze del tecnico medio impegnato dal medesimo problema. Contro la sentenza d'appello ricorre per cassazione la Omac s.r.l., deducendo cinque motivi d'impugnazione, cui resiste con controricorso la Galli s.p.a. Entrambe le parti hanno depositato memorie. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 5 r.d. n. 244/1940 art. 52 c.p.i. , e dell'art. 8.3 della Convenzione di Strasburgo, lamentando che i giudici del merito abbiano assunto a termine di comparazione, anziché il dispositivo dettagliatamente descritto nella rivendicazione brevettuale di Galli s.p.a., una presunta struttura generale della macchina niente affatto corrispondente all'idea di soluzione individuata dalla rivendicazione. Sostiene che i giudici del merito si siano così riferiti a un trovato immaginario, escludendo arbitrariamente le rilevanza del dispositivo di movimentazione delle strisce e la conseguente loro diversa dislocazione. Sicché, nel presupposto che la rivendicazione fosse vanamente prolissa, i giudici del merito hanno indebitamente ritagliato una parte della rivendicazione, riconoscendo tutela a un dispositivo identificato con la selezione di cinque delle undici caratteristiche rivendicate e la pretermissione degli altri sei elementi della combinazione brevettata. Ma in questo modo ne è risultato esteso oltre ogni limite l'ambito della contraffazione per equivalenza, in contraddizione con l'esigenza di garantire i terzi mediante la certezza dell'ambito della privativa. Il riconoscimento di una contraffazione per equivalente avrebbe infatti richiesto che tutte le undici caratteristiche brevettate fossero riprodotte per imitazione, indipendentemente da ogni valutazione circa la presunta inessenzialità tecnica di alcune di esse. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 5 r.d. n. 244/1940 art. 52 c.p.i. , dell'art. 28 rd. N. 1127/1939 art. 51 c.p.i. e dell'art. 8.3 della Convenzione di Strasburgo, vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che i giudici del merito abbiano riconosciuto la contraffazione rispetto a un dispositivo non corrispondente non solo alla rivendicazione ma neppure alla descrizione brevettuale. Sostiene che, ignorando la descrizione inclusiva anche delle caratteristiche ritenute inessenziali, i giudici del merito hanno violato i criteri legali di interpretazione del brevetto. In particolare la descrizione del brevetto Server enfatizza la collocazione ortogonale, rispetto alla macchina, delle mensole reggitrici delle strisce, e il meccanismo oscillatorio di apprensione, mentre nel trovato Mach sono parallele e l'apprensione non è determinata mediante oscillazione. Ne consegue che la distinzione tra caratteristiche essenziali e inessenziali del brevetto non trova alcun riscontro nel testo del brevetto, ma è anzi smentita dalla descrizione. Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 5 r.d. n. 244/1940 art. 52 c.p.i. e dell'art. 8.3 della Convenzione di Strasburgo, vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che i giudici del merito abbiano ritenuto la contraffazione benché abbiano accertato che il dispositivo Omac non garantisce la stabilità delle strisce di pelle, come quello Galli, ma solo il trasferimento delle strisce dalle pile al nastro trasportatore. Sicché la contraffazione è stata ritenuta nonostante la mancanza di identità funzionale dei dispositivi controversi. Con il quarto motivo la ricorrente deduce vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che i giudici del merito abbiano omesso di considerare la diversa collocazione delle mensole e la mancanza nel dispositivo Omac del meccanismo di oscillazione per l'apprensione delle strisce. Con il quinto motivo infine la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 121 comma 5 c.p.i., lamentando che i giudici del merito abbiano dichiarato inammissibile la produzione in appello di documenti relativi a brevetti anteriori idonei a dimostrare la mancanza di novità del brevetto Galli. Infatti l'art. 121 comma 5 c.p.i. prevede che il consulente tecnico d'ufficio può ricevere i documenti inerenti ai quesiti posti dal giudice anche se non ancora prodotti