Solo il nuovo liquidatore giudiziale (e non il commissario) è legittimato ad agire in responsabilità contro il predecessore

Il decisum in commento affronta la problematica della legittimazione all’esperimento dell’azione di responsabilità nell’ambito di una procedura di concordato preventivo. Nello specifico si tratta di stabilire se, una volta omologato un concordato preventivo con cessione di beni, spetti al commissario ovvero al liquidatore giudiziale promuovere un’azione di responsabilità nei confronti del precedente liquidatore.

E, i giudici della sez. I Civile di piazza Cavour, con la sentenza n. 14052 depositata il 7 luglio 2015, conformandosi all’orientamento giurisprudenziale dominante, v., ex multis , Cass., n. 4800/1998 , escludono che l’azione sia esperibile dal commissario giudiziale, organo cui sono attribuite nella previgente disciplina così come nell’attuale disciplina funzioni composite – di vigilanza, informazione, consulenza ed impulso, complessivamente finalizzate al controllo della regolarità del comportamento del debitore ed alla tutela dell’effettiva informazione dei creditori – ma non anche di amministrazione o gestione, né di rappresentanza del debitore o del ceto creditorio. Invero, - precisano ulteriormente i supremi giudici – nel corso della procedura il commissario giudiziale, non è portatore di specifici interessi da far valere in sede giurisdizionale e non è abilitato all’esercizio di azioni, né in proprio né in veste di sostituto processuale. Sarebbe dunque assai singolare riconoscere a tale organo la legittimazione ad agire in rappresentanza del debitore o dei creditori dopo il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione prevista nella disciplina applicabile ratione temporis , che determina l’esaurimento della procedura di concordato e l’apertura di una fase meramente esecutiva regolata dagli artt. 185 e 186 l. fall. , dalla quale discende la cessazione delle sue funzioni di ingerenza attiva, destinate a trasformarsi in funzioni di mera sorveglianza sull’adempimento del concordato, comprendenti il potere/dovere di provocare l’intervento del tribunale ai fini della risoluzione o della revoca dello stesso. Pertanto, chiarisce il giudice di legittimità, anche nella disciplina ante riforma, non il commissario giudiziale, bensì il liquidatore nominato in sostituzione di quello cessato o revocato doveva ritenersi legittimato ad esercitare l’azione di responsabilità nell’interesse dell’intero ceto creditorio, in forza del mandato conferitogli ed a tutela del patrimonio del quale gli era stata affidata la gestione. Il fatto. Tizio, nella sua qualità di commissario e liquidatore giudiziale del concordato preventivo con cessione dei beni della Beta s.n.c., nel febbraio del 2003 promuoveva in nome e per conto della procedura, un’azione di risarcimento danni nei confronti di Mevio, che aveva rivestito le medesime cariche, di commissario e contestualmente, di liquidatore del concordato, sino all’agosto 2000, imputandogli l’adozione di errate scelte di gestione che avevano causato il depauperamento dell’attivo concorsuale. Nonostante Mevio avesse eccepito il difetto di legittimazione del nuovo organo e contestando anche nel merito la fondatezza dell’avversa pretesa, sia il Tribunale di Firenze, in primis , che la Corte territoriale, in seguito, accoglievano la domanda dell’attore condannando il convenuto al pagamento di una somma di denaro, che era stata, invero, ridotta in sede di appello. In particolare, il giudice fiorentino di seconde cure aveva affermato che la legittimazione ad agire in responsabilità contro il cessato liquidatore giudiziale del concordato spetta non solo al commissario giudiziale, ma anche al nuovo liquidatore. Avverso quest’ultima decisione Mevio proponeva ricorso per cassazione facendo valere tre distinte censure. Nella specie, il medesimo lamentava, nel primo motivo di gravame, il rigetto dell’eccezione di difetto di legittimazione attiva del commissario giudiziale a promuovere l’azione di responsabilità nei confronti del liquidatore del concordato. E gli Ermellini dichiarano fondata la censura precisando che al commissario giudiziale non sono attribuite funzioni di amministrazione o gestione, né di rappresentanza del debitore o del ceto creditorio. Di conseguenza, al nuovo commissario che, al pari del suo predecessore, non sostituisce e non rappresenta né il