Senza contraddittorio con la s.r.l. la revoca del liquidatore è nulla

La fattispecie oggetto di esame da parte dell’odierno giudice della legittimità riguarda la validità o meno della revoca di un liquidatore giudiziario di una s.r.l. in liquidazione. Nello specifico, si tratta di stabilire se l’eventuale revoca possa essere utilmente pronunciata sulla base della sola presenza processuale del socio istante e del liquidatore medesimo, o se invece il contraddittorio debba essere integrato anche nei confronti della società in liquidazione.

E, i giudici della Prima Sezione Civile di Piazza Cavour, con la sentenza n. 1623 datata 28 gennaio 2015 ribadiscono il principio generale che una pronuncia di revoca del liquidatore non può essere utilmente pronunciata sulla base della sola presenza processuale del socio istante e del liquidatore, essendo necessaria la partecipazione della società, così come nelle società di persone è necessaria la presenza in giudizio di tutti i soci. E’ significativo – precisano, inoltre, i Supremi Giudici – che la nomina e la revoca del liquidatore di una società di persone richiedano il consenso unanime dei soci art. 2275 c.c. , la cui volontà è rappresentativa di quella società, allo stesso modo in cui la nomina e la revoca del liquidatore di una società di capitali spettano alla società che delibera con le maggioranze prescritte per l’assemblea straordinaria art. 2450 c.c. è anche significativo che il tribunale debba valutare l’esistenza dei presupposti della revoca allo stesso modo in cui li deve valutare l’assemblea, con riguardo alla violazione dei doveri impostigli dalla legge e dall’atto costitutivo nei confronti della società e dei soci, e che la responsabilità risarcitoria per la revoca gravi esclusivamente sul soggetto revocante, cioè sulla società, in sintonia con le regole generali poste dall’art. 1723 c.c Il fatto. La Corte d’appello di Firenze, con provvedimento del 16 dicembre 2010, in accoglimento del gravame di due società a r.l., in qualità di soci istanti, revocava per giusta causa dall’incarico affidatogli dal Presidente del Tribunale, un liquidatore di una s.r.l. in liquidazione, a norma dell’art. 2450, comma, 4, c.c. nella formulazione ratione temporis applicabile , avendo accertato suoi comportamenti che compromettevano il rapporto fiduciario con i soci. Avverso tale sentenza il liquidatore ricorreva in cassazione lamentando, in particolare, col primo gravame, la non integrazione del contradditorio alla società in liquidazione, litisconsorte necessario nell’azione di revoca dello stesso. E gli Ermellini in primis chiariscono che il dato della personalità giuridica che contraddistingue le società di capitali rispetto a quelle di persone è ostativo alla possibilità di considerare i singoli soci di una società a responsabilità limitata cui si applica l’art. 2540 c.c. in forza del rinvio contenuto nell’art. 2497 c.c. come litisconsorti necessari nel giudizio di revoca del liquidatore promosso da uno dei soci o dagli altri soggetti indicati nella norma. I supremi giudici tuttavia accolgono il gravame ribadendo la necessità della chiamata in giudizio della società di capitali in liquidazione, la cui mancata partecipazione, determina il difetto d’integrità del contraddittorio, con consequenziale nullità di entrambe le sentenze. Pertanto, la pronuncia impugnata viene cassata e la causa rinviata al giudice di primo grado, che dovrà integrare il contraddittorio, a norma dell’art. 102 c.p.c., nei confronti della s.r.l. in liquidazione, eventualmente in persona di un curatore speciale nominato ai sensi dell’art. 78 c.p.c., avendo il giudice di seconde cure omesso di rilevare anche d’ufficio la nullità della sentenza e di rimettere la causa al primo giudice. Revoca del liquidatore nelle società di capitali. L’art. 2487, comma 4, c.c. prevede che i liquidatori possono essere revocati dall’assemblea o, quando sussiste una giusta causa dal tribunale su istanza di soci, dei sindaci o del pubblico ministero. Tale disposizione era presente anche nel periodo ante riforma, contenuta nell’art. 2450, comma 4, c.c., con la previsione che la revoca doveva essere pronunciata con le maggioranze previste per l’assemblea straordinaria. L’assemblea potrà comunque deliberare la revoca anche in assenza di giusta causa, ma in tal caso il liquidatore ingiustamente rimosso avrà diritto al risarcimento dei danni per l’anticipata fine del rapporto. L’assemblea potrà revocare i liquidatori indipendentemente da come questi siano stati nominati, e quindi anche nell’ipotesi in cui questi ultimi siano stati nominati dal tribunale nei casi previsti dalla legge o quando la loro nomina sia stata