in causa” ammettendo così la produzione di documenti anche in deroga agli art. 183 e 345 c.p.c 2. Il ricorso è infondato. Va in primo luogo rilevata l'infondatezza del quinto motivo del ricorso, essendo evidente che l'art. 121 comma 5 d.lgs. n. 30/2005, nell'ammettere l'acquisizione da parte del consulente tecnico d'ufficio di documenti non ancora prodotti in causa”, presuppone che si tratti comunque di documenti di cui sia ammissibile la produzione al giudice. Sicché il consulente non può acquisire documenti inammissibili e l'art. 121 citato non deroga affatto agli art. 183 e 345 c.p.c Quanto al merito, non v'è dubbio che, come dedotto dalla ricorrente, è qui in discussione l'individuazione dei limiti della privativa di Galli s.p.a. e che i limiti della protezione garantita da un brevetto industriale vanno determinati sulla base del tenore delle rivendicazioni, interpretate anche tramite la descrizione e i disegni che le corredano Cass., sez. I, 8 febbraio 1999, n. 1072, m. 523047 . È tuttavia indiscusso che, quando sia lamentata la contraffazione di un brevetto, è demandato al giudice del merito definire la valenza inventiva di quanto brevettato” Cass., sez. I, 19 ottobre 2006, n. 22495, m. 594611 , vale a dire il cuore inventivo del procedimento brevettato” Cass., sez. I, 11 gennaio 2013, n. 622, m. 624801 , cui la privativa è riferibile. Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, dunque, non risulta affatto eccentrica rispetto alla giurisprudenza di questa corte la individuazione da parte dei giudici del merito della struttura generale del dispositivo brevettato dalla Galli s.p.a., allo scopo di accertarne la lamentata contraffazione. Nella giurisprudenza di questa corte è infatti indiscusso che, al fine di escludere la contraffazione per equivalenza non rileva la variazione, seppure originale, apportata ad un singolo elemento del trovato brevettato, se la variazione non consenta di escludere l'utilizzazione, anche solo parziale, del brevetto anteriore” Cass., sez. I, 30 dicembre 2011, n. 30234, m. 620898 né rileva che la riproduzione non sia idonea a realizzarne pienamente tutti i vantaggi. Nel caso in esame non può dunque valere a escludere la contraffazione il fatto che il dispositivo Omac non consenta, secondo quanto deduce la ricorrente, di risolvere i problemi posti dalla instabilità delle strisce, posto che, secondo i giudici del merito, il dispositivo Galli è destinato anche a ovviare alla conseguente difficoltà di alloggiamento e alle difficoltà derivanti dal vincolo di una loro pezzatura omogenea. In realtà, non c'è dubbio che, in tema di contraffazione di brevetto per equivalenza, al fine di valutare se la realizzazione contestata possa considerarsi equivalente a quella brevettata, sì da costituirne una contraffazione, occorre accertare se, nel permettere di raggiungere il medesimo risultato finale, essa presenti carattere di originalità, offrendo una risposta non banale, né ripetitiva della precedente, essendo da qualificarsi tale quella che ecceda le competenze del tecnico medio che si trovi ad affrontare il medesimo problema, in questo caso soltanto potendo ritenersi che la soluzione si collochi al di fuori dell'idea di soluzione protetta” Cass., sez. I, 13 gennaio 2004, n. 257, m. 569393 . Ma la parzialità della riproduzione, sia strutturarle sia funzionale, del dispositivo brevettato non può valere a escludere la contraffazione, appunto perché può realizzarsi anche con l'equivalenza della soluzione tecnica riprodotta rispetto a quella tutelata. Ed è indiscusso in giurisprudenza che l'accertamento concreto dell'equivalenza della soluzione costituisce una questione di fatto, affidata all'apprezzamento insindacabile del giudice di merito, se sorretto da motivazione adeguata ed esente da vizi logici” Cass., sez. I, 13 gennaio 2004, n. 257, citata, Cass., sez. I, 3 febbraio 2006, n. 2435, m. 586827 . Si deve pertanto concludere con il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore del resistente, liquidandole in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00, per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.