debitore né i creditori, non può quindi spettare la legittimazione a promuovere l’azione, ex art. 38, comma 2, l. fall Per quanto concerne, invece, la legittimazione del liquidatore all’esercizio dell’azione di responsabilità, i supremi giudici chiariscono che, spetta al liquidatore, nell’ambito del mandato conferitogli, la legittimazione attiva e passiva in tutte le controversie relative ai rapporti obbligatori sorti nel corso ed in funzione delle operazioni di liquidazione. E – proseguono gli Ermellini – pur nel silenzio dell’art. 182 l. fall. ante riforma, non si dubitava che il liquidatore potesse essere revocato dall’incarico e fosse tenuto a rispondere del proprio operato. Risulta d’altro canto evidente, a prescindere dall’esistenza di un’espressa previsione di legge, che l’azione di risarcimento dei danni nei confronti del liquidatore non è volta a preservare i beni ceduti dalle pretese dei terzi e rientra a pieno titolo fra quelle derivanti dalla liquidazione. Pertanto, anche nella disciplina anteriore, il liquidatore nominato in sostituzione di quello cessato o revocato doveva ritenersi legittimato ad esercitarla, nell’interesse dell’intero ceto creditorio, in forza del mandato conferitogli ed a tutela del patrimonio del quale gli era stata affidata la gestione. In conclusione, quindi, la Suprema Corte rigetta il ricorso. La responsabilità del commissario giudiziale, ex art. 165, comma 2, l. fall L’art. 38, l. fall., sulla responsabilità del curatore è richiamato dall’art. 165, comma 2, l. fall., che disciplina la responsabilità del commissario giudiziale nel concordato preventivo. Ai sensi del medesimo art. 165, comma 1, l. fall., con norma che ripete nel contenuto l’art. 30 l. fall., nel concordato preventivo il commissario giudiziale, nell’esercizio delle sue funzioni è pubblico ufficiale. Pertanto, pur applicandosi la disciplina tratteggiata a proposito della responsabilità del curatore, va tenuto in conto, sul piano degli eventi causativi di responsabilità, che le funzioni del commissario giudiziale non sono gestorie, ma prevalentemente di vigilanza, per cui la sua responsabilità può accostarsi più adeguatamente a quella di un sindaco che a quella di un amministratore. Il commissario giudiziale dovrà essere particolarmente diligente nell’accertare se il debitore abbia occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode in queste circostanze dovrà riferirne immediatamente al tribunale secondo quanto previsto dall’art. 173, comma 2, l. fall., e, in quanto pubblico ufficiale, ha l’obbligo, nel caso in cui ravvisi il compimento di reati perseguibili d’ufficio, di denunciare i fatti al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria. Il commissario giudiziale è privo dei poteri gestori e di rappresentanza. L’azione di responsabilità potrà essere esercitata contro di lui dai creditori, anche singolarmente, dal debitore e dal curatore del fallimento succedutosi, ma non anche dal nuovo commissario giudiziale, proprio perché questi è privo dei poteri gestori e di rappresentanza. Principio che viene ribadito dal decisum che qui ci occupa laddove si precisa che deve escludersi che l’azione sia esperibile dal commissario giudiziale, organo cui sono attribuite nella previgente disciplina così come nell’attuale disciplina funzioni composite – di vigilanza, informazione, consulenza ed impulso, complessivamente finalizzate al controllo della regolarità del comportamento del debitore ed alla tutela dell’effettiva informazione dei creditori – ma non anche di amministrazione o gestione, né di rappresentanza del debitore o del ceto creditorio. La responsabilità del liquidatore, ex art. 182, comma 2, l. fall Il richiamo all’art. 38, l. fall., è fatto proprio anche dall’art. 182, comma 2, l. fall., con riferimento alla responsabilità del liquidatore dei beni nella fase di esecuzione del concordato preventivo per cessione dei beni mancando un rinvio all’art. 30, l. fall., il liquidatore non può essere considerato pubblico ufficiale, e ciò ha come conseguenze il fatto che egli non può incorrere nei reati propri di tale categoria giuridica e l’assenza dell’obbligo di denuncia dei reati perseguibili d’ufficio di cui sia venuto a conoscenza. L’omologazione del concordato consistente nella cessione dei beni, contemplato dall’art. 182 l. fall., non comporta il trasferimento della proprietà dei beni e dei crediti ceduti, bensì