Revocatoria compatibile con la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato nell’amministrazione straordinaria?

Il decisum in commento affronta il tema della revocatoria fallimentare nell’ambito di una procedura di amministrazione straordinaria, ex L. n. 95/1979 Legge Prodi . Nello specifico si tratta di stabilire se la revocatoria stessa concretizzi o meno un aiuto di Stato vietato dalle norme comunitarie.

I giudici della Prima Sezione Civile di Piazza Cavour, con la sentenza n. 17200 del 29 luglio 2014, nel solco della pregressa giurisprudenza di legittimità, da ultimo Cass. 13080/2013 , precisano che, essendo la revocatoria fallimentare normalmente esercitabile nel corso delle procedure fallimentari, nessun carattere selettivo”, configurabile come aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87 del Trattato CE, può essere ravvisato allorché l’azione revocatoria sia esercitata nell’ambito dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, come regolata dalla legge n. 95/1979, senza che abbia a tal fine alcun significato la distinzione tra fase conservativa e fase liquidatoria, atteso che l’azione revocatoria, anche quando esercitata durante la fase conservativa, è diretta a produrre risorse da destinare alla espropriazione forzata a fini satisfattori, di tutela degli interessi dei creditori, non rilevando d’altra parte che il bene recuperato con l’azione revocatoria non sia destinato immediatamente alla liquidazione ed al riparto tra i creditori, essendo sufficiente che esso concorra con gli altri beni a determinare il patrimonio ripartibile al termine del tentativo di risanamento. L’azione revocatoria è esperibile solo dalla data del decreto che dispone l’apertura della procedura. Inoltre, i Supremi Giudici intervengono sul tema del dies a quo per il computo del termine di prescrizione, allorquando l’azione revocatoria fallimentare venga esercitata nell’ambito di una procedura di amministrazione straordinaria se cioè debba farsi riferimento alla data della dichiarazione di stato di insolvenza, ovvero alla data del decreto di nomina del commissario governativo. Con la sentenza in esame, la Suprema Corte opta per il computo della prescrizione a far tempo dalla data del decreto di nomina del commissario straordinario, ribadendo il principio, ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, ex plurimis , Cass. 13244/11 , che anche nel procedimento concorsuale di amministrazione straordinaria l’azione revocatoria è esperibile solo dalla data del decreto che dispone l’apertura della procedura, con nomina del commissario, unico soggetto legittimato ad agire, con la conseguenza che il termine di prescrizione non decorre dalla data della sentenza dichiarativa dell’insolvenza, bensì dal successivo decreto di nomina del commissario governativo che segna il momento in cui il diritto può esser fatto valere, ex articolo 2935 c.c Il fatto. Questa in estrema sintesi la vicenda. Con citazione un’Amministrazione straordinaria di una s.p.a. conveniva, innanzi al Tribunale di Lecco, Tizio, titolare di un’impresa individuale con ditta omonima, chiedendo la revocatoria di alcuni pagamenti dalla stessa effettuata al convenuto, nell’anno anteriore alla dichiarazione di insolvenza. Il tribunale dichiarava inammissibile la domanda per contrasto della legge Prodi con la normativa comunitaria a tutela della libera concorrenza e del mercato e compensava le spese. La predetta Amministrazione straordinaria appellava quindi tale pronuncia al fine di ottenere l’accoglimento della domanda di revoca dei pagamenti. La Corte d’appello di Milano accoglieva il ricorso chiarendo che l’incompatibilità con le norme comunitarie della legge Prodi riguarda esclusivamente le disposizioni che prevedono aiuti di Stato non consentiti dall’articolo 87 del Trattato CE già articolo 92 e in detta categoria non rientra l’azione revocatoria, applicabile a tutte le procedure concorsuali, che presuppongono l’insolvenza. Avverso quest’ultima decisione, Tizio, convenuto in revocatoria soccombente, attuava la tutela di legittimità, articolando tre distinti motivi di censura, cui si difendeva l’amministrazione straordinaria con controricorso. La Suprema Corte però rigetta in toto il ricorso e lo condanna alle spese. L’azione revocatoria esercitata nell’ambito dell’amministrazione straordinaria. L’esordio nell’ordinamento della procedura di amministrazione straordinaria risale, come è noto, alla L. n. 95/1979, e sin dai primi commenti a tale normativa era sorto un ampio dibattito circa la compatibilità delle azioni revocatorie fallimentari