Ammissione al passivo, una domanda per il credito e una domanda (tardiva) per gli interessi

Le Sezioni Unite dichiarano ammissibile la proposizione di due domande distinte per l’insinuazione allo stato passivo, una per il credito principale e una per i relativi interessi nonché la possibilità di insinuarsi tardivamente nella procedura di liquidazione coatta amministrativa.

Questa la decisione della Corte di Cassazione nella sentenza n. 6062, depositata il 26 marzo 2015. Il Caso. Con domanda di insinuazione tardiva viene chiesta l’ammissione al passivo di una s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa, a rango privilegiato del credito da interessi su una somma spettante a titolo di compenso per l’attività professionale svolta. Tale ultima somma era già stata riconosciuta e ammessa con grado di privilegio durante l’udienza di verifica dello stato passivo di cui al terzo comma dell’art. 97 l. fall La società in l.c.a. eccepisce la preclusione di giudicato essendo già stata ammessa al passivo la sorte–capitale, ma il Tribunale accoglie la domanda del professionista e definisce il periodo per il calcolo degli interessi dal giorno di maturazione del diritto fino alla data di definitività dello stato passivo. Di parere contrario i giudici di secondo grado secondo i quali la verifica dello stato passivo ed il successivo procedimento ex art. 101 l. fall erano fasi del medesimo accertamento giurisdizionale e pertanto opera la preclusione pro judicato . Viene, quindi, proposto ricorso in Cassazione da parte del professionista. I giudici di legittimità, valutata la questione come particolare importanza art. 374, comma 2, c.p.c. , la rimettono alle Sezioni Unite. Domande distinte per il credito principale e per gli interessi. Il benestare della Cassazione. Per poter affermare che vi sia identità tra le due domande quella riguardante l’ammissione al passivo del credito da sorte-capitale e quella sugli interessi , spiegano i giudici di legittimità, devono coincidere la componente soggettiva, la causa petendi nonché il petitum . Se nessun dubbio si pone sull’identità del soggetto proponente le due domande, lo stesso non può affermarsi in merito alla causa petendi mentre la pretesa al compenso professionale origina da un contratto professionale, la domanda sugli interessi moratori ha natura risarcitoria essendo sorta a causa del ritardo nell’adempimento. Ne consegue una diversa modalità di determinazione del quantum il quale dovrà calcolarsi in misura fissa con riferimento alla sorte-capitale, mentre per gli interessi deve determinarsi ad incremento progressivo ratione temporis acti . A ragione di ciò, prosegue la sentenza, deve ammettersi la proponibilità separata delle domande e quindi anche la possibilità di proporre in via tardiva la domanda di ammissione al passivo relativamente ai soli interessi. Insinuazione tardiva ammessa anche nella lca. Se tale principio risulta fuor di dubbio in sede di procedura fallimentare v. Cass. civ., sez. I, 22 marzo 2012, n. 4554 , qualche incertezza potrebbe sorgere con riferimento alla procedura di liquidazione coatta in merito alla possibilità di presentare domanda tardiva, tenuto conto dei profili di specialità di tale procedura stanti nell’officiosità che caratterizza l’iter formativo dello stato passivo. Le Sezioni Unite sciolgono i dubbi sulla questione rilevando che l’impulso d’ufficio sia però limitato” dalla facoltà in capo ai creditori di presentare osservazioni alla comunicazione del commissario liquidatore ex art. 207, commi 1 e 3, l. fall., e dal fatto che qualora i creditori non abbiano ricevuto la comunicazione di cui al citato articolo possano comunque chiedere il riconoscimento del proprio credito ex art. 208 l. fall. Pertanto, qualora il creditore manchi di proporre specifica domanda ovvero di presentare osservazioni alla comunicazione del commissario liquidatore, non può ad ogni modo precludersi la proposizione della domanda di ammissione tardiva del credito accessorio. Rispettata la ragionevole durata del processo. Infine, le Sezioni Unite rigettano anche quanto addotto dalla s.p.a. resistente circa la violazione del principio di ragionevole durata del processo a causa della proposizione tardiva della domanda di ammissione al passivo del credito da interessi. Il principio di ragionevole durata del processo è volto ad evitare che lungaggini processuali rechino pregiudizio alle parti del processo ma la sua applicazione non deve essere tale da inibire i diritti e le facoltà dei soggetti privati nelle more di un processo come quella, nel caso di specie, della possibilità per il creditore di proporre una domanda tardiva o addirittura ultratardiva , purché non si fuoriesca dai limiti temporali che la legge stessa fissa ossia, in questo caso, dall’ultimo comma dell’art. 101 l. fall Fonte www.ilfallimentarista.it