il trasferimento al liquidatore dei poteri di gestione e di disposizione finalizzati alla liquidazione dei beni medesimi ed alla ripartizione del loro ricavato fra gli aventi diritto. L’azione di risarcimento dei danni nei confronti del liquidatore. Ne consegue che, mentre il creditore conserva il diritto ad esercitare in proprio le azioni a tutela del patrimonio ed a resistere in quelle di accertamento dei crediti proposte dopo l’omologazione, spetta al liquidatore, nell’ambito del mandato conferitogli, la legittimazione attiva e passiva in tutte le controversie relative ai rapporti obbligatori sorti nel corso ed in funzione delle operazioni di liquidazione. Il nuovo liquidatore, pertanto, potrà esercitare l’azione di responsabilità contro il precedente liquidatore, proprio perché non è volta a preservare i beni dalle pretese dei terzi e rientra a pieno titolo fra quelle derivanti dalla liquidazione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 aprile – 7 luglio 2015, n. 14052 Presidente Ceccherini – Relatore Cristiano Svolgimento del processo Il dr. P.D. , nella sua qualità di commissario e liquidatore giudiziale del concordato preventivo con cessione dei beni della Eliocopia s.n.c. di Laschi Giuliano & amp Grilli Giancarlo, omologato il 4.12.91, nel febbraio del 2003 promosse, in nome e per conto della procedura, un'azione di risarcimento dei danni nei confronti del dr. C.L. , che aveva rivestito le medesime cariche, di commissario e, contestualmente, di liquidatore del concordato, sino all'agosto 2000, imputandogli l'adozione di errate scelte di gestione che avevano causato il depauperamento dell'attivo concorsuale. La causa, nella quale il C. si costituì eccependo il difetto di legittimazione del nuovo organo ad agire nei suoi confronti e contestando anche nel merito la fondatezza dell'avversa pretesa, fu definita in primo grado con sentenza del Tribunale di Firenze che accolse la domanda dell'attore e condannò il convenuto al pagamento della somma di Euro 100.609 oltre accessori. L'appello proposto dal C. contro la decisione è stato accolto solo parzialmente dalla Corte d'appello di Firenze che, con una prima sentenza non definitiva, ha affermato che il P. , nella sua duplice qualità, era legittimato a proporre l'azione di responsabilità nei confronti del suo predecessore, mentre con la sentenza definitiva ha liquidato il danno nella minor misura di Euro 76.236. La corte territoriale ha osservato, con riguardo alla questione di diritto, che al commissario giudiziale compete in via generale la tutela del ceto creditorio e che, poiché l’art. 165 L. fall. lo definisce pubblico ufficiale e prevede che gli si applichi l'art. 38 l.fall., è del tutto logico concludere che anche dopo l'omologa i suoi i poteri non siano ristretti a quelli previsti dagli arti 185/186 l. fall., ma comprendano la legittimazione ad agire in responsabilità nei confronti del liquidatore. Ha aggiunto che, poiché il P. era anche liquidatore giudiziale, la legittimazione attiva avrebbe dovuto essergli riconosciuta anche nel caso in cui l'obbligazione risarcitoria facente capo al precedente liquidatore avesse dovuto ritenersi rientrante fra i rapporti attinenti alla liquidazione. Nel merito il giudice d'appello ha liquidato il danno nella misura determinata dal ctu nominato nel grado, sommando alle perdite derivate dall'ingiustificata prosecuzione della gestione provvisoria dell'impresa quelle determinate dal minor realizzo di merci poste tardivamente in vendita. Le sentenze sono state impugnate da C.L. con ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui il commissario e liquidatore giudiziale del concordato Eliocopia ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1 Con il primo motivo di ricorso C.L. lamenta il rigetto dell'eccezione di difetto di legittimazione attiva del commissario giudiziale a promuovere l'azione di responsabilità nei confronti del liquidatore del concordato. Rileva che, ai sensi degli artt. 185 e segg. l. fall., ante riforma, al commissario giudiziale, dopo l'omologazione, spetta solo di sorvegliare l'adempimento del concordato secondo le modalità stabilite nella sentenza e di promuovere l'intervento del tribunale, nei casi previsti dagli artt. 137 e 138 l. fall., per farne dichiarare l'annullamento o la risoluzione. Tali compiti, a dire del ricorrente, comportano che al commissario spetti una tutela del ceto creditorio non sorretta da un potere diretto di azione rispetto agli atti del debitore al contrario, il potere di sindacare la gestione liquidatoria, spetterebbe unicamente ai creditori, di cui il liquidatore è mandatario ex lege, non essendo il commissario munito del potere di rappresentarli. 