Risolto il leasing, ma il creditore è ancora tra gli invitati allo stato passivo

Il rapporto di locazione non richiede la titolarità, in capo al locatore, della proprietà o di un altro diritto reale sul bene locato, in quanto è sufficiente che il locatore abbia la materiale disponibilità della cosa e possa trasferirne la detenzione, assicurandone così il godimento al conduttore.

Lo afferma la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 16103, depositata il 14 luglio 2014. Il caso. Il curatore di una srl chiedeva al tribunale di Bassano del Grappa la revoca del decreto di esecuzione dello stato passivo nella parte in cui era stato ammesso, in prededuzione, il credito di una società per una somma a titolo di indennità di occupazione di un immobile che questa aveva concesso in locazione alla fallita, la quale era rimasta nella detenzione dell’immobile dopo il recesso del conduttore. La società creditrice avrebbe, infatti, omesso di dichiarare l’intervenuta risoluzione del contratto di locazione finanziaria dell’immobile stipulato con la spa concedente, prima che venisse dichiarato il fallimento della srl, per cui mancherebbe un valido titolo per insinuarsi al passivo del fallimento. Il tribunale rigettava il ricorso, poiché quanto dedotto dalla curatela sulla condotta dolosa della società si era rivelato irrilevante ai fini dell’accoglimento della domanda di insinuazione al passivo. La società fallita ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici di merito di essersi soffermati esclusivamente sul rapporto di locazione intercorso tra la srl fallita e la società, tralasciando la valutazione del rapporto di leasing finanziario intercorso tra la società creditrice e la spa concedente. Basta la disponibilità della cosa. Per la Corte di Cassazione, però, correttamente il tribunale aveva sottolineato che il rapporto di locazione non richiedesse la titolarità, in capo al locatore, della proprietà o di un altro diritto reale sul bene locato, in quanto era sufficiente che il locatore avesse la materiale disponibilità della cosa e potesse trasferirne la detenzione, assicurandone così il godimento al conduttore. Perciò, nel caso di specie, anche se la srl creditrice non era proprietaria dell’immobile, ne aveva, comunque, la materiale disponibilità, in forza del contratto di leasing che aveva poi permesso di stipulare un altro contratto di locazione per concedere il bene in godimento alla srl fallita. Restituzione. Dato che la risoluzione di un contratto di locazione non comporta, ipso facto , l’acquisizione, da parte del locatore, della disponibilità della cosa locata, il tribunale aveva giustamente applicato l’art. 1591 c.c. danni per ritardata esecuzione , il quale, regolando il caso in cui al venir meno del rapporto contrattuale non si accompagni la riconsegna del bene al locatore, prevede che il conduttore in mora alla restituzione della cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna. Al contrario, quindi, era sbagliata la tesi della ricorrente all’applicabilità, nel caso di specie, dell’art. 1595, commi 1 e 3, c.c., secondo cui, da una parte, il locatore può agire direttamente contro il subconduttore per esigere il prezzo della sublocazione di cui questi sia ancora debitore al momento della domanda giudiziale e, dall’altra, la nullità o la risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del subconduttore come la sentenza pronunciata tra locatore e conduttore . Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 14 maggio – 14 luglio 2014, n. 16103 Presidente Di Palma – Relatore Bernabai Ritenuto in fatto - che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, in applicazione dell'art. 380-bis cod. proc. civile Con ricorso ex art. 98 l.fall., il curatore della B. s.r.l. chiedeva al Tribunale di Bassano del Grappa la revocazione del decreto di esecuzione dello stato passivo nella parte in cui ammetteva, in prededuzione, il credito dell'immobiliare GF s.r.l., per un importo pari a Euro 324.500,00, a titolo d'indennità d'occupazione per 11 mensilità di un immobile che questa aveva concesso in locazione alla società fallita, rimasta nella detenzione dell'immobile dopo il recesso del conduttore. In sede di revocazione, ad integrazione dell'elemento doloso richiesto ex art. 98 l.fall., la curatela del fallimento B. s.r.l. deduceva che la GF s.r.l. aveva omesso di dichiarare l'intervenuta risoluzione del precedente contratto di locazione finanziaria dell'immobile da essi stipulato con la concedente L. s.p.a., prima che fosse dichiarato il fallimento della B. s.r.l., conseguendone il difetto di un valido titolo per insinuarsi al passivo del fallimento. Con decreto dei 20/06/2012 il Tribunale di Bassano del Grappa rigettava il ricorso, motivando che quanto dedotto dalla curatela della B. s.r.l. circa l'asserita condotta dolosa della GF s.r.l. si era rivelato irrilevante ai fini dell'accoglimento o del rigetto della domanda di insinuazione al passivo di quest'ultima. Avverso il provvedimento proponeva ricorso per cassazione, notificato il 18/07/2012, il fallimento della B. s.r.l., deducendo un motivo. Si costituiva con controricorso il fallimento dell'immobiliare GF s.r.l. Così riassunti i fatti di causa, il ricorso sembra, prima facie, infondato. Con l'unico motivo di ricorso, la curatela della B. s.r.l. deduce la violazione dell'art. 116 cod. proc. civ. per l'omessa /errata /incoerente valutazione di elementi di prova, e la falsa applicazione dell'art. 1595 cod. civ. Il provvedimento del tribunale non sembra meritevole di censure nell'aver posto esclusiva attenzione sul rapporto di locazione intercorso tra l'immobiliare GF s.r.l. e la fallita B. s.r.l., piuttosto che sulla valutazione delle sorti del rapporto di leasing finanziario intercorso tra la proprietaria dell'immobile L. s.p.a. e l'utilizzatrice GF s.r.l. Prescindendo dal contratto di leasing finanziario, e quindi dalla valutazione dell'omessa dichiarazione della GF s.r.l., quale asserita condotta dolosa ex art. 98 l.fall., il tribunale, correttamente, è partito dall'assunto che il rapporto di locazione non richiede la titolarità, in capo al locatore, della proprietà o di altro diritto reale sul bene locato, essendo sufficiente che il locatore abbia la materiale disponibilità della cosa e che sia in grado di trasferirne la detenzione e di assicurarne il godimento al conduttore. pag. 3 del decreto Nel caso di specie, se è vero che la GF s.r.l. non era proprietaria dell'immobile in questione ne aveva, ad ogni modo, la materiale disponibilità in forza del contratto di leasing, che le aveva consentito, nel 2003, di stipulare un ulteriore, regolare, contratto di locazione per concedere in godimento l'immobile alla B. s.r.l. Non appare censurabile, dunque, il conseguente ragionamento conseguente compiuto dal tribunale, di applicare l'art. 1591 cod. civ. in luogo dell'art. 1595, primo e terzo comma, alla fattispecie, come diversamente prospettato dall'odierno ricorrente in ragione dell'intervenuta risoluzione, frattanto, anche del contratto di locazione tra la GF s.r.l. e la B. s.r.l. in data 4/03/2010 poiché la risoluzione di un contratto di locazione non comporta, ipso facto, l'acquisizione, da parte del locatore, della disponibilità della cosa locata, il tribunale ha correttamente applicato l'art. 1591 cod. civ. che, regolando specificamente l'ipotesi in cui al venire meno del rapporto contrattuale non si accompagni la riconsegna del bene al locatore, stabilisce che il conduttore in mora alla restituzione della cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna. - che la relazione è stata notificata ai difensori delle parti, che non hanno depositato memorie Considerato in diritto - che il collegio, discussi gli atti delle parti, ha condiviso la soluzione prospettata nella relazione e gli argomenti che l'accompagnano - che il ricorso dev'essere dunque rigettato, con la conseguente condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni svolte. P.Q.M. - Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi € 6.100,00, oltre spese forfettarie pari al 15% e accessori di legge.