Il credito per retribuzioni, provato per testimoni, va ammesso al passivo

Il decisum in commento affronta il tema dell’ammissione o meno allo stato passivo di un credito per retribuzioni. Nello specifico si tratta di stabilire se, in caso di un accordo sindacale che implichi la rinunzia alla retribuzione, i lavoratori possano eventualmente ricorrere alla prova testimoniale, data la lacunosità e la genericità della clausola contenuta nell’accordo stesso atta ad esonerare il datore di lavoro dall’obbligo di corrispondere il trattamento retributivo ai dipendenti in caso di rigetto della CIGS Cassa integrazione guadagni straordinaria .

E, i giudici della Prima Sezione Civile di piazza Cavour, con la sentenza n. 568, datata 15 gennaio 2015, richiamano in primis un principio di recente ribadito nella pronuncia Cass. n. 4652/2011 secondo il quale il giudice del merito può utilizzare le prove raccolte in un diverso giudizio tra le stesse o tra altre parti, delle quali la sentenza che in detto giudizio sia stata pronunciata costituisce documentazione, con l’avvertenza che la valutazione del materiale probatorio non va limitata all’esame isolato dei singoli elementi ma deve essere globale nel quadro di un’indagine unitaria ed organica che, ove immune da vizi di motivazione, costituisce un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, e l’unitarietà e l’organicità nella valutazione vanno apprezzate con riferimento al nucleo essenziale dei fatti rilevanti ai fini del decidere. Inoltre, i Supremi Giudici, riferendosi ad un non lontano precedente Cass., 8358/2007, chiariscono che la testimonianza indiretta è la deposizione di persona che ha solo una conoscenza indiretta di un fatto controverso de relato actoris ” o de relato ” in genere i primi depongono su fatti e circostanze di cui sono stati informati dal soggetto medesimo che ha proposto il giudizio, così che la rilevanza del loro assunto è sostanzialmente nulla, in quanto vertente sul fatto della dichiarazione di una parte del giudizio e non sul fatto oggetto dell’accertamento i secondi depongono invece su circostanze che hanno appreso da persone estranee al giudizio, quindi sul fatto della dichiarazione di costoro, e la rilevanza delle loro deposizioni si presenta attenuata perché indiretta, pur potendo assumere rilievo ai fini del convincimento del giudice, nel concorso di altri elementi oggettivi e concordanti che ne suffragano la credibilità. Il fatto. Il caso di specie origina dall'impugnazione per cassazione presentata da un lavoratore avverso la decisione della Corte d’appello di Palermo che, confermando la pronuncia del giudice di prime cure, aveva rigettato il ricorso avverso l’esclusione dallo stato passivo del Fallimento del proprio credito per retribuzioni, parte in prededuzione, per le retribuzioni spettanti per il periodo di amministrazione controllata, parte in privilegio ex art. 2751- bis , n. 1 c.c., per le retribuzioni maturate prima dell’ammissione alla procedura. In particolare, la società poi fallita, facendo valere una clausola utilizzata negli accordi sindacali, aveva convenuto l’esonero da ogni onere retributivo nel caso di presentazione dell’istanza di intervento della Cassa integrazione guadagni straordinaria. In primis il Tribunale rilevava che la predetta clausola si prestava a dubbi interpretativi per la sua lacunosità e genericità, per cui andava privilegiata l’opzione avvalorata dai testimoni partecipanti alla stipula della stessa, da cui l’idoneità della clausola ad esonerare il datore di lavoro dall’obbligo di corrispondere il trattamento retributivo ai dipendenti. E anche la Corte territoriale, confermando il contenuto equivoco della clausola, privilegiava la testimonianza dei testi a favore del datore di lavoro mentre non ne erano stati escussi altri, sentiti in altre cause - nella medesima situazione dell’odierno opponente – concluse con sentenze passate in giudicato con esito favorevole ai lavoratori. Quest’ultime testimonianze erano, secondo il Giudice d’appello palermitano, da ritenersi solo quale elemento di prova, da valutarsi con riserva, trattandosi di dichiarazioni rese da soggetti cointeressati nelle controversie. Valutazione che, invero, non viene condivisa dagli Ermellini, i quali ne rilevano l’erroneità sotto due profili, l’uno riguardo alla qualificazione delle prove raccolte nell’altro giudizio come