2 Col secondo motivo il ricorrente contesta che l'azione di responsabilità nei confronti del liquidatore giudiziale cessato possa essere promossa dal liquidatore nominato in sua sostituzione, atteso che i compiti di chi venga investito dell'incarico sono limitati alta realizzazione del valore dei beni ceduti ed alla ripartizione del ricavato fra i creditori, secondo le modalità stabilite nella sentenza. Dei due motivi, che sono fra loro connessi e possono essere esaminati congiuntamente, solo il primo appare fondato. Ne consegue che il ricorso contro la sentenza non definitiva, che ha affermato che la legittimazione ad agire in responsabilità contro il cessato liquidatore giudiziale del concordato spetta non solo al commissario giudiziale, ma anche al nuovo liquidatore, deve essere respinto, previa parziale correzione, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., della motivazione in diritto che sorregge la decisione. Deve infatti escludersi che l'azione sia esperibile dal commissario giudiziale, organo cui sono attribuite nella previgente cosi come nell'attuale disciplina funzioni composite - di vigilanza, informazione, consulenza ed impulso, complessivamente finalizzate al controllo della regolarità del comportamento del debitore ed alla tutela dell'effettiva informazione dei creditori - ma non anche di amministrazione o gestione, né di rappresentanza del debitore o del ceto creditorio Cass. nn. 4800/98, 11662/98 . Invero, come è stato già ripetutamente affermato da questa Corte Cass. n. 4183/014, 22913/011, 19632/07 nel corso della procedura il commissario giudiziale, non é portatore di specifici interessi da far valere in sede giurisdizionale e non è abilitato all'esercizio di azioni, né in proprio né in veste di sostituto processuale. Sarebbe dunque assai singolare riconoscere a tale organo la legittimazione ad agire in rappresentanza del debitore o dei creditori dopo il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione prevista nella disciplina applicabile ratione temporis , che determina va l'esaurimento della procedura di concordato e l'apertura di una fase meramente esecutiva regolata dagli artt. 185 e 186 l. fall. , dalla quale discende va la cessazione delle sue funzioni di ingerenza attiva, destinate a trasformarsi in funzioni di mera sorveglianza sull'adempimento del concordato Cass. n. 6859/95 , comprendenti il potere/dovere di provocare l'intervento del tribunale ai fini della risoluzione o della revoca dello stesso. L'assunto non trova smentita nel fatto che, a norma dell'art. 165, al commissario giudiziale si applicavano e si applicano gli arti, 36, 37, 38 e 39 della l. fall., atteso che il rinvio alle citate disposizioni deve ritenersi effettuato nei limiti in cui esse sono compatibili con le specifiche prerogative dell'organo al nuovo commissario che, al pari del suo predecessore, non sostituisce e non rappresenta né il debitore né i creditori, non può quindi spettare la legittimazione a promuovere l'azione ex art. 38 II comma l. fall., ciò senza contare, che, mutatis mutandis, si tratterebbe comunque dell'azione di responsabilità contro il cessato commissario e non di quella contro il liquidatore . A conclusioni diverse deve giungersi in ordine alla legittimazione del liquidatore. Secondo la giurisprudenza di questa Corte l'omologazione del concordato consistente quale quello di specie nella cessione dei beni, contemplato dall'art. 182 l. fall., non comporta il trasferimento della proprietà dei beni e dei crediti ceduti salvo che non si versi in ipotesi di vera e propria cessione traslativa , bensì il trasferimento al liquidatore dei poteri di gestione e di disposizione finalizzati alla liquidazione dei beni medesimi ed alta ripartizione del loro ricavato fra gli aventi diritto, che gli vengono affidati in virtù del mandato irrevocabile ex art. 1723 II comma c.c. che a tal fine gli viene conferito anche nell'interesse dei creditori Cass. n. 7661/05, cfr. anche Cass. n. 15699/011 . Ne consegue che, mentre il creditore conserva il diritto ad esercitare in proprio le azioni a tutela del patrimonio ed