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 27 gennaio – 26 marzo 2015, numero 6062 Presidente Rovelli – Relatore Bernabai Svolgimento del processo Con istanza ex articolo 101 legge fallimentare depositata presso il Tribunale di Roma il 13 Marzo 2002, l'avv. C.E. chiedeva l'ammissione al passivo della FIRS ITALIANA ASSICURAZIONI s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa, al rango privilegiato, del proprio credito da interessi sulla somma di Euro 1.202.320,90, già riconosciuta, con pari grado, all'udienza fissata per la verifica dello stato passivo, a titolo di compenso per l'attività professionale svolta in favore della compagnia. La Firs italiana di assicurazioni s.p.a. si costituiva, eccependo la preclusione da giudicato per effetto dell'intervenuta ammissione al passivo della sola sorte-capitale. Con sentenza 24 novembre 2005 il Tribunale di Roma accoglieva la domanda e per l'effetto ammetteva allo stato passivo gli interessi, con il medesimo privilegio riconosciuto al credito principale e con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto fino alla data di definitività dello stato passivo. In accoglimento del gravame proposto in via principale dalla FIRS, la Corte d'appello di Roma con sentenza 7 febbraio 2011, disattesa implicitamente l'eccezione pregiudiziale di inammissibilità, per genericità dei motivi, ex articolo 342 cod. proc. civile, dichiarava inammissibile la domanda di insinuazione tardiva assorbito l'appello incidentale dell'avv. C. , volto ad ottenere il riconoscimento degli interessi fino al diverso diem ad quem della data di cessazione dell'attività di liquidazione. Motivava che sussisteva la preclusione pro judicato in ordine al credito accessorio per interessi, dal momento che la verifica dello stato passivo ed il successivo procedimento ex articolo 101 legge fallimentare erano fasi del medesimo accertamento giurisdizionale riguardante un credito da lavoro professionale, frazionato dai ricorrente nella sorte-capitale e negli interessi nonostante l'identica causa petendi . Avverso la sentenza, non notificata, l'avv. C.E. proponeva ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo e notificato l'11 aprile 2011. Deduceva la violazione gli articoli 2909 cod. civ., 97 e 101 legge fallimentare in ordine al ritenuto giudicato interno per effetto dell'ammissione al passivo del credito per sorte-capitale, preclusivo dell’ulteriore pretesa relativa agli interessi, successivamente azionata ex articolo 101 legge fallimentare. Riproponeva quindi anche la censura relativa al termine finale di decorrenza degli interessi, assorbita nella decisione di appello. Resisteva con controricorso la Firs italiana assicurazioni S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa. La sezione 6-1 della Corte di cassazione, cui la causa era stata assegnata in base ai criteri tabellari, sull'ordinanza del giudice relatore ex articolo 380 bis cod. proc. civ. che proponeva l'accoglimento del secondo motivo, con ordinanza interlocutoria 19 dicembre 2012, rimetteva la causa alla pubblica udienza del'11 luglio 2013. All'esito della discussione il collegio, ravvisata una questione di particolare importanza, con ordinanza 8 agosto 2013, rimetteva la causa al Primo Presidente, che la assegnava alle sezioni unite. Entrambe le parti depositavano memoria illustrativa ex articolo 378 cod. proc. civile. All'udienza del 27 gennaio 2015 il Procuratore generale precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate. Motivi della decisione Con unico motivo l'avv. C. deduce la violazione degli articoli 2909 cod. civ., 97 e 101 legge fallimentare. Il motivo è fondato. Il problema della proponibilità tardiva, ex articolo 101 legge fallimentare, della domanda relativa al credito accessorio da interessi, quando già si sia proposta istanza tempestiva per la sorte-capitale nella specie, a titolo di compenso di attività professionale - accolta in sede di verifica dello stato passivo - presenta diverse sfaccettature, in parte riconducibili a profili di diritto processuale ordinario, in parte propri del rito speciale fallimentare. Il primo aspetto da prendere in considerazione è l'identificazione stessa della domanda, ai fini della sua distinguibilità da quella già ammessa al passivo. Si tratta di attività interpretativa che deve muovere dall'ordinaria disamina degli elementi costitutivi della fattispecie persone, causa petendi e petitum. Pacifica, nella specie, l'identità della componente soggettiva, non appare revocabile in dubbio, invece, contrariamente all'avviso della corte territoriale, la diversità della causa petendi . Vertendosi in tema di diritto di credito eterodeterminato, la pretesa al compenso professionale trae origine, infatti, da un contratto di opera intellettuale laddove, la domanda accessoria relativa agli interessi moratori ha natura risarcitoria, fondata com'è sul ritardo nell'adempimento. Ne consegue anche la difforme modalità