indirette a fronte della prova piena raccolta in giudizio, l’altro circa la non attendibilità delle predette testimonianze perché rese da soggetti cointeressati” nelle controversie. I supremi giudici accolgono quindi il ricorso del lavoratore, cassano la sentenza impugnata e rinviano alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione. I privilegi dei crediti di lavoro e previdenziali nelle procedure concorsuali. Nel diritto del lavoro, in ragione della peculiarità degli interessi tutelati, la legge riconosce determinati diritti di prelazione sui crediti derivanti dal rapporto di lavoro dipendente e del rapporto previdenziale, a favore di determinate categorie di lavoratori. In particolare, l’art. 2751 bis , c.c. riconosce un privilegio generale sui mobili per i crediti riguardanti le retribuzioni dovute, sotto qualsiasi forma, ai prestatori di lavoro subordinato e tutte le indennità dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro, nonché per il credito del lavoratore per i danni conseguenti alla mancata corresponsione, da parte del datore di lavoro, dei contributi previdenziali e assicurativi obbligatori e il credito per il risarcimento del danno subito per effetto di un licenziamento inefficace, nullo o annullabile. Le norme sui privilegi trovano applicazione anche nell’ipotesi del fallimento e delle altre procedure concorsuali. Va tuttavia precisato che in caso di esercizio provvisorio dell’attività d’impresa, i crediti maturati dal lavoratore, durante tale periodo, in quanto strettamente collegati alla gestione dell’azienda da parte degli organi fallimentari, sono considerati crediti della massa, come tali collocati al primo posto nell’ordine della distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo, cosiddetta prededuzione, ex art. 111, n. 1, l. fall E, appunto, l’odierno lavoratore lamenta l’esclusione del proprio credito per retribuzioni, parte in prededuzione, parte in privilegio ex art. 2751 bis , n. 1 c.c La nozione di retribuzione e la sua rinunzia. È da ritenere che ai sensi dell’art. 2094 c.c., requisito indefettibile della nozione di retribuzione sia l’obbligatorietà della attribuzione, mentre tanto la continuità della corresponsione quanto la predeterminatezza dell’ammontare fungono da indici presuntivi di tale obbligatorietà, distinguendola da tutte le prestazioni che, per essere discontinue o non predeterminate, presentano i caratteri della straordinarietà e dell’eventualità tanto nella corresponsione che nell’ammontare. Secondo questa impostazione, consolidata nella giurisprudenza della Suprema Corte, per aversi retribuzione occorre che la prestazione sia dovuta al lavoratore in via necessaria e non eventuale, come compenso di una specifica attività di lavoro ordinario o straordinario, oppure di un periodo di inattività riposo, interruzione ricompreso nella durata convenzionale e non solo effettiva della prestazione. Nel caso di un accordo sindacale, che implichi una rinuncia alla retribuzione, lo stesso richiede un espresso mandato dei lavoratori al sindacato che tratti con la società ovvero l’assenso espresso o tacito dei lavoratori interessati o la successiva ratifica dell’accordo sindacale medesimo. Ipotesi che, tuttavia, non si é verificata nel caso che qui ci occupa difatti, la clausola contenuta negli accordi sindacali risultava essere talmente generica e lacunosa, da non poter dalla stessa trarre alcun significato favorevole all’una o all’altra parte in causa tanto che le Corti di merito avevano quindi dovuto ricorrere alle prove testimoniali. La testimonianza de relato ovvero de relato actoris. Il teste deve di regola rispondere all’interrogatorio sulla base della propria personale conoscenza dei fatti sui quali è chiamato a deporre. Si ammette tuttavia che egli risponda sulla base di conoscenze indirette, ossia avendo appreso il fatto da altre persone. In tal caso il giudice potrebbe disporre l’audizione di queste persone ma la cosiddetta testimonianza de relato è comunque ammissibile. Essa dovrà essere valutata dal giudice con particolare cautela poiché non si è avuta nel processo la possibilità di sottoporre a controllo la credibilità della persona che originariamente era a conoscenza del fatto. Ciò non vale tuttavia per la testimonianza cosiddetta de relato actoris, nella quale cioè il teste riferisce dichiarazioni di una parte, poiché siffatte