a resistere in quelle di accertamento dei crediti proposte dopo l'omologazione al fine di evitare che, a causa delle pretese vantate da terzi su taluni dei beni o dei crediti ceduti o dell'ingresso di nuovi creditori, venga meno la possibilità di dare esecuzione al concordato spetta al liquidatore, nell'ambito del mandato conferitogli, la legittimazione attiva e passiva in tutte le controversie relative ai rapporti obbligatori sorti nel corso ed in funzione delle operazioni di liquidazione cfr. Cass. n. 7661/05 cit., nonché Cass. nn. 8102/013, 11520/010 . Occorre a questo punto stabilire se fra tali controversie rientri o meno anche l'azione di responsabilità di cui si discute. Al quesito può senz'altro darsi risposta positiva avuto riguardo all'attuale disciplina, che ha compiutamente definito lo statuto del liquidatore. Il legislatore della riforma, proprio al fine di garantire che le operazioni liquidatorie si svolgano correttamente ed efficacemente nell'interesse dei creditori” cfr. relazione accompagnatoria al decreto correttivo n. 169/97 , ha infatti significativamente integrato l'antecedente testo dell'art. 182 - estendendo al liquidatore giudiziale l'applicazione, in quanto compatibili, degli artt. 28, 29, 37, 38, 39 e 166 l. fall., dettati per il curatore - ed ha rimodellato l'attività liquidatoria nel concordato sulla base delle norme che regolano la liquidazione del patrimonio fallimentare, attribuendo al comitato dei creditori una funzione di direzione e di controllo dell'operato del liquidatore. Attraverso il rinvio agli artt. 37 e 38 si è dunque, per un verso, codificata la procedura di revoca del liquidatore omettendo soltanto di chiarire se, escluso il potere di intervento d'ufficio del giudice delegato, l'iniziativa in materia spetti esclusivamente al comitato dei creditori od anche al commissario giudiziale nell'esercizio dei poteri di sorveglianza che gli competono e, per l'altro, non solo commisurato il perimetro della responsabilità dell'organo alla diligenza professionale richiesta dalla natura dell'incarico, ma anche specificamente individuato nel nuovo liquidatore il soggetto cui spetta in via esclusiva di agire per farla valere, non sussistendo per quest'ultimo legittimato a stare in giudizio per tutte le controversie derivanti dalla liquidazione le ragioni di incompatibilità all'applicazione del II comma dell’art. 38 ricorrenti per il commissario giudiziale. Deve peraltro ritenersi che quantomeno in relazione al rinvio agli artt. 37 e 38, che qui interessano il II comma dell'art. 182 l. fall., pur se introdotto solo dal d.lgs. n. 169/07, non rechi in sé alcuna sostanziale novità ma risponda, piuttosto, ad un'esigenza di chiarificazione, che ha indotto il legislatore a regolare espressamente la materia, in modo da limitare l'insorgenza di dispute giurisprudenziali e dottrinarie e di evitare all'interprete di dover ricercare, all'interno della stessa legge fallimentare o del codice civile, le norme di volta in volta applicabili, eventualmente in via analogica od estensiva. Va in proposito rilevato, in primo luogo, che, pur nel silenzio dell'ari 182 l. fall., ante riforma, non si dubitava che il liquidatore potesse essere revocato dall'incarico e fosse tenuto a rispondere del proprio operato cfr. Cass. n. 4177/2000 . Risulta d'altro canto evidente, a prescindere dall'esistenza di un'espressa previsione di legge, che l'azione di risarcimento dei danni nei confronti del liquidatore non é volta a preservare i beni ceduti dalle pretese dei terzi e rientra a pieno titolo fra quelle derivanti dalla liquidazione. Ne consegue che, anche nella disciplina anteriore, il liquidatore nominato in sostituzione di quello cessato o revocato doveva ritenersi legittimato ad esercitarla, nell'interesse dell'intero ceto creditorio, in forza del mandato conferitogli ed a tutela del patrimonio del quale gli era stata affidata la gestione. Deve escludersi, per contro, che l'azione spettasse al singolo creditore questi infatti, secondo i principi generali, può agire per ottenere il ristoro dei soli danni derivatigli in via diretta e immediata dall'inadempimento del soggetto gestore alle obbligazioni discendenti dalla legge e dal contratto, ma non può farne valere la responsabilità in relazione a quegli atti di mala gestio le cui conseguenze pregiudichino le possibilità di soddisfacimento di tutti i creditori sul ricavato dei