Per il socio occulto non vale il termine annuale

Nello necessità di stabilire gli eventuali limiti temporali al di là dei quali il socio occulto non può più essere coinvolto nel fallimento della compagine sociale, il disposto dell’art. 147, l. fall., risultante dalla riforma del 2006-2007 applicabile nella specie – il cui quinto comma regola specificatamente i casi in cui, dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale, risulti che l’impresa è riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile – il termine per la dichiarazione di fallimento, previsto al secondo comma di tale disposizione, riguarda unicamente i soci illimitatamente responsabili di società regolare e non, invece, il socio occulto che risulti dopo la dichiarazione di un imprenditore individuale, avendo, in tal modo, il legislatore dato attuazione ai principi affermati dalla Corte costituzionale con le ordinanze n. 321 del 2002 e n. 36 del 2003.

Così, riaffermando un recente precedente Cass. sentenza n. 15488/13 , la sezione I Civile del Supremo Collegio risolve la quaestio con la sentenza n. 5533/15 depositata il 19 marzo. Il problema dell’estensibilità del fallimento sociale all’ ex socio è stato affrontato, in dottrina e giurisprudenza, quasi sempre con riferimento all’ipotesi del socio receduto. Seppur con le dovute differenze, a tale situazione è senz’altro equiparabile, quella del fallimento in estensione al socio occulto ed amministratore di società di fatto, che qui ci occupa. Ipotesi di non poco momento e per di più di notevole ricorrenza. Il fatto. La Corte d’appello di Ancona ha respinto il reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento di Tizio, pronunciata dal Tribunale della stessa città ai sensi dell’art. 147 l. fall. in estensione, quale socio occulto ed amministratore di società di fatto con altro socio già dichiarato fallito. In particolare la Corte anconetana ha ritenuto che l’art. 147 l. fall. si applichi anche nel caso in cui, dichiarato il fallimento dell’impresa apparentemente individuale, ne venga successivamente accertata la natura sociale e sia dichiarato il fallimento della società e degli altri soci illimitatamente responsabili, restando irrilevante, ai fini della decorrenza del termine di fallibilità del socio occulto, l’annotazione della sentenza di fallimento dell’imprenditore individuale. Avverso quest’ultima decisione Tizio propone ricorso per cassazione facendo valere due motivi di censura. In particolare, col primo motivo Tizio deduce la violazione o la falsa applicazione degli artt. 10 e 147 l. fall., per non avere la sentenza considerato che il termine annuale di fallibilità decorre dal momento in cui sia portata a conoscenza di terzi con mezzi idonei la cessazione dell’attività sociale, e poiché del fallimento dell’imprenditore individuale era stata data notizia mediante annotazione nel registro delle imprese, da tale momento doveva farsi decorrere il termine per il fallimento del presunto socio occulto. Motivo che i supremi giudici dichiarano infondato, precisando che detta annotazione resta irrilevante al fine d’integrare lo scioglimento del rapporto sociale in capo al socio illimitatamente responsabile in seguito scoperto, riguardando l’annotazione unicamente l’imprenditore individuale. Di conseguenza la Suprema Corte rigetta il ricorso. La dichiarazione di fallimento in estensione. La norma fondamentale in materia è l’art. 147, l. fall., così come modificato dal d.lgs. n. 169/07, che si riferisce al fallimento delle società con soci a responsabilità illimitata. Ai sensi dell’art. 147, comma 1, l. fall., la sentenza che dichiara il fallimento di società con soci a responsabilità illimitata ossia di società in nome collettivo, in accomandita semplice ed in accomandita per azioni , produce anche il fallimento dei soci illimitatamente responsabili, pur se non si tratta di persone fisiche. Si parla, in tal caso, di fallimento in estensione, in quanto il fallimento della società si estende ai soci che, nell’ambito societario, rivestono la posizione di soci illimitatamente responsabili, sia, comunque, in senso formale, ovverosia coloro che all’atto della pronuncia di fallimento risultano soci effettivi della società, che sostanziale, ossia i cosiddetti soci occulti, la cui posizione di socio viene accertata solo successivamente alla dichiarazione di fallimento. Il fallimento in estensione del socio occulto. La dichiarazione di fallimento è possibile solo se l’insolvenza della società attenga, in tutto o in parte, a debiti esistenti alla data della cessazione della responsabilità illimitata, ex art. 147, comma 2, l. fall La ratio di tale disposizione lascia chiaramente intendere che il legislatore ha compreso nella previsione normativa del citato articolo, oltre l’ipotesi in cui dopo la dichiarazione di fallimento della società si scopre l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, anche quella inversa in cui, dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale si scopre l’esistenza di altri soci, e, quindi, di una società occulta, ipotesi, quest’ultima, che qui ci occupa. Si è talvolta ritenuto che nelle due fattispecie non ricorre la eadem ratio , giacché, mentre nell’ipotesi contemplata dall’art. 147, comma 2, l. fall., l’esistenza della società è già accertata ed occorre soltanto