disposta in base ad una norma statutaria. Come detto, la revoca dei liquidatori potrà essere disposta anche dal Tribunale in presenza di giusta causa e tale ipotesi, che qui ci occupa, era prevista anche nella disciplina ante riforma, all’art. 2450 c.c Il concetto di giusta causa con riferimento alla revoca del liquidatore. Per giusta causa deve intendersi da un lato l’inadempimento del liquidatore agli obblighi imposti dalla legge, dallo statuto o dall’assemblea, quale ad esempio la mancata redazione del bilancio d’esercizio unita alla mancata convocazione dell’assemblea, il mancato recupero di crediti vantati dalla società, la mancata ottemperanza a sentenze passate in giudicato concernenti la struttura patrimoniale dell’ente. Non da ultimo, come emerge dal decisum in commento, la non imparzialità con i soci da parte del liquidatore, che, avendo assunto atteggiamenti preferenziali verso un socio, con il quale aveva ammesso di intrattenere rapporti professionali da anni, ne avevano fatto venir meno la sua indipendenza. Quest’ultima caratteristica è alla base del rapporto di fiducia tra il liquidatore e tutti i soci, la cui carenza determina giusta causa di revoca dall’incarico. Il rito ordinario applicabile nelle cause di revoca del liquidatore ante riforma di cui al d.lgs. n. 6/2003 . Prima della riforma di cui al d.lgs. n. 6/2003, era controverso in giurisprudenza se all’ipotesi di revoca per giusta causa dei liquidatori, allora disciplinata dall’art. 2450, comma 4, c.c., dovesse applicarsi la procedura camerale, oppure se dovesse essere promosso un giudizio nelle forme contenziose ordinarie al fine di fare accertare e dichiarare la sussistenza della causa legittimante la revoca. L’orientamento maggioritario riteneva che la cognizione relativa alla causa di revoca del liquidatore dovesse essere demandata al giudice in sede contenziosa, in quanto inerente un conflitto fra socio e liquidatore, non risolvibile nella forme tipiche della volontaria giurisdizione. Era stato inoltre osservato che la revoca del liquidatore non rientrava nelle ipotesi tipizzate dal legislatore fra quelle cui è applicabile il procedimento camerale e che a garanzia del diritto di difesa, era preferibile ricorrere alle forme contenziose idonee a garantire la pienezza dell’istruttoria e la pronuncia di una decisione avente efficacia di giudicato. L’integrazione del contraddittorio, ex art. 102 c.p.c. nei confronti della società in liquidazione. Mentre la nomina del liquidatore può essere effettuata a mente del secondo comma dell’art. 2487 c.c. dal Tribunale in camera di consiglio con decreto avente natura di volontaria giurisdizione e non nelle forme della volontaria giurisdizione, anche quando esista contrasto sull’esistenza di una causa di scioglimento, v. Cass., Sez. Un., n. 12677/2009, per contro la revoca dello stesso non può essere effettuata con il procedimento camerale dal momento che lo stesso art. 2487 c.c. lascia intendere che il procedimento di revoca ha natura contenziosa andando ad incidere sui diritti soggettivi delle parti ad una corretta liquidazione da un lato e all’espletamento del mandato ricevuto dall’assemblea o dal Tribunale dall’altra. Quando occorre approfondire il contenuto del rapporto di fiducia tra socio e liquidatore il giudice viene chiamato a dirimere una controversia tra il diritto ad eliminare il mandatario infedele e il diritto a svolgere l’incarico ricevuto, con la conseguenza che incidendo la decisione su diritti soggettivi delle parti si deve necessariamente ricorrere al procedimento di cognizione ordinaria. E, pertanto, come ribadito dal decisum in commento, il socio che instaura un giudizio per la revoca del liquidatore agisce per la tutela in via diretta dei suoi diritti di partecipazione che diventano liquidi ed esigibili solo con la liquidazione della società, seppure in funzione anche della tutela di un interesse generale della società che può essere alla rimozione o alla difesa del proprio liquidatore e che travalica gli interessi privatistici dei singoli soci che possano contrapporsi a quelli del liquidatore. Nel caso de quo entrambi i giudizi di merito di revoca del liquidatore si erano svolti senza la chiamata in giudizio della società in liquidazione, determinando un difetto del contraddittorio, che dovrà invece essere integrato come stabilito dai giudici della Prima sezione civile di Piazza Cavour.