La società rientra in tempi brevi dallo scoperto, ma la precedente segnalazione “in sofferenza” è legittima

La funzione squisitamente preventiva del servizio fornito dalla Centrale Rischi comporta che la segnalazione in sofferenza” dei soggetti che si trovano in stato di insolvenza o in situazioni ad esso equiparabili è legittima anche in presenza di condizioni che, pur non potendo qualificarsi di totale incapacità economica, denotano una sensibile difficoltà nella gestione e nel controllo dell’equilibrio economico-finanziario del soggetto e fanno temere la possibilità, anche non immediata, di un futuro dissesto. Pertanto, la previsione di una possibile rimozione della difficoltà riscontrata non esclude che il rischio sia qualificabile come sofferenza”, atteso che la relativa valutazione deve pur sempre fare riferimento alla capacità del cliente di adempiere le proprie obbligazioni con regolarità e senza anomalie.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 1725 del 29 gennaio 2015. Il caso. Il giudizio trae origine dalla domanda risarcitoria formulata da una società nei confronti di una banca per illegittima segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia. Nella specie, l’istituto bancario, dopo aver revocato l’apertura di credito concesso in conto corrente alla società ed averle intimato il pagamento del saldo debitore, aveva segnalato la sua posizione a sofferenza, senza peraltro comunicare tempestivamente il suo successivo e integrale rientro dallo scoperto. Ciò posto, la società chiedeva la condanna al risarcimento dei danni subiti, ma la domanda veniva rigettata sia dal Giudice di primo grado che dal Giudice dell’appello, i quali concordemente ritenevano legittima la segnalazione. La società nelle more fallita si rivolge, quindi, alla Corte di Cassazione. Il servizio per la centralizzazione dei rischi creditizi. La ricorrente censura la pronuncia sull’assunto che, all’epoca della segnalazione, versava in una temporanea situazione di difficoltà, prevedibilmente rimovibile in un congruo periodo di tempo, dunque di mero incaglio” e non già di sofferenza”. A conferma di ciò, evidenzia che, pochi mesi dopo la segnalazione, era riuscita ad estinguere integralmente i propri debiti. Ebbene, nel respingere la censura, la Suprema Corte reputa opportuno svolgere una preliminare ricostruzione della disciplina del Servizio per la centralizzazione dei rischi creditizi. Tale servizio, comunemente definito Centrale Rischi, costituisce uno strumento di ausilio per gli intermediari ai fini della valutazione del merito creditizio della clientela e, in generale, per l’analisi e la gestione del relativo rischio. La relativa disciplina è contenuta nelle Istruzioni emanate dalla Banca d’Italia agli altri enti creditizi, trasfuse nella circolare n. 139/1991, ove è previsto un articolato sistema di segnalazioni mensili concernenti le posizioni dei soggetti che hanno ricevuto affidamenti. Secondo tali Istruzioni, ciascuna banca, qualora l’esposizione del cliente raggiunga o superi i limiti previsti da una delle categorie di rischio censite, è tenuta ad informare la Banca d’Italia, la quale, poi, con varie modalità, pone le informazioni ricevute a disposizione dell’intero ceto bancario. La segnalazione della posizione in sofferenza. Fra le categorie di rischio censite rientra quella della sofferenza”, che comprende quei soggetti che si trovano in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni ad esso equiparabili. Secondo le Istruzioni, l’appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell’intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest’ultimo nel pagamento del debito. Resta dunque estraneo alla nozione di sofferenza” l’inadempimento correlato ad una situazione di illiquidità contingente e non strutturale, non accompagnato, cioè, da un oggettivo stato di difficoltà a far fronte alle proprie obbligazioni. Tuttavia, non si richiede una previsione di perdita del credito, e, dunque, ben può sussistere anche qualora il patrimonio del debitore consenta ancora, allo stato e nel contesto della sua negatività, margini di rientro. Non è necessaria la sussistenza di un’insolvenza fallimentare. Sulla scorta di tali premesse, la Suprema Corte reputa che l’appostazione a sofferenza” non richiede che la situazione del debitore coincida con quella propria dell’insolvenza fallimentare di cui all’art. 5 l.f Ai