beni gestiti. Non può, infine, pervenirsi a diversa soluzione solo in ragione della mancanza, nel regime ante riforma, di un'esplicita indicazione dei soggetti abilitati ad assumere l'iniziativa per la revoca del liquidatore. Al di là del fatto che, in detto regime, al tribunale erano riconosciute ampie possibilità di attivarsi d'ufficio o su sollecitazione anche di un singolo creditore, deve infatti ritenersi che il potere di sorveglianza attribuito al commissario giudiziale dall'art. 186 comprendesse e comprenda anche il controllo sulla legittimità e sulla convenienza degli atti di liquidazione ciò che conduce, in conclusione, a rilevare come l'incompatibilità fra la contestuale assunzione delle due cariche, di commissario e di liquidatore, oggi testualmente evincibile dal comb. disp. degli artt. 182 II comma e 28 l. fall. Cass. n. 1237/013 , fosse insita nel sistema e come, nel caso di specie, proprio l'inosservanza di tale regola abbia impedito la tempestiva revoca del liquidatore e consentito l'emersione dei fatti addebitatigli solo a seguito della sua volontaria rinuncia all'incarico. 3 Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando violazione dell'art. 2697 c.c. nonché vizio di motivazione della sentenza definitiva impugnata, lamenta in primo luogo che il giudice del merito abbia ritenuto provata la sua responsabilità in ordine al deprezzamento del magazzino merci, a suo dire erroneamente desunto dal mero raffronto fra il valore contabile risultante dai bilanci dell'Eltocopia s.n.c. alla data di omologazione del concordato e quello ricavato dalla successiva vendita eseguita tramite IVG , senza che gli sia stata addebitata una condotta negligente nella conservazione dei beni e senza che sia stato esaminato l'inventario redatto, ai sensi dell'art. 172 l. fall., al momento della loro presa in consegna, mai prodotto dall'attore deduce, sotto altro profilo, che la corte territoriale avrebbe, altrettanto erroneamente, ritenuto provato il danno, dapprima ritenendo che fosse stata provata la generica doglianza relativa all'operato dell'imprenditore concordatario in bonis, e successivamente, parificandone l'attività di gestione in proprio all'attività di liquidazione, così confondendo la perdita contabile di gestione la quale è espressione del rischio di impresa e non può essere fonte di responsabilità per se stessa con la responsabilità del liquidatore osserva, infine, che la corte del merito ha omesso di motivare in ordine alla eventuale responsabilità del nuovo liquidatore, che ha materialmente proceduto alla vendita del magazzino. Le tre distinte censure nelle quale si articola il motivo vanno dichiarate inammissibili. 3.1 La prima è priva di riferimento alla motivazione in base alla quale il giudice a quo ha riconosciuto l'esistenza di un danno da perdita di valore del magazzino, fondata sul rilievo che nel corso dell'esercizio provvisorio le scorte, appostate ad un valore contabile di oltre 213 milioni di lire, erano state riassortite il che conduceva ad escludere che si trattasse di fondi di magazzino e che doveva addebitarsi al C. di non averle ricomprese nell'ambito della cessione unitaria dell'azienda, dalla quale sarebbe stato ricavato mediamente un 20% del loro valore, anziché il prezzo irrisorio realizzato attraverso la loro vendita separata eseguita per il tramite dell'I.V.G 3.2 La seconda, scarsamente comprensibile nella sua formulazione testuale sopra riportata in corsivo , sembra non tener conto che la corte fiorentina ha riconosciuto che la responsabilità del liquidatore non poteva farsi discendere sic et simpliciter dai risultati negativi della gestione provvisoria, ma ha tuttavia ritenuto che dovesse imputarsi al C. sia di aver effettuato, nel corso di tale gestione, spese ingiustificate ed esorbitanti affidando fra l'altro la contabilità ad una s.r.l. di cui deteneva il 99% delle quote , sia di aver richiesto al tribunale l'autorizzazione alla sua prosecuzione, omettendo di segnalare che essa aveva prodotto perdite già nel corso del primo esercizio. 3.3 La terza attiene, infine, ad un tema di indagine che non risulta essere stato devoluto alla corte d'appello e che non poteva pertanto essere dedotto per la prima volta nella presente sede di legittimità. La novità della questione di diritto trattata giustifica la compensazione fra le parti delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.