Polizza vita: pagamento del riscatto inefficace se l’assicurazione ha pagato i falliti dopo il fallimento

Il curatore fallimentare non può agire verso l'assicuratore per ottenere il valore di riscatto di una polizza vita stipulata dal fallito, ma se l’assicuratore ha già versato dopo il fallimento gli importi per il riscatto, questo pagamento è inefficace ex art. 44, comma 2, l. fall

Lo ha affermato la Cassazione nella sentenza n. 2256 del 6 febbraio 2015. La vicenda. La fattispecie al centro della controversia in esame riguarda vede due soci di una s.n.c. e dunque illimitatamente responsabili riscattare le polizze vita stipulate con una compagnia assicurativa. L’assicurazione, ritenendo che il riscatto andasse effettuato a favore degli assicurati ai sensi degli artt. 46 l. fall. e 1923 c.c. aveva provveduto alla relativa liquidazione. In seguito al fallimento della s.n.c., la Procedura ha chiesto l’inefficacia di pagamenti di premi versati da una compagnia assicurativa a due soci illimitatamente responsabili, facendo valere la natura non previdenziale dei premi versati, e quindi la sottrazione degli stessi alla disciplina concorsuale. Per la Corte di appello la polizza ha causa mista. Il giudice di prime cure accoglieva la domanda del Fallimento, con sentenza confermata in sede di appello, sostenendo che la tutela approntata al debitore è strettamente dipendente dalla funzione di previdenza e risparmio dell'assicurazione sulla vita, che si realizza solo al verificarsi del danno da evento morte e non nell'ipotesi del riscatto. In particolare il giudice del merito ha osservato che proprio perché la polizza vita prevede la possibilità del riscatto anticipato riconoscendo al contraente determinati benefici, deve essere considerata a causa mista. Il riscatto delle polizze vite può essere fatto valere dal curatore? Nel successivo ricorso per cassazione la compagnia assicurativa ha sostenuto che il fallimento, in quanto una procedura esecutiva concorsuale e collettiva, deve essere sottoposta all'articolo 1923, comma 1, c.c. che vieta di sottoporre all’azione esecutiva o cautelare le somme dovute dall'assicuratore al beneficiario, tutelando così gli importi portati dal contratto di assicurazione, stante la funzione previdenziale da questo assolta. Inoltre, la società assicurativa ritiene che le somme da essa dovute a titolo di riscatto di polizze vita stipulate dal fallito non sono avocabili alla massa fallimentare, e, dato che il diritto di riscatto di polizze vita costituisce una prerogativa esclusiva e personale del fallito, non può essere fatto valere dal curatore. L’orientamento della Cassazione per cui le polizze vita sono pignorabili. In proposito occorre ricordare come ci sia stato un contrasto giurisprudenziale a livello di pronunce di legittimità. Infatti, in una sentenza la Cassazione ha affermato che le somme dovute dall'assicuratore in forza di assicurazione sulla vita debbano essere escluse dall'attivo fallimentare, ex articolo 46, n. 5, l. fall., soltanto se esse costituiscano l'oggetto del contratto in relazione alla funzione tipica di quest'ultimo, riferita al momento della naturale cessazione del rapporto Cass., n. 8676/2000 . Pertanto, secondo questo orientamento, poiché il contratto di assicurazione sulla vita è funzionale al conseguimento dello scopo del risparmio finalizzato alla previdenza, tale finalità è raggiunta unicamente quando contratto raggiunge il suo scopo tipico, ossia la reintegrazione del danno, provocato dall'evento morte e/o sopravvivenza, attraverso la prestazione dell'assicuratore preventivamente stimata. Quindi, secondo tale posizione, se l'assicurato, attraverso l'esercizio del diritto di recesso ad nutum , recupera al suo patrimonio le somme che non integrano la funzione previdenziale”, queste devono essere acquisite. Per le SS.UU. le polizze vite sono