con questa nuova procedura, che si differenziava nettamente rispetto alle tradizionali procedure concorsuali liquidative e conservative per essere volta in principalità al risanamento, e solo in subordine alla liquidazione di imprese di rilevanti dimensioni. La distinzione tra fase conservativa e liquidatoria ed il suo superamento. Il d.lgs. n. 270/1999 Legge Prodi bis non prevede più una fase conservativa cui far seguire, in subordine, una fase di liquidazione, ma pone un’alternativa fra ristrutturazione dell’impresa e cessione dei cespiti aziendali. Il trasferimento alla nuova procedura del principio di cui si tratta, quindi, non ha potuto non diversificarlo rispetto al passato e lo ha fatto negando l’esperibilità delle revocatorie in caso di autorizzazione del programma di ristrutturazione, e riconoscendola invece, in caso di cessione dei cespiti aziendali o di conversione in fallimento. L’orientamento prevalente della dottrina e della giurisprudenza era andato evolvendosi nel senso dell’esperibilità della revocatoria fallimentare nella sola fase della liquidazione dell’impresa in amministrazione straordinaria. Si riconosceva il conflitto con la normativa comunitaria solo nel caso di azione revocatoria esperita durante la fase conservativa. Dunque, sebbene la legge non prevedeva alcuna distinzione tra fasi all’interno della procedura speciale, si riteneva che potesse configurarsi come aiuto di Stato vietato la possibilità di esperire la revocatoria durante il periodo in cui era data autorizzazione alla continuazione dell’attività. Invero, la Suprema Corte, già a partire da Cass. 21823/2005 , ha invece affermato che la revocatoria fallimentare nell’amministrazione straordinaria è sempre compatibile con il divieto comunitario degli aiuti di Stato, senza che abbia rilievo la distinzione tra fase conservativa e fase liquidatoria. La compatibilità della legge Prodi con la disciplina comunitaria le sentenze Ecotrade” e Piaggio”. La questione dell’aspetto concernente i profili di compatibilità della L. n. 95/1979, nonché della disposizione di cui all’articolo 6 d.l. n. 347/2003, come successivamente modificata, con la disciplina comunitaria, segnatamente con il divieto di aiuti di Stato previsti dagli artt. 87 e 88 Trattato CE è stata dibattuta in numerosi giudizi promossi dai commissari delle procedure aperte sotto la vigenza della norma abrogata. In particolare, la Corte di Giustizia, con la sentenza Ecotrade, ha affermato che l’applicazione ad un’impresa di un regime quale quello introdotto dalla L. n. 95/1979, dà luogo ad una concessione di un aiuto di Stato solo se un’impresa è stata autorizzata a continuare la sua attività economica in circostanze in cui tale eventualità sarebbe stata esclusa nell’ambito dell’applicazione delle regole normalmente vigenti in materia di fallimento oppure qualora l’impresa abbia beneficiato di uno o più vantaggi , quali una garanzia di stato, un’aliquota di imposta ridotta, un’esenzione dall’obbligo di pagamento di ammende e altre sanzioni pecuniarie o una rinuncia effettiva, totale o parziale, ai crediti pubblici, dei quali non avrebbe potuto usufruire un’altra impresa insolvente nell’ambito dell’applicazione. La Corte di Giustizia, in seguito, con la sentenza Piaggio, ripete quanto affermato nella sentenza precedente il dispositivo, invece, aggiunge che qualora sia dimostrato che un regime come quello istituito dalla Legge Prodi è idoneo di per sé a generare la concessione di aiuti di Stato, detto regime non può essere attuato se non è stato notificato alla Commissione. La revocatoria fallimentare non ha nessun carattere selettivo”. L’azione revocatoria fallimentare, tuttavia, non ha il requisito di specificità, sotto i due profili della selettività e della discrezionalità, tipiche degli aiuti di Stato, ed anche la Corte comunitaria, nella succitata sentenza Piaggio, ne aveva espressamente riconosciuto il carattere non speciale né selettivo, ma comune alla ordinaria procedura fallimentare, rimettendo ogni approfondimento della questione alla valutazione del giudice nazionale. Giudice che, nell’odierno decisum che qui occupa, ribadisce che nessun carattere selettivo”, configurabile come aiuto di Stato, può essere ravvisato allorché l’azione revocatoria sia esercitata nell’ambito dell’amministrazione straordinaria.