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 18 novembre 2014 – 28 gennaio 2015, n. 1623 Presidente Forte – Relatore Lamorgese Svolgimento del processo La Corte di appello di Firenze, con sentenza 16 dicembre 2010, in accoglimento del gravame delle società a r.l. IMCO Engeneering poi IMCO Engineering e DISI avverso l'impugnata sentenza del tribunale di quella città, ha revocato C.F. per giusta causa dall'incarico affidatogli dal Presidente del Tribunale di liquidatore della società Immobiliare Agricola srl in liquidazione, a norma dell'art. 2450, comma 4 ora 2487, comma 4 c.c., avendo accertato suoi comportamenti che compromettevano il rapporto fiduciario con i soci. In particolare 1 egli aveva omesso di accertare il reale assetto societario, avendo riconosciuto la titolarità effettiva del 50% della partecipazione in capo a L.L. , senza trasfondere tale convincimento nel libro soci, sebbene non disponesse di documentazione attestante il trasferimento della partecipazione della società Pratotex al L. e sebbene l'altro socio IMCO non avesse espresso il gradimento richiesto dallo statuto, ritenendo erroneamente tale gradimento come implicito al contrario, aveva impedito l'iscrizione a libro soci del documentato trasferimento delle quote della IMCO alla DISI e si era rifiutato di annotare la variazione nel libro soci, opponendo la mancanza del gradimento dell'altro socio in tal modo aveva dimostrato di non essere imparziale, con conseguente opacità negli assetti societari, disordine societario e pregiudizio all'operatività dell'assemblea 2 la corte ha trovato indiretta conferma della non imparzialità del C. e della sua tendenza a favorire il L. nella vendita di terreni in località di cui aveva tenuto all'oscuro la IMCO, avendole inviato presso la sede legale raccomandate tornate al mittente, pur conoscendo l'esistenza di altro indirizzo cui la comunicazione avrebbe avuto esito positivo quei terreni, seppure venduti per ragioni oggettive e ad un prezzo congruo, erano stati acquistati da una società che li aveva venduti dopo pochi mesi ad un prezzo inferiore proprio al L. e aveva in sostanza rinunciato a una parte significativa del prezzo L. 20.000.000 su L. 80.000.000 che era stata di fatto compensata con un presunto debito della società Immobiliare Agricola per una prestazione professionale svolta dal geom. P. su incarico del L. , il che contribuiva a ingenerare perplessità sulla terzietà e indipendenza del liquidatore 3 inoltre il C. aveva annotato in contabilità fatture per compensi non autorizzati né ratificati dall'assemblea relativi alla propria attività professionale e non equiparabili ai normali compensi d'opera professionale. In conclusione, la condotta del C. - ad avviso della corte di appello - era da rimproverare e consisteva in alcuni fatti gravi come quello descritto sub 1 e in altri meno gravi che complessivamente dimostravano che egli non era stato imparziale con i soci, avendo assunto atteggiamenti preferenziali verso il Lombardi, con il quale aveva ammesso di intrattenere rapporti professionali da anni ciò dimostrava il venir meno della sua indipendenza che è alla base del rapporto di fiducia tra il liquidatore e tutti i soci e costituiva giusta causa di revoca del C. dall'incarico. Avverso questa sentenza il C. ricorre per cassazione sulla base di otto motivi, cui si oppongono le società IMCO Engeneering e DISI. Motivi della decisione Nel primo motivo è denunciata la violazione degli artt. 81, 101, 102, 103, 354 c.p.c. e 2450, comma 4, c.c. nel testo applicabile ratione temporis , v. oggi l'art. 2487 c.c. e delle leggi 12 agosto 1993 n. 310 e 29 dicembre 1993 n. 580, in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c., per non avere esteso il contraddittorio alla società Immobiliare Agricola, litisconsorte necessario nell'azione di revoca del liquidatore. Il motivo è fondato. Questa Corte si è occupata di valutare se una pronuncia di revoca del liquidatore di una società di persone per giusta causa art. 2275 c.c. possa utilmente essere data sulla base della sola presenza processuale dell'attore uno dei soci e del liquidatore, ovvero se la pronuncia sia inutiliter data qualora il contraddittorio non sia stato instaurato anche nei confronti degli altri soci, nei cui confronti la sentenza di revoca sarebbe altrimenti inopponibile. La risposta è stata nel senso che l'azione di revoca del liquidatore di una società di persone, nominato dal presidente del tribunale per superare la mancanza di accordo tra i soci, da luogo ad un litisconsorzio necessario nei confronti di tutti i soci, incidendo con effetto modificativo su un rapporto plurisoggettivo a carattere unitario v. Cass. n. 173/1991 . A questa conclusione la Corte è giunta dopo avere considerato che il rapporto che lega la società e il liquidatore presenta notevole somiglianza con quello del mandato collettivo con pluralità soggettiva da parte attiva , dovendo ritenersi meramente conseguente che