Inammissibile la revocatoria per far dichiarare inefficace la compravendita nei confronti dei creditori

La disciplina speciale del mutuo fondiario ipotecario configura un privilegio di carattere processuale, sicché trattandosi di un'assegnazione a carattere provvisorio è onere dell'istituto, che intenda renderla definitiva, insinuarsi al passivo del fallimento in modo da consentire la graduazione dei crediti.

Lo afferma la Cassazione nella sentenza n. 3795 depositata il 25 febbraio 2015. La vicenda. La fattispecie al centro della controversia in esame trae origine da un’azione revocatoria promossa da un fallimento e finalizzata ad ottenere la dichiarazione di inefficacia dell’atto di assegnazione di un alloggio. Il giudice di prime cure, con sentenza confermata in appello, ha accolto la domanda sebbene i convenuti avessero eccepito la sopravvenuta carenza di interesse, sollevata dagli appellanti, per essere stato l’immobile venduto nel corso del giudizio di revocatoria all’esito del procedimento espropriativo promosso da istituto di credito in forza di mutuo fondiario. La Corte di appello, invece, anche considerando che soltanto l’appartamento, e non anche i due locali box, risultavano essere stati coattivamente venduti, ha giudicato permanere l’interesse della curatela ad ottenere la dichiarazione d’inefficacia dell’atto di assegnazione. Infatti, secondo la Corte del merito, il potere del creditore fondiario non esclude quello del creditore di agire in revocatoria mentre la vendita coattiva di una parte dei beni oggetto dell’atto non fa venir meno l’interesse della curatela. Cosa succede se i beni revocati non sono più nel patrimonio del convenuto? Il giudice del merito ha affermato che nel caso in cui i beni oggetto di domanda revocatoria non siano più nel patrimonio del convenuto, questi è obbligato a pagare il controvalore dei beni, in quanto è assoggettato ad espropriazione in virtù di procedura esecutiva individuale promossa da un creditore fondiario del fallito. Tale conclusione non muta anche nell’ipotesi in cui il ricavato di questa procedura esecutiva sia andato in definitiva a vantaggio del fallimento, dato che lo strumento per evitare che la massa dei creditori del fallito si giovi di una duplice riparazione si trova nel diritto del terzo acquirente di essere ammesso al passivo fallimentare per l’importo pagato al curatore. Il mutuo fondiario. Giova ricordare che con la locuzione mutuo fondiario” si intende alludere al finanziamento medio o lungo termine garantito da ipoteca immobiliare di primo grado concesso da un istituto di credito espressamente autorizzato in favore di un soggetto, allo scopo di consentire la costruzione o la ristrutturazione di un fabbricato. La somma oggetto del finanziamento non può eccedere una determinata percentuale rispetto al valore dell’immobile. Dopo dieci giorni dalla data di iscrizione dell’ipoteca posta a presidio dell’erogazione la mancata proposizione di azioni esecutive, di iscrizioni pregiudizievoli e la persistenza in bonis del debitore rende il credito dell’istituto bancario insensibile all’eventuale proposizione di azione revocatoria fallimentare ai sensi dell’art. 67, comma 4, l. fall. Ovviamente, attraverso tale meccanismo la banca finanziatrice si viene a trovare in una posizione di grande tranquillità, vantando una posizione di notevole privilegio rispetto agli altri eventuali creditori dell’impresa. Questi infatti non sono in grado a priori di assicurarsi una tutela rispetto ad eventuali situazioni di insolvenza dell’impresa con la quale hanno contrattato. Il quadro normativo. Nel caso in cui un immobile di proprietà del fallito, ipotecato a garanzia di un mutuo fondiario, sia stato oggetto di vendita a favore di un terzo, occorre fare riferimento alla disciplina contenuta nell’art. 41 del d.lgs. n. 385/1993 T.U.B. . Secondo tale norma, l’azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore. Il curatore ha facoltà di intervenire nell’esecuzione e la somma ricavata dall’esecuzione, eccedente la quota che in sede di riparto risulta spettante alla banca, viene attribuita al fallimento. Il custode dei beni pignorati, l’amministratore giudiziario e il curatore del fallimento del debitore versano alla banca le rendite degli immobili