impignorabili ai sensi dell’articolo 1923 c.c Sul punto sono intervenute le Sezioni Unite che, data la valenza, in chiave di interpretazione costituzionalmente orientata, da riconoscersi al valore della previdenza”, hanno interpretato in maniera estensiva l’articolo 1923 c.c. affermando che nel bilanciamento tra la tutela dei creditori concorsuali e quella dell’assicurato occorre privilegiare quest’ultimo Cass., SS.UU., 8271/2008 . Quindi, il curatore non è legittimato a chiedere lo scioglimento del contratto per acquisire alla massa il corrispondente valore di riscatto, potendo solo agire in revocatoria in relazione ai premi pagati, se il contratto è stato stipulato non per finalità previdenziali, ma in pregiudizio dei creditori. Rileva la funzione previdenziale del contratto di assicurazione. In particolare il Supremo Consesso ha evidenziato che in tema di contratto di assicurazione sulla vita, alla dichiarazione di fallimento del beneficiario non consegue lo scioglimento del contratto, né il curatore - al pari di quanto previsto per le somme dovute”, di regola già impignorabili secondo l'articolo 1923 c.c. - può agire contro il terzo assicuratore per ottenere il valore di riscatto della relativa polizza stipulata dal fallito quand'era in bonis . Infatti, tale cespite non è compreso tra i beni compresi nell'attivo fallimentare ai sensi dell'articolo 46, comma 1, n. 5, l. fall., considerata la funzione previdenziale riconoscibile al predetto contratto, non circoscritta alle sole somme corrisposte a titolo di indennizzo o risarcimento. Visto che, per loro funzione previdenziale, non sono acquisibili al fallimento le somme dovute al fallito in base a contratto di assicurazione sulla vita, di conseguenza la curatela non potrà agire contro la compagnia assicurativa. Ma se l’assicurazione ha già pagato le somme del riscatto questo pagamento è inefficacie. Tuttavia, nel caso esaminato dalla sentenza in commento, non si pone alcuna questione relativamente all'esercizio del diritto di riscatto, in quanto la compagnia assicuratrice ha già corrisposto, dopo la dichiarazione di fallimento, agli assicurati falliti, le somme conseguenti al riscatto, che si deve pertanto ritenere esercitato dagli assicurati. Pertanto, nella fattispecie si è in presenza di pagamenti eseguiti ai falliti dopo il fallimento, come tali soggetti alla sanzione dell'inefficacia ex dell’articolo 44, comma 2, l. fall Tale interpretazione è peraltro coerente con la stessa lettera dell'articolo 1923 c.c., il quale si riferisce solo alle somme dovute” e non anche a quelle corrisposte”. Del resto, una volta venuto meno il contratto di assicurazione sulla vita, viene a cessare ogni funzione previdenziale. La Cassazione, quindi, respinge il ricorso confermando l'inefficacia dei pagamenti ricevuti dal fallito dopo la sentenza di fallimento. Concludendo quali azioni può esperire il curatore? In conclusione, il curatore fallimentare non può agire contro il terzo assicuratore per ottenere il valore di riscatto di una polizza di assicurazione sulla vita stipulata dal fallito, così come le somme dovute - di regola impignorabili - nemmeno possono rientrare tra i beni compresi nell'attivo fallimentare, in quanto tale rapporto assicurativo assolve ad una funzione previdenziale e come tale è estraneo al fallimento. È invece possibile, per lo stesso curatore agire in revocatoria sui premi pagati se il contratto di assicurazione sia stato concluso in pregiudizio dei creditori o chiedere l’inefficacia di tali pagamenti ai sensi dell’articolo 44, comma 2, l. fall. se l'assicuratrice ha versato al fallito, dopo la dichiarazione di fallimento, gli importi dovuti a titolo di riscatto in relazione al contratto di assicurazione sulla vita stipulato dal fallito in bonis .