dichiarazioni sono in sé prive di valore probatorio. Nel giudizio che qui ci occupa la Corte territoriale aveva quindi erroneamente attribuito la qualità di testi indiretti ad un rappresentante sindacale e ad un rappresentante dell’UPLMO Ufficio provinciale del lavoro e massima occupazione che, pur se non escussi nel giudizio de quo , lo erano stati in giudizi identici promossi da altri lavoratori e di certo erano stati presenti alla stipula dell’accordo sindacale insieme con gli altri due testi, rispettivamente rappresentanti della società poi fallita e dell’Associazione Industriali di Palermo, parimenti cointeressati nelle controversie” e per questo non meno affidabili.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 ottobre 2014 – 15 gennaio 2015, n. 568 Presidente Ceccherini – Relatore Didone Svolgimento del processo Parte ricorrente proponeva opposizione allo stato passivo del Fallimento Sicar s.p.a., lamentando l'esclusione del proprio credito per retribuzioni parte in prededuzione, per le retribuzioni spettanti per il periodo di amministrazione controllata, parte in privilegio ex articolo 2751 bis n. 1 c.c., per le retribuzioni maturate prima dell'ammissione alla procedura , motivata sul rilievo che la società poi fallita aveva convenuto, con i verbali di consultazione sindacale del 7 gennaio e del 10 marzo 1994, l'esonero da ogni onere retributivo nel caso di presentazione dell'istanza di intervento della Cassa integrazione guadagni straordinaria. L'opponente deduceva che tali accordi erano stati stipulati solo dalla sigla sindacale FILCEA CGIL al fine di esperire la consultazione propedeutica alla presentazione della domanda di C.I.G.S. e non erano preordinati a sollevare la Sicar dall'obbligo di corrispondere le retribuzioni ai dipendenti di non avere conferito alcun mandato al proprio rappresentante sindacale per rinunciare al trattamento retributivo che in ogni caso, gli accordi prevedevano l'intervento della C.I.G.S. per un massimo di 35 operai e 5 impiegati, mentre la società aveva chiesto il trattamento in oggetto per tutti i dipendenti di avere offerto la propria prestazione lavorativa, rifiutata da Sicar a causa dell'interruzione del processo produttivo. Il Curatore del Fallimento si costituiva, eccependo l'infondatezza dell'opposizione per le plurime ragioni addotte. Il Tribunale rigettava il ricorso, rilevando che la clausola utilizzata nei verbali di consultazione sindacale si prestava a dubbi interpretativi per la sua lacunosità e genericità, per cui andava privilegiata l'opzione avvalorata dai testimoni partecipanti alla stipula testi R. e Ri. , da cui l'idoneità della clausola in oggetto ad esonerare il datore di lavoro dall'obbligo di corrispondere il trattamento retributivo ai dipendenti. La Corte d'appello di Palermo, con sentenza depositata in data 8 giugno 2009, ha respinto l'appello dell'opponente. La Corte del merito ha ritenuto in particolare che, stante il contenuto equivoco della clausola, spettava alla parte provare in altro modo il proprio diritto, e che tale prova non era stata data, atteso che, a fronte della concorde testimonianza dei testi R. e Ri. , non erano stati escussi per fatto imputabile all'appellante i testi A. e T. , sentiti nelle altre cause concluse con sentenze passate in giudicato con esito favorevole ai lavoratori, proprio sulla base di dette testimonianze il T. invero solo nel giudizio avanzato da G.S. , da ritenersi solo quale elemento di prova, da valutarsi con riserva, trattandosi di dichiarazioni rese da soggetti cointeressati nelle controversie. Avverso detta pronuncia ricorre l'opponente sulla base di quattro motivi. Il Fallimento intimato non ha svolto difese. Parte ricorrente ha depositato la memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1.1.