ipotecati a suo favore, dedotte le spese di amministrazione e i tributi, sino al soddisfacimento del credito vantato. È impossibile assoggettare il bene all’esecuzione concorsuale. Il su descritto potere, riconosciuto all’istituto di credito fondiario, di iniziare o proseguire l’azione esecutiva individuale anche in costanza di fallimento, ovvero d’intervenire nell’esecuzione forzata promossa da altri, e di conseguire l’assegnazione della somma ricavata dalla vendita forzata, senza obbligo di rimetterla al curatore, con il solo onere di insinuarsi al passivo della procedura fallimentare per consentire la graduazione dei crediti, esclude l’esperibilità dell’azione revocatoria fallimentare al fine di ottenere la dichiarazione d’inefficacia della compravendita nei confronti della massa dei creditori. Infatti – come affermato dalla Cassazione - in questo caso viene meno uno dei presupposti dell’azione, costituito dall’impossibilità di assoggettare direttamente il bene all’esecuzione concorsuale cfr. Cass. n. 15606/2014 . Ciò perché la vendita del bene nell’ambito dell’esecuzione individuale si pone come alternativa a quella in sede di procedura fallimentare, di conseguenza il curatore deve limitarsi a chiedere il versamento della somma assegnata all’istituto, qualora quest’ultimo non abbia chiesto l’ammissione al passivo o il suo credito risulti incapiente, e non può neppure pretendere dal terzo acquirente la differenza tra il valore del bene e l’importo eventualmente inferiore ricavato dalla vendita forzata. La banca deve comunque insinuarsi al passivo. Secondo la Suprema Corte, pertanto, la disciplina speciale del mutuo fondiario ipotecario configura un privilegio di carattere meramente processuale, sicché l’assegnazione al creditore procedente della somma ricavata dalla vendita non deroga al principio di esclusività della verifica concorsuale posto dall’art. 52 1.fall., posto che si tratta di un’assegnazione a carattere provvisorio ed è onere dell’istituto di credito, che intenda renderla definitiva, insinuarsi al passivo del fallimento in modo da consentire la graduazione dei crediti. Non è possibile esperire l’azione revocatoria. Dunque, il bene, che in considerazione dei soli atti di compravendita avrebbe potuto ritenersi fuoriuscito dalla massa attiva e, quindi, come tale assoggettabile a revocatoria fallimentare, non può più ritenersi tale in considerazione dell’ipoteca, iscritta sul bene stesso dall’istituto di credito fondiario a carico del debitore fallito, nel momento in cui il bene in virtù dell’ipoteca viene sottoposto a pignoramento, dando così inizio alla esecuzione immobiliare, qualora tale ipoteca sia opponibile sia al fallimento, perché consolidata, sia ai successivi acquirenti del bene perché iscritta prima della trascrizione dei loro atti di acquisto del bene stesso. Quindi, in tale situazione l’azione esecutiva a favore del creditore fondiario esclude l’esperibilità della revocatoria, facendo venir meno una condizione di tale azione esperibile solo quando il bene è fuoruscito dal patrimonio del debitore fallito e non c’è possibilità per gli organi del fallimento di assoggettare direttamente il bene, data la sua situazione di estraneità, alla esecuzione concorsuale o di pretendere l’equivalente se l’oggetto non esiste più o è passato ad altri non raggiungibili giuridicamente per la loro buona fede. Il curatore deve chiedere al creditore la somma assegnata. Il curatore non può proseguire l'azione revocatoria nei confronti dell' acquirente del bene, che non ha più la disponibilità dello stesso e che se lo è visto sottrarre a seguito dell'azione esecutiva individuale, ma deve chiedere al creditore, che ha promosso o è intervenuto nella esecuzione, facendo valere il suddetto privilegio processuale, la somma che gli è stata assegnata, qualora questo non abbia chiesto l'ammissione del proprio credito al passivo oppure, pur avendola richiesta, il suo credito risulti incapiente. Non si può quindi pretendere dall'acquirente del bene la differenza tra il valore del bene stesso, individuato a seguito di consulenza tecnica nell'ambito dell'azione revocatoria, ed il ricavato, qualora questo sia inferiore, dalla vendita effettuata nell'ambito della esecuzione individuale. In