fini della segnalazione, è quindi sufficiente una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzata come deficitaria, ovvero come grave e non transitoria difficoltà economica, senza alcun riferimento ai concetti di incapienza o di definitiva irrecuperabilità del credito. Ad ulteriore conforto di tale conclusione, gli Ermellini osservano che, se la nozione di insolvenza rilevante ai sensi della ridetta disposizione si identificasse con quella contemplata dall’art. 5 l.f., e se il debito potesse essere legittimamente appostato a sofferenza soltanto quando il cliente versasse in stato di decozione, verrebbe meno la stessa utilità della segnalazione poiché gli altri intermediari creditizi si troverebbero nell’impossibilità di attivarsi in tempo utile per cautelare la propria posizione risulterebbe, inoltre, priva di contenuto sostanziale la previsione di un obbligo di segnalazione anche in presenza di situazioni equiparabili” allo stato di insolvenza. Ampi margini di discrezionalità per gli intermediari. Sotto altro profilo, la Suprema Corte reputa inammissibile la censura di incostituzionalità sollevata dalla ricorrente in relazione alla disciplina ricavabile dalle Istruzioni di cui alla circolare n. 139/1991, la quale lascerebbe agli intermediari creditizi margini di valutazione troppo ampi in merito alla definizione delle posizioni di sofferenza che legittimano la segnalazione. Ebbene, premesso che la questione è inammissibile in ragione della natura di fonte normativa secondaria delle disposizioni censurate, gli Ermellini confermano che, riguardo alla nozione di insolvenza e delle situazioni ad essa equiparabili rilevante ai fini della segnalazione, è dato agli intermediari creditizi un certo margine di discrezionalità. Tuttavia, tale discrezionalità non può sconfinare nell’arbitrio, dovendo comunque la valutazione essere fondata su dati oggettivi dai quali sia evincibile la sussistenza del rischio segnalato. Ciò che rileva, pertanto, è che detta valutazione sia compiuta nel pieno rispetto delle regole dettate dalla Banca d’Italia, che, proprio al fine di evitare abusi od errori, per un verso richiedono agli intermediari senso di responsabilità e massima attenzione all’osservanza dei termini di segnalazione, completezza nelle informazioni, correttezza nell’imputazione dei rischi e, per l’altro, impongono loro di tener conto della complessiva situazione finanziaria del cliente e non del solo rapporto negoziale dal quale è derivata l’esposizione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 17 settembre 2014 – 29 gennaio 2015, n. 1725 Presidente Rordorf – Relatore Cristiano Svolgimento del processo La Autenticolor s.r.l. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la Banca Nazionale del Lavoro in seguito, per brevità, BNL s.p.a., esponendo che nel marzo del 1988 la convenuta, dopo aver revocato l'apertura di credito concessale in conto corrente ed averle intimato il pagamento del saldo debitore di circa 98 milioni delle vecchie lire, aveva illegittimamente segnalato alla Centrale Rischi della Banca d'Italia la sua posizione a sofferenza ed, altrettanto illegittimamente, aveva omesso di segnalare tempestivamente il suo integrale rientro dallo scoperto, in violazione della l. n. 675/96 e delle Istruzioni emanate dalla Banca d'Italia agli intermediari creditizi con la circolare n. 139/91. Tanto premesso, chiese la condanna della BNL al risarcimento dei danni subiti, oltre che alla restituzione delle somme indebitamente percepite dalla banca a titolo di interessi anatocistici e di spese legali non documentate. Le domande furono integralmente respinte dal giudice di primo grado. L'appello proposto contro la decisione dalla società - cui nel corso del giudizio subentrò il Fallimento dell'Autenticolor, nel frattempo dichiarato - fu parzialmente accolto dalla Corte d'appello di Roma che, con una prima sentenza non definitiva, ribadì il giudizio di infondatezza dell'azione risarcitoria ma dichiarò BNL tenuta a restituire all'appellante le somme incamerate nel decennio anteriore al 7.4.99 per interessi sugli interessi passivi capitalizzati e la condannò al pagamento di £ 1.605.705, oltre agli interessi dal 1.1.93 data di notifica della citazione , a titolo di ripetizione di spese legali indebitamente percepite e - dopo avere rimesso la causa in istruttoria per l'espletamento di una ctu - con la sentenza definitiva quantificò gli interessi anatocistici in L. 5.684.355, condannando la banca al pagamento di tale ulteriore somma, anch'essa maggiorata degli interessi legali dal 10.1.93. Il Fallimento della Autenticolor s.r.l. ha proposto ricorso per la cassazione delle sentenze, affidato a sette motivi, cui BNL ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato per un motivo. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione Il ricorso principale e quello incidentale vano riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c 1 Con il primo motivo, denunciando violazione della circolare della Banca d'Italia n. 139/91, il Fallimento lamenta che la corte territoriale abbia ritenuto legittima la segnalazione da parte di BNL della posizione di sofferenza di Autenticolor. Premette che, ai sensi del par. 5, cap. II sez. II, delle Istruzioni contenute nella predetta circolare, nella categoria sofferenze va ricondotta l'esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche se non accertata giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili . e che, come precisato dalla stessa Banca d'Italia e come riconosciuto pur con qualche distinguo anche dal giudice del merito, la nozione di stato di insolvenza cui fa riferimento la disposizione non differisce da quella delineata dall'art. 5 l. fall., e va riferita ad un'incapacità non transitoria di adempiere alle obbligazioni assunte. Sostiene quindi che, poiché, sempre ai sensi di detta disposizione, l'appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell'intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest'ultimo nel pagamento del debito, al momento della segnalazione Autenticolor non poteva essere ritenuta insolvente. Esclude, poi, che possa condividersi l'assunto della corte d'appello secondo cui sono situazioni sostanzialmente equiparabili allo stato di insolvenza quelle in cui si ravvisa una sensibile difficoltà nella gestione e nel controllo dell'equilibrio economico-finanziario del soggetto che fanno temere la possibilità, anche non immediata, di un futuro dissesto, pur se di intensità anche notevolmente inferiore o a pericolosità differita, rilevando in proposito che lo strumento della segnalazione deve essere azionato solo nel caso di un effettivo pericolo di insolvenza del cliente e non anche quando la sua incapacità di adempiere sia blanda. Sostiene che all'epoca della segnalazione Autenticolor versava, in realtà, in una situazione temporanea di obbiettiva difficoltà prevedibilmente rimovibile in un congruo periodo di tempo, e dunque di mero incaglio , che il giudice avrebbe erroneamente equiparato a quella di insolvenza, laddove ha affermato che il rischio qualificabile come sofferenza non è escluso dalla circostanza che possa prevedersi una possibile rimozione della difficoltà finanziaria perché ad esempio la crisi appare transeunte o di non estrema gravità . Deduce, infine, a conferma dell'illegittimità della segnalazione, che in pochi mesi Autenticolor estinse integralmente non solo il debito contratto nei confronti di BNL ma anche quello, di ben maggiore consistenza, maturato nei confronti della Banca Popolare di Bergamo e sottolinea come quest'ultimo istituto di credito, pur in possesso dei medesimi elementi documentali di cui disponeva BNL in particolare, della relazione sullo stato economico-finanziario di Autenticolor redatta, su incarico della stessa società, dall'analista Next Consulting non ritenne di dover effettuare analoga segnalazione. 2 Col secondo motivo il ricorrente, denunciando vizio di motivazione della sentenza non definitiva impugnata, lamenta che la corte territoriale abbia fondato il proprio convincimento sul rilievo dirimente del mancato pagamento immediato del debito od, in alternativa, della mancata presentazione immediata di un piano di rientro, omettendo di considerare che sino al momento della revoca dei fidi Autenticolor aveva sempre onorato le scadenze previste che, in ogni caso, la società aveva effettuato pagamenti parziali nei tre mesi intercorsi fra detta revoca e l'invio della segnalazione alla Centrale Rischi e che già nell'aprile dell'98 aveva proposto a BNL un piano di rientro che nel giugno successivo aveva integralmente ripianato il debito, i motivi, che sono fra loro connessi e possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati e devono essere respinti. 