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 12 giugno – 29 luglio 2014, numero 17200 Presidente Ceccherini – Relatore Di Virgilio Svolgimento del processo Cariboni Paride s.p.a. in amministrazione straordinaria agiva in giudizio nei confronti di M.F.M. , esponendo che nell'anno anteriore alla dichiarazione di insolvenza, la società aveva eseguito a favore del convenuto, titolare dell'impresa individuale con ditta omonima, pagamenti per complessive lire 1.813.162.556, da ritenersi revocabili ex articolo 67, 2 comma l.f., perché ricevuti dalla convenuta nella consapevolezza dello stato di decozione della debitrice. Il M. si costituiva e chiedeva che la domanda fosse dichiarata inammissibile o improponibile, in subordine, instava per il rigetto. Il Tribunale dichiarava inammissibile la1 domanda per contrasto della legge Prodi con la normativa comunitaria a tutela della libera concorrenza e del mercato, e compensava le spese. La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 7/2-6/3/2006, ha accolto la domanda di revocatoria ed ha quindi condannato il M. al pagamento a favore della procedura di Euro 936.420,31, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, nonché alle spese del grado. Nello specifico e per quanto in questa sede ancora interessa, la Corte d'appello ha richiamato le pronunce della Corte di giustizia in causa C-200/97 e C-295/97 e la decisione della Commissione CE del 16 maggio 2000, in relazione all'incompatibilità con le norme comunitarie non dell'intero d.l. 26/79, convertito con modificazioni, nella l. 95/79, ma esclusivamente per le disposizioni che prevedono aiuti di Stato non consentiti dall'articolo 87 del Trattato CE già articolo 92 , e ha rilevato che non rientra in detta categoria l'azione revocatoria, applicabile a tutte le procedure concorsuali, che presuppongono l'insolvenza. La Corte, premesso che la Cariboni era stata dichiarata insolvente dal Tribunale di Lecco in data 11 aprile 1996, ed assoggettata alla procedura di a.s. con d.m. 9 maggio 1996, ha ritenuto di fissare il dies a quo della prescrizione dalla data di nomina dell'amministratore straordinario, da cui la reiezione dell'eccezione di prescrizione. Ha ritenuto provata la scientia decoctionis , attese le ricorrenti notizie di stampa alquanto allarmanti della stampa locale la ditta del M. ha sede, in , non smentite dalle notizie apparentemente di segno contrario prodotte dalla parte, intese ad evidenziare l'intervento delle banche per il possibile superamento della crisi per cui un qualunque operatore economico era posto in grado di valutare gli effetti del ricercato e non certo salvataggio né incideva l'avvenuta prosecuzione delle forniture, quale scelta soggettiva della parte inidonea a contrastare i dati oggettivi evidenziati. Quanto alla difesa del M. , di avere eseguito il 98% delle forniture in favore del cantiere Fleres, all'interno del quale la Cariboni operava come socio della Cooperativa Fleres a r.l. e membro del Consorzio aggiudicatario dell'appalto con le Ferrovie dello Stato, e che il commissario era subentrato nel contratto di somministrazione o vendita a consegne ripartite, la Corte d'appello ha rilevato la carenza probatoria di detto contratto, desumendosi dagli atti che si trattava di forniture di materiale sulla base di singoli ordinativi provenienti dalla Cariboni, che aveva eseguito i pagamenti oggetto della revocatoria. Avverso detta pronuncia ricorre il M. sulla base di tre motivi. Si difende con controricorso la Cariboni in a.s. Ambedue le parti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1.1.- Col primo motivo, il M. denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione delle norme di cui alla l. 95/79 e degli artt. 87, 88 del Trattato CE, e solleva questione di legittimità costituzionale dell'articolo 7 della l. 273/2002, nella parte in cui estende alle imprese, già sottoposte alla procedura di a.s. di cui al d.l. 6/79 convertito nella 1. 95/79, le norme dettate per la liquidazione coatta amministrativa, per violazione dell'articolo 3 Cost. e del principio di coerenza e ragionevolezza, in relazione agli artt. 69 e ss. del d.lgs. 270/1999. 1.2.- Col secondo motivo, il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell'articolo 2935 e.e. in relazione agli artt. 2903 c.c. e 67, 2 comma l.f., sostenendo che la prescrizione decorre dalla data di pubblicazione della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, da cui l'avvenuta prescrizione nel caso. 1.3.- Col terzo mezzo, la parte si duole del vizio di violazione e falsa applicazione dell'articolo 67, 2 comma l.f. e del vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta prova della scientia . 2.1.