conclusione. Nel caso in specie, la Cassazione accoglie il motivo di ricorso degli assegnatari, osservando che altrimenti si sottoporrebbe il proprietario ad una doppia esecuzione forzata sullo stesso immobile, dapprima in natura e poi per equivalente, a favore della stessa massa creditoria atteso che, appunto, il credito fondiario è tenuto a riversare nel fallimento il ricavato, o ad ascriverlo al suo credito ipotecario. Del resto, attraverso l’esecuzione individuale del credito fondiario, sottoposta alle leggi della par condicio , il fallimento ha dunque conseguito lo scopo tipico della revocatoria, il quale consiste nell’assoggettare il bene alienato alla soddisfazione delle ragioni concorsuali dei creditori.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 28 ottobre 2014 – 25 febbraio 2015, n. 3795 Presidente Ceccherini – Relatore Nazzicone Svolgimento del processo Con sentenza del 15 giugno 2013, la Corte d'appello di Napoli ha respinto l'impugnazione avverso la decisione del 18 settembre 2008 del Tribunale della stessa città, che ha accolto la domanda revocatoria dell'atto di assegnazione di alloggio a A.P. e M.M. , proposta dal Fallimento della G.B. Futura società cooperativa a r.l., condannando i medesimi a rilasciare al fallimento i due box auto nn. 5 e 7 ed a pagare l'equivalente del valore dell'appartamento, pari alla somma di Euro 47.125,00, con gli interessi legali sull'importo annualmente rivalutato. La Corte, per quanto ancora rileva, ha ritenuto infondata l'eccezione di cessazione della materia del contendere per sopravvenuta carenza di interesse, sollevata dagli appellanti, per essere stato l'immobile venduto nel corso del giudizio di revocatoria all'esito del procedimento espropriativo promosso da istituto di credito in forza di mutuo fondiario, ai sensi dell'art. 41 d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385. Al contrario, anche tenuto conto che soltanto l'appartamento, e non anche i due locali box, risultavano essere stati coattivamente venduti, ha giudicato permanere l'interesse della curatela ad ottenere la dichiarazione d'inefficacia dell'atto di assegnazione, pronuncia non scindibile in tante dichiarazioni d'inefficacia dell'atto quanti sono i beni assegnati scindibili essendo solo i suoi effetti restitutori . Il potere del creditore fondiario non esclude, secondo la corte del merito, quello del creditore di agire in revocatoria mentre la vendita coattiva di una parte del beni oggetto dell'atto non fa venir meno l'interesse della curatela. Ha poi ritenuto che gli atti delle società cooperative, anche ove aventi finalità mutualistiche, non si sottraggono alla disciplina dell'art. 67 l.f., mentre non è provata l'inconsapevolezza dello status decoctionis . Infine, ha osservato che il convenuto in revocatoria è tenuto a pagare il controvalore dei beni, ove non più nel suo patrimonio perché assoggettato ad espropriazione in virtù di procedura esecutiva individuale promossa da un creditore fondiario del fallito, e ciò pur se il ricavato di questa procedura sia andato in definitiva a vantaggio del fallimento, giacché lo strumento per evitare che la massa dei creditori del fallito si giovi di una duplice riparazione si trova nel diritto del terzo acquirente di essere ammesso al passivo fallimentare per l'importo pagato al curatore. Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli assegnatari, sulla base di quattro motivi. Resiste la curatela con controricorso. Le parti hanno, altresì, depositato le memorie di cui all'art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo, i ricorrenti deducono la violazione e la falsa applicazione degli art. 67 l.f., 41 d.lgs. n. 385 del 1993, 2808 c.c., nonché la nullità della sentenza o del procedimento, in relazione all'art. 100 c.p.c Sostengono che, all'esito della procedura espropriativa, l'appartamento era stato trasferito e che era stata disposta ammissione allo stato passivo del creditore ipotecario Fon.spa. s.p.a. pertanto, la domanda revocatoria relativa all'appartamento era inammissibile per carenza di interesse inoltre, è ammessa la coesistenza delle due pronunce inammissibilità della domanda revocatoria per l'appartamento espropriato ed inefficacia della vendita dei box . Con il secondo motivo, censurano la