- Col primo mezzo, parte ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., con riferimento agli artt. 2697, 2099, 1362, 1363, 1369, 1372 ed agli artt. 111, 3 e 24 Cost Parte ricorrente fa presente che, con l'assistenza dello stesso difensore, un primo gruppo di ricorsi in opposizione inerenti a lavoratori nella medesima situazione del M. è stato definito in senso favorevole agli opponenti con sentenze passate in giudicato, mentre il secondo gruppo, tra cui la controversia in oggetto, ha avuto pronuncia contraria, e con il medesimo Giudice estensore. La parte deduce che, pur non vincolante nel nostro sistema, il precedente è dotato di valore persuasivo dovendo essere inteso come un vero e proprio vincolo di sistema che nel primo gruppo di cause, la clausola in oggetto era stata ritenuta di stile, superata dal dato letterale degli accordi, dalla normalità della formula e dal principio della necessaria espressione in modo chiaro ed incontrovertibile della rinuncia al diritto alla retribuzione. Rileva che la Corte del merito ha valutato le prove raccolte negli altri procedimenti come inidonee a modificare e/o a sovvertire le prove testimoniali raccolte nel giudizio medesimo ritenute piene , e quindi aventi maggiore forza probatoria rispetto ad una prova indiretta , senza rilevare che il giudicato sul primo gruppo di cause si è formato su di una situazione giuridica nascente dall'accordo, comune a tutti i procedimenti. La parte sostiene che un contratto unico ed indistinto per tutti non può avere efficacia diversa sulla base di canoni ermeneutici, anche di natura soggettiva, divergenti. 1.2.- Col secondo mezzo, parte ricorrente si duole del vizio di omessa motivazione. Fa presente di avere sottoposto alla Corte d'appello la necessità che le diverse cause contro lo stesso convenuto e con la medesima questione di diritto e di fatto fossero riunite o comunque trattate insieme nelle stesse udienze, come avvenuto in talune udienze, e ciò in contestazione del rilievo del Tribunale della presunta mancata citazione a proprio carico del teste A.S. . E su tale fatto processuale relativo alla corretta formazione della prova la Corte del merito non si è pronunciata. 1.3.- Col terzo motivo, la parte si duole del vizio di omessa motivazione, e deduce di avere sottolineato nell'atto d'appello l'omessa valutazione da parte del Tribunale di due passaggi delle dichiarazioni dei testi R. e Ri. , idonei a provare che i lavoratori non avevano conferito alcun preventivo ed espresso mandato alle associazioni sindacali in ordine alla presunta rinuncia alle retribuzioni e che in ogni caso non vi era stata alcuna ratifica dell'operato del sindacato in relazione a detta presunta rinuncia. 1.4.- Con il quarto mezzo, parte ricorrente si duole del vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione, per avere la Corte d'appello ritenuto che l'altro gruppo di giudizi si è concluso favorevolmente per i lavoratori sulla base essenzialmente delle dichiarazioni dei testi A. e T. , aggiungendo peraltro, contraddittoriamente e con motivazione insufficiente, che tali testimonianze prestavano il fianco a riserve, essendo detti testi cointeressati nelle controversie . 2.1.- Il primo ed il quarto motivo del ricorso si devono ritenere fondati, nei limiti di quanto di seguito esposto. La clausola contenuta negli accordi del 7/1/94 e del 10/3/94, in sede di consultazione sindacale di cui all'articolo 5 l. 164/75 e articolo 1 l. 223/91, così dispone . le Parti, convenuto sulle superiori contestazioni e dandosi atto dell'esperimento procedurale di cui alla norme sopra richiamate, concordano acchè l'Azienda, senza che per quanto in appresso possano derivargliene oneri ulteriori alcuni e/o responsabilità di sorta, inoltri agli Organi competenti la richiesta per l'intervento della Cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale . . La Corte di merito ha ritenuto tale clausola talmente generica e laconica, da non potere dalla stessa trarre alcun significato favorevole all'una o all'altra parte in causa, ed è quindi passata a valutare se parte ricorrente avesse in altro modo assolto all'onere della prova del proprio diritto e detta statuizione, con cui il Giudice del merito ha rovesciato l'onere della prova, che sarebbe spettato alla Curatela, per avere sollevato l'eccezione estintiva della rinuncia alla retribuzione, non è stata censurata . Ciò posto, il Giudice del merito ha valutato le testimonianze rese dai testi R. e Ri. , che avevano concordemente riferito che i rappresentanti dei lavoratori approvarono di manlevare la società da qualunque onere retributivo in caso di rigetto della CIGS . Quanto alle dichiarazioni dei testi A. e T. , sentiti nei giudizi definiti favorevolmente ai lavoratori con sentenze passate in giudicato, e che invece non erano stati sentiti nel giudizio per fatto dell'appellante, la Corte territoriale, ritenuto che la prospettata efficacia riflessa o indiretta del giudicato favorevole ai