- Il primo motivo va respinto e va considerata inammissibile la questione di costituzionalità prospettata. Come affermato nella pronuncia 12313/07 e conformi, le successive 16994/07, 7163/2012 e 13080/2013 , essendo la revocatoria fallimentare normalmente esercitabile nel corso delle procedure fallimentari, nessun carattere selettivo , configurabile come aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 87 già articolo 92 del Trattato CE, può essere ravvisato allorché l'azione revocatoria sia esercitata nell'ambito dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, come regolata dalla legge 3 aprile 1979, numero 95 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 gennaio 1979, numero 26 , senza che abbia a tal fine alcun significato la distinzione tra fase conservativa e fase liquidatoria onde ricavarne che l'azione revocatoria non comporta aiuti alle imprese sotto il profilo di un finanziamento forzoso unicamente ove esercitata nella seconda fase , atteso che l'azione revocatoria, anche quando esercitata durante la fase conservativa, è diretta a produrre risorse da destinare alla espropriazione forzata a fini satisfattori, di tutela degli interessi dei creditori, non rilevando d'altra parte che il bene recuperato con l'azione revocatoria non sia destinato immediatamente alla liquidazione ed al riparto tra i creditori, essendo sufficiente che esso concorra con gli altri beni a determinare il patrimonio ripartibile al termine del tentativo di risanamento. Quanto alla questione di costituzionalità, la stessa è priva del necessario quesito ex articolo 3661 bis c.p.c., applicabile ratione temporis il ricorso è stato infatti proposto avverso sentenza pubblicata il 6 marzo 2006, e l'articolo 366 bis c.p.c., introdotto dal d.lgs. 40/2006, articolo 6, abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009, dalla 1. 69/2009, articolo 47, è applicabile ai ricorsi proposti avverso sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 ed il 4 luglio 2009, ex articolo 58, 5 comma, l. 69/2009. Come infatti ritenuto dalle Sezioni unite nella pronuncia 1707/2013, conforme alla precedente sentenza 28050/08, in tema di ricorso per cassazione, la prospettazione di una questione di costituzionalità, essendo funzionale alla cassazione della sentenza impugnata e postulando la prospettazione di un motivo che giustificherebbe tale effetto una volta accolta la questione medesima, suppone necessariamente che, a conclusione dell'esposizione del motivo così finalizzato, sia indicato il corrispondente quesito di diritto previsto dall'abrogato articolo 366-bis cod. proc. civ. ove applicabile ratione temporis , indipendentemente dalla rilevabilità d'ufficio della questione di costituzionalità e dall'ammissibilità del ricorso che prospetti soltanto un dubbio di costituzionalità. 2.2.- Il secondo motivo è infondato. La prescrizione quinquennale decorre infatti, come ritenuto dalla Corte d'appello, dalla nomina del commissario straordinario come infatti ritenuto tra le ultime, nella pronuncia 13244/20118 e vedi in senso conforme la sentenza delle Sezioni unite 437/2000 , in tema di amministrazione straordinaria aperta ai sensi della legge 3 aprile 1979, numero 95, l'azione revocatoria fallimentare è esperibile solo dalla data del decreto che dispone l'apertura della procedura e la nomina del commissario, essendo quest'ultimo l'unico soggetto legittimato all'esercizio della suddetta azione, con la conseguenza che il relativo termine di prescrizione non decorre dalla dichiarazione dello stato di insolvenza, bensì solo dalla data del decreto di nomina del commissario governativo, ossia dal momento in cui, a norma dell'articolo 2935 c.c., il diritto può essere fatto valere. 2.3.- Il terzo motivo è inammissibile. Il motivo, articolato nella rubrica sia come vizio ex articolo 360 numero 3 che ex articolo 360 numero 5 c.p.c., si chiude con quattro quesiti di diritto , i primi due del tutto assertivi, il terzo genericamente inteso a far valere la carenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui all'articolo 2729 c.c. ed il terzo invoca il difetto di prova. In tal modo la parte ha sostanzialmente prospettato come questione di diritto la valutazione di merito effettuata dalla Corte d'appello, in ogni caso determinando una vera e propria commistione tra il vizio ex articolo 360 numero 3 e quello ex articolo 360 numero 5 c.p.c., sì da articolare quesiti plurimi misti e generici, come tali inammissibili. 3.1.- Il ricorso va pertanto respinto. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte respinge il ricorso condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 15.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie nella percentuale del 15%, oltre accessori di legge.