3 Appare opportuno ricordare in premessa che il Servizio per la centralizzazione dei rischi creditizi , comunemente denominato Centrale Rischi, affidato alla Banca d'Italia - con delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio CICR - nell'ambito dei suoi poteri di vigilanza ed ai sensi degli artt. 53, 1 comma lett. b , 67 1 comma 1, b e 107 II comma del d. lgs. n. 385/93 TUB - Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia , costituisce uno strumento di ausilio per gli intermediari per la valutazione del merito creditizio della clientela e, in generale, per l'analisi e la gestione del relativo rischio, attraverso il quale si persegue l'obiettivo di accrescere la stabilità del sistema. Tale servizio trova la sua regolamentazione nelle Istruzioni specificamente emanate dalla Banca d'Italia agli altri enti creditizi, trasfuse nella circolare n. 139/91 e suoi successivi aggiornamenti , che, al fine del contenimento dei rischi derivanti dal cumulo dei fidi, prevedono un articolato sistema di segnalazioni mensili concernenti le posizioni dei soggetti che hanno ricevuto affidamenti. Secondo le Istruzioni contenute nella circolare, ciascuna banca, qualora l'esposizione del cliente raggiunga o superi i limiti previsti da una delle categorie di rischio censite, é tenuta ad informare la Banca d'Italia, la quale poi, con varie modalità, pone le informazioni ricevute a disposizione dell'intero ceto bancario in sostanza, attraverso lo scambio di informazioni, le banche che hanno concesso l'affidamento sono poste in grado di conoscere la posizione globale di rischio dell'affidato. Fra le categorie di rischio censite, rispetto alle quali v'è obbligo di segnalazione alla Centrale Rischi, rientra quella delle sofferenza , cui, come già precisato dal ricorrente, va ricondotta l'intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dalle aziende art. 5 comma 1, cap. II, sez. il delle Istruzioni . Sempre secondo le Istruzioni l'appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell'istituto segnalante della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest'ultimo nel pagamento del debito art. 5 cit., comma II . Sulla base del tenore testuale della disposizione resta dunque estraneo alla nozione di sofferenza l'inadempimento correlato ad una situazione di illiquidità contingente e non strutturale, non accompagnato, cioè, da un oggettivo stato di difficoltà a far fronte alle proprie obbligazioni. L'appostazione a sofferenza non richiede, però, una previsione di perdita del credito, e dunque, secondo quanto sostenuto in dottrina, ben può sussistere anche qualora il patrimonio del debitore consenta ancora, allo stato e nel contesto della sua negatività, margini di rientro magari attraverso mezzi non del tutto normali , ovvero secondo una linea prospettica del futuro passaggio a pagamenti irregolari ciò che conta, in sostanza, è la chiara e documentabile emergenza che, al momento della segnalazione, il rientro non appaia sicuro o, quantomeno, altamente probabile e che pertanto si configuri un serio pericolo di insolvenza. L'accostamento fra stato di insolvenza anche non accertato giudizialmente e situazioni ad esso equiparabili contenuto nella disposizione in esame convince ancor di più che l'appostazione a sofferenza non comporta la necessità che la situazione del debitore coincida con quella propria dell'insolvenza fallimentare. Va dunque ribadito, in conformità 4[ quanto già ripetutamente affermato da questa Corte, che ai fini della segnalazione è sufficiente una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzata come deficitaria, ovvero come grave e non transitoria difficoltà economica, senza alcun riferimento ai concetti di incapienza o di definitiva irrecuperabilità del credito in termini, Cass. n. 21428/07 cfr. inoltre Cass. nn. 7958/09, 23083/13 . Ad ulteriore conforto di tale conclusione, deve osservarsi che se la nozione di insolvenza rilevante ai sensi della ridetta disposizione si identificasse con quella contemplata dall'art. 5 della l. fall., e se il debito potesse essere legittimamente appostato a sofferenza soltanto quando il cliente versa in stato di decozione, verrebbe meno la stessa utilità della segnalazione posto che gli altri intermediari creditizi si troverebbero nell'impossibilità di attivarsi in tempo utile per cautelare la propria posizione risulterebbe, inoltre, priva di contenuto sostanziale la previsione di un obbligo di segnalazione anche in presenza di situazioni equiparabili allo stato di insolvenza. 