lavoratori formatosi negli altri giudizi vale soltanto quale elemento di prova documentale, ha concluso per la insufficienza di detto elemento a superare la prova testimoniale fatta assumere dalla controparte, sia perché una prova piena è sempre più di una prova indiretta , sia per la qualità dei testi A. e T. , cointeressati nelle controversie . Con detta argomentazione, la Corte del merito ha reso applicazione del principio di recente ribadito nella pronuncia 4652/2011, sulla scia della sentenza 21115/2005, secondo il quale il giudice del merito può utilizzare le prove raccolte in un diverso giudizio tra le stesse o tra altre parti, delle quali la sentenza che in detto giudizio sia stata pronunciata costituisce documentazione, con l'avvertenza che la valutazione del materiale probatorio non va limitata all'esame isolato dei singoli elementi ma deve essere globale nel quadro di un' indagine unitaria ed organica che, ove immune da vizi di motivazione, costituisce un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, e l'unitarietà e l'organicità nella valutazione vanno apprezzate con riferimento al nucleo essenziale dei fatti rilevanti ai fini del decidere. Ciò posto, si deve rilevare che nella specifica valutazione del caso concreto, la Corte del merito è incorsa in due errori ha qualificato le prove raccolte nell'altro giudizio come prove indirette a fronte della prova piena raccolta nel giudizio ed ha atecnicamente avanzato riserve , id est , ritenuto non pienamente attendibili dette testimonianze, perché rese da soggetti cointeressati nelle controversie. Quanto al primo rilievo, va evidenziato che, come affermato chiaramente nella pronuncia 8358/2007, la testimonianza indiretta è la deposizione di persona che ha solo una conoscenza indiretta di un fatto controverso, de relato actoris o de relato in genere i primi depongono su fatti e circostanze di cui sono stati informati dal soggetto medesimo che ha proposto il giudizio, così che la rilevanza del loro assunto è sostanzialmente nulla, in quanto vertente sul fatto della dichiarazione di una parte del giudizio e non sul fatto oggetto dell'accertamento i secondi depongono invece su circostanze che hanno appreso da persone estranee al giudizio, quindi sul fatto della dichiarazione di costoro, e la rilevanza delle loro deposizioni si presenta attenuata perché indiretta, pur potendo assumere rilievo ai fini del convincimento del giudice, nel concorso di altri elementi oggettivi e concordanti che ne suffragano la credibilità. La qualità di testi indiretti non si attaglia pertanto ai testi A. e T. , il primo rappresentante sindacale partecipante agli incontri di cui si tratta, ed il secondo rappresentante dell'UPLMO, dinanzi al quale fu redatto il verbale del 10/3/94. Inoltre, con l'istituire una sorta di gerarchia tra le prove testimoniali raccolte negli altri giudizi, ritenute inferiori , e quelle raccolte nel giudizio, ritenute superiori , la Corte del merito ha nella sostanza proceduto alla non applicazione del principio, affermato in via meramente labiale, del riferimento alle prove assunte nei giudizi definiti con sentenze passate in giudicato. Anche nel ritenere la non attendibilità dei testi A. e T. , in quanto cointeressati nelle controversie , la Corte del merito ha adottato un'interpretazione intesa a totalmente sminuire le testimonianze raccolte negli altri giudizi, e quindi ha nei fatti disatteso il principio in tesi applicato è inoltre incorsa in una valutazione del tutto contraddittoria con quella di affidabilità, di contro, dei testi escussi, R. e Ri. , rispettivamente, rappresentanti della Sicar e dell'Associazione Industriali di Palermo il T. non era neppure parte sostanziale dell'accordo, ma era intervenuto come funzionario dell'UPLMO . 2.2.- Gli altri profili del primo motivo e gli altri motivi rimangono assorbiti. 3.1.- Conclusivamente, vanno accolti i motivi primo e quarto del ricorso nei sensi di cui in motivazione, e, cassata la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, la causa va rinviata alla Corte d'appello di Palermo in diversa composizione, che provvederà anche alle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie i motivi primo e quarto del ricorso nei sensi di cui in motivazione cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'appello di Palermo in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.