Immobile donato all’ex-moglie, il mantenimento dei figli salva l’atto del fallito?

La valutazione di gratuità ed onerosità di un negozio, ai fini dell’art. 64 l.fall., deve essere compiuta con riguardo alla causa, non ai motivi dello stesso, per cui deve escludersi che atti a titolo gratuito siano solo quelli posti in essere per spirito di liberalità.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 13087, depositata il 24 giugno 2015. Il caso. La Corte d’appello di Reggio Calabria dichiarava l’inefficacia, ai sensi dell’art. 64 l.fall. atti a titolo gratuito , di un atto pubblico dell’aprile 1997 con il quale un uomo, fallito poi nel luglio 1998, aveva donato l’unico immobile di sua proprietà alla moglie, in vista della loro imminente separazione consensuale. Secondo i giudici di merito, il trasferimento della proprietà era stato del tutto gratuito e non proporzionato al patrimonio del donante, in quanto risultava accertato che la moglie avesse un reddito personale sufficiente al proprio mantenimento, mentre il fallito non era stato esonerato dall’obbligo di concorrere al mantenimento dei figli minori, cui pure era destinata la nuda proprietà dell’immobile al raggiungimento della maggiore età dei bambini. L’ex-moglie ricorreva in Cassazione, deducendo che nella richiesta di omologazione della separazione consensuale fosse espressamente prevista la destinazione della donazione anche a tacitare ogni pretesa economica di un coniuge nei confronti dell’altro . Nello stesso atto era previsto anche che l’impegno del marito a contribuire al mantenimento dei figli minori era subordinato a specifiche e motivate richieste della ricorrente. Perciò, il trasferimento dell’immobile era destinato a regolare i rapporti patrimoniali tra i coniugi anche con riferimento alle spese per il mantenimento dei figli, cui avrebbe provveduto di volta in volta solo in caso di necessità, oltre che con l’attribuzione della nuda proprietà al raggiungimento della maggiore età. Quindi, a giudizio della ricorrente, l’atto era a titolo oneroso, in quanto l’uomo risultava esonerato dalla prestazione periodica e sistematica in favore dei figli. Come si caratterizza la donazione. La Corte di Cassazione premette che è necessario distinguere non solo tra negozio a titolo gratuito e negozio a titolo oneroso, ma anche tra gratuità e liberalità. L’assenza di corrispettivo è sufficiente a caratterizzare i negozi a titolo gratuito distinguendoli da quelli a titolo oneroso . Tuttavia, non lo è per individuare i caratteri della donazione, per la cui sussistenza sono necessari, oltre all’incremento del patrimonio altrui, la concorrenza di un elemento soggettivo, cioè lo spirito di liberalità, consistente nella consapevolezza di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi in alcun modo costretti, e di un elemento oggettivo, integrato dal depauperamento di chi ha disposto del diritto o ha assunto l’obbligazione. Perciò, possono esserci atti che, anche se gratuiti, non sono manifestazioni di liberalità. Occhi puntati sulla causa. Ma, continuano i giudici di legittimità, la valutazione di gratuità ed onerosità di un negozio, ai fini dell’art. 64 l.fall., deve essere compiuta con riguardo alla causa, non ai motivi dello stesso, per cui deve escludersi che atti a titolo gratuito siano solo quelli posti in essere per spirito di liberalità, essendo quest’ultimo richiesto per la donazione. Non è invece indispensabile negli altri contratti a titolo gratuito, che sono quelli in cui una sola parte riceve e l’altra, sola, sopporta un sacrificio, essendo unica l’attribuzione patrimoniale. Nel caso di specie, l’atto, qualificato dalle stesse parti come donazione , era stato stipulato in vista della separazione personale dei coniugi. Inoltre, tale donazione non era destinata a surrogare l’assegno di mantenimento della moglie, avendovi quest’ultima esplicitamente rinunciato, in quanto pienamente autosufficiente, essendo percettrice di uno stipendio autonomo. La questione riguarda l’obbligo del marito di contribuire al mantenimento dei figli. Negli accordi per la separazione, era previsto esplicitamente che l’uomo si sarebbe impegnato a contribuire alle spese necessarie per il mantenimento dei figli. Anche se i relativi versamenti rimanevano subordinati a motivate richieste presentate di volta in volta dalla donna, a seconda delle esigenze dei minori, comunque entrambi i genitori si impegnavano a contribuire per metà ad eventuali spese straordinarie ed impreviste in materia di salute e di studio relative ai propri figli . Perciò, la subordinazione dell’ordinario contributo a specifiche richieste della moglie non poteva essere interpretato come un esonero dall’obbligo di contribuire all’ordinario mantenimento dei figli, bensì come una regolamentazione peculiare della modalità di pagamento, in tempi, misure e modalità non predeterminate. Gli Ermellini concordano quindi con l’opinione dei giudici di merito, secondo cui la causa della donazione controversa era gratuita. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 12 maggio – 24 giugno 2015, n. 13087 Presidente Ceccherini – Relatore Nappi Svolgimento del processo Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Reggio Calabria ha confermato la dichiarazione di inefficacia, a norma dell'art. 64 legge fall., dell'atto pubblico in data 15 aprile 1997 con il quale C.P., fallito poi nel luglio 1998, aveva donato l'unico immobile di sua proprie tà alla moglie A.C. in vista della imminente separazione consensuale dal coniuge. Hanno ritenuto i giudici dei merito che il trasfe rimento della proprietà era stato del tutto gratui to e non proporzionato al patrimonio del donante, perché risultava accertato che A.C. avesse un reddito personale sufficiente al proprio mantenimento, mentre C.P. non era stato esonerato dall'obbligo di concorrere al mantenimen to dei figli minori, cui pure era destinata la nuda proprietà dell'immobile al raggiungimento della maggiore età di entrambi. Contro la sentenza d'appello ricorre ora per cassa zione A.C. sulla base di un motivo d'impugnazione, cui resiste con controricorso la Curatela del fallimento di P. C Motivi della decisione 1. Con l'unico motivo d'impugnazione la ricorrente deduce vizi di motivazione della decisione impugna ta. Premesso di essere stata completamente all'oscuro delle attività del marito, dichiarato fallito quale socio di una società di persone e non quale impren ditore, essendo egli all'epoca dipendente di un i stituto bancario, sostiene che, contrariamente a quanto affermato dai giudici del merito, nella ri chiesta di omologazione della separazione consensu ale era espressamente prevista la destinazione del la donazione anche a tacitare ogni pretesa economi ca di un coniuge nei confronti dell'altro. Nel me desimo atto era poi previsto che l'impegno di C.P. a contribuire al mantenimento dei fi gli minori era subordinato a specifiche motivate richieste della ricorrente. Ne consegue che il tra sferimento dell'immobile era destinato a regolare i rapporti patrimoniali tra i coniugi anche con rife rimento alle spese per il mantenimento dei figli, cui avrebbe provveduto di volta in volta solo in caso di necessità, oltre che con l'attribuzione della nuda proprietà una volta divenuti maggioren ni. Si trattava pertanto di un atto a titolo onero so, perché C.P. ne risultava esonerato dalla prestazione periodica e sistematica in favore dei figli. 2. Il ricorso è infondato. In realtà la giurisprudenza più recente ha ben chiarito che occorre distinguere non solo tra nego zio a titolo gratuito e negozio a titolo oneroso, ma anche tra gratuità e liberalità Cass., sez. I, 5 dicembre 1998, n. 12325, m. 521419 . In particolare l'assenza di corrispettivo, se è sufficiente a caratterizzare i negozi a titolo gra tuito così distinguendoli da quelli a titolo one roso , non basta invece ad individuare i caratteri della donazione, per la cui sussistenza sono neces sari, oltre all'incremento del patrimonio altrui, la concorrenza di un elemento soggettivo lo spiri to di liberalità consistente nella consapevolezza di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi in alcun modo costretti, e di un elemento di carattere obbiettivo, dato dal depaupera mento di chi ha disposto del diritto o ha assunto l'obbligazione. Si può avere perciò un atto che, benché gratuito, non è manifestazione di liberalità. Ma secondo la giurisprudenza, la valutazione di gratuità od one rosità di un negozio, ai fini dell'art. 64 legge fall., deve essere compiuta con riguardo alla cau sa, e non già ai motivi dello stesso, con la conse guenza che deve escludersi che atti a titolo gra tuito siano quelli, e solo quelli, posti in essere per spirito di liberalità, essendo lo spirito di liberalità richiesto per la donazione art. 769 c.c. , mentre non è indispensabile negli altri con tratti a titolo gratuito, che sono quelli in cui una sola parte riceve e l'altra, sola, sopporta un sacrificio, unica essendo l'attribuzione patrimo niale Cass., sez. I, 2 febbraio 2006, n. 2325, m. 588025 . Nel caso in esame è indiscusso che l'atto contro verso, qualificato dalle stesse parti come donazio ne, fu stipulato in vista della separazione perso nale dei coniugi. Indiscusso è altresì che la dona zione non fu destinata a surrogare l'assegno di mantenimento di A.C., cui la signora rinunciò esplicitamente, perché pienamente auto sufficiente in quanto percettrice di stipendio au tonomo . Ciò di cui si discute è dell'obbligo di C.P. di contribuire al mantenimento dei figli. Tuttavia negli accordi per la separazione consensu ale è previsto esplicitamente che C.P. si impegna a contribuire alle spese necessarie per il mantenimento dei propri figli . Vero è che i re lativi versamenti rimangono subordinati alle moti vate richieste presentate di volta in volta da A.C., a seconda delle esigenze dei mi nori . Ma è vero anche che entrambi i genitori si impegnano . a contribuire per metà ad eventuali spese straordinarie ed impreviste in materia di sa lute e di studio relative ai propri figli . Sicché la subordinazione dell'ordinario contributo di C.P. a richieste specifiche della moglie non può essere interpretato come un esonero dall'obbligo di contribuire all'ordinario manteni mento dei figli, bensì come una regolamentazione peculiare delle modalità di pagamento, in tempi mi sura e modalità non predeterminate. E' plausibile pertanto l'argomentato convincimento dei giudici del merito che la causa della donazione controversa fu gratuita. Il ricorso è respinto. Le spese seguono la soccom benza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorren te al rimborso delle spese in favore della resi stente, liquidandole in complessivi E. 7.200, di cui E. 7.000 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.