4 Nella memoria di replica depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c., il Fallimento ha sostenuto che ove la nozione di insolvenza ricavabile dall'art. 5 comma I capo II sez. Il delle Istruzioni di cui alla circolare n. 139/91 e succ. modd. non dovesse ritenersi coincidente con od equiparabile a quella di cui all'art. 5 l. fall., si porrebbe una questione di legittimità costituzionale della norma, che, non contenendo un'univoca definizione delle posizioni di sofferenza che rendono legittima la segnalazione alla Centrale Rischi, lascerebbe agli intermediari creditizi margini di valutazione così ampi da generare incertezza sulla sua applicazione, in violazione degli artt. 2, 41, e 47 Cost La questione di legittimità costituzionale sollevata è inammissibile, ai sensi degli art. 134 Cost. e 23 L. n. 87/53, attesa la natura di fonte normativa secondaria delle disposizioni a carattere generale, in materia di contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni, emanate dalla Banca d'Italia, in conformità delle deliberazioni assunte dal CICR, in osservanza del disposto dell'ari 53 comma I lett. b del TUB. Va, per completezza, escluso che la norma secondaria censurata possa essere ritenuta illegittima, e possa essere in conseguenza disapplicata, per il fatto che non contiene un'esatta definizione della nozione di insolvenza e delle situazioni ad essa equiparabili rilevante ai fini della segnalazione della sofferenza la nozione non è infatti riconducibile a parametri economici predefiniti, univocamente valevoli per ogni fattispecie ed è dunque inevitabile che, in materia, sia dato agli intermediari creditizi un certo margine di discrezionalità che, tuttavia, non può sconfinare nell'arbitrio, dovendo comunque la valutazione essere fondata su dati oggettivi dai quali sia evincibile la concreta sussistenza del rischio segnalato. Ciò che rileva, pertanto, è che detta valutazione sia compiuta nel pieno rispetto delle regole dettate dalla Banca d'Italia che, proprio al fine di evitare abusi od errori, per un verso richiedono agli intermediari cap. I sez. I delle Istruzioni senso di responsabilità e massima attenzione all'osservanza dei termini di segnalazione, completezza nelle informazioni, correttezza nell'imputazione dei rischi in altre parole, l'uso della specifica diligenza richiesta agli operatori economici professionali e, per l'altro, impongono loro di tener conto della complessiva situazione finanziaria del cliente e non del solo rapporto negoziale dal quale è derivata l'esposizione. 5 Le considerazioni sin qui svolte conducono al rilievo della piena correttezza dell'assunto della corte territoriale secondo cui la definizione di insolvenza delineata dalla norma in esame é da considerarsi autonoma rispetto a quella di cui all'art. 5 della l. fall., in ragione tanto della sua adozione da parte di soggetti il CICR e la Banca centrale deputati al governo dell'economia e nell'ambito di una fonte normativa secondaria di natura prettamente tecnico-finanziaria, quanto, e, soprattutto, della funzione squisitamente preventiva del servizio fornito dalla Centrale Rischi, che ha senso solo se le segnalazioni intervengono in una fase in cui gli operatori possono ancora predisporre piani di rientro o procedimenti di ristrutturazione creditizia e/o di risanamento finanziario capaci di condurre il cliente al recupero dell'equilibrio economico - patrimoniale, consentendogli di onorare le obbligazioni assunte, o, comunque, di diminuire al massimo il rischio creditizio. Sulla scorta di tali premesse, la corte del merito ha poi esattamente ritenuto che la nozione di stato di insolvenza e situazioni sostanzialmente equiparabili ricavabile dalle Istruzioni ricomprenda le posizioni che, pur non potendo qualificarsi di totale incapacità economica, denotano una sensibile difficoltà nella gestione e nel controllo dell'equilibrio economico - finanziario del soggetto e fanno temere la possibilità, anche non immediata, di un futuro dissesto ovvero situazioni assimilabili all'insolvenza di cui all'art. 5 l. fall., ma di intensità anche notevolmente inferiore od a pericolosità differita ed, altrettanto esattamente, ha affermato pur se avvalendosi di esempi inappropriati che la previsione di una possibile rimozione della difficoltà riscontrata non esclude che il rischio sia qualificabile come sofferenza , atteso che la relativa valutazione deve pur sempre fare riferimento alla capacità del cliente di adempiere le proprie obbligazioni con regolarità e senza anomalie. 