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 31 ottobre 2014 – 6 febbraio 2015, numero 2256 Presidente Forte – Relatore Di Virgilio Svolgimento del processo Il Fallimento della s.numero c. Torrefrutta e dei soci illimitatamente responsabili P.M. , T.M. e F.G. , premesso di avere appreso che i soci P. e T. avevano stipulato polizze vita con Alleanza Ass.ni di avere informato detta società assicuratrice della volontà di riscattare le polizze che Alleanza Ass.ni aveva sostenuto che il riscatto andava effettuato a favore degli assicurati ex articolo 46 l.f. e 1923 c.c., ed aveva provveduto a detta liquidazione in favore degli assicurati, chiedeva dichiararsi l'inefficacia di detti pagamenti, facendo valere la natura non previdenziale dei premi versati, e quindi la sottrazione degli stessi alla disciplina concorsuale. Alleanza Ass.ni si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda, ed in subordine, l'ammissione allo stato passivo per la somma pari a quella versata. Il Tribunale accoglieva la domanda del Fallimento. La Corte d'appello di Bari, con sentenza del 19/6-30/8/2006, ha respinto l'appello di Alleanza Ass. ni e condannato questa alle spese. Nello specifico, la Corte di merito ha aderito alle considerazioni del Tribunale ed alla innovativa sentenza del S.comma 8676/00, richiamata dal primo Giudice, che nell'interpretare l'inciso Le somme dovute di cui all'articolo 1923 c.c. alla stregua dei precedenti normativi, ha chiarito che la tutela approntata al debitore è strettamente dipendente dalla funzione di previdenza e risparmio dell'assicurazione sulla vita, che si realizza solo al verificarsi del danno da evento morte e non nell'ipotesi del riscatto ha rilevato che è in discussione la causa della polizza vita, che, proprio perché prevede la possibilità del riscatto anticipato riconoscendo al contraente determinati benefici, va considerata mista, e quindi previdenziale e di investimento-risparmio, da cui consegue che il riscatto non costituisce deviazione dalla causa tipica. Secondo la Corte del merito, trova applicazione nel caso non l'articolo 4 6 numero 5 l.f., ma bensì l'articolo 44, 2 comma, l.f., che sancisce l'inefficacia dei pagamenti ricevuti dal fallito dopo la sentenza di fallimento, e la stessa società assicuratrice aveva determinato il doppio pagamento al quale si vedeva costretta ma con la possibilità di insinuarsi nella procedura fallimentare, per recuperare quanto possibile , atteso che, pur informata dell'intervenuto fallimento dai propri assicurati, aveva provveduto al pagamento di quanto dovuto per il riscatto delle polizze, senza attendere l'esito dell'insorgenda controversia. Infondata infine è stata ritenuta l'eccezione dell'appellante di carenza di legittimazione del curatore a chiedere il riscatto per la natura strettamente personale del contratto, atteso che l'articolo 82 l.f. limita l'eventualità dello scioglimento automatico ai soli contratti di assicurazione contro i danni, né la polizza vita rientra nei beni e diritti di natura strettamente personale ex articolo 46 numero 1 l.f., vista la causa mista del contratto. Ricorre avverso detta pronuncia Alleanza Assicurazioni s.p.a., sulla base di un unico motivo. Il Fallimento non ha svolto difese. Motivi della decisione 1.1.- Con l'unico motivo, la ricorrente denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 1923 c.c., 46 l.f., nonché il vizio di motivazione, contraddittoria, errata ed insufficiente, ex articolo 360 numero 5 c.p.c La ricorrente sostiene che il fallimento, in quanto altro non è se non una procedura esecutiva concorsuale e collettiva, rientra nel divieto di cui all'articolo 1923, 1 comma, c.c. la norma dispone Le somme dovute dall'assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare , la cui ratio è la salvaguardia gli importi portati dal contratto di assicurazione, stante la funzione previdenziale da questo assolta. La disposizione di cui all'articolo 