estendere il fallimento a chi risulti illimitatamente responsabile, nel caso in discussione l’accertamento della società è il presupposto necessario e fondamentale per poter dichiarare il fallimento della società e del socio di fatto già dichiarato fallito. La mancanza di un limite temporale per la dichiarazione del socio occulto è costituzionalmente legittima. In tema di imprenditore occulto è intervenuta, come del resto richiamata esplicitamente nel decisum in commento, una significativa pronuncia del Giudice delle leggi, Corte Cost. sentenza n. 321/02 che dichiara infondata la questione di legittimità costituzionale del secondo comma dell’art. 147, l. fall. con riferimento all’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede un limite temporale per la dichiarazione di fallimento del socio occulto illimitatamente responsabile di una società di persone. In particolare, la Consulta esclude che il combinato disposto degli artt. 10 e 147, l. fall. possa applicarsi altresì all’ipotesi di una società di fatto e del socio occulto successivamente scoperto, e ciò sulla base di una serie di rilevanti considerazioni. Nello specifico, la Corte costituzionale sottolinea la diversità di presupposti tra il fallimento del socio receduto di una società regolarmente costituita e registrata e quello del socio occulto di una società irregolare. Il limite temporale annuale contempera l’esigenza di tutela dei creditori con quella di certezza del diritto, tuttavia tale principio non può trovare applicazione per ogni tipologia societaria. La sentenza che qui si annota, parimenti, ribadisce che in alcun modo possono essere poste a raffronto, ai fini dell’applicabilità del termine annuale entro cui può essere dichiarato il fallimento personale del socio illimitatamente responsabile di una società personale, due situazioni fra loro del tutto diverse, quali sono quella del socio receduto da una società regolarmente costituita e registrata nel rispetto delle forme di pubblicità prescritte dalla legge, e quella del socio occulto. Nessun termine annuale per il fallimento in estensione del socio occulto. Circa il dies a quo del termine annuale ovvero, più esattamente, in ordine alla corretta esegesi dell’inciso normativo se sono state osservate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati, ex art. 147, comma 2, l. fall., è indubitabile che tali formalità si identifichino per le società regolari rigorosamente con gli adempimenti pubblicitari legalmente idonei a portare a conoscenza dei terzi i fatti che abbiano determinato lo scioglimento del vincolo sociale ovvero la cessazione della responsabilità illimitata. Nondimeno, limitatamente alle società di fatto – ipotesi che qui ci occupa – c’è da chiedersi se tra le formalità cui allude l’art. 147, comma 2, l. fall., possano essere ricompresi anche i mezzi idonei di cui all’art. 2290, comma 2, c.c. rimane incerto, cioè, se per le società irregolari operi comunque il limite temporale annuale, qualora lo scioglimento del vincolo sociale sia stato portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, ovvero il limite non operi. E l’odierno giudice della legittimità, sul punto, ha precisato che il socio occulto di una società, privo di ogni riconoscimento nell’ambito del registro delle imprese, non possa fornire alcuna prova in ordine alla cessazione della propria qualità di socio illimitatamente responsabile, nel prevalente interesse della tutela dell’affidamento dei terzi, che ha indotto il legislatore a trattare l’interesse di detto socio come del tutto recessivo. In definitiva, nessun limite temporale opera in tema ed ai fini dell’estensione del fallimento di un imprenditore individuale alla società occulta dissimulata ed al socio ovvero ai soci occulti della medesima società occulta.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 19 febbraio – 19 marzo 2015, n. 5533 Presidente Ceccherini – Relatore Nazzicone Svolgimento del processo La sentenza della Corte d'appello di Ancona dell'11 ottobre 2008 ha respinto il reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento di P.M., pronunciata dal Tribunale della stessa città il 17 luglio 2008 ai sensi dell'art. 147 l.f. in estensione, quale socio occulto ed amministratore di società di fatto con altro socio già dichiarato fallito il 24 luglio 2006. La corte territoriale ha ritenuto che l'art. 147 l.f. si applichi anche all'ipotesi in cui, dichiarato il fallimento dell'impresa apparentemente individuale, ne venga successivamente accertata la natura sociale e sia dichiarato il fallimento della società e degli altri soci illimitatamente responsabili, restando irrilevante, ai fini della decorrenza del termine di fallibilità del socio occulto, l'annotazione della sentenza di fallimento dell'imprenditore individuale ex art. 17 l.f. Ha, quindi, ravvisato la sussistenza del vincolo societario, avendo ilM. partecipato direttamente al governo della vita sociale, come palesato anche da un accordo in data 11 gennaio 2005, che di fatto gli attribuiva, in proprio o mediante società a lui riconducibili, il controllo finanziario ed amministrativo dell'azienda, nonché della produzione e commercializzazione dei prodotti Eurosandal. Avverso la sentenza viene proposto dal socio ricorso per cassazione, sulla base di due motivi. Non svolge difese la curatela. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione o la falsa applicazione degli art. 10 e 147 l.f., per non avere la sentenza considerato che il termine annuale di fallibilità decorre dal momento in cui sia portata a conoscenza di terzi con mezzi idonei la cessazione dell'attività sociale e, poiché il fallimento dell'imprenditore individuale, che operava sotto la ditta di Eurosandal, fu dichiarato il 24 luglio 2006 dell'evento fu data notizia mediante annotazione nel registro delle imprese ex art. 17 l.f., da tale momento doveva farsi decorrere il termine per il fallimento del presunto socio occulto. Con il secondo motivo, censura la violazione o la falsa applicazione degli art. 115, 116 c.p.c., 1362, 2462, 2560, 2697, 2729 c.c. e 147 l.f., oltre alla motivazione insufficiente, non essendo stato provato alcun atto da cui desumere la società di fatto, mentre la corte d'appello ha fondato il suo convincimento su di una scrittura privata mai attuata. 2. - Il primo motivo è infondato. Il ricorrente sembra far coincidere - per l'ipotesi di dichiarazione di fallimento di una società occulta successivo all'iniziale fallimento dell'impresa individuale - l'annotazione nel registro delle imprese del fallimento dell'imprenditore individuale con la cessazione dell'attività sociale nonché con lo scioglimento del rapporto per il socio occulto, sostenendo che dall'annotazione debba decorrere il termine per il fallimento di quest'ultimo. Ma, in primo luogo, ai fini della pubblicità della cessazione dell'attività di impresa, non sussiste identità di situazione neppure tra la cancellazione dell'imprenditore dal registro delle imprese e l'iscrizione nello stesso registro della sua dichiarazione di fallimento, non avendo alcun rilievo quest'ultima iscrizione ai fini del decorso del termine annuale ex art. 10 l.f. Cass. 9 maggio 2014, n. 10113 . Tanto più, detta annotazione resta irrilevante al fine d'integrare lo scioglimento del rapporto sociale in capo al socio illimitatamente responsabile in seguito scoperto, riguardando l'annotazione unicamente l'imprenditore individuale. Inoltre, e più radicalmente, questa Corte ha chiarito Cass. 20 giugno 2013, n. 15488 che secondo il disposto dell'art. 147 l.f. risultante dalla riforma del 2006-2007 applicabile nella specie - il cui 5° comma regola specificamente i casi in cui, dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale, risulti che l'impresa è riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile - il termine annuale per la dichiarazione di fallimento previsto al 2° comma di tale disposizione, riguarda unicamente i soci illimitatamente responsabili di società regolare e non, invece, il socio occulto che risulti dopo la dichiarazione di un imprenditore individuale, avendo, in tal modo, il legislatore dato attuazione ai principi affermati dalla Corte costituzionale con le ordinanze n. 321 del 2002 e n. 36 del 2003. Ciò in quanto non possono in alcun modo essere poste a raffronto, ai fini dell'applicabilità del termine annuale entro cui può essere dichiarato il fallimento personale del socio illimitatamente responsabile di una società personale, due situazioni fra loro del tutto diverse, quali sono quella del socio receduto da una società regolarmente costituita e registrata, nel rispetto delle forme di pubblicità prescritte dalla legge, e quella del socio occulto. Coerente con tale disciplina è, altresì, quella dell'art. 10 l.f. se l'imprenditore individuale o collettivo non può dare la prova di una diversa data di cessazione dell'attività rispetto a quella consacrata dalla cancellazione dal registro delle imprese, è del tutto coerente che il socio occulto di una società, privo di ogni riconoscimento nell'ambito del registro delle imprese, non possa fornire alcuna prova in ordine alla cessazione della propria qualità di socio illimitatamente responsabile, nel prevalente interesse della tutela dell'affidamento dei terzi, che ha indotto il legislatore a trattare l'interesse di detto socio come del tutto recessivo. In tale quadro, in conclusione, resta priva di rilievo, ai fini ipotizzati dal ricorrente, l'annotazione nel registro delle imprese del fallimento dell'imprenditore individuale, poi rivelatosi collettivo. A siffatto principio la corte territoriale si è conformata, onde il motivo non può trovare accoglimento. 3. - Il secondo motivo è inammissibile. Da un lato, esso è privo del momento di sintesi, che, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c. ratione temporis applicabile, deve corredare la censura di vizio di motivazione, laddove l'indicazione del fatto controverso e delle ragioni della non adeguatezza della motivazione non basta siano esposte nel corpo del motivo o possa comprendersi dalla lettura di questo, occorrendo a tal fine una parte, del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata fra le tante, Cass. 6 giugno 2013, n. 14355 30 gennaio 2013, n. 2219 sez. un., 18 ottobre 2012, n. 17838 18 novembre 2011, n. 24255 dall'altro lato, si tratta di motivo che, sotto l'egida di tale vizio, in verità tende ad una rivalutazione del merito circa gli elementi individuati per ravvisare l'esistenza della società di fatto, non consentita in sede di legittimità. 4. - Nulla sulle spese, non essendosi costituita l'intimata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.