6 Non ricorrono, infine, i denunciati vizi di motivazione del capo della pronuncia impugnata, posto che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il riscontro della legittimità della segnalazione effettuata da BNL è stato operato dal giudice d'appello principalmente sulla scorta della relazione in possesso della banca avente ad oggetto l'analisi dei bilanci di Autenticolor che era stata redatta, su incarico della stessa società, dalla Next Consulting e dalla quale emergeva la situazione di estrema vulnerabilità finanziaria della debitrice, già manifestatasi negli esercizi 1995-96, ma sensibilmente peggiorata nel corso dell'esercizio 1997, in cui si era per la prima volta registrato un calo dei ricavi così sensibile da far prevedere una perdita di gestione di circa 400 milioni di lire pari al doppio del patrimonio netto contabile . Il giudice dei merito ha inoltre rilevato che, secondo la società di consulenza finanziaria, il deficit di bilancio rendeva improrogabile11 un intervento di ristrutturazione che Autenticolor aveva raggiunto, e talvolta superato, tutte le soglie di credito accordatele dalle banche che anche la Banca Popolare di Milano pur non segnalando l'esposizione a sofferenza aveva revocato i fidi che non era neppure in contestazione la legittimità del recesso di BNL dall'affidamento concesso. Risulta pertanto del tutto logica e coerente la conclusione secondo cui la valutazione negativa compiuta dalla banca, oltre che in tali dati, trovava piena giustificazione anche nella mancanza nei mesi immediatamente successivi alla revoca del fido di pagamenti parziali e di proposte di rientro programmato dal debito. Non può, d'altro canto, rimproverarsi alla corte capitolina di non aver tenuto conto delle circostanze di segno opposto allegate in ricorso dal Fallimento di cui non è stata illustrata la decisività e che, per il vero, fatta eccezione per l'ultima, non risultano neppure essere state dedotte in grado d'appello in quanto, come costantemente affermato da questa Corte, il giudice del merito può fondare il proprio convincimento sui soli elementi probatori che ritiene rilevanti per la decisione e non è obbligato a prendere in esame e a disattendere tutte le contrarie risultanze processuali, a condizione che risulti logicamente giustificato il valore preminente accordato agli elementi da lui utilizzati cfr, da ultimo e fra moltissime, Cass. nn. 13485/014, 8129/014, 25608/013 . 7 Con il terzo motivo il Fallimento lamenta che la corte territoriale abbia ritenuta tempestiva la segnalazione di parziale rientro dallo scoperto, effettuata da BNL solo nel luglio del '98 ancorché Autenticolor avesse eseguito sin dal 29 maggio un versamento a mezzo assegni di 40 milioni di lire sostiene che il giudice d'appello, nell'affermare che il versamento era accreditabile solo a partire dal 2 giugno, avrebbe erroneamente tenuto conto del saldo per valuta del conto corrente, anziché di quello contabile. Rileva, sotto altro profilo, che altri pagamenti parziali, sebbene di minore entità, erano intervenuti anche in precedenza senza che la banca avesse provveduto a rettificare il valore della segnalazione. Nella sua prima parte il motivo é infondato. Secondo la giurisprudenza costante e consolidata di questa Corte, formatasi in tema di revocazione di rimesse bancarie, il versamento annotato in conto deve ritenersi avvenuto allorché la somma accreditata viene posta nell'effettiva disponibilità del correntista. Al fine della verifica della data di esecuzione del pagamento occorre perciò far riferimento al criterio del c.d. saldo disponibile , che non coincide necessariamente né con quello contabile che riflette le registrazioni in ordine puramente cronologico né con quello per valuta che è effetto del posizionamento delle partite unicamente in base alla data di maturazione degli interessi . Nel caso di versamenti eseguiti in conto a mezzo assegni bancari, in cui il beneficiario non può, all'evidenza, disporre delle somme portate dai titoli fino a che questi non vengano pagati dalla banca trattarla, deve tuttavia presumersi la coincidenza del saldo disponibile con quello per valuta, salvo prova contraria che gli assegni siano