1923 c.c. va poi coordinata con gli artt. 46 numero 5 l.f. e 514 c.p.c., e pone al riparo dalle azioni esecutive dei creditori tutte le somme, anche quelle provenienti da riscatto e prestito, come si ricava dall'articolo 1925 c.c., che vuole esplicitamente e precisamente regolati dalla polizza di assicurazione i diritti di riscatto e di riduzione. La ricorrente argomenta, di contro alla pronuncia del S.comma 8676/2000, che non è sostenibile il distinguo nella polizza vita di due momenti e due funzioni, una previdenziale, all'atto della liquidazione del capitale assicurato, l'altra di risparmio, connessa ai singoli premi versati, e sostiene che l'intento previdenziale, che costituisce il fondamento logico della salvaguardia delle somme dovute dall'assicuratore dalle azioni creditorie, attiene all'intero rapporto contrattuale della polizza-vita e non può ritenersi ristretto, nelle proprie conseguenze, all'ipotesi in cui si sia verificato l'evento assicurato . Infine, la ricorrente, alla stregua della natura strettamente personale del contratto di assicurazione sulla vita, conclude per la carenza di legittimazione del curatore a richiedere il riscatto delle polizze vita. Alleanza Ass.ni conclude il motivo chiedendo alla Corte la pronuncia degli indicati principi di diritto ai sensi del combinato disposto degli artt. 1923 c.c. e 46, V comma L.F., le somme dovute dalla Compagnia assicuratrice a titolo di riscatto di polizze vita stipulate dal fallito non sono avocabili alla massa fallimentare il diritto di riscatto di polizze vita costituisce una prerogativa esclusiva e personale del fallito, tale diritto non può, quindi, essere fatto valere dal curatore”. 2.1.- Il motivo presenta profili di inammissibilità ed infondatezza. Posto che il vizio motivazionale indicato nella rubrica del motivo è privo del momento di sintesi, necessario ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c., va esaminato il motivo fatto valere ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c La pronuncia 8676/2000, sostanzialmente pronunciandosi in senso difforme dalle precedenti pronunce, si è espressa nel senso che le somme dovute dall'assicuratore in forza di assicurazione sulla vita vanno escluse dall'attivo fallimentare, ex articolo 46 numero 5 l.f., soltanto se esse costituiscano l'oggetto del contratto in relazione alla funzione tipica di quest'ultimo, riferita al momento della naturale cessazione del rapporto ne consegue che, essendo la fattispecie contrattuale dell'assicurazione sulla vita funzionale al conseguimento dello scopo di previdenza rectius , del risparmio finalizzato alla previdenza , tale finalità può dirsi raggiunta soltanto nel caso in cui il contratto abbia raggiunto il suo scopo tipico quello, cioè, della reintegrazione del danno, provocato dall'evento morte e/o sopravvivenza, attraverso la prestazione dell'assicuratore preventivamente stimata idonea a soddisfare l'interesse leso da tale evento , e non anche in quello in cui l'assicurato, mercé l'esercizio del diritto di recesso ad nutum , recuperi al suo patrimonio somme che, pur realizzando lo scopo di risparmio , non integrano altresì gli estremi della funzione previdenziale , e che, pertanto, vanno del tutto legittimamente acquisite all'attivo fallimentare operandosi in tal caso lo scioglimento del contratto ipso iure , e senza che rilevi, in contrario, la dizione letterale dell'articolo 1923 cit., nel quale il riferimento alle somme dovute , pur non contenendo alcuna distinzione di titolo obbligatorio, è pur sempre rapportabile all'obbligazione principale dedotta in contratto, mentre il versamento dell'importo del riscatto a seguito di recesso postula una situazione esattamente contraria, e cioè la cessazione anticipata del rapporto stesso . Il contrasto determinatosi a seguito di detta sentenza è stato risolto dalle pronuncia delle