violazione degli art. 1223, 2037 e 2038 c.c., 71, vecchio testo, o 70, nuovo testo, l.f., nonché degli art. 115 e 116 c.p.c., per non avere la sentenza impugnata, in alternativa alla pronuncia di difetto di interesse, respinto la domanda per essersi realizzata quantomeno con riguardo all'appartamento una compensatici lucri cum damno , avendo la curatela visto decrescere la massa passiva per l'importo corrispondente al prezzo dell'aggiudicazione, addirittura superiore all'importo di Euro 47.125,00, dovendosi evitare che il fallimento si giovi due volte del pagamento. Con il terzo motivo, censurano la violazione dell'art. 2697 c.c., 67 l.f. e 112 c.p.c., per non avere la corte territoriale ritenuto onere della curatela provare che l'atto, oggetto della domanda revocatoria, rientra nel novero di quelli posti in essere dalla società cooperativa con fine di lucro e non mutualistico, dal momento che, invece, ove fosse quest'ultima la sua qualificazione, si tratterebbe di un atto dovuto sottratto a revoca. Con il quarto motivo, deducono la violazione degli art. 116 c.p.c. e 2697, 2727 e 2729 c.c., con riguardo alla ritenuta conoscenza dello stato di insolvenza in cui versava la cooperativa. 2. - Il primo motivo è fondato, nel limiti di seguito esposti. Questa Corte ha già esaminato analoga vicenda, relativa al medesimo fallimento Cass. n. 15606 del 2014 e v. Cass. n. 13996 del 2008 , ribadendo che la disciplina speciale del mutuo fondiario ipotecario configura un privilegio di carattere meramente processuale, sicché l'assegnazione al creditore procedente della somma ricavata dalla vendita non deroga al principio di esclusività della verifica concorsuale posto dall'art. 52 l.f., trattandosi di un'assegnazione a carattere provvisorio ed essendo onere dell'istituto, che intenda renderla definitiva, insinuarsi al passivo del fallimento in modo da consentire la graduazione dei crediti. La sentenza impugnata ha, invece, l'effetto di sottoporre il proprietario ad una doppia esecuzione forzata sullo stesso immobile, dapprima in natura e poi per equivalente, a favore della stessa massa creditoria atteso che, appunto, il credito fondiario è tenuto a riversare nel fallimento il ricavato, o ad ascriverlo al suo credito ipotecario . Attraverso l'esecuzione individuale del credito fondiario, sottoposta alle leggi della par condicio, il fallimento ha dunque conseguito lo scopo tipico della revocatoria, il quale consiste nell'assoggettare il bene alienato alla soddisfazione delle ragioni concorsuali dei creditori ulteriori pretese della massa non hanno, in conseguenza, fondamento. Ne deriva la fondatezza del motivo, limitatamente alla pronuncia di condanna al pagamento dell'equivalente per l'appartamento e relativo lastrico non viene toccata, invece, la condanna alla restituzione dei due box auto, estranei alla procedura espropriativa. 3. - I restanti motivi restano assorbiti. 4. - In conclusione, il ricorso va accolto con riguardo alla condanna al pagamento dell'equivalente per l'unità abitativa e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con l'accoglimento della domanda revocatoria del fallimento limitatamente alla restituzione dei box auto n. 5 e 7, rigettandola nel resto quanto all'appartamento con sovrastante lastrico solare oggetto dell'atto di assegnazione per notaio D'Anna del 6 ottobre 1994, rep. 65061. 5. - Le spese, atteso l'accoglimento solo parziale del ricorso, vengono interamente compensate per tutti i gradi. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata e, pronunziando nel merito, accoglie la domanda revocatoria del FALLIMENTO G.B. FUTURA SOC. COOP. EDILIZIA A R.L. limitatamente ai box auto n. 5 e 7 condanna A.P. al rilascio in favore del FALLIMENTO G.B. FUTURA SOC. COOP. EDILIZIA A R.L. del medesimi box auto int. n. 5 e 7, riportati in catasto al f.lio 54, p.lla 30, subb. 1436 e 1411, oggetto dell'atto di assegnazione per notaio d'Anna del 6 ottobre 1994, rep. 65061 rigetta per il resto la domanda revocatoria formulata dalla curatela con riguardo all'appartamento con sovrastante lastrico solare oggetto dell'atto di assegnazione predetto compensa per intero fra le parti le spese di lite dell'intero processo. Da atto che non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.