un'azione diretta alla revoca per giusta causa, incidendo su un rapporto unitario e soggettivamente complesso, non può che instaurarsi nei confronti di tutti i soci, non potendo sussistere una funzione liquidatoria in atto per alcuni soci quelli estranei al processo ed ai quali il giudicato non sarebbe opponibile e cessata per altri, pur nell'unitarietà necessaria del procedimento formale di liquidazione della società. Il suddetto convincimento è stato rafforzato alla luce del contratto sociale che, quale base fondamentale su cui si innesta la fase liquidatoria, ha ad oggetto anche il patrimonio sociale sia come conferimenti iniziali, sia come acquisizioni successive sul quale l'attività liquidatoria incide al fine precipuo di soddisfare l'interesse dei soci. Anche sotto questo profilo si è ritenuto che la revoca del liquidatore, incidendo con effetto modificativo sull'oggetto di un rapporto unitario, o è efficace nei confronti di tutti i soci, o non è efficace per nessuno. Si deve ora valutare fino a che punto o in che modo il ricordato principio generale, espresso con riferimento al liquidatore di una società di persone, possa trovare applicazione alla revoca del liquidatore di una società di capitali, qual è la Immobiliare Agricola srl. Il dato della personalità giuridica che contraddistingue ancora le società di capitali rispetto a quelle di persone è ostativo alla possibilità di considerare i singoli soci di una società a responsabilità limitata cui si applica l'art. 2540 c.c. in forza del rinvio contenuto nell'art. 2497 c.c. come litisconsorti necessari nel giudizio di revoca del liquidatore promosso da uno dei soci o dagli altri soggetti indicati nella norma. Resta tuttavia fermo il principio generale che una pronuncia di revoca del liquidatore non può essere utilmente pronunciata sulla base della sola presenza processuale del socio istante e del liquidatore, essendo necessaria la partecipazione della società, così come nelle società di persone è necessaria la presenza in giudizio di tutti i soci. È significativo che la nomina e la revoca del liquidatore di una società di persone richiedano il consenso unanime dei soci art. 2275 c.c. , la cui volontà è rappresentativa di quella della società il cui interesse e la cui volontà, infatti, non rappresentano altro che la somma delle volontà e degli interessi dei soci, v. Cass. n. 3028/1976 , allo stesso modo in cui la nomina e la revoca del liquidatore di una società di capitali spettano alla società che delibera con le maggioranze prescritte per l'assemblea straordinaria art. 2450 c.c. è anche significativo che il tribunale debba valutare l'esistenza dei presupposti della revoca allo stesso modo in cui li deve valutare l'assemblea, con riguardo alla violazione dei doveri impostigli dalla legge e dall'atto costitutivo nei confronti della società e dei soci, e che la responsabilità risarcitoria per la revoca gravi esclusivamente sul soggetto revocante, cioè sulla società, in sintonia con le regole generali poste dall'art. 1723 c.c. v. Cass. n. 11801/1998 . Contrariamente però a quanto sostenuto dalle ricorrenti, il socio che agisce in giudizio per la revoca del liquidatore non è un sostituto processuale della società essendo la sostituzione ammessa solo nei casi espressamente previsti dalla legge, art. 81 c.p.c. , ma agisce per la tutela in via diretta dei suoi diritti di partecipazione che diventano liquidi ed esigibili solo con la liquidazione della società v. Cass. n. 2703/1967 , seppure in funzione anche della tutela di un interesse generale della società che può essere alla rimozione o alla difesa del proprio liquidatore e che travalica gli interessi privatistici dei singoli soci che possano contrapporsi a quelli del liquidatore. Essendosi entrambi i giudizi di merito svolti senza la chiamata in giudizio della società, si è determinato un difetto d'integrità del contraddittorio, con consequenziale nullità di entrambe le sentenze. Pertanto, in accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri motivi riguardanti la valutazione della giusta causa di revoca del liquidatore C. , la sentenza impugnata è cassata e la causa rinviata al giudice di primo grado art. 383, comma 3, c.p.c. che dovrà integrare il contraddittorio, a norma dell'art. 102 c.p.c., nei confronti della Immobiliare Agricola srl in liquidazione, eventualmente in persona di un curatore speciale nominato ai sensi dell'art. 78 c.p.c., avendo il giudice d'appello omesso di rilevare anche d'ufficio la nullità della sentenza e di rimettere la causa al primo giudice art. 354, comma 1, c.p.c. . P.Q.M. La Corte, in accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese processuali.