Sezioni unite 8271/2008, che, posta la valenza, in chiave di interpretazione costituzionalmente orientata, da riconoscersi al valore della previdenza che l'articolo 1923 c.c. è inteso a tutelare sia in via diretta che indiretta, e considerata la dimensione assunta nell'attuale contesto sociale dallo strumento dell'assicurazione sulla vita, quale forma di assicurazione privata maggiormente affine agli istituti di previdenza elaborati dalle assicurazioni sociali, ha respinto un'interpretazione restrittiva dell'articolo 1923 c.c. escludendo quindi che la rete di protezione da azioni esecutive o cautelari che detta norma appresta al credito dell'assicurato per le somme dovutegli dall'assicuratore in base al contratto di cui al precedente articolo 1919 c.c., si dissolva a fronte di esecuzione concorsuale, e che - nel quadro di questa - il bilanciamento degli opposti interessi possa risolversi privilegiando quella dei creditori, con forme di tutela ulteriori rispetto a quella revocatori espressamente, all'uopo, già prevista dalla disposizione di cui al comma secondo dello stesso articolo 1923 c.c. . E, concludono le Sezioni unite, anche dopo la dichiarazione di fallimento rimane in vigore, nei sensi e nei limiti di cui all'articolo 1924 c.c., il contratto di assicurazione sulla vita, stipulato dal fallito in bonis, e, stante l'impignorabilità ex articolo 1923 c.c. dei crediti del fallito derivanti dal non disciolto contratto, detti crediti rientrano tra le cose non compresi nel fallimento, ex articolo 46 numero 5 c.p.c., da ciò conseguendo infine che il curatore non è legittimato a chiedere lo scioglimento del contratto per acquisire alla massa il corrispondente valore di riscatto, potendo solo agire in revocatoria in relazione ai premi pagati, ove il contratto sia stato stipulato non per finalità previdenziali, ma in pregiudizio dei creditori. Ciò posto, ed avendo ben chiaro il principio specificamente espresso dalle Sezioni unite, relativo alla carenza di legittimazione del curatore ad esercitare il riscatto, appare chiaramente la diversità della fattispecie oggetto del presente giudizio. Nella specie, infatti, non si pone alcuna questione relativamente all'esercizio del diritto di riscatto, avendo la società assicuratrice già corrisposto, dopo la dichiarazione di fallimento, agli assicurati, falliti, le somme conseguenti al riscatto, che si deve pertanto ritenere esercitato dagli assicurati. Ne consegue la palese ultroneità di ogni riferimento in ricorso all'esercizio del diritto di riscatto da parte del curatore, che è quindi questione che non attiene alla materia del contendere. Nella specie, si deve concludere per la sussistenza di pagamenti eseguiti ai falliti dopo il fallimento, come tali soggetti alla sanzione dell'inefficacia ex articolo 44, 2 comma, l.f E tale soluzione trova supporto nella stessa norma, atteso che l'articolo 1923 c.c. si riferisce alle somme dovute e non già anche a quelle corrisposte , e ben si accorda con il rilievo che, volta che sia venuto meno il contratto di assicurazione sulla vita, viene a cessare ogni funzione previdenziale né, infine, come osservato da attenta dottrina, ove si aderisse alla tesi della ricorrente, sarebbe giustificabile la creazione di una sorta di patrimonio separato, venuto meno il contratto. 3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso, sulla base del seguente principio di diritto Nel caso in cui l'assicuratrice abbia versato al fallito, dopo la dichiarazione di fallimento, gli importi dovuti a titolo di riscatto in relazione al contratto di assicurazione sulla vita stipulato dal fallito in bonis, il pagamento così effettuato rientra nella sanzione di inefficacia di cui all'articolo 44, 2 comma, l.f. . Non si da pronuncia sulle spese, non essendosi costituito il Fallimento. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.