di determinazione del quantum in misura fissa, con riferimento alla sorte-capitale, in conformità con il parametro in concreto applicabile, in tema di compenso dell'opera intellettuale articolo 2233 cod. civ. soggetta, invece, ad incremento progressivo, ratione temporis acti, in ordine all'obbligazione accessoria per interessi. Tale inquadramento concettuale, con la distinzione netta tra le due causae petendi, vale a risolvere in senso affermativo la questione della separata proponibilità delle relative domande, per compenso e per interessi, rispettivamente in sede di verifica dello stato passivo ed in via tardiva ex articolo 101 L. fall. fuori delle ipotesi, estranee al presente thema decidendum , in cui il debito per interessi resti, per contro, inscindibilmente legato alla sorte-capitale, al punto da poter essere anche liquidato d'ufficio, senza vizio di ultrapetizione come nel caso di credito da lavoro subordinato o di credito risarcitorio da illecito aquiliano. La preclusione della domanda tardiva di insinuazione al passivo fallimentare degli interessi maturati, ex articolo 101 legge failimentare, dopo l'avvenuta ammissione tempestiva del credito principale articolo 96 legge fallimentare è già stata esclusa, del resto, dalla giurisprudenza di questa Corte Cass., sez. 1, 22 marzo 2012, numero 4554 . Si pone allora il problema se la medesima soluzione valga anche nella procedura di liquidazione coatta amministrativa, connotata da profili di specialità nell’officiosità nell'iter formativo dello stato passivo. Al riguardo, si osserva che l'impulso d'ufficio sia temperato, peraltro, dalla facoltà del creditore di presentare osservazioni alla comunicazione delle somme risultanti a suo credito secondo le scritture contabili e i documenti dell'impresa articolo 207, prima e terzo comma, L. fall. . Alternativamente, i creditori che non abbiano ricevuto la predetta comunicazione possono chiedere, mediante raccomandata entro il termine di 60 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del provvedimento di liquidazione, il riconoscimento dei propri crediti articolo 208 L. fall. . Anche se si debba condividere l'orientamento prevalente, secondo cui non si tratta, in tal caso, di vera domanda giudiziale -perché diretta al commissario liquidatore, che è organo amministrativo - resta comunque che di essa, come delle osservazioni, il commissario debba tenere conto cosicché il silenzio mantenuto sulle richieste formulate e l'omesso inserimento del credito nell'elenco di cui all'articolo 209, primo comma, legge fallimentare, assumono valore implicito di rigetto contro il quale il creditore deve attivarsi mediante opposizione allo stato passivo, ex articolo 98 legge fallimentare, per evitare il formarsi di una preclusione Cass., sez. 1, 11 novembre 2013 numero 25.301 Cass., sez.1, 19 febbraio 2003 numero 2476 . Simmetricamente, il mancato esercizio del potere di proporre specifica domanda o di presentare osservazioni alla comunicazione del commissario liquidatore - iniziative, previste solo come eventuali dalle norme citate - non preclude a proponibilità della domanda di ammissione tardiva del credito accessorio da interessi, non pregiudicata da alcun silenzio-rigetto. Da ultimo, appare inconferente il richiamo argomentativo al principio di ragionevole durata, pure addotto dalla Hrs Italiana assicurazioni s.p.a. in funzione preclusiva della domanda tardiva ex articolo 101 L. fall Al riguardo, si osserva che il canone in questione, sancito innanzitutto dalla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo articolo 6, paragrafo 1 , poi recepito dalla legislazione nazionale costituzionale articolo 111 Cost., emendato, in parte qua, in forza della L. cost. 23 novembre 1999 numero 2 e ordinaria legge 24 marzo 2001 numero 89 è rivolto allo stesso legislatore e cioè, allo Stato-amministrazione affinché realizzi l'obiettivo della definizione del giudizio entro un termine ragionevole onde, non può essere distorto al fine di penalizzare proprio la parte privata, che di tale principio dovrebbe invece beneficiare, riducendone le possibilità di iniziativa giudiziaria, pur se conformi alla disciplina speciale del rito fallimentare nella specie, inibendo domande di ammissione al passivo fallimentare tardive, e financo ultratardive , pur se rispettose dei limiti temporali fissati dall'articolo 101, ultimo comma, L. fall., nel testo novellato. L'ulteriore questione della individuazione del termine finale degli interessi resta impregiudicata, in quanto successiva, in via gradata, alla decisione rimessa alla Corte d'appello sulla domanda principale. La sentenza dev'essere dunque cassata, con rinvio alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, per un nuovo giudizio ed anche per il regolamento delle spese della fase di legittimità. P.Q.M. - Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese della fase di legittimità.