stati incassati in una data antecedente a quella di annotazione della decorrenza degli interessi sulla somma accreditata cfr., fra molte, Cass. nn. 16608/010, 6903/010, 4762/07, 13143/02, 462/98 . In mancanza di tale prova, che avrebbe dovuto essere fornita dall'odierno ricorrente, la corte del merito ha dunque correttamente ritenuto che il pagamento parziale di 40 milioni di lire, effettuato da Autenticolor a mezzo assegni tratti il 29 maggio del '98, dovesse ritenersi avvenuto solo il successivo 2 giugno, data di decorrenza della valuta sull'importo accreditato, e che pertanto la BNL lo avesse tempestivamente segnalato alla Banca d'Italia, entro il termine 25^ giorno del mese successivo prescritto dalle Istruzioni art. 3 cpv. sez. II , unitamente al pagamento dell'intero residuo debito, eseguito il 19.6.98, come risultava provato dal fatto che nell'agosto di quell'anno la Centrale Rischi non registrava più la sofferenza. Va escluso poi che BNL fosse tenuta a segnalare il pagamento entro il mese di giugno il dovere degli operatori di provvedere comunque alle segnalazioni con la massima tempestività” , previsto dal III comma dell'art. 3 cit., deve infatti intendersi riferito alla diversa ipotesi, in esso contemplata, in cui si verifichino difficoltà che non consentano di rispettare il termine ordinario indicato. Nella sua seconda parte il motivo va invece dichiarato inammissibile, in quanto si fonda su circostanze pagamenti parziali del debito asseritamente eseguiti nell'aprile e nel maggio del '98, non segnalati dalla BNL che non risultano essere state allegate nel corso del giudizio di merito. 8 Resta assorbito il quarto motivo di ricorso, nel quale, sul presupposto dell'illegittimità del comportamento della BNL ed in via subordinata all'accoglimento di uno dei precedenti motivi, si deduce che anche la domanda risarcitoria svolta ai sensi dell'art. 18 della I. n. 675/96 avrebbe dovuto essere accolta. 9 Con il quinto motivo il ricorrente, denunciando violazione degli artt. 1283 c.c., 112 ess. 184 bis 196 e 198 c.p.c., censura il capo della sentenza definitiva che, nel condannare la BNL alla ripetizione degli interessi anatocistici, li ha quantificati nell'ammontare determinato dal ctu ed assume che la corte del merito ha erroneamente recepito le conclusioni del tecnico incaricato, che avrebbe operato il calcolo in misura parziale e tecnicamente errata, conteggiando due sole annualità invece delle dieci richieste e senza rilevare l'illegittima applicazione del tasso convenzionale e della relativa capitalizzazione anche successivamente al recesso di BNL dal contratto di conto corrente. Il motivo, che si fonda su di un elaborato che non risulta specificamente allegato al ricorso, che non riproduce le parti rilevanti della ctu dalle quali dovrebbero emergere gli errori contestati e che neppure riporta le critiche che il ricorrente ha mosso all'indagine in sede di giudizio d'appello, va dichiarato inammissibile per difetto dei requisiti richiesti dall'art. 366 1 comma n. 4 e 6 c.p.c 10 Ad identica conclusione deve giungersi in relazione al sesto ed al settimo motivo di ricorso, con i quali il Fallimento lamenta, rispettivamente, che la corte del merito non abbia riconosciuto la rivalutazione monetaria sulla somma liquidata a titolo di ripetizione delle spese legali indebitamente pretese da BNL e che non abbia pronunciato sulla richiesta di liquidazione delle spese di lite in favore del procuratore antistatario di Autenticolor in bonis il ricorrente, infatti, non ha indicato in quali specifici atti processuali citazione, appello, verbali del giudizio di primo e di secondo grado sarebbero state avanzate la domanda di condanna della banca al pagamento della rivalutazione monetaria che non é stata esaminata dal giudice d'appello, il quale ha respinto la diversa pretesa dell'appellante di corresponsione degli interessi al tasso bancario e la richiesta di liquidazione delle spese in favore del difensore, né ha prodotto tali atti, o il fascicolo di parte che li conteneva, unitamente al ricorso, in tal modo contravvenendo anche al disposto dell'art. 369 II comma n. 4 c.p.c Il ricorso va, in conclusione, integralmente respinto, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato di BNL. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 6.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso forfetario ed accessori di legge.